Stai attento a quel che fai, amico!

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    Spero di servirvi in futuro. disse Zephiros,che si distese per bene con tutto il suo corpo,poggiando il collo sulla base del nido. Si mise ad osservare Noxas e Lyvor,per vedere se si fossero messi anche loro a dormire o ne avessero l'intenzione. Pensò per un attimo al suo passato di brutti e bei momenti,poi chiuse gli occhi e si addormentò.
     
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    Noxas imitò Zephiros e Lyvor fece lo stesso, anche se quest'ultimo impiegò un po' più tempo per assopirsi.
    Troppi pensieri gli stavano affollando la mente in quegli ultimi giorni, un po' per colpa di Shian un po' per colpa di quella screansata di Liya. Non era più tornata, accidenti...
    Quando si destarono il mattino seguente Noxas pareva tranquillamente
    riposata, mentre il drago dava l'impressione di non aver neanche dormito.
    Si rovesciò nella morbida coltre del nido, infastidito dal mancato riposo, nel tentativo di cercare un po' di pace. Quando entrambi gli altri si furono svegliati fu proprio lui ad iniziare il dialogo, mentre la roc stendeva le piume e dispiegava le grandi ali Per stirarsi.
    "Non ho intenzione di lasciare a te il mio prossimo compito, quindi andrai con Noxas nella sua prossima missione"
    "Cosa? Ma perché..." disse lei, puntandogli gli occhi addosso.
    "Tu devi rispettare i miei ordini"
    "E chi l'ha detto?"
    "Io, il giorno in cui sei entrata"
    "Certo, come no"
    Si librò comunque in aria e attese che Zephiros la seguisse, nonostante un po' la cosa la infastidisse. Cercò in ogni caso di non darlo a vedere e di non replicare, anche se prima o poi glie l'avrebbe fatta pagare a quell'ignorante drago dalla testa dura.
    "D'accordo, andiamo!"
    ok Elker, noi ci spostiamo altrove, rispondi adesso e poi cambiamo role... la tua però la apro in settimana prossima appena ho tempo... dimmi il luogo che preferisci



    Cominciava a sentirsi in difficoltà, e quella sensazione non gli piaceva per niente. Il lupo lo stava costringendo a faticare più del previsto, e lui non era abituato a tali risvolti delle cose.
    Com'era possibile che una semplice bestia come quella potesse possedere tutta quella potenza? L'intervento della stupida dragonessa impicciona poi non era stato il massimo del piacere, accidenti al giorno che aveva deciso di collaborare con quei pazzi privi di senno.
    Alzò le braccia e il muro si dissolse, mentre anche lui stesso scompariva con l'ennesima nube di fumo nero.
    Il grosso aracnide si avvicinò lentamente a Mitar, con occhi di fuoco e di tenebra che sprizzavano odio indiscriminato. Rispecchiava il desiderio di morte dell'alchimista, anche se dimostrò di essere un entità indipendente dalla sua volontà:
    si lanciò contro il lupo a cheliceri scoperti, mentre dalle sue fauci emetteva una strana sostanza biancastra e vischiosa, equivalente di una grossa ragnatela ma in forma gelatinosa.
    Elsa arrivò in tempo per fermare quella roba con una vampata, ma non poteva sperare di rallentare quel bestione da sola.
    Il mostro la buttò a terra nel suo impeto passando sopra a Mitar e scavalcandoli letteralmente, ma questo lasciò al lupo campo libero per fronteggiare l'alchimista senza ulteriori indugi.
    I problemi però non erano ancora finiti: il non morto era scomparso e il ragno aveva lanciato un altro getto di sostanza appiccicosa contro i due, centrando Elsa e dirigendosi anche incontro a Mitar da dietro le sue spalle, anche se il lupo ebbe qualche secondo in più per evitarla.
    La piccola dragonessa ruggì per la sorpresa, mentre la sostanza filamentosa si solidificava e la avvolgeva in una sorta di bozzolo di seta.
    L'alchimista ricomparve con un'espressione furente a pochi metri da Mitar, ormai al culmine della rabbia e delle forze. Iniziò a lanciare raggi d'energia violacei contro il lupo a casaccio, sconvolto dalla possibilità di essere costretto a fuggire. Alcuni dei raggi colpirono le pareti impattando contro di esse, creando piccoli crateri e lanciando schegge ovunque ad ogni esplosione. I rumori della battaglia erano assordanti,
    amplificati dagli spazi ampi e sotterranei che li circondavano.
    Elsa si divincolò per qualche secondo, prima di rendersi conto che era tutto inutile. Emise quindi qualche scintilla dalle fauci, anch'esse bloccate dalla ragnatela che l'aveva imprigionata. riuscì lentamente a scioglierne una parte, ma quando il mostro la afferrò e la sollevò in aria aveva ancora la coda, un'ala e gli arti posteriori immobilizzati.
    Gli mollò un'artigliata e un morso disperato ad una zampa coperta di orrendo pelo nero, facendo colare da essa qualcosa che doveva rassomigliare almeno lontanamente al sangue; in realtà nei vasi di quella creatura pareva trovarsi dell'orrendo e disgustoso liquido grigiastro.
    Il ragno la buttò di nuovo a terra guaendo per il dolore, ma non prima di aver ricambiato al morso con le enormi fauci che, tuttavia, non erano riuscite a penetrare con forza le scaglie smeraldine della dragonessa.
    Il timore di essere finita nei guai però la pervase un istante dopo, notando che dalla spalla destra le usciva un piccolo rivolo di sangue.
    Era quasi
    scontato che quelle piccole ma numerose zanne contenessero qualcosa di maledettamente velenoso, una certezza che in una situazione come quella poteva rivelarsi estremamente pericolosa.
    Si chiese come avrebbe fatto Mitar a combattere entrambi da solo, se non avesse deciso di aiutarlo.
     
