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Il drago azzurro che puzza di pesce
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Damocle è una figura leggendaria riportata dallo storico Timeo di Tauromenio nella “Storia di Sicilia”, poi ripresa da Cicerone successivamente.
Viveva presso la corte del tiranno Dionigi I il Vecchio di Siracusa, nel IV secolo a.C. Sempre pronto ad adularlo, Damocle non perdeva occasione di ricordargli quanto fosse fortunato a ricoprire un ruolo così prestigioso e potente.
Il tiranno gli propose quindi di prendere il suo posto per un giorno, per valutare se davvero lui fosse così fortunato come la maggior parte delle persone affermava, e ovviamente lui accettò trepidante.
La sera stessa si tenne un banchetto durante il quale Damocle poté gustare i cibi più prelibati, in mezzo agli agi e ai lussi più totali, godendosi i piaceri di un uomo di potere.
Quando fece per alzarsi al termine della gustosa cena, però, egli notò sopra la sua testa una spada che penzolava pericolosamente sostenuta da un sottile crine di cavallo. Dionigi l'aveva fatta sospendere sulla sua testa perché capisse che la sua posizione di tiranno, per quanto pregiata, lo esponeva continuamente a pericoli e minacce di ogni genere.
Subito a Damocle si chiuse lo stomaco, e il godimento scaturito dall'aver assaporato gli ottimi cibi in mezzo alla ricca compagnia dei nobili va a farsi benedire. Ovviamente chiese subito di non voler protrarre lo scambio, rendendosi conto che la sua condizione più umile debba sicuramente far fronte a meno responsabilità.
L'espressione spada di Damocle è poi diventata una metafora per ciò che deriva dall'assunzione di un grande potere, tanto in riferimento al timore di possibili rivali quanto all'incertezza riguardo le avversità del destino, rimandando anche al semplice pericolo imminente di cui si percepisce la venuta.
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