Il Pelidissimo Achille

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    Cantami, o Diva, del Pelìde Achille l'ira funesta che infiniti addusse lutti agli Achei, molte anzitempo all'Orco generose travolse alme d'eroi, e di cani e d'augelli orrido pasto lor salme abbandonò (così di Giove l'alto consiglio s'adempia), da quando primamente disgiunse aspra contesa il re de' prodi Atride e il divo Achille.
    (Proemio dell’Iliade)

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    Figlio del mortale Peleo e della ninfa Teti, Achille è il più rinomato eroe della mitologia greca, se non altro il più conosciuto. oltre all'Iliade, altre leggende hanno aggiunto sempre nuove caratteristiche al suo mito, come alcune curiosità tra le quali il dormire fra gli alberi delle foreste durante le ore diurne e il rincorrere di notte le prede per dare loro la caccia piuttosto che appostarsi con arco e frecce.

    Peleo(da cui l’appellativo Pelide) era re di Ftia; a lui Zeus concesse di sposare Teti, poiché secondo una profezia di Prometeo, se Zeus si fosse unito a Teti, avrebbe generato un figlio che lo avrebbe detronizzato. Oppure fu la stessa Teti a rifiutarsi di giacere con Zeus, per rispetto nei confronti del suo matrimonio con Era.

    Achille crebbe insieme ai suoi genitori e fu educato dal saggio Chirone e dalla moglie del centauro, Caricio. Da piccolo, come troviamo scritto nel poema Achilleide di Publio Papinio Stazio, Teti immerse il figlio nelle acque del fiume Stige con l’intento di renderlo invulnerabile. Il suo corpo venne dunque impossibile da scalfire, fatta eccezione per il tallone per cui la madre lo stava tenendo, che quindi non venne bagnato.
    In realtà bastava spostare la mano, ma Teti era furba e se ne dimenticò.
    Il punto è che fu Stazio il primo a parlare dell'invulnerabilità di Achille, e non è sicuro se l'eroe riuscì a compiere le sue imprese grazie a tale potere sovrannaturale o alla sua smisurata forza ed abilità. Lo troveremo infatti ferito durante la guerra per più di una volta, quindi è molto probabile che quella del tallone sia un'aggiunta successiva e che in realtà il suo corpo fosse difficile da scalfire semplicemente perché Achille era un guerriero formidabile.

    Chirone iniziò Achille all’arte della guerra, della caccia, della musica e del canto. Lo istruì alle giuste virtù, ad allontanarsi dalle passioni terrene e ad impugnare qualsiasi tipo di arma.
    Il centauro lo nutriva con interiora di leone , di orso e di cinghiale, per trasmettergli la forza e il coraggio, e con miele e midollo di cerbiatto, per renderlo agile e veloce oltre che dolce e persuasivo.
    Il miele non dovette funzionare molto, poiché Achille divenne un gran figlio di baccante e in più situazioni si dimostrò terribilmente spietato.
    Il saggio centauro gli insegnò anche a suonare perfettamente la forminx, strumento musicale a quattro corde simile alla cetra. Assieme a lui si allenava Patroclo, il solo essere umano verso cui Achille provava rispetto ed un sincero sentimento d’amicizia. Patroclo era l’unico con cui riusciva ad intenerirsi, fino a preoccuparsi per lui quando stava male o quando si trovava in difficoltà durante gli allenamenti. Infatti l’amico non poteva rivaleggiare con la sua forza e le sue origini divine, ma la loro amicizia permise ai due di continuare a stimarsi l’un l’altro per molto tempo.
    Sembra che fra i due sbocciò anche una sorta di amore non proprio eterosessuale, ma non ci soffermiamo in dettagli scomodi.
    Achille apprese dall’anziano precettore Fenice anche l'arte dell’oratoria e dell’eloquenza, divenendo esperto tanto nella lotta quanto nella parola.

