Il conflitto tra Marduk e Tiamat

Leggenda babilonese

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    Il drago azzurro che puzza di pesce

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    "La composizione dell'Enűma Eliš era stata per molto tempo, in mancanza di ulteriori prove, fatta risalire all'epoca di Hammurabi (1792-1750 a.C.). Oggi si č perň deciso, in base a solide ragioni che vedremo piů avanti, di abbassarne la datazione di circa mezzo millennio"[...]
    "Manoscritti del mito si sono trovati nei siti piů diversi dell'Assiria e della Babilonia; essi coprono un periodo che va pressappoco dall'anno 1000 al 300 a.C., sicché possiamo ritenere con una certa sicurezza che la sua data di componimento č veramente recente, cioč l'ultimo periodo della civiltŕ mesopotamica"
    (Mitologia assiro-babilonese, Torino, UTET, 2005, p.101)

    L’Enūma eliš ("Quando in alto") č un poema teogonico e cosmogonico in lingua accadica appartenente alla tradizione babilonese, che tratta del mito della creazione, la teomachia, che diede origine al mondo come lo conosciamo.
    Le origini dell'opera sono sconosciute. Le versioni pervenute sono tutte tarde, del I millennio a.C.: in particolare, sono sopravvissute, tra le altre, copie assire dalla Biblioteca del re Assurbanipal, ma anche copie degli studenti che si istruivano per diventare scribi.
    Si compone di sette tavole di circa 150 versi ognuna, per complessivi 1.100 versi circa. Da notare come tutte le copie giunte a noi corrispondano esattamente nella loro stesura sia nel testo che dal punto di vista grafico, elemento che ne testimonia la grande importanza per il tempo.

    All'origine di ogni cosa vi sono due princěpi divini, i dragoni Apsű e Tiāmat. Apsű č l'acqua dolce dell'Abisso, padre di tutto il Cosmo; Tiāmat č l'Acqua salata del mare, madre di tutto il Cosmo.
    Da questi due princěpi divini vengono ad essere gli altri dči, tra cui i serpenti mostruosi Laḫmu e Laḫamu.

    I giovani dči generati da Tiāmat e Apsű disturbano i propri genitori con i loro rumori e le loro divine danze. Portano scompiglio nell'Anduruna ("dove abita il dio Anu", sovrano del cielo) e non accennano a fermarsi.
    Apsű convoca il proprio paggio Mummu e si reca da Tiāmat, denunciando il proposito di uccidere i giovani dči. Tiāmat, pur disturbata anch'ella dal loro clamore, lo invita a riflettere sul fatto che non si puň distruggere ciň che si č creato e gli consiglia piuttosto di educarli con dolcezza.
    Mummu interviene spronando invece Apsű a uccidere i giovani dči, per recuperare la propria tranquillitŕ e quindi il silenzio primordiale.

    I giovani dči vengono a conoscenza delle intenzioni di Apsű e si ammutoliscono nella paura; Ea, il piů intelligente, predispone un incantesimo e recitandolo lo diffonde sulle acque, facendo cosě addormentare Apsű. Lo priva della corona e dello splendore divino e dopo averlo costretto in catene lo uccide.
    Imprigiona Mummu per poi stabilire nelle Acque dell'Abisso la propria residenza, indicandola con lo stesso nome del dio primordiale che aveva appena ucciso: Apsű. Qui Ea e la sua compagna Damkina generano il dio Marduk.
    Quattro sono i suoi occhi e quattro gli orecchi, dalle sue labbra fuoriescono le fiamme. Di enormi fattezze e di incomparabile forza, il suo sguardo abbraccia ogni cosa, possiede lo "splendore" di dieci dči, cinquanta "terrori" sono raccolti in lui.
    Gli vengono donati i quattro venti; Marduk li fa turbinare creando nuovamente scompiglio e riesce a spazientire Tiāmat.