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    La bestia aracnide pareva essere bramosa di addentare un'altra vittima, dalle pelle molto più robusta della mia. Che quell'essere fuorimisura potesse affogarsi con le robuste scaglie.
    Pensai di avere finalmente il folle tutto per me, di potere masticare le sue ossa come banchetto alla fine della battaglia. La tela fu un regalo poco gradito, che evitai di ricevere solo in parte.
    Con un piede intrappolato in quel disgustoso viscidume ruggivo alla figura di quel maledetto. Le sue mani lorde rilasciavano quelle onde violace quasi casualmente, come se fosse portato avanti solo dalla sua incontenibile furia e desiderio i distruggere ogni cosa.
    La rabbia poteva essere un amante letale, se non tenuta per il guinzaglio. Evidentemente nella sua prolungata permanenza su questa terra non lo aveva ancora imparato.

    Uno dei raggi riuscì a colpirmi, abbozzai a stento una difesa. Il suo tocco bruciava come furenti fiamme infernali, ma fu d'aiuto per scatenare la mia collera. L'influsso della luna che al di fuori di quella torreggiante costruzione in cui mi ero avventurato irradiava ogni essere vivente, faceva sentire il suo potere anche nel mio sangue. Lo sentivo mentre ribolliva accompagnato dalle terrificanti fiamme della vendetta. Le ombre lo artigliavano, plasmando e donandomi un potere oltre il sovrumano. Un potere così devastante, che avrebbe raddoppiato la follia dell'alchimista con il suo solo scatenarsi.

    Il mio ululato si impose sopra ogni cosa, senziente e non. La sua furia riecheggiava per i grotteschi corridoio della piramidale abitazione del folle.
    Un movimento, così intenso e devastante, e mi ritrovai libero da quella rivoltante ragnatela. Non volevo altre seccature che mi intralciarselo nella mia vendetta.
    L'aracnide troppo concentrato sulla dragonessa non mi vide arrivare. Il fendente fu rapido e deciso, potevo quasi sentire che io e la mia arma eravamo diventati una cosa sola. La sua zampa recapitata venne accompagnata nel suo cadere sul suolo da un latrato di dolore proveniente dalla bestia.
    Alle mie spalle l'impeto scatenato del folle continuava, facendo crollare alcune pietre sul corpo della sua belva aracnide. Era abbastanza indebolita perché la dragonessa potesse reggere uno scontro senza fallire.

    Le fiamme sacrileghe divoravano il corpo dell'alchimista. Il suo sguardo nonostante fosse privo di occhi emanava disprezzo e furia, quasi udibile nell'aria.
    Le ombre da cui traevamo forza si scagliarono le une contro le altre, falciandosi e distruggendosi in una battaglia senza fine.
    Lo stridio delle catene d'ombra e lo sfumare delle tenebre erano le musiche che accompagnavano lo scontro.
    Mentre io brandivo la mia letale ascia, forgiata dal grande fabbro dei licantropi, lui stringeva fra le scheletriche energie di natura sovrannaturale, portate nel nostro mondo con l'unico obiettivo di distruggermi.
     
