Ermes il furbastro

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +1   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Il drago azzurro che puzza di pesce

    Group
    Condottiero
    Posts
    5,293
    STIMA
    +595
    Location
    Eh... sapessi

    Status
    Offline

    7966f2aa59875f535b8fffff72687e65



    Hermes, che i romani identificarono con il dio Mercurio, aveva come padre Zeus e per madre Maia, la primogenita e più bella delle Pleiadi. Secondo alcuni, Hermes veniva considerato come la personificazione del vento, e del vento aveva: la leggerezza, la velocità, l’inafferrabilità, l'incostanza nei propositi, l'umore pazzerello, oltre che l’essere un casinaro professionale.
    Hermes nacque in una grotta scavata nel monte Cillene, la più alta cima del Peloponneso, sul confine tra l'Arcadia e l'Acaia: da qui provenne l'appellativo del dio come Cillenio. Appena nato, si liberò da sé delle fasce e uscì dalla caverna.
    Un bel giorno, non avendo un piffero da fare, decise di voler cominciare ad odiare le tartarughe e ne tirò fuori una dal suo guscio, lasciandola poverina senza riparo al suo triste destino.
    Non contento si diresse verso la Pieria, dove Apollo custodiva una magnifica mandria di vacche, e decise di rubarle… così a caso. E affinché Apollo non lo acciuffasse seguendo le tracce degli animali, fabbricò alla svelta grandi babbucce con la corteccia di una quercia caduta e le legò agli zoccoli delle vacche con fili d'erba intrecciati; poi si allontanò quando fu scesa la notte guidando la mandria lungo un sentiero. Apollo, il mattino dopo, si accorse del furto, ma il trucco di Ermes funzionò a meraviglia e e dopo aver girato il mondo in lungo e in largo il povero Apollastro fu costretto a cedere e a dichiarare che avrebbe ricompensato lautamente chiunque gli avesse consegnato il ladro. Sileno e i suoi Satiri, allettati dal premio, si sparsero per tutta la regione con la speranza di acciuffare il malfattore, ma per qualche tempo i loro sforzi non approdarono a nulla.
    Alla fine, passando dall'Arcadia, un gruppo di Satiri fu colpito dal suono di una musica mai udita prima e la ninfa Cillene disse che era nato un portentoso fanciullo, di cui lei era nutrice:
    egli si era costruito un ingegnoso balocco musicale col guscio di una tartaruga ed interiora di vacca, con la cui musica aveva cullato sua madre fino a farla addormentare.
    "Dove ha trovato le interiora di vacca?" chiesero i Satiri improvvisamente interessati, notando due pelli stese a disseccare dinnanzi alla grotta.
    "Volete forse accusare di furto questo piccolo innocente? Erano su Mediashopping!"
    “Come ti permetti di prenderti gioco di noi?”
    “State farneticando, il mio piccolo tesoro non farebbe mai del male ad una mosca!”
    “Infatti l’ha fatto a due mucche!”
    E così andò avanti la faccenda per mezz’ora, finché non sopraggiunse mastro signore delle vacche Apollo, il quale era riuscito a identificare il ladro dopo aver osservato con attenzione lo strano comportamento di un uccello dalle lunghe ali che identificò come la bianca gru di Ermes.
    Entrò nella grotta, dove la lite stava imperversando, e con riverenza reclamò che Ermes doveva restituirgli la mandria. Maia indicò il fanciullo, ancora avvolto nelle fasce e che fingeva di dormire tranquillamente in mezzo al casino.
    "Le tue accuse sono assurde! Ciò che dici è impossibile… guarda quanto è puccioso!"
    “Negli anime migliori anche i bambini di otto anni spaccano montagne a cazzotti, quindi non è una scusa valida”
    “Ma lui non ha otto anni, è appena nato!” strillò la ninfa, in vano.
    Il dio della musica infatti era certo della colpevolezza del povero fanciullo, dato che aveva già visto che le pelli appese a disseccare appartenevano a due delle sue bestie. Agguantò dunque Ermes, lo portò sull'Olimpo e lo accusò formalmente di furto, presentando come prova le pelli. Zeus cui ripugnava di credere che il suo figliolo appena nato fosse un ladro e invitò Ermes a dichiararsi innocente, ma Apollo non si lasciò abbindolare ed il bambino alla fine confessò.
    "Vieni con me" disse ad Apollo, "e riavrai le tue bestie. Ne ho uccise soltanto due, tagliandole in dodici parti uguali da sacrificare ai dodici cavalieri d’oro… emh, dicevo, ai dodici dei".
    "Dodici dei?" chiese Apollo stupito, "e chi sarebbe il dodicesimo?"
    "Il tuo servo, signore" replicò Ermes con finta modestia, "e ti assicuro che ho mangiato soltanto la mia parte, benché avessi una gran fame, bruciando sull'altare le altre undici".
    Ennesima menzogna, dato che era stato un quarto d’ora prima ad un ristorante sushi con tanto di menù All You Can Eat.

