Luce e ombra

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  1. Aesingr
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    Il drago azzurro che puzza di pesce

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    Arrivare a capofitto sul groppone di Asmodeus si rivelò una scelta sbagliata. Non che l'avesse reputata una mossa vincente, semplicemente era quello il suo modo di divertirsi e di giocare.
    Esagerare ed attingere al fine dei suoi poteri non aveva senso, non odiava quel dragone ne aveva seriamente intenzione di svitargli la gola. Voleva solo divertirsi a fare la dominatrice, un po' come faceva con chiunque reputasse inferiore.
    Non era neanche del tutto vero in realtà. Considerando che si tratteneva gran parte delle volte, il suo atteggiamento remissivo la portava ad apparire molto meno pericolosa di quanto fosse veramente. Il punto era che non voleva né strafare né trattenersi, doveva trovare il giusto equilibrio.
    Venne proiettata in aria dal grande testone squamoso del suo avversario, che la centrò in fronte con una frustata di coda micidiale. I suoi rapidissimi tempi di reazione le permisero di generare una sottile barriera d'aria attorno al proprio corpo, convogliandone la potenza dove il drago cercò di colpirla, in modo da attutire l'impatto. Ciò nonostante il colpo giunse violento, e per quanto l'aria condensata si fosse frapposta fra lei e Asmodeus non riuscì ad evitarlo.
    La coda venne respinta indietro, ma la sua povera testolina squamosa blu si fece alquanto male. Smorzare la botta le permise almeno di non cominciare a vedere stelline luminose ovunque.
    Grugnì, infastidita. Non le era piaciuta quella mezza incornata, non era mica una toressa! (?????)
    Si portò le ali sulle corna per massaggiarsi. Inspirò un po' d'aria, poi socchiuse le palpebre e tornò con le zampe ben piantate a terra.
    "Come vuoi"
    Non gli diede tempo di elaborare una nuova strategia; probabilmente Asmodeus aveva ben chiaro come agire, ma di fatto valeva anche per lei.
    Spalancò le ali e mosse la coda in aria ripetutamente, cominciando a farla vorticare con sempre più vigore. Dall'acume cominciarono a scaturire lame di vento dirette in ogni dove ed ogni perché, molte senza una traiettoria ben precisa altre dritte contro di lui.
    Avrebbe facilmente potuto evitare l'assalto di quelle che schizzavano in linea retta, per quanto rapide; probabilmente non avrebbe avuto troppa difficoltà neanche ad incassarne un gran numero data la sua stazza. Tuttavia una tempesta massiccia come quella non avrebbe lasciato illeso neanche un gigante due volte più grande di lui, e doveva fare molta attenzione se voleva uscirne vivo. Spostarsi lo avrebbe esposto a quelle circostanti, rimanere immobile avrebbe potuto salvarlo solo per breve tempo.
    Liya gli si gettò incontro, evocando un manto nero che attingeva al buio di un'oscurità ultradimensionale. Se ne fosse stato investito, il candido draghetto sarebbe sprofondato in un nero talmente vorace da indurlo a scordare cosa fosse la luce. Acciecarlo temporaneamente non le sarebbe comunque bastato, voleva di più. L'aveva provocata, adesso non si sarebbe posta limiti.
    I suoi artigli cominciarono a stridere. Circondando d'energia le affilate unghie, aveva preso a farle vibrare ad una velocità incredibile mosse dall'aria che le attorniava.
    Non erano ormai dissimili da tremende lame taglienti, in grado di lacerare tronchi al semplice tocco. Sapeva che il suono dell'aria in movimento avrebbe tradito il suo attacco anche qualora Asmodeus non avesse potuto vederla, ma ben poco le importava. Voleva stremare ogni fibra del suo essere, sfiancarlo nel mostrargli una dopo l'altra tutte le sue abilità, mettendolo gradualmente alla prova per poi schiacciarlo com'era giusto che fosse.
    Nuovamente gli si gettò addosso, questa volta puntando con gli artigli alla sua ala destra. Non aveva intenzione di strapparla quindi cercò di mirare al dorso e di non colpire una zona impossibile da riparare. L'assalto fu molto diverso dal precedente, più rapido e deciso, più implacabile e letale.
    In quel momento gli dedicò tutto quello che da lei sembrava desiderare, la sua completa attenzione. Ignorò l'elfo e la strega, allo stesso modo non fece caso alla figura che si era manifestata al loro cospetto. Adesso aveva un nuovo gioco a cui pensare. Un balocco dannatamente irriverente, che reclamava l'arsura degli inferi.
    Non che credesse nella loro esistenza, ma di certo se il viaggio dei folli si fosse concluso all'inferno quel drago vi sarebbe stato inequivocabilmente destinato.
     
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