    Gli dei, quando ancora era molto giovane, lo avevano avvisato sul suo futuro. Gli fu chiesto da Zeus in persona se preferisse vivere a lungo, ma senza gloria, o avere una vita breve e ricordata per le imprese che avrebbe compiuto: scelse ovviamente la seconda opzione.
    Calcante, un indovino che aveva tradito i Troiani per schierarsi dalla parte degli Achei, annunciò che Troia non avrebbe potuto essere conquistata senza l'aiuto del giovane Achille tra le sue file di guerrieri.
    Per paura di perdere il figlio in guerra, Teti lo portò presso il re Licomede di Sciro, presentandolo come una fanciulla: lo vestì con abiti femminili e lo fece vivere insieme all’harem delle figlie del re, facendolo passare per una figa da paura.
    Il re probabilmente capì subito la verità, ma accettò comunque Achille di buon grado e acconsentì a farlo restare a palazzo.
    Durante il suo soggiorno venne soprannominato Pirra (la fulva) a causa della sua capigliatura splendente; in pochi giorni si innamorò di Deidamia, una delle figlie di Licomede, e senza troppe cerimonie se la sposò. Senza troppe cerimonie in tutti i sensi, dato che dovettero fare tutto sotto banco perché il pelide non doveva essere riconosciuto come un uomo. Come abbia resistito tutti quegli anni senza farsi scoprire e senza mostrare il batacchio non si sa, ma va beh.
    Da lei ebbe un figlio, Pirro, che più tardi avrebbe preso il nome di Neottolemo, anche se un’altra leggenda vuole Neottolemo come figlio di Achille e di Ifigenia(figlia di Agamennone).
    Odisseo, avendo anch'egli saputo dall'indovino Calcante che Troia non avrebbe potuto essere conquistata senza Achille, fu incaricato insieme a Nestore(altro figlio di Agamennone) e Aiace Telamonio, leggendario eroe greco secondo in forza solo ad Achille stesso, di andare alla ricerca del giovane. Scoperto il suo nascondiglio, i tre si presentarono al cospetto di Licomede travestiti da mercanti portando stoffe e oggetti preziosi, che alle donne del posto piacevano assai. Dentro una cesta il furbo Odisseo aveva messo anche delle splendide armi di fattura lucente, che Achille immediatamente adocchiò e brandì con fermezza, facendosi scoprire. Secondo un'altra versione, mentre le fanciulle erano intente a rovistare tra le stoffe, Odisseo simulò un fragore di armi e le ragazze fuggirono in preda al panico. Al che Achille si strappò di dosso gli indumenti da femminuccia e indossò la propria bronzea armatura, non si sa tirata fuori da dove, pronto alla battaglia.

    Teti fu quindi costretta a lasciarlo partire e consegnò all'eroe un' armatura divina, donata un tempo da Efesto a Peleo come regalo di nozze, e vi aggiunse i cavalli che Poseidone aveva portato come dono nella stessa occasione. Affiancò poi al figlio un compagno di nome Mnemone, la cui sola funzione sarebbe stata quella di impedirgli di uccidere un protetto di Apollo, poiché un oracolo aveva profetizzato che Achille sarebbe morto di morte violenta se avesse compiuto tale atto sacrilego.
    Il pelide parte quindi a capo di una flotta di cinquanta navi piena di Mirmidoni, un gruppo di valorosi uomini provenienti dalla Tessaglia, che si diceva discendessero da Mirmidone figlio di Zeus.
    Il primo tentativo di sbarco fallì clamorosamente, vi fu un errore di calcolo di rotta e invece che nella Troade gli Achei approdarono molto più a sud, nella Misia.
    Gli Achei, ignari di aver sbagliato posto, decisero di saccheggiare il paese così a caso perché faceva figo. Re del luogo era Telefo, figlio di Eracle; costui difese bene la sua terra e fece strage di molti Achei, ma quando si trovò davanti Achille non poté che fuggire in preda al panico.
    durante la fuga rimase impigliato in un tralcio di vite e cadde, venendo ferito alla coscia da Achille con un colpo di lancia. L’eroe tuttavia non lo uccise, perché si era reso conto di non trovarsi dove si sarebbe dovuto ptrovare e di aver sbagliato completamente bersaglio.
    La flotta si imbarcò di nuovo alla volta di Troia, ma non riuscì ad arrivare a destinazione nemmeno questa volta poiché una tempesta disperse la flotta e Achille si ritrovò di nuovo a Sciro, ove rimase per la bellezza di otto anni a girarsi i pollici.