    Tiāmat č sconvolta, e alcuni dči le ricordano come non sia intervenuta mentre Ea uccideva Apsű e imprigionava Mummu, il suo paggio, e questo ha permesso la genesi dei venti e la sua solitudine. Quindi la invitano a liberarli da questo fardello.
    La progenitrice si decide allora per la guerra con gli dči che la sostengono. Consegna loro armi terribili e inizia a generare draghi giganteschi rendendoli simili agli dči.
    Genera undici specie di creature mostruose: girtablullű (gli uomini scorpione), uridimmu (gli uomini leone o meglio "uomini cane feroce"), kulullű (gli uomini pesce), kusarikku (gli uomini toro), lahamu (gli eroi pelosi), ūmu dabrutū (le tempeste terribili), mušmahhu, ušumgallu e bašmu (tre serpenti con corna), mušhuššu (il serpente-drago) e ugallu (i demoni leone).
    Tra i suoi figli divini Tiāmat sceglie Kingu, che pone a capo dell'armata, facendolo suo sposo. Pone sul suo petto la "Tavola dei Destini", consegnandogli in questo modo "la dignitŕ che era di Anu dio del cielo".

    Ea viene a sapere dei preparativi di Tiāmat e infuriato si reca dal padre Anšar. Anšar gli risponde che l'unico responsabile della furia di Tiāmat č lui, Ea, che ha ucciso Apsű. Ea replica che non era a conoscenza di ciň che avrebbe causato, ma la morte di Apsű era stata determinata da precise circostanze.
    Anšar viene convinto dalle risposte di Ea e quindi lo invita a recarsi dalla progenitrice per calmarla con i suoi incantesimi. Egli si reca verso Tiāmat ma si rende subito conto che non č in grado di sconfiggerla con i suoi scongiuri, quindi torna da Anšar.
    Anšar convoca il proprio figlio Anu, e lo invita a recarsi al cospetto di Tiāmat, ma anche Anu si rende conto che la potenza della dea madre del Cosmo č troppo grande per lui e si ritira. Tutti gli dči si ammutoliscono e nessuno vuole muovere contro di lei.

    Ea quindi convoca il figlio Marduk e lo invita a recarsi da Anšar, per offrirsi contro Tiāmat. Anšar accetta l'offerta di Marduk rallegrandosi, e lo sprona a sconfiggere la dea madre. Marduk chiede, tuttavia, la convocazione dell'assemblea degli dči nell'Ubšukkinakku(luogo in cui si riunivano le divinitŕ per discutere) di modo che, in quella sede, gli sia concessa la regalitŕ su tutti gli dči.
    Anšar invia il suo paggio Kaka al cospetto degli antichi dči Laḫmu e Laḫamu per metterli al corrente delle gravi vicende, ovvero l'odio di Tiāmat, e di alcuni dči con lei schierati, contro il restante mondo divino. Odio che era giunto a privare della dignitŕ regale il padre Anu conferendola a Kingu, il generale delle schiere di Tiāmat.

    Gli dči riuniti in assemblea decidono il destino del dio Marduk, un destino che lo pone alla loro guida consegnandogli la supremazia sul Cosmo:
    "D'ora in avanti il tuo verdetto non deve essere piů cambiato;
    č in tuo potere l'innalzare e l'umiliare
    la tua parola č efficace, il tuo comando non puň piů essere contraddetto;nessuno degli dči oltrepasserŕ piů il confine da te stabilito.
    Per le abitazioni degli dči sarŕ richiesto l'approvvigionamento,
    affinché tu nei luoghi di culto, trovi posto!
    Tu sei Marduk, il nostro vendicatore,
    noi ti abbiamo conferito la regalitŕ sulla totalitŕ dell'universo intero;
    prendi posto nell'assemblea: lŕ la tua parola sia preminente .
    Le tue armi non devono fallire, ma colpire i tuoi nemici!
    a chi confida in te, risparmia la sua vita,
    ma annienta il dio che ha tramato il male!"

