L'assemblea dei figli del gelo

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    La brina letale di Shyra si attaccò ai due piumati i quali, cominciarono a litigare a ruota tra di loro. Ormai il più era stato fatto e da quella condizione non potevano più uscire vivi: o ghiaccio li avrebbe lentamente debilitati fino alla morte, o si sarebbero ammazzati tra di loro.
    "Che fine indignitosa..." pensò la grifonessa con un ghigno lievemente soddisfatto. Sebulkron accanto a lei, aveva finito di fare strage e le sue scaglie candide come la neve della Tundra, erano minacciosamente chiazzate del sangue dei propri avversari.
    Avevano finalmente ottenuno la "vittoria" se così si poteva dire. Oltre ad aver ripulito l'intera Kengard da un'oscura minaccia, Shyra si era guadagnata un nuovo amico, oltre che la sua fiducia. Si sapeva, i draghi erano avidi di pietre preziose... E cosa c'è di meglio al mondo, se non avvicinare una bestia di tale potenza ad una grotta colma di scintillanti gemme?

    Quando tutto sembrava finito, la grifonessa fece dietro-front da Eyrin, rimasto dentro alla grotta a guardare il macabro spettacolo. Ma prima che potesse rivolgergli parola, un boato fece sussultare la terra innevata. Ed un altro ancora, seguito da altri poco dopo, fino a formare una catena sussultoria simile a quella di un temibile terremoto.
    Shyra rimase dove era, con una zampa testa a mezz'aria assieme alle piccole orecchie che giravano in ognidove. Quei rumori che sembravano dei passi, si stavano facendo sempre più vicini, accompagnati da un tremendo urlo ruggente che si propagò nella Tundra.
    Dagli abeti innevati, una figura pelosa e alta circa 10 metri, si mostrò alle due creature con tutta la sua potenza. Sembrava essere uno yeti dalle dimensioni sproporzionate, se non fosse stato per i denti acuminati che gli sporgevano dalle fauci -simili a quelle di un gorilla- e le corna marroni e ricurve incastonate sulla testa. Era interamente ricoperto da una pelliccia lunga e bianca perfettamente adatta per camuffarsi nella neve, fatta eccezione per i quattro minuscoli occhi neri come la pece che trasudavano inquietudine. Dal naso a mo di piercing, pendeva un grosso anello dorato che scintillava a contatto con i raggi solari e nella mano destra munita di tre grosse dita, brandiva un'enorme clava chiodata.
    Sia Shyra che Eyrin, uscito dalla grotta e affiancatosi alla grifonessa, spalancarono le proprie bocche a tale vista. Che razza di creatura poteva essere quella?
    "Non ho mai visto una cosa del genere..." mormorò l'elfo, indietreggiando di un passo.
    "Non muoverti. Nessuno. Si. Muova." sibilò lei a becco stretto, accortasi che lo yeti gigante era nemmeno a 20 metri di distanza dal trio. Ella aveva la netta impressione che se uno di loro avesse fatto un passo falso, sarebbero morti tutti con un solo movimento di quella clava dalla potenza apocalittica.
    Davanti a loro, l'immensa creatura appena arrivata abbassò lo sguardo sui presenti e poi sulla neve macchiata di sangue, con i rispettivi corpi malconci degli alati.
    "Chi osa disturbare la quiete della Tundra? Il simil-yeti parlò. Nella sua voce, si celava una strana calma apparente che sarebbe esplosa in ira se Shyra avesse risposto a tono o con una frecciatina. Almeno era questo che pensava lei...
    La creatura gigante inspirò l'aria fredda dell'ambiente e la fece uscire dalle grandi narici schiacciate sotto forma di una fredda nebbia ghiacciata. Poi, cominciò a picchiettare la clava, ansioso di poterla usare.
    "Esigo una valida risposta." tuonò poi, rivolto a tutti e tre e puntando in seguito la fila di occhi su quelli del drago. Eyrin prese un grosso respiro e fece timidamente un passo avanti, guardando Shyra continuamente. Si schiarì la voce e iniziò a parlare.
    "Credo che ci sia stato un malinteso. Noi abbiamo sol...."
    Lo yeti si voltò bruscamente verso l'elfo e emise un profondo ringhio di gola. Eyrin si chetò e un brivido gelato gli percorse la schiena.
    "Il mio compito in questo luogo è uccidere coloro che sovvertono la pace di questo ambiente. E vedo che siete reduci di una battaglia... O sbaglio?"
     