    Nel frattempo Telefo, la cui ferita causata da Achille non guariva, ricevette una visita da parte di Apollo che lo avvertì di come quello squarcio sarebbe potuto esser curato solo da chi glie l’aveva causato.
    Si diresse quindi travestito da mendicante verso Argo, dove Achille si era diretto di recente, e propose agli Achei di lasciarsi curare dall’eroe in cambio delle informazioni per la giusta rotta per la Troade.
    Achille acconsentì e mise un po' della ruggine che si trovava sulla sua lancia sopra la ferita di Telefo, guarendolo all’istante. Ok, questa è un po’ assurda anche per il pelide semidio Achille, ma chi se ne frega: sempre di mitologia greca parliamo :yea:

    Raggiunsero l’Aulide, dove però le navi rimasero bloccate a causa di un vento troppo leggero che non permetteva di salpare. Calcante spiegò che il nuovo problemino era causato da Artemide, adirata con Agamennone per un affronto recentemente subito.
    Il re dell’Argolide infatti aveva ucciso una cerva scagliando una freccia con grande maestria da lunga distanza, affermando a gran voce che la stessa Artemide non avrebbe potuto fare di meglio. Aveva promesso inoltre alla dea della caccia che avrebbe immolato in suo onore la creatura più bella che in quell’anno sarebbe nata nel suo regno, ma quando scoprì che si sarebbe trattato proprio di sua figlia Ifigenia si rifiutò di adempiere alla sua promessa. Questi due affronti fecero imbestialire Artemide, e Calcante spiegò che Agamennone avrebbe dovuto sacrificare la figlia affinché le navi potessero partire. Questa volta egli è costretto ad accettare, spinto anche dal suo stesso popolo. Organizza tutto in modo che né la figlia né la moglie Clitennestra sappiano niente, inventando di volerla dare in sposa ad Achille per allontanarla dalla madre in sicurezza.
    Tuttavia, quando Achille sa di questo complotto di cui era rimasto all’oscuro, si precipita sul luogo del patibolo e la salva giusto in tempo, prendendo a mazzolate il boia come non ci fosse un domani.
    Secondo un’altra versione fu la stessa Artemide a salvare la giovane, pentita di aver combinato un simile casino per un semplice capriccio, facendo in modo che al suo posto venisse ucciso un cervo.

    Finalmente ripresero a soffiare i venti e la flotta, seguendo le indicazioni di Telefo, giunse finalmente nell'isola di Tenedo.
    Quando le navi arrivarono in prossimità delle coste dell'isola, il re Tenete, dall'alto di un promontorio, iniziò a scagliare enormi massi sulle navi della flotta. Achille, furente, si tuffò in mare e raggiunse a nuoto la riva; una volta di fronte a Tenete gli menò uno sganassone con la propria lancia, trapassandogli il cuore.
    Purtroppo si accorse un pelo in ritardo di aver inavvertitamente compiuto la profezia di cui Teti lo aveva ripetutamente avvertito, ossia di non uccidere il protetto di Apollo, per l’appunto Tenete.
    Achille cercò di rimediare organizzando grandiosi onori funebri per Tenete e, dato che era stata decisamente colpa sua, uccise il povero servo Mincone che avrebbe dovuto impedire l'avverarsi della stessa profezia. Certo, mi sembra chiaro, rifacciamocela sul povero servo! Perché ammazzare un povero servo al giorno leva l'Esculapio di torno.
    Fatto tesoro di quanto scordarsi delle profezie non fosse buona cosa, Ricordò anche il monito della madre e dell'indovino Calcante, che presagiva una morte certa a chi fosse sbarcato per primo sulla costa troiana.
    Fu allora Protesilao, re di Tessaglia e discendente alla lontana di Poseidone, a farsi avanti per primo. Egli venne istantaneamente ucciso al volo dal lancio di un giabellotto random che venne scagliato giusto per rispettare la profezia, così tanto per far capire ad Achille che Calcante ne sapeva una più di Ade.

