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  1. Aesingr
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    Il drago azzurro che puzza di pesce

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    Izu lasciò che ogni parola di Padme gli piombasse addosso senza replicare. Teneva comunque lo sguardo fiero rivolto all'orizzonte, osservando ciò che stava oltre la montagna. Il cielo delle isole fluttuanti era ben più che un mero spettacolo. In quelle lande sospese a mezz'aria attecchiva la vita e purtroppo anche il male, come quelle creature ammassate in un manipolo di soldati privi di senno.
    Osservò la dragonessa gettarsi di sotto ad artigli sguainati e divertirsi, come lei stessa ammise. Se ne stava immobile con i muscoli pronti a guizzare qualora per lei le cose si fossero messe male in qualunque modo. Era rimasto in silenzio, aveva semplicemente continuato a studiarla, nei movimenti, nel suo vivace modo di esprimersi, senza però condividere del tutto.
    "Anche un drago, se figlio di insegnamenti crudeli, può diventare come loro. Comunque hai ragione, sono patetico" le rispose quando fu risalita, sporgendosi verso il basso. "Ma preferisco rischiare la vita per allontanare Nara da loro. Credo anche tu abbia un ideale, un desiderio. Questo è il mio"
    Così dicendo, spinto dall'impeto di Padme, la imitò e come lei si lanciò verso il basso ruggendo. A differenza sua tuttavia non attaccò. Sorvolò la zona circostante e cercò di scorgere, coadiuvato dalla luce del sole, il vero fautore di tutto quel lurido ciarpame. Si avvicinò al palazzo, nel cui cortile Kestrel stava ancora menando le mani. Solo a quel punto ebbe la conferma che cercava da tempo.
    Avrebbe voluto che Padme lo seguisse per indicargli le guardie che, proprio in quel momento, stavano colpendo quelli che dovevano essere i loro stessi compagni. Certo era difficile sapere se stessero pensando al proprio tornaconto, aspirando a diventare sovrani ancor più crudeli o soddisfacendo una vera e propria brama di ribellione. Era sicuro tuttavia di non essere il solo a desiderare la caduta di quel maniero, l'arrivo di Padme era in qualche modo diventato una scintilla che si era rivoltata loro contro.
    Fu allora che scese in picchiata, mentre da una delle guglie dei bianchi torrioni partiva un grosso dardo di balestra nella sua direzione. Le armi e l'organizzazione di quella gente non era niente di eccezionale, come non lo era la gerarchia dei ruoli instauratasi in una manciata di anni. Si poteva definire un regno amatoriale, messo in piedi al solo scopo di raggiungere un altro scopo, folle quanto meschino. E lui si era sottomesso a quella gente.
    Altro che patetico e irrazionale, ma già ne era consapevole. Si lanciò di prepotenza contro il palazzo, da cui il principe vigliacco si era per la prima volta esposto e lo stava fissando con astio. La confusione lo aveva allontanato da Nara, anche se era certo avesse già impartito qualche ordine vile come di tenerla in ostaggio per utilizzarla contro di lui nel caso le cose si fossero messe male.
    Non lo avrebbero trovato impreparato tuttavia. Con un colpo di coda deviò il grosso dardo inclinando il corpo verso il basso, proseguendo come una meteora che avrebbe recuperato la propria dignità in un impatto epocale.
    Prima che con le zampe raggiungesse le spesse pareti di pietra altri dardi gli passarono accanto, sfiorandolo o venendo respinti dalle sue frustate di coda. Emise un tenue gorgoglio quando una delle frecce lo colpì ad una zampa, conficcandosi nelle dure squame, ma non si era fermato. Il lamento si perse nel vento e Izumaksian non attenuò la sua furente avanzata. Aveva potuto percepire ed assaporare il terrore nello sguardo della sua preda, che adesso cercava ogni via di salvezza per aver salva la vita. Non quella della pietà almeno, per quanto balordo volle continuare a combattere.
    Afferrò con i grossi artigli l'umano e con un calcio lo disarmò, facendo rotolare sia lui che la sua arma giù dal parapetto della torre. Con un grugnito snudò le zanne, si lanciò in avanti e lo ghermì a mezz'aria come un rapace con un serpente, cambiando rapidamente traiettoria e dirigendosi verso Padme.
    Lo sentiva agitarsi nella sua stretta, ma non c'era niente che potesse fare per reagire. Sia fosse caduto, sia fosse rimasto in balia del drago, aveva compreso di trovarsi senza via d'uscita. Avrebbe persino proferito qualche blasfema menzogna se Izu non gli avesse schiacciato la testa fra due artigli, rendendogli difficile anche respirare.
    Il drago planò oltre la battaglia ancora in corso e raggiunse Padme. Gettò l'umano a terra vicino alle sue zampe e con una violenta zampata lo fece decollare a diversi metri di distanza come fosse un masso con cui giocavano i cuccioli.
    "Non sono tutti come lui, non dare colpe a chi non ne ha. Sarei felice comunque di concederti questo onore, dragonessa delle montagne" asserì indicando con un artiglio il principe, che a fatica si stava rimettendo in piedi.
    Alla schiena aveva ancora una spada, elemento di cui Izu non si era minimamente preoccupato, ed ora la brandiva di fronte a sé come potesse proteggerlo dall'ira di due draghi nel pieno della loro rabbia.
    Lui per un motivo, lei per un altro, avrebbero potuto sfogare insieme una frustrazione sepolta da tempo.
     
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