Urashima Taro

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    Il drago azzurro che puzza di pesce

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    Urashima Taro era un abile pescatore, rinomato soprattutto per il suo buon cuore. Abitava nel villaggio di Mizunoye, sulle coste del Tango, ed aveva trascorso la giovinezza insieme ai suoi genitori con cui passava gran parte del suo tempo.
    I suoi compagni lo avevano sempre preso in giro per questo, ma soprattutto perché non si univa mai a loro nel dar fastidio agli animali, cosa che a quanto pareva li divertiva molto mentre a lui faceva imbestialire anche solo l’idea.
    Un giorno, sentendo schiamazzare il riva al mare, si avvicinò ad un gruppo di ragazzetti che erano intenti a dar fastidio ad una povera tartaruga. Le gettavano addosso pietre e rametti, se la lanciavano come fosse una palla e la tormentavano in decine di altri modi vergognosamente crudeli.
    Chiese loro di consegnargliela, da prima con delicatezza, e poi con ancor più delicatezza. Era una persona troppo gentile per pensare di fargliela pagare, anzi fu lui stesso a dover pagare. Gli toccò infatti barattare la tartaruga con delle monete d’oro, che fortunatamente i bambini accettarono.
    Solo quando l’ebbe liberata dalle grinfie dei bulletti poté tirare un sospiro di sollievo e dirigersi verso il mare, dove lasciò la tartaruga che, grazie a lui, avrebbe potuto vivere ancora per tutte le migliaia di anni che le restavano.