    Achille a quel punto scese a riva e si scagliò con veemenza contro il padre di Tenete Cicno, figlio diretto di Poseidone e di Arpalea, guerriero dal corpo invulnerabile fatta eccezione per il suo collo(lui però non a causa di una madre sbadata).
    La rabbia di Achille fu tale che con un mega balzo ninja atterrò con così tanta possanza da generare una sorgente, lasciando sgomenti sia nemici che alleati.
    Achille centrò il nemico al volto con la lancia e lo spedì indietro a colpi di scudo, fino a che Cicno inciampò e cadde. Achille, consapevole dell'invulnerabilità dell’avversario, lo sollevò a mezz'aria e lo strozzò con i cinturini del suo stesso elmo.
    Balzò quindi sul suo cadavere e gli tagliò la testa per poi issarla sulla sua lancia. Quando la mostrò ai Troiani questi fuggirono sconvolti, disperdendosi.
    Insieme a Patroclo, dopo numerose razie e massacri, Achille si inoltrò sul monte Ida dove il re Troiano Priamo teneva le greggi al pascolo.
    Qui incontrò Enea, con cui ebbe un breve scontro, dopo il quale Achille si impossessò brutalmente delle bestie del gregge.
    Enea non poté fare molto contro l’eroe Acheo, quindi per evitare la morte semplicemente lo lasciò fare e fece di tutto per fuggire. Trovò fortunatamente rifugio presso la città di Lirnesso, e Zeus per aiutarlo gli garantì "grande slancio ed agili gambe", proteggendolo dalla foga del Pelide e da Atena, schierata con gli Achei.
    Achille però poco dopo invase la città e uccise Minete, re dei Cilici, risparmiando la sua promessa sposa Ippodamia, chiamata nell’Iliade Briseide poiché figlia di Brise. Questi era un sacerdote di Apollo che abitava a Lirnesso, il quale si suicidò dopo aver visto la propria città distrutta e la figlia rapita. Agamennone invece prese per sé Astinome, detta Criseide perché ovviamente figlia del sacertode Crise.
    Patroclo, per consolare Ippodamia della morte del padre, le promise che avrebbe fatto in modo che Achille almeno la sposasse e la rendesse più felice di quanto non fosse mai stata.
    Enea a quel punto chiese di nuovo aiuto a Zeus per sfuggire vivo dalla città ormai completamente rasa al suolo, riuscendo a raggiungere incolume la città di Troia.

    Crise si recò da Agamennone per riscattare la figlia, ma venne insultato e cacciato in malo modo.
    ciò scatenò l'ira di Apollo che, per punirlo, provocò una grande pestilenza tra gli Achei, colpendo sia gli animali che gli uomini. L'indovino Calcante rivelò ad Agamennone che la pestilenza avrebbe avuto termine solo con la restituzione di Criseide; controvoglia Agamennone accettò, ma volle in cambio Briseide, schiava di Achille.
    L’eroe subito si incavolò e minacciò di tornare in patria con i suoi soldati, affermando che se la sarebbero dovuta cavare senza di lui, e che non avrebbe perdonato un tale atto di viltà.
    Il fiero pelide decise comunque di rimanere nell'accampamento e semplicemente di non partecipare alla battaglia, né lui né gli uomini al suo seguito.
    Senza Achille e il suo esercito di Mirmidoni, i Troiani cominciarono a prevalere; essi giunsero fino ad attaccare il campo acheo e a minacciare di dare fuoco alle navi. La situazione per gli Achei rischiò di precipitare, ma Achille fu irremovibile e non fece nulla per aiutare i compagni in difficoltà.
    Patroclo, accortosi che le cose stavano per degenerare, convinse l’amico a lasciargli prendere il suo posto per poter guidare le truppe contro i Troiani, poiché altrimenti gli Achei sarebbero presto finiti decisamente molto malerrimo.
    Achille acconsentì e Patroclo, dopo aver indossato l’armatura e le armi dell’amico, respinse l'assalto all'accampamento e tentò di scalare le mura della città avversaria per fare irruzione.
    Purtroppo per lui Apollo cominciò a tormentarlo con alcune visioni, permettendo al guerriero troiano Euforbo di ferirlo e al principe Ettore di ucciderlo.

