La vedi quella linea? Perfetto, non oltrepassarla.

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    Nevith che era rimasto un po indietro distratto dalle ragnatele fu sorpreso di vedere Sebulkron volare il più veloce possibile nella sua direzione, dall'espressione in volto al compagno intuì immediatamente che doveva essere qualcosa di estremamente grave.
    Fece a malapena in tempo a guardare nella direzione da cui proveniva il metagufo che una di quelle gigantesche aracnidi gli saltò addosso buttandolo a terra. Nevith bloccò le tenaglie dell'aracnide che tentavano di morderlo con il bastone che aveva preso prima pregando ogni dio esistente che non si rompesse, appena l'aracnide allontanò un minimo le sue tenaglie da lui immediatamente gli piantò il bastone nel ventre venendo inondato dal suo sangue. La bestià emise un grido di dolore saltando via dal ragazzo permettendogli di alzarsi, indietreggiò di qualche passo e si accasciò a terra emettendo il suo ultimo respiro.

    Nevith si alzò immediatamente da terra fissando l'aracnide al suolo, pensò di riprendere la sua unica arma ma la valanga di fratelli e sorelle che avanzava verso di lui era troppo veloce e numerosa, sarebbe stato un rischio decisamente troppo grande e questo non se lo poteva permettere. Iniziò a correre il più veloce possibile come non aveva mai fatto prima raggiungendo il metagufo e tenendo il suo passo.

    Entrarono in una stanza abbastanza larga e con quattro porte che conducevano tutte in direzioni diverse, era quasi certo che almeno 2 di quelle avrebbero portato ad una trappola o ad un vicolo cieco, condannandoli a morte cerca.
    Appena entrati Nevith chiuse la porta sbarrandola e piazzandocisi davanti per impedire ai ragni di entrare, o almeno di rallentarli quel minimo per farli fuggire
    "Oh fantastico! Quattro porte differenti! Sebulkron scegline una ed in fretta, vedi di non scegliere quella sbagliata o non saranno i ragni ad ucciderti mai io!" disse con un tono di voce misto tra la fretta e la rabbia.
     
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    I ragni piovevani sulla testa del metagufo come stelle cadenti. La tela che si portavano dietro era la loro scia di fiamme, ma tale scia come le comete non aveva lunga durata, poiché a fenderle vi erano i letali artigli rapaci di Sebulkron.
    Come un prode guerriero alato, il glaciale scattava sospinto dall'aria ricolma di tango che aleggiava nel labirinto. I suoi artigli erano un tremendo e impetuoso faro d'acciaio la cui luce dilaniava gli aracnidi, lasciandoli spossati e morenti sul suolo.
    Gli artigli del metagufo erano lordi dello scuro sangue aracnide dei suoi nemici, ma nella foga della battaglia l'occhio glaciale del rapace d'avorio non vide un ragno che lesto affoggó le sue zanne nella carne del metagufo. In un fremito di collera dovuta al pressante dolore che provava, Sebulkron sbattè vivamente le ali, ergendosi quasi fino al cosmo di tela e facendo cadere sul duro pavimento roccioso il ragno gigante. Folle di iranconde fiamme vendicative, il glaciale spalancò le sue unghie artigliate strappando la carne all'aracnide pezzo per pezzo.

    Non appena tornó a volare, la sua vista si triplicó. Il veleno del ragno era riuscito a penetrarle la sua carne, ed ora vagava nel suo sangue.
    Sebulkron mai sarebbe fuggito dallo scontro, poiché un drago non fugge difronte alle avversità. Tamen, Sebulkron in quel momento era gufo, dunque avrebbe dovuto affrontare la minaccia aracnide in altro modo.
    Lesto seguì le 3 sagome di Nevith, cercando di non far confusione.
    Non appena giunsero nella stanza dai 4 ingressi, che al metagufo parvero molti di più, egli replicó al commento di Nevith.
    Non riusciresti ad uccidermi nemmeno dopo 1000 di scontri. Ne tu, ne tantomeno questi piccoli rimasugli aracnidi!
    Tuonó, con voce impetuosa e glaciale, molto insolita per la sua forma.

    Cercando di distinguere ciò che aveva difronte, Sebulkron svolazzó a battiti d'ala molto fiacchi. Si sentiva spossato ed indebolito, per via del morso del ragno. Più volte rischió di andare a sbattere conto le pareti, cercando invece di varcare un ingresso.
    Non poteva sapere cosa si annidasse nella fitta distesa di ombra che gli si parava davanti, ma fra quella nebbia oscura distense un luccichio familiare. Come avesse appena finito un lauto banchetto, il metagufo si diresse vigorosamente verso il terzo ingresso, che aveva appena intuito custodisse un qualche tesoro prezioso e magico. Sebbene il corridoio che stava attraversando sembrava fosse interminabile, egli non demorse.
    Evitando a stento e a fatica un mortale pendolo arrugginito che stava per tranciarlo a metà, il glaciale continuó innarestabile la sua avanzata.
     
