Gli argonauti, tutti i più grandi eroi su una bagnarola

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +1   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Il drago azzurro che puzza di pesce

    Group
    Condottiero
    Posts
    5,293
    STIMA
    +595
    Location
    Eh... sapessi

    Status
    Offline
    Questo è il più epico crossover greco di sempre, in cui tutti i gli eroi del tempo si riunirono per recuperare il famoso vello d’oro.

    Giasone-e-il-vello-d-oro



    Tutto inizia a Iolco, con Atamante re della Tessaglia, e sua moglie Nefele. Il re, come si suol fare nei miti greci, tradì la moglie per una donna di nome Ino.
    Nefele però gli aveva dato due figli, Elle e Light… no, spe, fermi tutti. Elle e Frisso. Due giovani pargoli che alla nuova moglie non piacevano affatto.
    Ino persuase le donne del paese a mettere nel forno i semi di grano conservati per la semina successiva, così alla semina questi non fiorirono ed il paese finì in preda alla carestia.
    Atamante inviò i suoi messaggeri all' oracolo di Delfi, per chiedere al dio cosa avrebbe dovuto fare. Ino pagò i messaggeri affinché al loro ritorno dicessero al re che l'oracolo aveva predetto il sacrificio di Frisso sull'altare di Zeus se voleva che la terra ridesse i suoi frutti.
    Il popolo, ignaro, ovviamente chiese a gran voce di obbedire all'oracolo. Atamante dovette acconsentire e i due ragazzi furono condotti sull'altare sacrificale
    Nefele, che ricordiamo era stata plasmata da Zeus in persona a partire da una nuvola, riassunse la sua forma eterea e per salvare i suoi figli mandò loro un ariete volante dallo splendido vello d'oro. Il prodigioso animale fece salire sulla sua groppa splendente i due bambini e li condusse in volo verso oriente.
    Durante il viaggio si levò una violenta tempesta, che fece precipitare Elle nelle acque sottostanti. Da quel giorno quel tratto di mare si chiamò Ellesponto. Così a random, perché faceva figo.

    Frisso proseguì il viaggio aggrappato fieramente all'ariete, che lo condusse in un paese della Colchide nella città di Ea.
    Appena arrivato, quel dannato di Frisso sacrificò l’animale a Zeus e regalò il vello d'oro al re della città. Vedi, Ino aveva ragione! Non si sacrificano gli animali a caso, soprattutto quelli che ti hanno appena salvato!
    Ma perché non era caduto Frisso? E non dite perché se no il tratto di mare si sarebbe chiamato Frissosponto che fa schifo!
    Il re appese il vello al ramo di un albero, e vi pose a guardia un possente dragone. Si perché questo ciaveva i draghi in casa, che soprattutto gli davano retta.

    Dopo diversi anni, a Iolco le cose erano cambiate e al trono sedeva Velia, che con la violenza aveva usurpato il trono al fratello Esone e aveva provato a uccidere anche suo figlio Giasone.
    Alcimede, moglie di Esone, alla nascita di Giasone fece raggruppare le donne intorno al neonato e chiese loro di piangere per far credere che fosse nato morto.
    Giasone venne così affidato dalla madre al centauro Chirone, e Per ben venti anni questi gli insegnò l'arte militare, il rispetto degli dei, la giustizia e la medicina. A vent'anni così Giasone fu pronto per il compito cui era stato destinato, riscattare il trono usurpato al padre.

    Durante il viaggio per tornare nella terra natia, siccome gli puzzavano i piedi, per attraversare un fiume si era tolto i sandali così da darsi una scialacquata.
    Un sandalo, aimé, gli scappò dalle mani e venne trascinato via dalla corrente.
    Arrivò da Velia dunque con una sola scarpa.
    Al re, dal solito stra-abusato oracolo di Delfi, era stato predetto di temere l'uomo calzato con un solo sandalo che avrebbe potuto mettere a rischio il suo trono. Velia al che fu preso da una strana inquietudine nel sentire l’arrivo del rinomato e temibile “tizio senza un sandalo” appena arrivato in città, e, con falsa naturalezza, fece condurre il giovane al suo palazzo per chiedergli chi fosse e cosa ci facesse da quelle parti.
    Giunto al cospetto dell'usurpatore, il giovane eroe con fierezza enunciò tali parole:
    “Non sono uno straniero. Fui allontanato dalla mia città per tuo ordine, dopo che avevi preso con violenza i poteri destinati dal sommo onnipotente ed omnisapiente Zeus a mio padre. Il mio nome è Giasone. Sono tornato per riprendere il posto che mi spetta. Quindi… smammare!”
    Velia tuttavia aveva la risposta pronta. Affermò che il pretendente al trono doveva reclamare il proprio diritto mostrando di possedere il fantomatico Vello d’oro, situato nel lontano oriente.
    Giasone, tutto convinto, ovviamente rispose che non ci sarebbero stati problemi e che sarebbe tornato a breve.
    Peccato che il vello stava, appunto, in Oriente. Non esattamente dietro l’angolo insomma.
    Giasone allora fece costruire una nave abbastanza robusta da superare ogni tempesta e abbastanza snella da correre veloce sulle onde. L’imbarcazione prese il nome di Argo, poiché tale era il nome del costruttore.
    Insieme a Giasone s'imbarcarono i più famosi eroi richiamati dall’appello di Giasone, tra cui i dioscuri figli di Zeus Castore e Polluce, il divino musicista Orfeo, il possenterrimo Ercole, il grande timoniere Tifide, un’altra cinquantina di eroi a caso e lo sfigato medico Esculapio, sfigato di nome e di fatto poiché a lui toccava il compito più ingrato. Non è mai bello raccattare i pezzi.
    Non è sicuro se si unì anche Teseo, l’eroe esperto di tradimenti, quindi faremo finta che c’era perché avere tutta la mitologia greca in una nave fa troppo figo.