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    Zephiros iniziò a seguire Noxas,pensando al fatto che forse Lyvor era troppo un maniaco del controllo e forse anche un po' troppo severo. d anche se non lo dava affatto a vedere dentro di se rise a crepapelle su questo suo primo pensiero. Pensò inoltre che Noxas forse fosse uno spirito libero.
    Io davvero non saprei:che luogo mi suggeriresti nel GDR?
     
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    Si Elker, ho in mente qualcosa. Appena posso te la apro...

    Noxas volò dunque verso est, virando e cambiando direzione sotto il sole mattutino ed un cielo che albeggiava fresco e limpido.
    Volare in quelle condizioni era il massimo del piacere, non poteva chiedere niente di meglio.
    Sperava che Zephiros potesse dimostrarsi pronto, come faceva a fidarsi di uno appena conosciuto? Lyvor non aveva avuto da protestare, il che era strano... decisamente.
    Anzi, l'aveva mandato con lei.
    "Ci dirigeremo verso l'ossidiana d'argento, dobbiamo recuperare dei nostri compagni e cercare... beh, ti spiegherò in seguito"
    Noxas esce con Zephiros



    Fu il caos: colpi su colpi, ruggiti su grida, rabbia su collera.
    Niente più lì dentro aveva un senso, ed Elsa reagì all'istinto quando capì che Mitar l'aveva in un certo senso aiutata. beh probabilmente non perché gli interessava di lei, ma le bastava il tempo di rialzarsi e contrattaccare.
    Una strana luce azzurra raggiunse il ragno; qualcosa che Elsa non poteva confondere per niente al mondo, essendo la sua unica amica una guaritrice eccellente.
    Capì che l'alchimista aveva curato in parte la menomazione dell'aracnide, e la cosa in effetti non fu il massimo della goduria... anche se almeno poteva fronteggiarlo di nuovo alla pari e senza ulteriori aiuti.
    E così fu: questa volta non si sarebbe fatta prendere come un'ingenua. Dopo essersi liberata dagli ultimi resti di ragnatela schifosa con il fuoco, partì alla carica, evitando attacchi di ogni sorta e contrattaccando con fiamme, zanne e artigli.
    Sciolse ogni tentativo da parte della creatura di intrappolarla nuovamente, eluse ogni sua zampata e le piantò un morso sulla testa, asportandole tutto quello che riuscì a strappare con le fauci.
    Non era troppo abituata alla battaglia, ma una volta trovatasi in pericolo diventava una furia incontenibile, come molte altre creature del resto.
    Accadde tutto molto rapidamente, per un attimo le sue scaglie brillarono nell'oscurità circondate di scintille, spegnendosi un attimo dopo in un impatto devastante che fracassò parte del carapace e dello scheletro anatomico del ragno.