    La mattina successiva Urashima prese la propria imbarcazione e si preparò ad una nuova giornata di pesca. In breve oltrepassò gli scogli nei pressi della riva, le barche degli altri pescatori, ogni confine fra mare e terra e raggiunse il largo. Sentì improvvisamente una voce che lo chiamava, una voce troppo limpida perché potesse essersela immaginata. Guardandosi attorno non vide altro che lo sconfinato blu dell’oceano, nessuno si era avvicinato a lui.
    Assorto com’era nella pace che il mare gli donava, non si era accorto che il muso di una tartaruga stava sporgendo dal bordo della barca. Abbastanza stupito da ciò che stava accadendo, provò a chiedere all’animale se per caso avesse detto qualcosa, e con altrettanto stupore capì che la tartaruga lo aveva davvero chiamato.
    “Grazie per avermi aiutato ieri!” esclamò tutta pimpante, senza curarsi del fatto che il pescatore fosse rimasto piuttosto stranito nel sentirla parlare come nulla fosse.
    “Emh… di niente, tartaruga. Vuoi salire a bordo? Credo di non aver niente da offrirti però, non ho ancora pescato nessun pesce. A dire il vero volevo rilassarmi un po’ per qualche minuto. Posso al massimo offrirti da fumare, ma a dire il vero non credo ti interessi”
    “Non ti preoccupare, hai per caso del Sake?” rispose lei, mentre Urashima non sapeva se continuare a chiedersi o meno quanti problemi avesse quella tartaruga. Non solo parlava, beveva pure Sake.
    “No, mi dispiace. Ma se vuoi puoi salire a bordo comunque!”
    In realtà neanche lui era più di tanto normale a rispondere con così tanta disinvoltura, ma va beh.
    “Perché invece non scendi tu? Anzi, perché invece non vieni con me? Non hai mai visitato il castello del dio del mare Ryujin immagino”
    “Cosa? Ma è solo una leggenda, non esiste davvero giusto? Non può…”
    “Amico, stavi per offrire del fumo a una tartaruga parlante e ti fai anche domande? Sali a bordo!”
    Urashima, seppur un po’ titubante, si sporse dalla barca e e scrutò l’animale sul muso e poi sul guscio.
    “Come dovrei fare? Non sei abbastanza grande per…”
    Senza neanche dargli il tempo di concludere la frase, la tartaruga aumentò di dimensioni abbastanza per essere cavalcata da un umano e forse anche da qualcosa di più grande. Il pescatore, con tanto di espressione esterrefatta, salì sul suo guscio e questa immediatamente si immerse, cominciando a nuotare verso il basso.
    “Incredibile, come riesco a respirare? Perché i miei vestiti non si bagnano? Come mai posso… ah giusto, niente domande”
    “Bravo ragazzo”
    Dopo diversi minuti di nuoto in lontananza Urashima intravide un cielo azzurro, che si stagliava sotto di loro contro ogni concetto della fisica; al tempo comunque la fisica probabilmente non esisteva, o era ben diversa, quindi chi se ne frega :paninozzo:
    Quando atterrarono in quello strano mondo sottomarino gli occhi del pescatore si posarono su un grande cancello dorato, che anticipava l’ingresso ad un’imponente fortezza.
    “Oh, dimmi tartaruga, cos’è codesta meravigliosa e grandiosa struttura? Davvero non riesco proprio a capirlo! Non sarà mica il leggendario palazzo del dio del mare, di cui le leggende narrano?”
    “… no, no. Come può venirti in mente una simile idea? Questa è la sede segreta di MasterChef! Non lo vedi? C’è pure Bruno Barbieri!”
    “Oh, allora mi sono sbagliato. Che peccato, ci tenevo tanto a…”
    Fortunatamente la sua frase venne nuovamente interrotta, questa volta però a causa del meraviglioso spettacolo che gli si parò davanti.
    Pesci colorati di ogni specie li raggiunsero, mentre una cernia di grandi dimensioni spalancava il cancello per farli passare e altri abitanti del mare tra cui sogliole, salmoni, cavallucci marini e altra roba buona per farci il sushi si avvicinavano e si inchinavano.
    “Urashima! Sei tre volte il benvenuto qui, ti ringraziamo per aver aiutato il nostro messaggero! La principessa Otohime desidera incontrarti!”
    “Emh… chi?” domandò lui, mentre il banco di pesci lo scortava all’entrata del palazzo.
    Non si sentiva imbarazzato, e ormai aveva anche smesso di essere confuso; o meglio, aveva capito che non aveva senso continuare a fare la faccia da scemo, anche perché la principessa uscì per accoglierlo proprio in quel momento.
    Era più bella di qualsiasi altro essere umano avesse mai visto e indossava larghi indumenti rossi e -verdi come la parte inferiore di un'onda-. Fili dorati luccicavano attraverso le pieghe del suo abito, stupendi capelli neri le ricadevano sulle spalle alla maniera della figlia di un re antico e, quando parlò, la sua voce risuonò come musica sopra l'acqua. Urashima si perse in tanta meraviglia mentre la guardava e non riuscì nemmeno a parlare, tanto già la figura del -ma che caaa…- l’aveva fatta, quindi no problem.
    Gli venne in mente che forse avrebbe dovuto inchinarsi, ma prima che potesse dedicarle una riverenza Otohime lo prese per mano e lo condusse in una bella sala, al posto d'onore, dove lo invitò a sedersi.
    “Ti ringrazio a nome di tutti per la gentilezza che hai dimostrato, per ripagarti vorrei in cambio donarti la mia mano. Tu ne sei meritevole”
    “Emh…”
    In quel momento, forse, Urashima aveva un ancor più buon motivo per rimanere sbigottito.
    “Non preoccuparti” riprese lei, “potrai tornare in superficie quando vorrai. Allora, accetti?”
    Senza neanche capire il perché, probabilmente la principessa era semplicemente una bella ed irresistibile gnoccona al tartufo, Urashima annuì e le nozze cominciarono all’istante.
    Pesci vestiti di strascico e gioielli(?) arrivarono da ogni direzione portando piatti di corallo stracolmi di cibo e bicchieri di sake(?) a non finire. Il banchetto consisteva in dosi industriali di alghe e pesci squisiti(? e qui noi ci chiediamo se il cannibalismo nel regno del re dragone Ryujin fosse contemplato), oltre che di pietanze che il pescatore non aveva mai assaggiato prima.
    I due sposi bevvero dalla coppa matrimoniale, si scambiarono le promesse, vi furono danze e balli e, improvvisamente, Urashima si ritrovò compagno della stupenda principessa dei mari figlia di un dio e residente in un palazzo di magnifica e ultraterrena architettura.
    Costruito con il corallo e adornato con perle, il luogo risultava un misto di leggenda e magia, qualcosa che non avrebbe potuto immaginarsi neanche nei suoi sogni più remoti. Ciò che adorava maggiormente era il giardino che circondava il palazzo, dove si potevano ammirare allo stesso tempo i paesaggi delle quattro stagioni: quando vi si addentrò e si voltò a est, i suoi occhi si posarono sui ciliegi in fiore e alberi carichi di colori lo deliziarono, mentre gli usignoli cantavano nei viali rosati e le farfalle guizzavano da una chioma all’altra; a sud, gli alberi erano carichi dell’estate e le cicale si alternavano ai grilli in melodie continue, su distese soleggiate di verde infinito; guardando a ovest, vide come gli aceri rosseggiavano come il cielo al tramonto e i crisantemi crescevano fra le foglie d’autunno; a nord, invece, un netto cambiamento fece sobbalzare Urashima, poiché il terreno era bianco-argentato con alberi e bamboo coperti di neve ed uno stagno di ghiaccio fra di essi.