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    Dopo vari tentavi di entrare in una delle quattro porte Sebulkron ne aveva finalmente scelta una dove vi ci si fiondò impudentemente con uno scintillio negli occhi che Nevith riconobbe subito, doveva aver intravisto qualche tesoro di valore o magico. Il ragazzo non capiva a cosa potessero servigli dei gioielli in quel momento ma decise di seguire comunque il metagufo senza alcuna esitazione oltre il terzo ingresso chiudendo la porta dietro di se.

    Da come volava e da come si era comportato prima Nevith intuì che il suo compagno doveva essere stato morso e che il veleno di quei mostri a otto zampe aveva iniziato a circolare nelle sue vene probabilmente provocandogli allucinazioni o qualcosa di simile, non era sicuro non conoscendo che veleno portassero quelle creature così come non era sicuro che quel veleno non fosse mortale, poteva essere uno di quei veleni che ti uccide velocemente in due minuti oppure uno di quelli che ti lascia agonizzare per ore prima di donarti la morte.

    Dalle loro spalle provenì un forte rumore di assi di legno distrutte seguito a ruota dal rumore che procuravano tante piccole zampe sulla pietra, probabilmente chiudendo la porta i ragni ci avrebbero messo del tempo per capire in che direzione fossero andati ma appena avrebbero sentito il loro odore non avrebbero più avuto dubbi. Nevith aveva appena finito questo ragionamento che si vide un gigantesco pendolo ricoperto dalla ruggine dondolare a velocità spaventosa verso di lui, fece la prima cosa che gli venne in mente buttandosi a terra alla destra del pendolo che però lo prese comunque di striscio procurandogli una piccola ferita alla coscia, Nevith imprecò in modo decisamente poco adeguato ma si rialzò e ricominciò a correre lasciando gocciolare a terra il proprio sangue.

    Arrivato alla fine del corridoio Nevith trovò un grande tesoro davanti a se, una parete era completamente oscurata da grosse pile di libri e da pergamene sparse qua e la, alcuni in ottime condizioni altri ingialliti dal tempo. Ai piedi delle di essi si trovavano gemme che ribollivano di energia magica, ce n'erano di quasi tutti i colori e fra tutte spiccava una color rosso sangue che sembrava avere una piccola fiammella bloccata al suo interno. Insieme le pietre si trovavano misteriosi artefatti polverosi e due piccole boccette con un liquido verdognolo all'interno, uno piì scuro color smeraldo l'altro invece più chiaro come l'erba nel pieno della primavera. Nevith guardò Sebulkron lasciando da parte per un secondo l'eccitazione di aver trovato tutta quella roba
    "Ti hanno morso vero? Qui ci sono due strane ampolle... magari una di queste contiene l'antidoto"
     
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    Superate le trappole il polare non fu particolarmente soddisfatto ci ciò che trovò. Si aspettava alpi di monete dorate che formavano una scala sino al tetto della stanza, sulle cui cime vi sarebbero state gemme preziose e antichi artefatti dorati.
    Il metagufo emise un suono molto simile ad un sbuffo, se gli fosse stato possibile cantare tale suono con quel minuto becco a sostituire le sue maestose zanne.

    Nonostante non si trovasse vicino a ciò che aveva agognato, le piccole pietre che formavano un tappeto di pura potenza sulla superficie della stanza, potevano dimostrarsi un'ottima aggiunta al suo sconfinato tesoro.
    Immediatamente, il rapace del gelo fu subito tentato ad analizzare le gemme. Il suo glaciale occhio esperto cominciò a ponderare attentamente il valore effettivo di quegli strumenti arcaini.
    Mentre la sua mente era immersa nelle dolci acque del pensiero, egli venne riportato a galla dal commento di Nevith.
    Il suo occhio rapace si spostò sulle ampolle a cui aveva fatto riferimento il giovane drago.
    Non ho alcuna intenzione di ingerire una sola goccia di quell'empietà solo per ina supposizione.
    La sua voce non pareva la solita. L'eco dei ghiacciai che era sempre uscito dalla sua bocca si era tramutato in qualcosa di più esile e fiacco.
    Riprese ad analizzare minuziosamente le pietre. Sebulkrom sapeva che il veleno era sufficiente ad uccidere piccole creature, ma per un dragone ci sarebbe voluta una quantità maggiore. Le maestose dimensioni di Sebulkron facevano si che le zanne del ragno non avessero inniettato acido mentale a sufficienza per trasportarlo sulla nave di Caronte.