    La morte del compagno indusse Achille a tornare nuovamente sul campo di battaglia. Teti fece preparare da Efesto una nuova armatura, poiché la sua, indossata da Patroclo, era finita nelle mani di Ettore.
    Achille riprese a combattere, cercando tra le schiere nemiche l’odiato principe troiano, verso cui cominciò a provare un odio più che profondo. Patroclo era stato sconfitto soltanto grazie ad un intervento divino, e questo l’eroe non poteva accettarlo.
    Il disprezzo che Achille provava nei confronti di Ettore e di Apollo divenne ancor più elevato quando il dio della musica riuscì a salvare il suo protetto con uno stupido inganno. Il fiero pelide infatti era riuscito ad individuare Ettore fra le file nemiche e a sfidarlo, ma la visione di patroclo lo distrasse, permettendo all’avversario di fuggire.
    Sembra che Apollo, in veste di Patroclo, avesse proposto ad Achille di spalmarsi un unguento prima della battaglia così da recuperare le forze. Purtroppo si trattava di un intruglio in grado di annebbiare i sensi, a causa del quale l’eroe non riuscì a fermare Ettore quando questo si allontanò.
    Achille cominciò quindi a fracassare di botte chiunque gli capitasse a tiro, nel ttentativo di trovare l’odiato rivale, facendo strage di troiani.
    Tra le sue vittime vi sarà anche l'eroe peonio Asteropeo, figlio di Pelegone, che sfida Achille nei pressi del fiume Scamandro. È proprio grazie a questo soggetto che abbiamo la conferma della non-invulnerabilità di Achille, in quanto durante lo scontro venne ferito ad un braccio.
    Asteropeo, ambidestro, scagliò due lance contemporaneamente e la seconda colpì Achille al gomito, da cui cominciò a sgorgare sangue nero.

    Avendo sgominato a destra e a sinistra altri Troiani, Achille raggiunse e affrontò nuovamente Ettore in duello, ma questa volta nessun dio l’avrebbe protetto dalla sua furia.
    Dopo un’aspra battaglia lo uccise con un colpo di lancia tra il collo e le spalle, nonostante la madre gli avesse predetto che alla morte dell'eroe troiano sarebbe ben presto seguita la sua.
    Per vendicare Patroclo, forò i tendini dei talloni del cadavere di Ettore e lo legò al suo carro, trascinandolo per nove giorni per farne scempio.
    Con l'aiuto di Ermes, Priamo si recò nel campo acheo per implorare la restituzione del corpo del figlio.
    Achille inizialmente respinse la proposta, ma quando Priamo si inginocchiò implorandolo e Zeus gli ordinò di acconsentire non fece più storie.

    Anche se l’Iliade cessa di raccontare della guerra proprio con il concludersi di questo acceso scontro fra eroi, furono altri gli scontri che Achille dovette sostenere.
    Il più particolare e anche il più difficile fu quello contro Pentesilea, regina delle Amazzoni, che ingaggiò una dura battaglia con l’eroe Acheo mettendolo a seria prova.
    Quando il prode guerriero riuscì a sfondarle l’armatura e a spogliarla delle protezioni, rimase affascinato dalla sua bellezza a tal punto da distrarsi e beccarsi un bel fendente di spada in luoghi che non citeremo ^_^
    Ripresosi dallo stordimento, riuscì a menare il colpo di grazia e ad ucciderla, ma qualcosa in lui scattò; appena la vide esanime a terra non poté resistere e, dopo averla completamente denudata, possedette quel bel corpo atletico incurante di chi lo stava osservando. Sembra infatti che fu Artemide a maledirre l’amazzone, facendo sì che venisse violentata da chiunque avrebbe visto il suo corpo nudo per la prima volta, motivo per cui ella viaggiava sempre e costantemente coperta dall’armatura e dall’elmo. Uno dei compagni di Achille lo derise cominciandolo a prenderlo a male parole per ciò che aveva appena fatto, e giustamente si beccò un pugno talmente potente da trapassargli il petto e ucciderlo sul colpo. Roba che Saitama può solo accompagnare :theend:

    Dopo numerose altre battaglie Achille morirà a causa di una freccia avvelenata, scagliata probabilmente da Paride, figlio di Priamo. Si tratta della celebre freccia che venne guidata da Apollo proprio verso il tallone vulnerabile dell’eroe. In realtà è più probabile che il dardo lo centrò sulla schiena mentre saliva i cancelli di Troia, ulteriore testimonianza di quanto il suo corpo non fosse in realtà per nulla invulnerabile.
    Quando Achille fu trafitto mortalmente, Glauco, guerriero della Licia che combatteva a fianco dei Troiani, cercò di impossessarsi del suo cadavere. Lui almeno non voleva farselo :zumzumzum:
    Scagliò la sua lancia contro Aiace Telamonio, il quale stava proteggendo valorosamente il corpo di Achille, ma essa si incagliò nel suo scudo senza riuscire a colpirlo.
    Aiace lo respinse e continuò a ruotare la sua immensa ascia, enendo lontani gli avversari, dando modo ad Odisseo di caricare il cadavere di Achille sul suo carro e di portarlo via.
    Un'altra versione sulla morte di Achille narra che egli si innamorò della principessa troiana Polissena e chiese a Priamo, suo padre, di poterla sposare.
    Egli accettò, ovviamente fregandosene delle proteste della figlia, perché così avrebbe permesso il cessare delle ostilità o perlomeno il passaggio di Achille dalla loro parte, che sarebbe equivalso ad una probabile vittoria.
    Mentre Priamo era impegnato nei preparativi per il matrimonio, Paride, che avrebbe dovuto rinunciare ad Elena se Achille avesse sposato la sorella Polissena, si nascose dietro ad un cespuglio e scagliò il fatidico dardo fatale.