    Per un certo tempo il pescatore dimenticò tutto, persino la casa che si era lasciato fuori dal mare , i suoi genitori e il suo paese. Trascorsero tre giorni prima che si rendesse conto che forse era il caso di tornare indietro per avvertire la famiglia di quanto gli era accaduto, e di non preoccuparsi per lui.
    In giappone i genitori erano e sono tutt’ora troppo importanti. Non poteva lasciarli all’oscuro, considerando poi che erano abituati a vederlo rientrare ogni sera e chi sa cosa stavano pensando del suo enorme ritardo.
    “Principessa, purtroppo devo andare, o i miei crederanno che mi sono perduto per mare!”
    Lei, con sguardo da principessa triste e afflitta, lo guardò dispiaciuta a bestia.
    “Ma… ma… perché vuoi andare… io… io…”
    “Oh non pensare che io non voglia restare, ma come ben sai la famiglia viene prima di ogni amore. Comunque tornerò appena possibile! Starò via giusto un giorno, d’accordo?”
    Con labbrino deluso, la principessa assentì.
    “E va bene, però ti prego di accettare questo”
    Gli consegnò una scatola, avvolta di nastri rossi. “Questa è la tamate-bako e contiene qualcosa di molto prezioso. Non devi aprirla, qualsiasi cosa succeda! Se l'aprirai ti accadrà qualcosa di tremendo! Promettimi che non aprirai mai questa scatola"
    Urashima, non capendo a cosa gli potesse servire un regalo che non poteva spacchettare, annuì senza replicare. Promise Comunque che non avrebbe mai e poi mai aperto la scatola, qualsiasi cosa fosse accaduto.

    Dalla tartaruga che lo aveva portato fin lì fu riaccompagnato nel mare verso Oriente. Guardò indietro per salutare con la manina Otohime Sama, finché i tetti del magnifico palazzo si persero in lontananza. Poi, col viso voltato verso la propria terra, vide il profilo delle colline cominciare a stagliarsi all'orizzonte dinanzi a lui.
    Una volta raggiunta la spiaggia camminò sulla sabbia e si guardò attorno, mentre la tartaruga tornava al reame del Re del Mare. Uno strano timore si impadronì dei suoi pensieri, mentre se ne stava lì in piedi a contemplare la sua terra.
    La spiaggia, il mare e le colline erano gli stessi di sempre, ma le persone che vedeva camminare davanti a lui avevano facce molto differenti da quelle che conosceva. Chiedendosi cosa potesse significare, si diresse a passo spedito verso la sua vecchia casa. Persino quella gli parve inquietantemente diversa, ma una casa si ergeva effettivamente in quel luogo quindi doveva essere casa sua.
    “Padre! Sono tornato! Aprimi, sono Urashima!”
    Un tizio uscì dalla casa, fissandolo con stizza.
    “E tu chi ca**o sei? E cosa ti urli soprattutto!”
    Il pescatore restò, per l’ennesima volta in questa storia, piuttosto sconvolto. Quello che gli si parava davanti non era certo un suo familiare, e nel guardarsi attorno venne assalito da un inspiegabile timore mentre si rendeva conto che effettivamente il suo villaggio non era esattamente come lo ricordava.
    “Scusate, fino a pochi giorni fa vivevo in questa casa. Il mio nome è Urashima Taro. Dove sono andati i miei genitori?”
    Un'espressione sbalordita si fece largo sulla faccia dell'uomo, e finalmente Urashima non era più l’unico a rimanere imbambolato di fronte ad un’affermazione altrui.
    "Cosa? Sei Urashima Taro?"
    "Sì," rispose il pescatore. "Sono Urashima Taro! Se te l’ho appena detto, chi vuoi che sia?"
    L’uomo rise.
    “Giovinetto, non dovresti fare certi scherzi. È vero che una volta un uomo chiamato Urashima Taro viveva in questo villaggio, ma è una storia vecchia di trecento anni. Non può essere ancora vivo oggi!"
    Quando Urashima sentì quelle strane parole cominciò a spaventarsi sul serio.
    "Ti prego, non prenderti gioco di me. Sono molto perplesso. Io sono veramente Urashima Taro e di sicuro non ho vissuto trecento anni. Fino a quattro o cinque giorni fa vivevo in questo luogo. Dimmi ciò che voglio sapere senza più scherzi, per favore!"
    Il volto dell'uomo tornò più serio, anch’egli stranito dal fare del ragazzo.
    “Il pescatore Urashima Taro di cui ho sentito parlare è un uomo vissuto trecento anni fa. Forse tu sei il suo spirito venuto a visitare la sua vecchia casa"
    "Perché mi prendi in giro? Sono vivo e vegeto! Non senti i miei piedi che battono?” fece disperato lui, mentre il tipo continuava a non credere a quanto stava dicendo ma era comunque piuttosto turbato.
    “Non so altro, mi dispiace. La storia di Urashima è stata scritta nelle cronache del villaggio, era un abile pescatore e un giovane di buon cuore. Tutti lo piansero quando scomparve in mare, quella mattina”