    Mentre il polare radunava le mistiche pietre pensò fosse insolito che si ritrovassero sparse sul pavimento come cianfrusaglie di poco valore.
    Prese a svolazzare per tutta la stanza, infilando il becco ovunque capitasse.
    Dopo pochi secondi a rovistare fra tomi antichi e libri ingialliti, trovò l'oggetto dei suoi desideri. Un piccolo sacco di pelle con delle rune ricamate sopra. L'oggetto era un sacca usata dai maghi per occultare i propri artefatti più preziosi, in modo che non lasciassero tracce magiche.
    Sebulkron prese a radunare le piccole pietre mistiche per metterle al suo interno, mentre la morsa del veleno si faceva pressante sulla sua testa.
    I passi dei ragni erano tanto leggeri che fu impossibile udirlo, ma il polare distinse le loro figure che emergevano dalla moltitudine di ombre avvicinandosi sempre più.
    Custodisci i preziosi, io devo finire una cosa
    Il metagufo spalancó le sue ali, vagamente indebolite. Svolazzando come in preda agli effetti di una sostanza alcolica lasciandosi alle spalle un'eterna scia di brina, il glaciale rapace si preparò a mettere in atto ciò che aveva meditato diabolicamente da quando aveva visto quell'abietto e rivoltante cosmo di tela aracnide.
     
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    "Cosa credi di fare ridotto in quello stato?! Riesci a volare con non so quale grazia divina!" urlò Nevith a Sebulkron che si allontanava lasciando una scia di brina ovunque passasse, all'inizio decise di seguirlo ma appena fece un passo avanti sentì un dolore lancinante alla coscia e un brivido scorrergli lungo la schiena, la feria procuratagli dal pendolo arrugginito doveva essersi infettata, probabilmente a causa della ruggine stessa, date le dimensioni della ferita l'infezione doveva essere minima, sarebbe guarita da sola in qualche tempo, la cosa più immediata invece era cicatrizzare la ferita, avrebbe avuto bisogno di qualcosa di incandescente da poter usare ma li intorno non c'era nulla che facesse al caso suo.
    Si guardò intorno cercando anche la minima cosa da poter usare e gli tornò alla mente il gioiello rosso con la fiamma al suo interno, magari l'avrebbe potuto utilizzare per scaldare qualcuna di quelle cianfrusaglie per poi usarla per cicatrizzare la ferita. Cercò la pietra con lo sguardo ma gli tornò in mente che Sebulkron l'aveva messa in un sacchetto con delle rune incise sopra insieme alle altre pietre, non era sicuro di voler frugare dentro quel sacchetto, il metagufo poteva credere che stesse rubando non rispettando gli accordi e la situazione sarebbe sicuramente uscita di mano ma forse se faceva abbastanza in fretta non se ne sarebbe neanche accorto.

    Cercò la piccola sacca e la trovò adagiata su una delle pile di libri, Nevith lesto la aprì e ci mise la mano dentro alla ricerca della pietra rossa. Non ci volle molto a trovarla dato che era sensibilmente più calda al tatto rispetto le altre, la tirò fuori e prese il manico rotto di quello che doveva essere un antico candelabro, tolse la polvere da esso al meglio possibile e si sedette a terra tenendo la gamba ferita distesa, aveva tutto quello che gli serviva ora il problema era un'altro... come avrebbe fatto a far funzionare la pietra?
    Non aveva mai visto pietre magiche del genere, ne aveva viste altre ma come quelle... mai. Iniziò a sfregarla sull'oggetto facendo attenzione a non rovinarla, quando vide che non funzionava provò allora ad applicare direttamente la pietra sulla ferita, nulla. La pulì dal suo sangue e provò a recitare qualche formula magica che aveva sentito dire, non che sperasse che avrebbe funzionato ma era comunque il caso di provare. Dopo vari tentativi tutti falliti Nevith lanciò il manico del candelabro contro il muro imprecando e maledicendo quella stupida pietra, notò delle ombre muoversi all'interno di quella stanza ma non capì se fossero le ombre dei ragni o semplicemente una sua illusione, nel dubbio si alzò e riprese il manico del candelabro mettendosi dietro lo stipite della porta che conduceva alla stanza del tesoro pronto a reagire in caso tra le due opzioni a cui aveva pensato si rivelasse veritiera la prima.
     