    Gli Argonauti navigarono per giorni e giorni; fecero brevi soste nella Magnesia, nell'isola di Lemno e sull’isola di Aetalia, oggi conosciuta come Isola d’Elba.
    Fra rum, schiamazzi e suonate di Orfeo il gruppetto giunse in un paese chiamato Tracia.
    Trovarono nei pressi della costa un vecchio pelle e ossa di nome Fineo, un indovino che, avendo abusato del suo potere per rivelare agli uomini il loro avvenire, era stato condannato dagli dei a un duro supplizio.
    Le Arpie, mostri alati col volto di fanciulla, scendevano dal cielo per sottrargli qualsiasi cibo egli tentasse di portare alla bocca. Oltretutto era pure cieco e mezzo sordo, una sfiga immane.
    Zeus gli aveva detto che solo la venuta degli argonauti avrebbe interrotto quel supplizio, e lui era rimasto lì ad attendere. Li attese sebbene non avesse la più pallida idea di chi fossero, ma va beh.
    Nessuna paura, della ciurma facevano parte Calaide e Zete, gli alati figli del dio Borea del vento del nord. Sembra una roba dei cavalieri dello zodiaco ma no, è solo un semplice dio del vento figlio dell’alba Eos.
    I due, con combo aeree da far invidia ai più potenti personaggi del GdR, scacciarono le arpie in un attimo e atterrarono d’innanzi al vecchio con fierezza.
    Fineo, grato del favore resogli, Svelò agli Argonauti alcune delle peripezie che ancora il viaggio avrebbe riservato loro. soprattutto li mise in guardia riguardo al pericolo delle rupi Simplegadi. Queste alte rocce, prive di base, vagavano per il mare e si urtavano tra di loro, balzando indietro per rincontrarsi di nuovo e continuare perpetuamente a scontrarsi. Le navi che passavano da quel tratto di mare si fracassavano contro gli scogli o venivano inghiottite dai gorghi formati dal movimento dell’acqua.

    Giunti nei pressi dell'imboccatura che dal mare Egeo introduce all'Ellesponto, sentirono un insolito rumore gorgogliante. Capirono allora l’utilità delle parole del vecchio, e liberarono una colomba per osservarne il volo.
    se la colomba fosse passata attraverso le rocce senza essere schiacciata, la nave avrebbe potuto navigare seguendo la rotta indicata dall'uccello; in caso contrario, avrebbero dovuto aspettare.
    Giasone, sia perché non voleva fare nottata sia perché ci teneva alla sua colomba, pregò Nettuno affinché li lasciasse passare. Stranamente questo acconsentì, e le rocce finalmente si incagliarono nel mare creando radici nel suolo. Da allora sembra non si siano più mosse.