    I pochi giorni trascorsi nel palazzo del Re del Mare al di là delle acque non erano stati affatto giorni. Per ognuno di essi erano passati ben cento anni, per un totale di trecento. I suoi genitori nel frattempo erano morti, insieme a tutte le persone che aveva conosciuto, e il villaggio aveva tramandato la sua storia.
    A questo punto l’unica cosa che gli restava da fare era tornare dalla sua amata principessa, ma non aveva la più pallida idea di come fare.
    Attese alcuni minuti, che divennero ore, in piedi sulla spiaggia ad aspettare un qualche cenno che non venne mai.
    Aveva ancora in mano la scatola che Otohime gli aveva donato, ed era l’unica cosa rimastagli in quell’improbabile dolorosa situazione. Non doveva aprirla perché gli sarebbe accaduto qualcosa di tremendo, ma qualcosa di tremendo era già accaduto e non poteva pensare a nulla che potesse essere peggiore di uno sconforto simile, quindi lo fece.
    Quando aprì la scatola, solo una nuvoletta viola ne uscì con tre sbuffi leggeri. Per un istante ricoprì la sua faccia ed esitò sopra di lui, come non volesse più andarsene, poi fluttuò via sopra le acque del mare.

    Urashima, che fino a quel momento era stato un forte e bel giovane di ventiquattro anni, improvvisamente divenne molto, molto vecchio. La sua schiena raddoppiò in età e si incurvò, i suoi capelli divennero bianchi, il suo viso si coprì di rughe e, dopo un ultimo respiro, cadde morto sulla spiaggia.

    Interpretazioni varie:
    -Innanzi tutto, secondo una versione del mito, la tartaruga è la principessa stessa che se lo porta sotto il mare per fargli cosacce brutte e molto zozze. Quindi l’idea originale potrebbe esser legata al fatto che Otohime si fosse innamorata di lui quando l’aveva salvata;
    -Legato a ciò, può essere spiegato anche il significato della scatola che ella da ad Urashima, una specie di vendetta;
    -Il significato più probabile del dono, però, sembra essere quello dell’unico modo che la principessa aveva per porre fine alle sofferenze di Urashima quando egli decide di tornare in superficie. Non è chiaro se si sia pentita o meno di averlo fatto scendere là sotto, se la tartaruga sapesse di quello che sarebbe accaduto o se di mezzo c’è qualcos’altro, ma nel mito la principessa non viene rappresentata come una figura malevola. Quindi è lecito pensare non sapesse che per un mortale in quel luogo il tempo scorreva velocissimo, dato che era in effetti il primo mortale a discendere nel regno del re dragone del mare, e che quindi l’abbia scoperto proprio durante la permanenza di Urashima nel suo palazzo. Oppure la scatola è semplicemente il simbolo dell’ammonimento per aver disobbidito ad una promessa, e Otohime voleva capire se davvero Urashima tenesse a lui abbastanza da fidarsi del suo consiglio anche in una situazione critica;
    -Appunto extra: un altro nome della principessa Otohime è Toyotama-hime.

    Edited by Aesingr - 24/5/2019, 02:34
     
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    Non conoscevo questo mito e devo dire Che mi è particolarmente piaciuto. Per non parlare del dono fatto dalla principessa al protagonista. Fra l’altro, a me personalmente fa riflettere il fatto che quando ai personaggi venga chiesto di non aprire una scatola, oppure di non voltarsi indietro, alla fine la tentazione e la curiosità vincono.
    In secondo luogo, questa storia, a differenza della maggior parte dei miti greci, può essere anche vista come una fiaba in cui il personaggio principale è un maschio.
     
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