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    Svolazzando con fare ubriaco, il metagufo si portò difronte all'armata di ragni giganti. Nella sua mente visioni di battaglie passate si facevano strada, nella sua secolare esistenza Sebulkron aveva affrontato ogni tipo di creatura. Bestie della terra, del cielo e dei mari, pavidi cavalieri, diavoli degli abissi più scuri e anche la sua stessa razza. Mai aveva demorso, nemmeno in quell'unica dannata sconfitta, aveva sempre stretto le zanne e continuato a lottare.
    E mentre il veleno viaggiava interrottamente nel suo corpo rapace e l'aracnide latrato dei ragni famelici riempiva l'aria, egli continuava a perseverare.
    Sbattendo con tenace vigore le ali d'avorio, pareva che nulla potesse fermarlo.
    Oltrepassò i ragni diabolici, che tentavano di assaltarlo calandosi dalle pareti.Per ogni ragno che evitava, il polare compiva una terribile virata che lo avrebbe potuto portare verso la disfatta.
    Spossato per l'incredibile fatica, la visione del cosmo di tela fu rinvigorente per Sebulkron, con il massimo sforzo di cui era capace, le sue energie si focalizzarono in un'ultima incredibile ascensione. L'arguta mente del dragone infatti aveva ben compreso che la tana dei ragni si espandeva troppo per le sue spaventose e rabbrividenti dimensioni, capì dunque che l'oscurità celava le vere dimensioni del declinante labirinto. Un crollo piuttosto vecchio infatti aveva fatto modo di aprire una soglia nel tetto, che si era allargata. Le creature aracnidi decisero di costruire la loro tana sulle vecchie travi crollate, offuscando così all'occhio il passaggio per i piani superiori.

    Con una forza di spirito tanto radiosa da bruciare il più temibile dei demoni infernali, Sebulkron continuò ad volare avvolto dalla eburnea e ghiacciata brina, che presto si fece sempre più presente sul suo corpo.
    Un'aura ghiacciata ghiacciata prodotta da una fitta nebbia d'avorio invase la stanza, e da quella nebbia si erse forte e fiera la maestosa creatura dei ghiacci in tutta la sua inaudita potenza, Sebulkron il polare.
    Le bianche corna ricoperte di brina del dragone trafissero la fitta tela, squarciandola come un fendente di spada. Un'orda di ragni cominciò ad arrampicarsi sul suo corpo glaciale. Agitando il colossale corpo, il dragone riuscì a scacciarne via la maggior parte.
    Le potenti zanne d'avorio della bestia glaciale si spalancarono, il potere elementale che si stava radunando nelle sue fauci urlava un inno glorioso al pensiero dell'essere liberato. Quell'inno, si trasformò in un canto, una dolce sinfonia di morte che trafisse gli aracnidi nella loro tana. I loro gracili corpi non potevano resistere al ghiaccio della potente bestia a scaglie, che perseverava senza sosta. Il gelo avrebbe continuato a cantare quell'inno finché ogni singolo ragno non sarebbe perito per il misfatto compiuto dal loro fratello deceduto, avere tentato d'avvelenare Sebulkron.
    Riprese le sue dimensioni normali, il drago non doveva più temere il veleno siccome la dose iniettata qualche minuto prima dalla mostruose fauci del ragno non era sufficiente ad abbattere un drago della sua stazza.
    Tuttavia l'avere ripreso le sue dimensioni originali gli rendeva impossibile muoversi. Conficcando i letali artigli ghiacciati nella rocciosa e consumata carne del labirinto riuscì ad appoggiare anche le zampe, rimanendo in equilibrio grazie a piccoli battiti delle grandi ali. Tale posizione era scomoda e sarebbe bastato uno spiffero per farlo cadere rovinosamente al suolo.
     
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    Per un breve istante Nevith sentì la struttura tremare nella direzione in cui era andato Sebulkron, forse sarebbe stato meglio andare a controllare ma prima doveva occuparsi dell'ombra che si avvicinava sempre più all'uscio della porta.
    La porta si aprì con calma, cosa che portò inizialmente a pensare che fosse il metagufo ad averla aperta, ma le sue convinzioni vennero distrutte quando una zampa pelosa entrò nella stanza seguite dalle altre sette, non appena Nevith intravide il corpo del ragno superare al porta gli saltò addosso aggrappandosi a lui con tutte le sue forze, pareva un'idea sensata messa in atto per confondere l'avversario ma si dimostrò tutto il contrario. Il ragno smise di dimenarsi tentando di far cadere il ragazzo e prese a risalire il muro andando sempre più in alto, Nevith stava iniziando a perdere la presa sull'avversario e la perse completamente quando era a più o meno quattro metri d'altezza.

