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Drago rosso di fuoco
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Sharrak continua a diventare sempre più grande facendo crollare le pareti e il soffitto della stanza del capitano dell'organizzazione per farsi più spazio e pensò "non dirmi che non ti ho avvertito"
Il serpente gigante sibilò contro il suo avversario, subito dopo che ha completato la sua trasformazione, diventando abbastanza grande da poter stritolare e mangiare un drago intero.
L'umano con armatura nera parrò alcuni gli attacchi di Setran ma alcuni attacchi lo colpirono ferendolo e alcune gocce di sangue iniziano a cadere sul pavimento. L'umano si mosse per schivare le macerie che stavano crollando dal soffitto ma Sharrak lo vide e lo attaccò con la sua coda colpendolo e facendolo sbattere sull'unica parete ancora non crollata inseme alla sua coda.
Il serpente tolse la sua coda dalla parete vedendo l'uomo ricoperto di sangue che cadette per terra, morto. Sharrak non lo sapeva così prese l'umano con la sua coda e morse la testa dell'umano per staccarla, subito dopo la sputò e lasciò l'umano per terra
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Il canto di Shadormor risuonò con collera nell’edificio. Sotto lo sgretolarsi delle rocce cadute, il turbinio delle fiamme furiose, il clangore della spada ammazza-draghi che incrociava la lama del nemico echeggiava in rimbombi metallici.
La punta della spada con un susseguirsi di ampi arcate al fine penetrò la carne del nemico, la cui anima venne strappata e portata nell’ade dall’ultimo colpo di Sharrak.
Le brucianti fiamme di Shadormor si estinsero appena il gladiatore la ripose con fare spartano nello scuro fodero.
Gli occhi torvi dell’ammazza-draghi viaggiarono dall’altro lato dell’edificio, ove il fuoco e la pietra ostruivano il passaggio. Una gran parte della stanza era stata occupata dalla forma mutata del compagno.
Setran non dette importanza al pericolo che aleggiava onnipresente nell’aria, potente e temibile si scagliò fra i detriti. Ne la roccia, ne le fiamme riuscivano a placarne l’impeto, i suoi pugni d’acciaio si abbattevano feroci su qualsiasi cosa agognasse frenarne la corsa. I muscoli coperti dall’armatura erano in preda a una frenesia sfrenata, le vene pulsavano di sangue e furia.
Nel mentre che la percossa di Setran creava una strada con la singola forza bruta, la sua mente richiamò Inkalgorn con l’eco del drago.
Al di là del corridoio di corpi bruciati e lacrime amare, una luce argentea risplendeva come irradiata dal respiro degli angeli. La corpulenta figura del dragonlord si tuffò nella finestra radiante di bianco.
Ad accoglierlo vi era un tetro scenario di corpi mutilati, spezzati e carbonizzati, erto su quelle figure sfracellate Inkalgorn ghignava malefico.
Appena gli occhi di ambra del drago si posarono sull’ammazza-draghi le sue ali scattarono in un turbinio che fece spostare i resti di alcuni malcapitati. Spalancando la mano corazzata Setran afferrò la coda ricoperta di scaglie della sua cavalcatura, risalendo con balzi possenti sul suo dorso.
Setran lasciò che la viverna levitasse sul luogo, mentre egli cercava con lo sguardo la massa smisurata di Sharrak.
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Sharrak guarda il cadavere dell'umano e pensò "giustizia è fatta, ora che il loro capo e morto quei criminali che hanno assalito e schiavizzato la mia gente andranno nel panico appena sapranno la notizia e la ribellione del mio popolo sarà più violenta di prima. Era felice che ora è quasi tutti finito e che presto potrebbe ritornare tra la sua gente per aiutarli a scacciare gli umani dalla sua terra natia
Il serpentone sentì Setran che iniziava a dare pugni contro le macerie e lo guardò, subito dopo decise di seguirlo e dopo un po vide il drago che aveva visto prima nel villaggio, lo osservò e non piacque lo sguardo che aveva la creatura.
Sharrak osservò che Setran e il drago che se ne andarono, subito dopo il serpentone decise di uscire dal quel luogo nel stesso buco dove erano usciti prima quei due. Sharrak guardò Setran grazie per avermi aiutato disse mentre il suo intero lungo e grosso corpo stava per uscire dal buco per allungarsi lungo la strada principale della città
Edited by Gixcaririxen - 31/7/2017, 20:58
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Le ali del drago dissiparono la polvere erta dal crollo. Lo sguardo apatico di Setran era rivolto all’uomo serpente sorto dalle macerie.
Con uno spartano gesto di cortesia il gladiatore annui con un lieve cenno del capo alle sue parole.
Il mantello rossastro si muoveva sospinto dalla brezza piena dei rimasugli di ossa spezzate e pelle incenerita.
Il sangue è stato versato, la sfida si è esaurita e l’arena si è saziata.
A quelle parole la ruggente viverna che trasportava l’ammazza-draghi sul dorso ghignò tetramente. Il suo sorriso malizioso sembrava quasi trarre un significato più profondo da quella frase.
Il gladiatore pareva pronto a cavalcare i venti sul dorso del suo feroce drago dalle zanne aguzze, ma un dubbio lo trattenne come immobilizzato dalle sabbie mobili del rossastro deserto da cui proveniva.
È stato un piacere incrociare la spada assieme a te.
Setran, nato nelle impetuosità della natura, cresciuto per diventare uno strumento di atroce sofferenza, fedele alle leggi dell’arena, rivolse parole di cortesia a Sharrak
Parole che per i semplici uomini erano uso comune, ma che per lui effondevano significati estranei.
Senza altre parole, il gladiatore diede il comando a Inkalgorn che risalì il cielo ruggendo con furenti fiamme iraconde.
Trasportato dagli eterni respiri del vento, divenne una macchia rossastra nell’azzurro più limpido che poi scomparve come rapita dalle nubi
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Sharrak ancora nella sua forma da serpente ascoltò Setran e vide il drago che stava ghignando, quel drago lo stava dando un po fastidio e non piaceva affatto il suo ghigno.
Il serpentone guardò Setran ed annuì e disse il piacere e tutto mio, spero di rivederti un giorno e lo osservò mentre si allontanava.
Sharak rimase nella forma di serpente ed iniziò a strisciare via dalla città, è contento perché aveva tolto un grande peso sulle spalle della sua gente, ora doveva solo attendere gli sviluppi del suo operato e se ci riesce ritornare nel suo paese, almeno è quello che sperava lui.
Sharrak aveva deciso di rimanere nella sua forma di serpente perché non voleva perdere l'abitudine di non avere le mani e di usare quel enorme corpo come fosse il suo corpo normale.
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