    L'alchimista evocò armi di ogni genere, scudi, lance e alabarde, ma niente riusciva a raggiungere quel dannato avversario contro cui, doveva ammetterlo, quel giorno sarebbe stato meglio non combattere.
    Gli lanciò contro tutto quello che conosceva, cercando di consumare energia in maniera costante e non a scatti, in modo da mantenerla in caso di un ultimo disperato bisogno.
    Le esplosioni continuavano, le zolle di terra si staccavano dalle pareti, le voragini aumentavano di dimensioni parallelamente a quelle del timore dell'alchimista. Fuggire? No, non poteva... doveva annientare quell'intruso, di cui non ricordava neanche il nome.
    "Dimmi... dimmi chi sei maledetto!"
    Con quell'esclamazione e quel grido che si espanse lungo tutto il corso dello spazio antistante, emise un raggio violaceo dalle mani più grande degli altri, il quale si divise in diversi fasci d'energia esplosiva diretti da ogni direzione contro il lupo.
    Venne raggiunto da uno dei colpi di Mitar proprio in quel momento, la lama di una delle catene l'aveva colpito al braccio destro spezzandogli l'articolazione omero-ulnare e andando molto vicino a ferirlo più gravemente.
    Un ruggito, un grido, un altra ondata d'energia. Contemporaneamente Elsa concluse il lavoro distruggendo la testa del ragno gigante con un'incornata spaventosa, che neanche lei pensava di poter eseguire.
    Fu quando l'adrenalina e l'energia si furono attenuate che la dragonessa si rese conto delle proprie condizioni; scese a terra, gettando uno sguardo allo scontro ancora in corso di fronte a lei. La ferita sulla sua spalla si era non solo allungata e allargata, ma pareva più profonda e orrendamente scura.
    Si passò la lingua sulle squame lacerate, venendo pervasa da una sensazione di nausea che non aveva mai provato prima. Che cosa stava succedendo?
    Aveva ipotizzato che quel veleno l'avrebbe debilitata, ma quando sentì le forze venirle meno e gli arti afflosciarsi capì di averne sottovalutato l'efficacia.
    I draghi, per natura, posseggono un cuore che pompa il sangue più rapidamente di gran parte delle altre creature più piccole... questo permette a veleni e sostanze di ogni genere di penetrare più velocemente nel loro corpo, ottenendo effetti più immediati sia per quanto riguarda sostanze benefiche che venefiche.
    Ovviamente quella era la tecnica di caccia di un ragno, catturare la preda e renderla inoffensiva per poi cibarsene nel momento più opportuno. Quella volta non era vissuto abbastanza da godersi il pasto, ma l'effetto paralizzante del veleno non aveva esitato molto a farsi sentire. Sperava solo di essere abbastanza forte da poter reggere ad una dose come quella instillata da tutti quei denti, probabilmente un'iniezione simile sarebbe stata in grado di uccidere draghi ben più resistenti con pochi morsi.
    Le uscì uno strano verso gutturale dalla gola, mentre il suo corpo lottava per restare attivo e la sua testa, inesorabilmente, scivolava sul terreno. Mantenne il controllo motorio solo sugli occhi, per fortuna sui polmoni e leggermente anche sul collo; essendo il corpo del drago abituato a spingere il sangue alle estremità con forza, le parti centrali e meno periferiche del corpo risentirono più tardi e con minor intensità dell'effetto intorpidente, ma non riusciva più a sentire né zampe né coda, assieme alle quali se ne stavano andando lentamente anche alcuni sensi come l'udito e la vista.
    ok, puoi anche concludere nel prossimo post. Uffa spero non mi crepi Elsa xD masochista io con i miei poveri PNG
     
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    Il suo devastante urlo, forte della paura e della disperazione che provava, decorarono sul mio volto un ghigno di soddisfazione. Fino a poco fa non era minimamente interessato a sapere chi fossi, credeva sarei stato soltanto un’altra effimera seccatura da torturare e distruggere.

    La sua magia mi respinse, allontanandomi di pochi metri da lui. Evitai alcuni raggi d’oscurità, ma altri, mi ferirono su torace e gambe. Con la furia pulsante nel cuore, e le zanne bramose di addentare le sue ossa, superai il dolore e mi accanì su di lui.
    Strinsi con mano il suo braccio, mentre le fiamme sacrileghe ne divoravano il corpo. L’alchimista emanò un pestilenziale alito proprio sul mio volto, prima di far risalire alla sua bocca le fiamme sacrileghe per bruciare il mio corpo, in preda ad un logorante oblio.
    La forza delle ombre scorse con più prontezza nel mio sangue, alimentando un potere immenso.
    Assestai di un talmente possente, che avrebbe potuto adombrare il suono della piramide che andava verso la rovina.
    Non appena sussultò difronte a me, con l’ascia saldata nella mia mano destra.
    Io sono l’ombra nella notte, io sono la vendetta che dissipa l’inganno. Sono il tuo distruttore, la tua nemesi. Io, sono... MITAR!
    Gli urlai, dilaniando le sue ossa con un fendente micidiale.

    Il corpo del mio ex-carceriere pareva impazzito, le fiamme lo divoravano, trasformando quelle ossa animate in cenere. Luci verdi e violacee si mescolavano in un’unica grande e spettrale luminosità. Ad orchestrare quello spettacolo, vi erano le sue urla colme di collera per la sconfitta subita. Ma prima di lasciare questo mondo, volle lanciare un altro temibile sortilegio, una magia così potente che scosse la terra sotto i nostri piedi.