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    L'immenso Sebulkron fissava con indifferenza il colosso, che forte della sua statura sovrastava il dragone. Il suo volto non lo tradiva, al suo interno la frenesia accendeva una fiamma nel suo cuore ghiacciato.
    Lo sguardo era saldo e impassibile sulla mastodontica creatura che aveva difronte. Quale polare essere aveva mai potuto generare una simile prole? Giganti del gelo, esseri demoniaci dei ghiacci, incantamenti arcani.
    Chiunque fosse stato aveva la riconoscenza di Sebulkron, poiché gli era stata donata la sfida perfetta perché in quelle terre potessero cominciare a conoscerlo e temerlo.

    Il muso del dragone si rivolse al cielo mentre spalancava le ali. Un potente e lento battito, che venne poi da un'altra serie fu il preludio al volo del drago dalle scaglie polari.
    La sua figura si levò in cielo perdendo una serie di piccoli fiocchi di neve che si riflettevano con la luce solare causando una lieve luminosità. Con lentezza e calma il dragone raggiunse l'altezza del gigante in modo da fissarlo dritto nei suoi occhi di catrame.
    Il respiro del dragone emanava una leggera brezza gelida sul manto del titano della tundra, nient'altro che uno spiffero paragonato a quello di cui Sebulkron era capace.
    Questi esseri che ora giacciono caduti ai nostri piedi, hanno provocato lo scontro che ha turbato la quiete della tua Tundra. Se tu ne sei il guardiano allora era tuo compito distruggerli sin dall'inizio.
    Dovresti mostrare gratitudine nei nostri confronti.

    Le ali di Sebulkron continuavano a battere con potenza per sostenerlo in volo. Sulla sua schiena cominciarono a formarsi aguzzi cristalli ghiacciati. La coda del dragone vorticava vagamente, quasi in preda ad uno spasmo per celare le vere intenzioni del dragone.

    Forte della sua pazienza Sebulkron, si preparava a scontrarsi contro quella titanica creatura. L'aveva osservato e poteva leggere nel suono delle sue parole dell'infernale fiamma che gli bruciava in petto.
    Se quella fiamma avesse cercato uno sfogo avrebbe trovato forte opposizione da parte del dragone.
     