    Cadde di schiena contro il freddo pavimento con una forza tale che gli si mozzò il fiato impedendogli di respirare per qualche secondo, la sua vista si era annebbiata per la botta e gli pareva che la stanza girasse su se stessa, inoltre la ferita alla coscia non aiutò per niente ampliando il suo dolore e rendendo faticoso anche solo pensare di alzarsi. Il manico di candelabro non era caduto lontano da lui, abbastanza però da non permettergli di raggiungerlo senza doversi alzare, con la vista ridotta in quello stato pietoso Nevith riuscì a scorgere un ombra che s era gettata su di lui dal soffitto, non ci pensò due volte a rotolare di lato verso il candelabro schivando per un soffio le letali mandibole della creatura, afferrò la sua arma di fortuna e cercò di piantarla nel ventre della creatura che gli era intanto saltata addosso. A differenza del fratello precedente questo sembrava aver già lottato in quella maniera, schivava gli affondi di Nevith con una facilità imbarazzante portando il ragazzo a tentare manovre sempre meno efficaci e più rischiose. Nevith riuscì però alla fine a colpirlo alla testa tramortendolo e permettendogli di levarselo di dosso, si alzò stringendo i denti ed aiutandosi con il muro ed osservò la bestia studiandone i movimenti pronto per reagire al prossimo attacco.
     
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    Implacabile come il respiro delle nuvole, la distruttiva arma a soffio di Sebulkron continuava a portare un canto di morte le cui note erano partorite dagli esili gridi straziati dei piccoli ragni.
    Il ghiaccio penetrava facilmente nella tela, formando blocchi indistruttibili che imprigionavano per poi distruggere gli esigui assalitori del dragone.
    Nel mentre che portava sciagura, il polare non si accorse di un piccolo ragno tanto coriaceo da risalire la sua coda sino alla testa. Non appena lo sguardo glaciale si posò sulla piccola creatura, che ormai gli era arrivata sul naso, per la sorpresa smise di sbattere in modo tanto sincronizzato le ali. Si agitò, trafisse la parete rocciosa con gli artigli per evitare di cadere al suolo, ma ormai era troppo tardi. Il colossale corpo del dragone si schiantò al suolo aprendo qualche crepa nel pavimento.
    I ragni volerò approfittare di quel suo fugace momento di debolezza per tentare di risalire il suo corpo, entrare nelle fauci ed ucciderlo dall'interno.
    Un'alone di potente magia glaciale invase il corpo di Sebulkron, dal suo corpo traspirò una fitta nebbia argentea e ghiacciate che andò a depositarsi sul suo intorno a lui. Con uno sforzo magico da parte del dragone, dal ghiaccio sorsero decine e decine di imponenti stalagmiti bianchi come lavorio.
    Viste le loro particolari dimensioni, molti ragni vennero trafitti dalle punte affilate come lance, altri invece riuscirono ad evitarlo per continuare la loro folle scalata.
    Una sensazione di disgusto si impossesò del dragone, al pensiero che quei piccoli esseri dalle pelose zampe gli strisciassero in corpo. Quel disgusto ben presto si tramutò in una furia sfrenata che venne accolta dal canto ghiacciato della sua arma a soffio.
    Sebbene il cosmo di tela era quasi distrutto a metà, e piccoli pezzi di brina che si erano formati dl potere elementale di Sebulkron cadevano in gran misura al suolo, il drago dalle scaglie ghiacciate preferì non concentrarsi ulteriormente nell'assaltare il cielo aracnide. Preferiva prima evitare di inghiottire uno di quegli esseri disgustosi.
     
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    La terra sotto i piedi di Nevith e della mostruosa creatura ad otto zampe tremò di colpo facendoli ruzzolare per qualche centimetro sul pavimento, insieme a loro due anche il tesoro custodito in quella stanza tremò ed una gigantesca libreria cadde sul ragno facendo riversare le sue cervella e le sue interiora sul pavimento di pietra. Per poco Nevith non vomitò a causa del nauseabondo odore che proveniva da ciò che rimaneva della creatura: era un odore di organi misto a quello del sangue e alla muffa caduta dai libri ormai ricoperti del purpureo sangue del ragno.
    Dopo qualche minuto in cui riuscì finalmente a fasciare la ferita il suo pensiero passo a Sebulkron, era passato molto tempo da quando il drago glaciale gli aveva detto di fare la guardia ai tesori, e le precedenti scosse avvertite da Nevith non aiutavano certo a pensare positivo. Decise che sarebbe andato a cercarlo, non sapeva in che guaio si fosse cacciato o se era in una situazione di estremo pericolo ma quel pensiero non l'avrebbe abbandonato fino a che non si fosse assicurato che Sebulkron fosse intero e vivo.