    (Tavola IV, vv. 7-18; Traduzione di Giovanni Pettinato)

    Gli dči quindi chiedono a Marduk di far scomparire e poi riapparire una costellazione, Marduk supera questa prova e loro lo proclamano re, invitandolo a staccare la testa alla progenitrice divina.
    Si prepara allo scontro con Tiāmat e si arma di arco e frecce, mazza e fulmini, lingue di fuoco avvolgono il suo corpo, con una rete intende catturare gli intestini della progenitrice divina.
    Dispone i quattro venti, dono del dio Anu, e crea altri sette venti e tempeste. Dispone i suoi quattro destrieri e il suo terribile carro. Si copre con un mantello che in realtŕ č una corazza. Sul suo capo pone lo splendore terrificante. Nella bocca serra un incantesimo e nella mano stringe una pianta contro il veleno di Tiāmat. Tutti gli dči si pongono al suo fianco.

    Comincia la battaglia. Marduk solleva il Ciclone e lo scaglia contro Tiāmat accusandola di essere senza pietŕ contro i propri figli, anche se questi erano molesti. Accusa Tiāmat anche di aver privato Anu della sua dignitŕ e di essere stata malvagia nei confronti del re degli dči, Anšar. Tiāmat scatena la sua rabbia cercando di inghiottire Marduk, ma quest'ultimo le getta addosso la rete e poi il Vento cattivo che le impedisce di chiudere la bocca. Cosě altri venti entrano nel suo intestino.
    Marduk scocca quindi la freccia fatale che lacera il ventre alla progenitrice divina, quindi le strappa gli intestini e le perfora il cuore. Uccisa Tiāmat, Marduk monta sul suo cadavere. Poi cattura l'esercito della divina progenitrice e, dopo averlo privato della Tavola dei Destini, annovera Kingu tra gli dči morti.
    Quindi taglia le vene di Tiāmat affinché il sangue scorra verso l'alto per comunicare al Cosmo la sua vittoria.

    Marduk osserva il cadavere di Tiāmat, poi lo taglia in due come un pesce essiccato. Con una parte crea il cielo, avendo cura di tendere la pelle affinché non cada l'acqua.
    Crea le collocazioni stellari per gli dči, inserendo le stelle dette Lumasu, modello per tutte le "altre stelle".

    Stabilisce l'anno; crea Nanna, il dio Luna, affidandogli la notte e i giorni sulla Terra in coordinamento con il dio Sole Šamaš.
    La saliva di Tiamat diviene nuvole, poi Marduk ne riempe il cranio d'acqua e cosě facendo prendono a sgorgare dai suoi occhi i fiumi Tigri ed Eufrate.
    Nel petto della divina progenitrice erige le montagne, poi piega la sua coda e la lega al Durmaḫ, la corda cosmica che tiene unito il Cosmo.
    Allo stesso modo ne dispone il sedere per ancorare il cielo. La restante metŕ di Tiāmat la stende e la rende Terra.
    Rinnovata la creazione, Marduk stabilisce le regole e le affida al padre Ea, donando la Tavola dei destini ad Anu.
    Le creature di Tiāmat vengono da Marduk catturate: distrutte le loro armi e incatenati i loro piedi, predispone le loro immagini che appende come monito all'ingresso dell'Apsű.

    Marduk parla ai suoi progenitori divini e gli comunica l'intenzione di edificare la sua dimora sopra l'Apsű e sotto il Cielo. Lě, in mezzo, egli vuole costruire la sua casa e intende chiamarla Babilonia, "la casa dei grandi dči" e lě intende organizzare la sua festa.
    Ottenuta l'approvazione degli dči, Marduk concepisce cose meravigliose. Parla con Ea e gli comunica l'intenzione di creare Lullu, il primo uomo, affinché gli sia destinata la fatica che prima competeva agli dči.
    Ea gli risponde che uno degli dči deve perire per poter creare l'uomo, allora Marduk, re degli dči, convoca gli Anunnaki(gli dei su cui ora regnava) e gli chiede chi abbia aizzato Tiāmat provocando la guerra divina; Loro rispondono che era stato il compagno di Tiamat, Kingu. Lo conducono quindi al cospetto di Ea, quindi gli aprono le vene: con il sangue di Kingu Ea crea l'umanitŕ.