    Le mie grinfie erano ansiose di reclamare l’agognato premio promesso dallo stregone in caso della sua dipartita. Alla mie spalle la dragonessa che mi aveva salvato poco fa, giaceva immobile paralizzata. Bisogna sempre ricambiare un favore.
    L’afferrai per la coda e cominciai a trascinarla lungo il corridoio, mentre il tetto cadeva sulle nostre teste. Difronte a me le fiaccole illuminavano una immensa scalinata circolare che andava verso l’alto per metri e metri.
    Non mi curai dei gradini che avrebbero colpito il muso della verdastra creatura a scaglie, infondo la sua squamosa pelle doveva servire da armatura naturale.
    Ritrovatomi al piano terra, alcune trappole bloccavano l’uscita principale, ma non era quella che volevo prendere.
    Sfondai ogni porta, fino a ritrovare la meravigliosa armatura che avevo visto. Con rapidità tolsi il resto della mia vecchia armatura mentre mi avvicinavo sempre di più a quell’indistruttibile pezzo di collezione divina.
    La presi sotto il mio braccio, indossandola mentre correvo per salvarmi la vita. Cominciai allacciando i gambali, evitando con agilità lupesca che il pavimento che cedendo mi riportasse nei sotterranei. Senza riluttanza, le mie braccia accolsero il freddo acciaio dei braccioli.
    Non appena fui dalla dragonessa cercai di allacciarmi anche il pezzo principale dell’armatura, la scossa causata da un masso fece cadere uno degli spallacci, che non avevo ancora saldato. Mi gettai nel vuoto per riprenderlo, scagliando alcune catene nella parete di legno in modo da rimanere aggrappato.
    Con il pezzo d’armatura saldo nella mano, ondeggiai verso la parte del pavimento che non era ancora ceduta. Atterrai a quattro zampe, ed assicurai il resto dell’armatura al corpo.
    Continuai la salita verso la cima della piramide trascinando con me la dragonessa, finché il pavimento sotto di me non cadde. Balzai con tutta la potenza dei miei arti lupini, per poi estrarre con un rapido movimento del braccio gli artigli retrattili dell’armatura. Si conficcarono nel muro con una semplicità inimmaginabile. Il rettile alato non era di certo un peso piuma, sfruttai questo vantaggio facendola dondolare per poi scagliarla sulla parte delle scale ancora stabili. Riuscii con una rapida scalata, a raggiungere anch’io la parte che non era ancora crollata.
    La punta della piramide era vitrea, probabilmente per compiere qualche diabolico esperimento.
    Respiravo affannosamente, ma dovevo compiere un ultimo sforzo. Scagliai con furia l’ascia sul vetro, infrangendolo e lasciando libero il passaggio. Riportai a me l’arma con un lesto movimento della catena, per poi riporla dietro la schiena.
    Ancora una volta, con uno sforzo così logorante, in un impeto così travolgente che avrebbe potuto distruggermi, richiamai il potere delle tenebre che avevano alimentato la mia forza durante la vendetta contro il mio ex-carceriere.
    Strinsi la coda del rettile alato, facendo roteare quel mastodontico peso, scaraventandolo verso l’uscita. Con una serie di balzi fra varie pareti, perforando queste ultime con gli artigli retrattili della mia nuova armatura, raggiunsi anch’io l’uscita.
    Mi ritrovai a scivolare giù dalla piramide, osservando come quest’ultima si sgretolasse sotto i miei piedi. La dragonessa al mio fianco, che aveva un leggero vantaggio di qualche metro, cominciò a riprendere conoscenza, rendendosi conto di stare scivolando verso una possibile fine.
    All’ultimo attimo, quando i nostri corpi erano vicini a schiantarsi, ella spalancò le ali cercando d’improvvisare un volo. Mi aggrappai alle sue zampe, ma non riuscì a tenermi. Cademmo verso l’arida terra che circondava la piramide. Se non altro, il suo planare aveva rallentato la caduta.

    Con la luna alle spalle a glorificare il mio atto, lasciavo quel fatiscente strumento di morte vittorioso, e calzando il mio premio. Ma l’armatura non era l’unica cosa che avevo reclamato, prima che tutta la costruzione crollasse, avevo legato alla cinta la testa annerita dell’alchimista, come testimonianza della mia vittoria sullo stregone.
    Ad ascia in spalle, mi incamminai con il petto colmo d’orgoglio per ciò che avevo compiuto
     