    I due dei a quel punto ritornarono sul monte Cillene dove Ermes salutò sua madre e andò a frugare sotto una pelle di capra per prendere qualcosa che aveva nascosto.
    "Che hai lì? Un’arma segreta per caso?" chiese Apollo. Per tutta risposta, Ermes gli mostrò la lira che aveva ricavato dal fantomatico guscio della tartaruga e dalle interiora delle mucche, e suonò una melodia talmente meravigliosa e talmente cielestiale, con tanto di elogi all’intelligenza, astuzia e virilità di Apollo, che ovviamente ricevette il suo perdono all’istante.
    Sempre suonando e cantando, Ermes guidò verso Pilo Apollo e gli restituì la mandria che aveva nascosto presso una grotta.
    "Facciamo un baratto", disse Apollo, "io ti lascio la mandria in cambio della lira".
    "D'accordo", rispose Ermes, e suggellarono il patto con una stretta di mano. Mentre le vacche pascolavano pigramente, Ermes tagliò una canna, ne fece uno zufolo da pastore e con esso suonò un'altra melodia.
    Apollo, di nuovo deliziato, gridò: "Facciamo un baratto! Tu mi dai lo zufolo e io ti do il bastone dorato che uso per radunare il bestiame. In futuro tu sarai il dio di tutti i mandriani e di tutti i pastori".
    "Il mio zufolo vale più del tuo bastone", replicò Ermes, "ma accetto di fare il baratto se mi insegni l'arte augurale, che mi sembra molto utile".
    "Questo non lo posso fare", fece Apollo, "ma se andrai dalle mie vecchie nutrici, le Trie che vivono sul Parnaso, esse ti insegneranno a leggere il futuro nei sassolini". Si strinsero di nuovo la mano e Apollo, dopo aver consegnato il suo bastone la cui impugnatura era rivestita da due serpenti d’orati intrecciati, riportò il fanciullo sull'Olimpo, ignaro di esser stato ben preso per i fondelli in maniera clamorosa per tutto quel tempo. Ermes, chiaramente, una volta giunto a casa raccontò a Zeus l'accaduto.
    Il padre supremo onnipotente lo invitò a rispettare da quel momento in poi la proprietà altrui e a non dire spudorate bugie, e lo sculacciò ben… ma che, sapete com’è fatto Zeus:
    “Bravo, così si fa! Domani ti compro l’Xbox”
    “Ti ringrazio, padre. Che ne pensi dunque del tuo figliuol prodigo?”
    “Lo considero un piccolo dio molto ingegnoso, eloquente e persuasivo", rispose il padre indiscusso eterno e assoluto.
    "E allora fa' di me il tuo araldo, o Padre", rispose Ermes. "Io custodirò i beni divini e non dirò mai bugie, benché non possa promettere di dire sempre tutta la verità."
    "Da te non me la potrei aspettare", rise Zeus, "ma i tuoi compiti non si limiteranno a questo. Dovrai presiedere alla stipulazione dei trattati, favorire i commerci e proteggere i viaggiatori su tutte le strade del mondo."
    Ermes accettò le condizioni e Zeus gli diede una verga da araldo adorna di bianchi nastri, che tutti avrebbero dovuto rispettare, un berretto rotondo che gli riparasse il capo dalla pioggia e aurei sandali alati che l'avrebbero portato ovunque con la rapidità del vento. Egli fu accolto con entusiasmo dalla famiglia degli dei olimpi e insegnò loro ad accendere il fuoco facendo roteare rapidamente un bastoncino nella fessura di un ceppo.