    Marduk suddivide quindi gli dči: 300 Anunnaki stabilisce nel Cielo, 300 li organizza per far funzionare la Terra.
    Gli Anunnaki intendono mostrare riconoscenza a Marduk per averli liberati dal pericolo. Per questa ragione Marduk li invita a costruire la cittŕ di Babilonia. Impugnano allora le zappe e fabbricano i mattoni, costruiscono la cima di Esagila e la grande Ziggurat, realizzando infine i santuari.
    Marduk allora organizza un banchetto con i cinquanta dči maggiori, invitandoli a permanere gioiosamente in Babilonia, la loro nuova residenza.

    A Tiamat si attribuisce la nascita della figura mitologica del drago:
    i primi mostri alati, dotati di artigli, comparvero proprio nelle leggende della Mesopotamia. Erano di colore nero o blu abisso e vengono tutt'ora riconosciuti fra le razze piů antiche.
    Il Drago Nero č sempre stato visto come malvagio e astuto, simbolo del male piů profondo. Le loro vere origini tuttavia non sono maligne, in quanto Tiamat non rappresentava il male e li generň solo a causa del suo odio accumulato nel tempo nei confronti delle altre divinitŕ.
    Avevano artigli d'aquila e ali da pippistrello; si nutrivano di ogni creatura, vivente e non, che incontravano sul loro cammino. Coda a parte, possedevano una lunghezza di circa venti metri e un’apertura alare addirittura maggiore.
    Erano provvisti di corna e di una coda coperta di aculei, mentre i loro occhi somigliavano a quelli dei felini. Per attaccare, erano in grado di emettere fuoco e acido dalle fauci.

    Commento personale

    Detesto questo racconto, Marduk č uno degli esseri piů insulsi che abbia mai letto dai tempi del mito. Non tanto perché a rimetterci č anche questa volta il drago, o la dragonessa per meglio dire, quanto perché non ha il benché minimo senso l'anteporre la soluzione "uccidiamoli" di Atsu a quella "educhiamoli" di Tiamat. Lei poteva anche intervenire attivamente per fermarlo, ma č mai possibile che, pur di mostrare come eroe il tizio di turno, bisogna trovare una scusa randomica per far infuriare qualcuno che se n'era stato tranquillo per tutto quel tempo?
    Se Ea e Anu vengono inviati contro Tiamat e lei non li uccide, probabilmente č perché ad una tregua volendo si poteva giungere. Per quale arcana motivazione nei poemi antichi nessuno pensa mai a questo genere di eventualitŕ? In ogni caso, e questo non č un commento personale, Tiamat veniva considerata l'essere piů potente anche dopo la nascita di Marduk; se egli č riuscito a sconfiggerla č, come nel caso di Gilgamesh, grazie ai venti divini che in origine non gli appartenevano.
    Alcune visioni successive hanno indicato Tiamat come rappresentante del male e della viltŕ, il perfido drago nero creatore degli altri draghi. Questa perň č solo una trasposizione successiva della figura cosmica del mito originale, dove anche Marduk č semplicemente un campione fra gli dei che deve sconfiggere il male rappresentato dal drago nella visione occidentale.

    Fonte: per il racconto Wikipedia inglese.

    Edited by Aesingr - 4/12/2019, 14:17
     
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    Non avevo mai visto la cosa in questo modo riguardo questo mito. č decisamente un punto di vista interessante.
    Lo sai comunque che il nome di Tiamat č stato usato piů volte nella fiction?
     
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1 replies since 27/9/2019, 14:15   620 views
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