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    Tutto era diventato sfocato, indistinto, lontano. Non riusciva a muoversi, non riusciva a ruggire, si stava forse spegnendo?
    Le sue membra giacevano inermi sul uno dei pochi tratti di terreno ancora integri e non coperti di detriti, mentre Lo scontro incredibile tra il lupo e il folle non morto volgeva alla sua conclusione.
    Il boato che scaturì dall'ultimo colpo che si scambiarono portò al crollo di altri pezzi della struttura sovrastante, ormai prossima al cedimento. Non potendo far altro che udire poco più di qualche rumoroso fracasso, Elsa non riuscì a capire chi dei due avesse prevalso.
    Nel momento in cui si sentì afferrare per la coda e trascinare chi sa dove, il suo istinto riaffiorò di nuovo e cercò di revitalizzarla, in vano. Sentiva appena che il suo corpo stava impattando contro qualcosa, ma nessun dolore arrivò alle sue membra, nessuna sensazione precisa e definita.
    Ciò che successe in seguito le fu totalmente ignoto, poiché le ci volsero pochi altri secondi per perdere del tutto conoscenza e sprofondare in un pericoloso oblio senza confini ne luce.
    Se trascorsero pochi secondi, alcuni minuti o secoli la dragonessa non poté saperlo, ma nel momento in cui una minima percezione sensoriale decise di riaffiorare al suo acutissimo apparato vestibolare, tutto ritornò chiaro... beh, non proprio tutto... qmagari quanto bastava.
    Non sapeva né il perché né il per come, stava di fatto che, nel momento in cui spalancò gli occhi, il suo corpo era sul punto di schiantarsi a terra. Si ritrovò a precipitare nel vuoto nero senza un apparente motivo, come se svegliatasi da un sonno instabile su un ramo precario di un albero vecchio di secoli.
    Spalancò le ali, certa che quell'assurda realtà non corrispondesse al regno dei morti, rendendosi a mala pena conto che con lei c'era anche qualcun'altro.
    Riuscì a sostenere entrambi per poco, il necessario affinché la caduta rallentasse e la picchiata avvenisse da una quota notevolmente minore.
    Un abbozzo di ruggito le emerse dalle fauci ancora addormentate, nel mentre che impattavano con il suolo circostante, fatto di nuda terra spoglia di vita o di qualunque forma d'energia e rischiarata solo dal tenue bagliore lunare, unico testimone di quello scontro tanto impressionante quanto necessario.

    Dubitava che le sue ali l'avrebbero sorretta per più di qualche secondo, ma sperava che le zampe sarebbero state sufficentemente attive da permetterle di rialzarsi e camminare.
    Probabilmente durante il periodo di sonno forzato a cui era stata costretta dal veleno aveva preso qualche botta, perché con i sensi ricomparve anche un dolore che non ricordava di aver provato prima di scivolare nelle tenebre.
    Era chiaro: Mitar l'aveva salvata. Che si fosse sentito in debito o che l'avesse fatto per pietà non le importava, era dal giorno in cui aveva deciso di entrare a far parte della nebbia che aveva accettato a non pensare ai compagni durante una missione.
    Era una delle pochissime regole che venivano imposte ad ogni membro, al pari di "torna a cercare i corpi dei compagni per dare loro degna sepoltura o gettare le loro ceneri al vento" e "non dimenticarti di chi ha lottato al tuo fianco".
    Le era bruciato nel petto più volte il dover resistere all'impulso di aiutare un compagno in difficoltà, per poi vederlo cadere senza vita durante lo svolgersi di una missione assegnatagli. L'obbiettivo veniva prima di qualunque altro sentimento, eppure non era mai riuscita a spegnere del tutto quello che era il dolore per la perdita di un amico.
    Si drizzò sulle quattro zampe e lanciò prima uno sguardo al cielo puntinato di astri luminescenti, rivolgendosi poi a Mitar che si stava allontanando.
    "Ottimo lavoro"
    Non aggiunse altro, anche se sapeva che avrebbe dovuto farlo.
    Chi sa cosa sarebbe successo d'allora in poi. Se quello era l'obbiettivo del lupo, quale sarebbe stato adesso il suo bersaglio? Per qualche arcano motivo era convinta di saperlo, ma non riuscì a dirgli nulla a riguardo.
    Chi sa se assieme al suo desiderio di vendetta si era spenta anche la furia cieca che l'aveva spinto a tanto...
     
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    Ok, non hai più risposto quindi posso dichiarare la role chiusa xD
    Role Chiusa! Mitar esce... Ma va? (?)
     
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    Avevo dimenticato i metterlo XD comunque lo avevo detto di in tag
     
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