    In seguito le Trie insegnarono a Ermes come predire il futuro osservando la disposizione dei sassolini in un catino pieno d'acqua, ed egli stesso inventò poi il gioco divinatorio degli astragali. Anche Ade si servì di lui come araldo, perché facilitasse il trapasso dei morenti in modo eloquente e gentile, appoggiando sui loro occhi la sua verga d'oro. Aiutò poi le tre Moire a comporre l'alfabeto, inventò l'astronomia, la scala musicale, l'arte del pugilato e della ginnastica, la bilancia e le misure di capacità (invenzione che altri attribuiscono a Palamede) i micro-onde, i crostini alla salsiccia e la coltivazione dell'olivo.


    Il mito dell'infanzia di Ermes ci è giunto soltanto nella sua più tarda forma letteraria. Pare che il ricordo dei furti di bestiame compiuti dagli astuti Messeni ai danni dei loro vicini e del trattato che vi pose fine, si sia fuso mitologicamente col racconto di come i barbari Elleni sfruttarono, in nome del loro dio Apollo, la civiltà pre-ellenica che trovarono nella Grecia meridionale (il pugilato, la ginnastica, le misure, la musica, l'astronomia e la coltivazione dell'ulivo esistevano già in epoca pre-ellenica) e a poco a poco impararono le buone maniere. Ermes, che fu poi onorato come dio, era forse in origine un fallo di pietra intorno al quale si svolgevano i riti pre-ellenici di fertilità; corrispondenti a lui sono gli egizi Toth, dio dell'intelligenza, e Anubi, che guidava le anime nell'oltretomba.
    L'invenzione dei dadi divinatori ricavati dalle ossa delle giunture fu dapprima attribuita ad Atena; tali dadi entrarono poi nell'uso popolare, ma l'arte augurale rimase una prerogativa dell'aristocrazia in Grecia e a Roma.

    Ermes non divenne un semplice nunzio delle divinità come Iris, ma un messaggero assai più importante. Egli riceveva da Zeus e dagli altri dèi le missioni più delicate e aveva la libertà di trattarle a modo suo, poiché gli dèi avevano molta fiducia nella furberia e nell'abilità e prudenza con cui portava a termine l'incarico. Tra le tante mansioni, fu mandato a liberare Ares, quando cadde prigioniero di Oto e di Efialte; a persuadere Hades di restituire per qualche tempo Persefone alla madre Demetra; a condurre Hera, Afrodite e Atena sul monte Ida, al giudizio di Paride; a guidare il re Priamo alla tenda di Achille, per riavere il cadavere del figlio Ettore; a proteggere Ulisse contro i raggiri di Circe.
    Come messaggero degli dèi, era anche il dio dei sogni, in quanto il sogno era considerato come un messaggio di Zeus: chiudeva gli occhi dei mortali toccandoli con la sua magica verga e accompagnava le ombre dei morti nell'Erebo, perciò era chiamato Psicopompos (che a dispetto dell’apparenza non è un soprannome ridicolo, significa infatti "il conduttore delle anime").
    In quanto araldo, Hermes doveva saper parlare a modino, saper convincere la gente a cui si rivolgeva, per questo era anche il dio dell'eloquenza sottile e persuasiva. Era sempre in viaggio per il mondo, considerato il protettore dei viaggiatori e della sicurezza delle strade; nei punti più pericolosi e dove una via si biforcava, veniva in suo onore innalzata un'Erma (dal suo nome), una pietra quadrangolare sormontata dalla testa scolpita del dio. Fu venerato anche come dio dei commerci, dei traffici e dei guadagni, oltre che dell’ingegno, dell’astuzia e dei calzini sporchi.

    Edited by Aesingr - 6/11/2016, 11:55
     
    Top
    .
0 replies since 6/11/2016, 00:29   186 views
  Share  
.