    Il ragazzo iniziò a correre nella direzione delle scosse e ascoltando il rumore dei ragni seguito dai ruggiti di un drago, fu in quel momento che capì, le scosse dovevano essere state prodotte da Sebulkron che aveva assunto nuovamente la sua forma originale all'interno degli stretti corridoi... o peggio.
    Da qual che aveva potuto vedere in quei brevi momenti in cui Sebulkron e Nevith erano stati insieme aveva capito alcune cose del suo compagno, una di queste è che difficilmente dimentica un torto, come un ragno che lo ferisce ad esempio, non si sarebbe dato pace fino a quando le creature che abitavano quel nido mortale non fossero state sterminate dalla prima all'uòtima.

    Quando Nevith arrivò abbastanza vicino al compagno per permettergli di vedere la situazione gli si gelò il sangue: il drago era a terra con milioni di aracnidi che cercavano di salire su di lui provando ad entrargli nelle fauci, nonostante ciò il drago glaciale non si dava per vinto. Tutto intorno a lui la temperatura si era abbassata sensibilmente.
    Nevith osservò la scena cercando una soluzione, si guardò intorno e notò che il corridoio in cui si trovava era in grado di farlo tramutare nella sua forma originale bloccandogli però ogni tipo di movimento, se si fosse messo nella giusta posizione avrebbe potuto soffiare una fiammata a Sebulkron incenerendo la maggior parte di quei disgustosi esseri a otto zampe... Doveva pensare però a come fare per non ferire Sebulkron, ricordava di aver studiato su antichi testi di particolari animali che usavano il l'ambiente circostante come scudo in caso di assalto da qualche predatore, il drago glaciale avrebbe potuto fare lo stesso, poteva creare un involucro di ghiaccio attorno a se abbastanza spesso da permettere alle fiamme di passargli sopra senza scioglierlo troppo rapidamente. Nevith raccolse tutto il fiato che aveva in gola e cominciò a gridare per farsi sentire "Sebulkron! Credi di riuscire a creare un involucro di ghiaccio abbastanza spesso intorno a te?!" chiese il ragazzo pronto a intervenire in caso la risposta del compagno fosse risultata positiva.
     
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    La fiammata di gelo del dragone continuava ad essere scatenata implacabile su coloro che continuavano a sfidarlo. Nonostante egli fosse una creatura dei ghiacci, nel suo cuore ardeva una iracoda fiamma scottante come il magma.
    Il clangore della battaglia risuonava nel corroidoio di roccia e pietra, e le parole di Nevith sebbene stroncate da tutto quell'incessante rumore arrivarono nitide alle orecchie di Sebulkron.
    Ti sembra forse che possa sputare ghiaccio solido?
    Urló con impetuosa e glaciale voce al drago delle ombre.

    Il soffio di Sebulkron mai aveva eruttato ghiacciato solido, il potere elementale era allo stadio puro e una volta depositatosi impiegava del tempo per solidificarsi. Ma il dragone era esser di grande intelletto e aveva già escogitato uno stratagemma.
    Ancora i suoi possenti artigli traspirarono potere elementale che formó grandi e solide stalattiti nel mentre che la sua arma a soffio scacciava le creature aracndi.
    Blocchi di ghiaccio che con il tempo divenivano sempre più alto, fino a sfiorare e perforare l'empio cosmo di ragnatele che imperversava sopra le loro teste. E quando il monento fu propizio, l'eruzzione glaciale venne liberata con lieve intensifà sulle medesime stalattiti da lui create, ghiaccio che fortificava il ghiaccio.
    Al fine a sua difesa il dragone aveva eretto un muro di indistruttibile brina.
     
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    Nevith approfittò della momentanea confusione degli aracnidi per assumere la sua forma originale; prese bene le distanze e si mise in modo che una volta tramutato il suo muso puntasse contro Sebulkron.
    "Perfetto... o la va, o la spacca." pensò tra se e se il drago oscuro e inizio a trasformarsi.
    Le pareti cigolarono e iniziarono a creparsi portando l'intera struttura a tremare nel mentre che le dimensioni di Nevith crescevano senza sosta, piantò gli artigli nel pavimento per cercare di contenere lo spostamento dovuto al suo aumento di dimensione e tentò più volte inutilmente di muovere le ali, era completamente bloccato.