    Alla morte di Achille, L'armatura che indossava fu oggetto di disputa tra Odisseo e Aiace Telamonio, che se la contesero per diversi giorni affermando di esserne entrambi più che degni.
    Alla fine venne assegnata ad Odisseo dagli stessi Achei in assemblea, poiché ritenuto più utile ai fini della vittoria grazie alla sua astuzia.
    Furibondo, Aiace maledisse Odisseo, attirandosi le ire di Atena che teneva particolarmente al suo piccolo prediletto Ulissuccio.
    La dea per punirlo fece diventare Aiace temporaneamente pazzo, al che il guerriero cominciò ad uccidere delle innocenti pecore senza alcun motivo, scambiandole per i compagni che lo avevano deriso per il suo comportamento infantile.
    Rendendosi conto di ciò che aveva appena fatto, ovvero aver cercato di uccidere i suoi compagni di battaglia, appena tornò in sé Aiace si tolse la vita.
    Odisseo in fine lasciò l’armatura a Neottolemo, figlio del grande Pelide Achille di cui tutti continueranno a narrare le gesta.

    Curiositas!
    -Per rendere immortale il figlio, secondo alcune versioni del mito, Teti lo ungeva di giorno con l' ambrosia, mentre di notte ne bruciava le parti mortali del corpo nel fuoco per renderlo invulnerabile. Tutto ciò, ovviamente, all’oscuro di Peleo. Una notte casualmente il padre si svegliò e vide il figlio che ardeva nelle fiamme e lanciò un urlo straziante, cominciando a smadonnare in cirillico arcaico. Teti, adirata, gettò il bambino a terra e fuggì, immergendosi nel mare per non fare più ritorno.
    Peleo, con l'aiuto del centauro Chirone, sostituì il tallone ustionato di Achille con l' astragalo del gigante Damiso, celebre per la sua velocità nella corsa. Da qui l'appellativo di "piè veloce".

    -Secondo l’Orestea di Eschilo, Achille non è riuscito a salvare Ifigenia e la ragazza viene sacrificata come pianificato da Agamennone.
    Questo manda su tutte le furie Clitennestra, che prepara al marito una fantastica sorpresa di benvenuto quando egli ritorna dalla guerra.
    Dopo aver espresso amore, devozione e fedeltà nei confronti di Agamennone, Clitennestra esorta infatti le ancelle a stendere il tappeto rosso. Esso rappresenta una via di sangue che condurrà il re dentro casa, verso il luogo del non ritorno.
    Sarà lei stessa nell’opera a raccontare il suo gesto, fiera del suo operato:

    “Delle molte parole che prima per opportunità ho pronunciato, non mi vergognerò di dire ora l’opposto: come altrimenti si potrebbe, preparando insidie ad un nemico che ha volto d’amico, intrappolarlo in una rete di sventura più alta di qualunque salto? Ho fatto in modo, e non ho intenzione di negarlo, che non potesse fuggire e né sottrarsi al suo destino: in una rete senza fine l’ho avvolto, come un pesce, una veste sontuosa di morte; due volte lo colpisco,
    in due gemiti gli si sciolgono subito le membra, e dopo che è caduto aggiungo un terzo colpo, come offerta votiva a Zeus Salvatore.”


    La donna verrà a sua volta uccisa dal figlio Oreste(fratello di Ifigenia), il quale cercava vendetta per la morte di Agamennone. Oreste però esiterà, mostrandosi pietoso nei confronti della madre, che cerca di persuaderlo dal non colpirla denudandosi ed esponendo il seno.
    Oreste colpirà comunque, ma non senza aver versato qualche lacrima.

    Edited by Aesingr - 17/8/2018, 02:31
     
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    Aggiunta in fondo in fondo la curiosità su come Clitennestra fa la pelle al marito, in maniera molto plateale e convinta :yea:
     
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