    Proseguendo il loro viaggio giunsero nella terra delle Amazzoni, in quella dei Calibi e in fine scorsero le cime dei monti del Caucaso. Arrivarono in Colchide alla città del re Eeta tutti belli sudati e intrisi di salsedine, ma soddisfatti e pronti a qualsiasi altra sfida.
    Si diressero senza indugio alla sua reggia, al cui ingresso si trovavano quattro fonti create da Efesto; esse Versavano acqua, vino, latte e olio. Bella roba si!
    Vengono tutti accolti con i dovuti onori, specialmente dalla figlia del re. Ella era una maga di nome Medea, una gnocca spaventosa e creatrice di filtri e pozioni d’ogni genere.
    Giasone mette subito le cose in chiaro e spiega perché è lì. Eeta ci rimane abbastanza male, e astutamente propone all’eroe una sfida folle. Se l’avesse superata, dimostrando il suo valore, il vello sarebbe stato suo.
    Giasone avrebbe dovuto domare i possenti tori sputafuoco che risiedevano nelle stalle del re, aggiogarli all’aratro e tracciare dei solchi concentrici a terra. Avrebbe ivi sparso dei denti di drago che Eeta gli avrebbe dato, da questa semina sarebbero sorti dei giganti dalla forza brutale.
    Se li avesse sconfitti prima del calare del sole la prova sarebbe stata compiuta.
    Medea, che sapeva quanto questa prova fosse assurda, aiutò Giasone perché, diciamocelo, anche lui era un gran figo. Ovviamente l’eroe accettò, e la maga gli donò un unguento in grado di rendere la sua pelle invulnerabile al tocco del fuoco. Gli disse anche che nel momento in cui i giganti sarebbero spuntati dal suolo lui avrebbe dovuto gettare in mezzo al campo arato un sasso, e questi per contenderselo se le sarebbero date fra di loro.
    Recatosi nella stalla con convinzione, Giasone prese i tori per la capoccia e li sbatacchiò di qua e di là, come Ercole fece con i serpentelli inviati da Era. Dopo malmenate, scazzottate e shoryuken a destra e a manca riuscì a calmarli e a legarli all’aratro, e le belve a quel punto gli obbedirono docilmente.
    Tracciò numerosi solchi per poggiarvi i denti di drago e ricoprirli di terra, e dopo pochi minuti degli enormi guerrieri sbucarono dal terreno come spighe.
    Appena Giasone scagliò la pietra, i bestioni cominciarono a gettarsi di prepotenza su di essa e si malmenarono fino a fracassarsi di botte, finché uno dopo l’altro vennero passati a fil di spada dall’eroe.
    Non restava che recuperare il vello d’oro, protetto dal drago nel bosco sacro.

    Giasone sapeva che quella creatura era troppo potente per essere facilmente sconfitta, quindi di nuovo si affida a Medea. Arrivati di fronte all’albero a cui il vello è stato assicurato, la maga intona un dolcissimo canto che addormenta la creatura e gli spruzza negli occhi una sostanza che gli avrebbe reso il sonno ancora più profondo. Il buon cuore di Giasone gli suggerisce di non uccidere il drago, che a questo punto non può più dargli problemi, e semplicemente lo scavalca per raggiungere il tanto agognato tesoro.

    Festeggiano dunque tutti insieme la vittoria, mentre Eeta pensa a come vendicarsi senza trovare valide idee, e a notte inoltrata la fiera ciurma parte per il viaggio di ritorno.
    Medea, ormai perdutamente innamorata di Giasone, chiede di partire con loro; l’eroe ovviamente accetta, suggerendole comunque di salutare con amore la sua casa e suo padre. Lei, che a quanto pareva non se ne sbatteva minimamente, salì sulla nave e cominciò a pregustare la sua futura vita con l’eroe.

    Edited by Aesingr - 2/8/2018, 04:35
     
    Top
    .
  2.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Uovo

    Group
    Kengardiano
    Posts
    277
    STIMA
    +60

    Status
    Offline
    scusa se mi permetto di presentare delle obbiezioni:
    sicuro che l'indovino non si chiamasse finea?
    I due figli di zeus Castore e Polluce non erano in realtà figli di dioniso?
    La cosa figa della nave è che aveva una polena fatta con un legno magico, scolpita a forma di testa di drago che blaterava pure..... e se non mi sbaglio il legno era tratto dal bosco sacro di dodona, uno degli oracoli.
    Ma la cosa più importante....... non cera il ruuuuuuuuuuum! c'era il fierissimo Idromele baricaooooooooo!!!!!!!
     
    Top
    .
  3.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Il drago azzurro che puzza di pesce

    Group
    Condottiero
    Posts
    5,293
    STIMA
    +595
    Location
    Eh... sapessi

    Status
    Offline
    1-... i Dioscuri sono figli di Zeus...
    2-... Finea sembra il nome di una marca di deodorante...
    3-... la testa di drago è di Percy, oppure è da verificare...
    secondo fonti non certificate potrebbe anche essere a forma di chiappa sinistra di Chuck Norris...
    4-... questo si, purtroppo il barricaooooooooooooo glièera un problema, unciaveano i quadrini peccomprasselo... al contrario di noi sabato...
    Cenesaummonteeeeee!

    Edited by Aesingr - 2/8/2018, 01:21
     
    Top
    .
2 replies since 1/8/2018, 21:05   97 views
  Share  
.