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    Il gigante dei ghiacci picchiettò ancora una volta l'enorme clava sull'altra mano e osservò il drago polare con i suoi piccoli occhietti ridotti ad una fessura. Quelle parole trasudavano una certa sfida nei suoi confronti e allo stesso tempo, anche una verità.
    Mugolò abbassando l'arma di legno e fece un ulteriore passo in avanti verso le piccole creature che aveva sotto e davanti a lui.
    "E' vero drago, io sono il guardiano di questo luogo. Ma il compito di proteggere la Tundra spetta ai miei figli." esordì con voce profonda che quasi fece tremare la neve sopra i pochi alberi intorno a lui. "Perché allora è successo questo?" domandò, indicando il sangue a terra con una delle due grosse mani. "Forse i miei figli loro non ce l'hanno fatta e sono stati uccisi... Ecco perché mi sono svegliato dal lungo sonno: ero allarmato." Lo sguardo nero del gigante sembrò abbuiarsi metaforicamente. Giustamente era triste poiché aveva il presentimento che sua prole era stata nettamente annientata dagli alati per raggiungere lo scopo che loro desideravano: prendere le gemme, patrimonio naturale e sacro della Tundra.
    Il gigante si fece largo tra il drago, la grifonessa e l'elfo e raggiunse un corpo di un essere metà uomo-uccello che ancora aveva un'espressione di terrore dipinta nel becco adunco. L'enorme creatura abbassò una mano a tre dita e afferrò il corpo maciullato dell'essere, portandoselo davanti alle narici. Gli bastarono pochi secondi per capire tutta la faccenda e, preso da uno scatto d'ira, lanciò il cadavere a tutta forza contro un albero.
    "Maledetti alati." ruggì tra sé e sé, furioso. "Hanno l'odore dei miei figli addosso." Strinse ancora di più la clava fino a far scricchiolare le nocche e Shyra dal basso, si sentiva sempre più piccola davanti alla potenza di quella creatura secolare, millenaria... chissà quale era la sua vera età.
    "Li hanno catturati o... Li hanno uccisi...?" domandò, guardando Eyrin e Sebulkron ad intermittenza. Era la prima volta che temeva un essere lì a Kengard, ma la sua paura era anche intrisa di rispetto.
    Il gigante sbuffò una gran quantità di anidride carbonica che si condensò nell'aria gelata in una nuvoletta biancastra. La temperatura era molto bassa lì, nonostante il sole picchiasse violentemente nell'ambiente con i suoi caldi raggi.
    "Non lo so... So solo che questi alati sono stati a contatto con i miei figli. Forse li hanno catturati perché se li avessero uccisi, avrei trovato i loro corpi qui nei dintorni." L'abominevole creatura delle nevi era stato toccato in un punto debole: era grande, grosso, aveva la forza di cento uomini se non di più... Ma a chi non premeva la propria famiglia, buoni o cattivi che siano stati? I suoi figli erano poi l'unica cosa che aveva e che per niente al mondo desiderava perderli.
    Doveva assolutamente scoprire che fine avevano fatto. Il gigante era ansioso, ma presto la sua ansia si trasformò in una selvaggia ira che cresceva sempre di più dentro di sé. Avrebbe ucciso quegli alati senza nessuna pietà, gli avrebbe strappato le ali da vivi e gli avrebbe fatto mangiare i suoi stessi bulbi oculari. O magari, li avrebbe schiacciati semplicemente con il solo peso corpoero... Era pur sempre più di 7 tonnellate.
    "Non metto in dubbio le tue parole drago, voi avete solo cercato di scacciare via quegli profanatori da questo luogo silente." disse infine. Si portò la clava alla vita dove l'allacciò con una grossa cinta fatta di rami intrecciati e si abbassò all'altezza dell'elfo, del drago e della grifonessa.
    "Vi propongo però un patto: voi mi aiutate a trovare quei dannati e i miei figli e io, vi ripagherò con una preziosa ricompensa. Inoltre, avrete per sempre la mia riconoscenza." Il patto era allettante e il gigante cercò proprio di mirare al centro con quelle frasi. Era anche una creatura astuta e sapeva dove andare a parare, non era il classico essere abnorme forzuto e senza cervello.
    "Non vi sto obbligando, vi sto solo dando una grande possibilità che capita una volta nella vita... Forse."
     
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    Il possente scaglie di ghiaccio guardò con sufficienza la creatura che aveva difronte. Sebulkron, che era cresciuto da solo, non conosceva l'amore per la famiglia e la preoccupazione del gigante gli parve solo un guitto impulso. Ma egli aveva saputo stuzzicare la mente del drago.
    Poiché per quanto irraggiungibile sembrasse la vetta della montagna d'egoismo da cui Sebulkron aveva ascoltato parole di quell'orco glaciale. Tale altura veniva notevolmente sovrastata dall'interminabile avarizia del drago.
    Delicatamente, con passo fermo a deciso si portò a terra. Non appena le sue zampe toccarono la terra quest'ultima venne scossa dal peso del polare e della immensa forza dimostrata nell'ultima azione.
    Le potenti fauci si aprirono, lasciando che aria gelida fuoriuscisse
    Ti aiuterò a marchiare il territorio con il sangue dei colpevoli, ma mi aspetto che i miei sforzi siano dovutamente appagati.
    Le parole del drago si mescolarono alle folate di vento della tundra, accarezzando con delicatezza le orecchie dei presenti.