    Gli aracnidi storditi fino a poco prima a causa del gigantesco muro di brina ora erano tutti girati verso il drago nero, quasi indecisi sul decidere chi tra i due draghi sarebbe stato il primo a morire, ma se tutto fosse andato come previsto gli unici a morire sarebbe stati proprio loro.
    Nevith girò la testa di pochi mm verso la gigantesca matassa di ragni che tentavano di far breccia nel muro di Sebulkron, preparò la fiammata tenendo lo sguardo fisso sui ragni. Alcuni di loro sembravano aver immaginato cosa sarebbe successo di li a poco e cercarono di scappare o di mettersi al coperto ma la maggior parte restava del tutto ignara di ciò che gli succedeva intorno.
    Nevith soffiò una gigantesca fiammata violacea sull'impotente massa di ragni che iniziarono a bruciare e a morire uno dopo l'altro, i più scaltri erano riusciti ad allontanarsi dall'area dell'impatto ma non abbastanza per evitare le mortali fiamme del drago nero.

    Una delle fiamme riuscì ad incendiare una parte delle intricate ragnatele che man mano scomparivano divorate da quella fiamma vorace di distruzione, decine di piccoli ragni precipitavano al suolo morendo per la caduta. forse quel maledetto nido sarebbe stato distrutto una volta per tutte.
     
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    L'oscura fiammata dilaniò in piccola parte anche l'imponente muro eretto dal polare, all'esterno il fuoco l'aveva sciolto e si erano formate piccole pozze di acqua, tuttavia la montagna di brina e ghiaccio formata dal potere elementale del dragone era ancora in piedi, seppur indebolita.
    Sebulkron, posto scompostamente in mezzo a quello stretto corridoio di massi e pietre, fece faticosi spostamenti per tornare a muovere perlomeno la sua azzurra e possente coda.
    Con la forza di un dio in terra, il drago dei ghiaccio cominciò a colpire rovinosamente la barriera da lui eretta. Una serie di incessanti martellate che riecheggiavano con il clangore di un tuono, un lampo di scaglie dragoniche così potente da abbattere il muro formatosi dal gelo e dalla brina.
    Enormi blocchi di ghiaccio scivolarono sul polveroso pavimento, un'alone glaciale intenso come l'aurora boreale invase il corridoio, portando la spettacolare mutazione del dragone. In un lampo di eburnea brina ghiacciata, il maestoso e forte drago dei ghiacci aveva abbandonato la piramide, lasciando il posto all'agile e candido gufo.
    Con rinnovato battito d'ali, il metagufo si diresse verso il drago.
    Dove sono le gemme?
    Chiese con apatica voce glaciale, per nulla smorzata dagli effetti del veleno con cui era stato colpito una decina di minuti prima. La sua forma di drago grazie alla grande circolazione del sangue, aveva smaltito tutte le tossine che non potevano più nuocergli nella sua forma mutata.

    Per un attimo, il suo gelido sguardo si posò sul cosmo di ragnatele, quasi completamente distrutto dagli immensi poteri di entrambi i draghi. Nonostante il gufo fosse una creatura molto inespressiva, i suoi occhi lo tradirono con un bagliore di soddisfazione.
    Quelle disgustose creature avevano osato sfidarlo, ed ora giacevano morte al suolo, straziate dai poteri del gelo e del fuoco nero. Una fine più che meritata, per chi osa gettare il guanto di sfida contro Sebulkron il polare.
     
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    Nevith si ritramutò in umano facendo scricchiolare ancora una volta le pareti dello stretto corridoio, una volta ritornato umano fece un'inchino al suo compagno indicandogli la direzione da cui era venuto
    "Se sua signoria desidera seguirmi..." disse compiaciuto del risultato ottenuto poco prima per poi incamminarsi nel corridoio.

    L'atmosfera dopo di quei corridoio a seguito dello scontro con i ragni era totalmente differente: il rumore dei ruggiti di Sebulkron e della folla di aracnidi era ora rimpiazzato da un silenzio tale che sarebbe bastato un granello di polvere che raggiunge terra per rompere quell'immenso silenzio.
    Nevith portò nella stanza in cui aveva lottato con il ragno Sebulkron, era diversa da come l'aveva lasciata il compagno ma... non si può avere tutto
    "Uhm si, lascia perdere il ragno spappolato sotto la libreria... e i libri sporchi di organi... e qualche pietra in mille pezzi... si insomma, fa finta non sia successo nulla mh?" qualche gemma preziosa era infatti stata distrutta dalla libreria che cadendo aveva ucciso il ragno, per fortuna però la sacca di pelle che Sebulkron aveva tenuto per se era intatta... con una gemma mancante però, la aveva ancora Nevith nella tasca. Quando se ne accorse la prima cosa che gli venne in mente fu di cercare di rimetterla nel sacchetto senza farsi vedere ma sarebbe stato quasi del tutto impossibile, decise quindi la via più facile e diretta.
    "Si senti, ti ho preso questa. Mi serviva per una cosa che tra l'altro non ha funzionato quindi l'ho dovuta prendere"
     