    Ancora una volta le immense ali del drago si spalancarono e il suo corpo si librò su un'innevata montagnetta poco distante. Gli arti alari si richiusero liberando nell'aria qualche fiocco di ghiaccio che venne poi trafitto dai raggi solari, dando vita un brillio che esaltò la
    magnificenza della figura del dragone.
    Ripiegò le zampe in modo da assumere una posa da silente osservatore. Pazientemente, i suoi occhi erano concentrati sul primitivo colosso, in attesa del suo responso sulla prossima azione.
    Sebulkron non era un segugio, era un drago. Il nome della sua razza è sinonimo di leggenda, maestosità, indomita forza della natura. Mai avrebbe osata insultare il suo retaggio comportandosi come un cane da ricerca.
    Inoltre, il guardiano della tundra sembrava avere un fiuto ben più aguzzo del suo.
     
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    Dopo la scomparsa di Shyra(la cui anima ora vaga nelle fosse del grimorio dei caduti, in attesa che qualche master decida di sfruttarla per una campagna) Hawke mi ha autorizzato a dare l'epilogo a questa role.


    Delle figure vagamente umanoidi, confuse dagli abbaglianti raggi del sole si manifestarono all'orizzonte. Il gruppo voltò lo sguardo a quelle che sembravano decine e decine di creature accompagnate da un frenetico tintinnio metallico.
    Il gigante della tundra agitò ferocemente la clava, digrignando i denti. Sebulkron intuì cosa aveva risvegliato quella furia barbarica.
    Dalle fronde ghiacciate marciava un manipolo di alati umanoidi, armati di sciabole, martelli da guerra, mazze e lance.
    I visi rapaci incrinati in una maschera di collera e i battiti cardiaci accelerati dall'adrenalina che pulsava in quei corpi da mezzuomini
    Quanta cortesia, marciano indomiti verso la morte.
    Sebulkron vide la titanica massa del gigante albino caricare funesto gli alati, menando selvaggiamente colpi di mazza chiodata.
    Con un'eleganza che stonava col barbarico gesto dello yeti, Shyra lo seguì nella lotta.
    Il mastodontico drago polare, sbuffando frammenti di brina, si librò in cielo con le potenti ali, liberando una scarica di potere elementale.
    La furia dello Yeti, la grazia della grifonessa e la maestosità del drago esplosero in tripudio di forza artica, decimando le schiere dei volatili antropomorfi.
    Una violenta pioggia cremisi dalle sfumature nere inondò la Tundra, danzando nel crepuscolo accompagnata da un abietto e smorzato grido d'agonia.
    La battaglia si consumò, risparmiando i 3 figli del gelo ed uno degli alati, per volontà dell'irsuto orco dai quattro occhi.
    Sottomettendo anche l'ultimo barlume di valore con la sua forza primordiale, lo costrinse a rivelare dove la sua genia ne aveva segregato gli amati figli. Quando il becco cantò, il gigante spezzò il fragile corpo fra le colossali dita.
    Ringraziando le due creature artiche, ricompensò l'avidità Sebulkron rivelandogli il luogo dove un'antico tesoro giaceva privato del suo guardiano.
    Prima che la sua lingua potesse schioccare verso Shyra per chiedere quale dovuto compenso desiderasse, il tiranno del nord era già scomparso fra le neve che costellava il sontuoso paesaggio, lasciandosi alle spalle solo una gigantesca traccia impressa sulla candida neve.
     
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