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    Con un'espressione di assoluta apatia sul volto, il mefagufo sbattendo le candide ali seguì il compagno fino alla stanza dove Sebulkron poco prima gli aveva chiesto di rimanere per sorvegliare i preziosi ritrovati. Anche se Nevith non aveva prestato molto ascolto alle sue raccomandazioni, la sua disubbidienza aveva dato ausilio al polare nel suo scontro con le creature aracnidi, dunque il drago decise di evitare ogni ulteriore commento.
    Lasciando alle sue spalle un'argentea scia di minuscoli cristalli ghiacciati, proseguì verso la stanza.

    I residui dello scontro che si specchiavano nei suoi occhi vuoti e colmi di brina non turbarono affatto il glaciale, nella sua centenaria esistenza aveva recuperato gioielli da creature e posti ben più putridi di quello. Nonostante ciò il suo sguardo rimaneva perduto in quell'empio spettacolo, chiedendosi cosa ne fosse stato dei preziosi che aveva affidato al drago delle tenebre.
    Senza mai distogliere la vista dall'aracnide schiacciato dal peso della libreria continuò ad ascoltare le parole del compagno dragonico.
    Non appena Nevith ebbe terminato di delucidare il dragone dei ghiacci sulla sciagura che aveva colpito quella stanza, gli artigli rapaci si spalancarono e Sebulkron si precipitò come un falco predatore sulla piccola borsa runica che aveva lasciato.
    Le unghie del metagufo si conficcarono come letali lame nella pelle di cui era composto il sacchetto, afferrandolo come un uccello predatore farebbe con la sua malcapitata vittima.
    Sebulkron si spostò con agili manovre aree e raggiunse un tavolo che era miracolosamente rimasto intatto anche dopo il distruttivo furore della battaglia che si era appena concluse.
    Sebulkron adagiò gentilmente il contenitore di preziosi su quel robusto bancone in legno, per poi tornare a librerasi in aria e dirigere il suo sguardo di ghiaccio a Nevith.
    Gli si trovava proprio davanti, sembrava quasi che potessero toccarsi e l'aura gelata che il metagufo emanava era ad un passo dal compagno.
    Con tono potente disse.
    I tesori vanno spartiti equamente, è così che ho promesso e così sarà. Tamen, dovrai prenderti la responsabilità delle tue azioni.
    Gli disse , andando ad intendere che le pietre sarebbe stato spartite bilanciatamente, ma Nevith avrebbe ricevuto una notevole quantità di gemme danneggiate.
    Sebulkron non volle neanche commentare l'onestà del drago d'ombra, che con cortesia gli aveva riferito della gemma sottratta. Quello era il comportamento che avrebbe dovuto adottare un qualunque drago, come esige il loro nobile sangue.
     
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    L'espressione di Nevith mutò velocemente a sentire le parole del metagufo assumendo un carattere indispettito. Non era stata colpa sua se alcune delle gemme erano state fatte a pezzi, non era di certo lui l'artefice delle scosse. Tuttavia a lui non importava quasi per nulla delle gemme, il suo interesse era erano i libri e le pergamene.
    "Vorrei farti notare che la scossa che ha fatto crollare la libreria l'ha generata un certo drago di mia conoscenza cadendo a terra. Comunque puoi tenere le gemme... non mi interessano." disse il ragazzo avvicinandosi ai libri ed esaminandone alcuni.

    Sollevata la libreria e scansata la carcassa del ragno Nevith scoprì a malincuore che tutti gli appunti che aveva l'alchimista sulla nebbia erano irrecuperabili: il tempo li aveva resi per lo più illeggibili e gli organi del ragno avevano fatto il resto cancellando quelle poche parole che ancora si potevano distinguere. Nevith imprecò dando un calcio alla libreria, aveva rischiato la vita per degli appunti illeggibili?! Dopo qualche istante che gli servì per calmarsi Nevith iniziò ad impilare sul tavolo i libri e le pergamene che più gli interessavano: esperimenti, i loro successi e fallimenti, antichi tomi di alchimia... cose che sperava non interessassero a Sebulkron. Messi i libri sul tavolo fissò negli occhi il metagufo con totale indifferenza a tutta la situazione di quella stanza, come se fossi tutto normale.
    "Oh e non c'è di che per averti salvato le chiappe."
     
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