Polifemo e Galatea

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    Il drago azzurro che puzza di pesce

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    Figlio di Poseidone, il ciclope Polifemo è sicuramente una delle figure più mostruose del mito greco. A me questo racconto mi garba parecchio, perché è uno dei pochi (se non l'unico) in cui un personaggio stereotipato assume un'accezione molto interessante e non viceversa.
    Era un bestione rozzo, incivile e crudele, con un solo occhio in mezzo alla fronte che lo rendeva ancor più inquietante e certo non di bell'aspetto.
    Era si brutale e decisamente rude, ma neanche a lui era del tutto sconosciuto il concetto della passione amorosa. Stravedeva infatti per Galatea, ninfa marina figlia di Doride e Nereo.
    La nereide Viveva alle pendici dell‘Etna ed era innamorata del pastore Aci, il quale ricambiava il sentimento. Polifemo usò la propria abilità nel suonare il flauto per attirare la sua attenzione con una serenata, senza alcun risultato.

    "RANNICCHIATA SUL SENO DEL MIO ACI, COLSI DI LONTANO
    IL SUO CANTO, DI CUI RICORDO ANCORA LE PAROLE:
    “O GALATEA, PIÙ CANDIDA DI UN CANDIDO PETALO DI LIGUSTRO,
    PIÙ IN FIORE DI UN PRATO, PIÙ SLANCIATA DI UN ONTANO SVETTANTE,
    PIÙ SPLENDENTE DEL CRISTALLO, PIÙ GAIA DI UN CAPRETTO APPENA NATO,
    PIÙ LISCIA DI CONCHIGLIE LEVIGATE DAL FLUSSO DEL MARE,
    PIÙ GRADEVOLE DEL SOLE IN INVERNO, DELL’OMBRA D’ESTATE,
    PIÙ AMABILE DEI FRUTTI, PIÙ ATTRAENTE DI UN PLATANO ECCELSO,
    PIÙ LUMINOSA DEL GHIACCIO, PIÙ DOLCE DELL’UVA MATURA,
    PIÙ MORBIDA DI UNA PIUMA DI CIGNO E DEL LATTE CAGLIATO,
    E, SE TU NON FUGGISSI, PIÙ BELLA DI UN ORTO IRRIGUO;
    MA ANCORA, GALATEA, PIÙ IMPETUOSA DI UN GIOVENCO SELVAGGIO,
    PIÙ DURA DI UNA VECCHIA QUERCIA, PIÙ INFIDA DELL’ONDA,
    PIÙ SGUSCIANTE DEI VIRGULTI DEL SALICE E DELLA VITALBA,
    PIÙ INSENSIBILE DI QUESTI SCOGLI, PIÙ VIOLENTA DI UN FIUME,
    PIÙ SUPERBA DEL PAVONE CHE SI GONFIA, PIÙ FURIOSA DEL FUOCO,
    PIÙ ASPRA DELLE SPINE, PIÙ RINGHIOSA DELL’ORSA CHE ALLATTA,
    PIÙ SORDA DEI MAROSI, PIÙ SPIETATA DI UN SERPENTE CALPESTATO,
    E, COSA CHE PIÙ D’OGNI ALTRA VORREI POTERTI TOGLIERE,
    PIÙ VELOCE, QUANDO FUGGI, NON SOLO DEL CERVO INCALZATO
    DALL’URLO DEI LATRATI, MA DEL VENTO CHE SOFFIA IMPETUOSO!
    MA, SE MI CONOSCESSI MEGLIO, TI PENTIRESTI D’ESSER FUGGITA
    E, CERCANDO DI TRATTENERMI, CONDANNERESTI IL TEMPO PERDUTO."

    (Metamorfosi, Ovidio)

    Il ciclope cominciò ad infuriarsi, e man mano che il tempo passava il suo sentimento non ricambiato diventava sempre più ingestibile. Un giorno sorprese Galatea ed Aci insieme e, mosso dalla gelosia, scagliò un masso contro il pastore e lo uccise.

    storia-di-Aci-Galatea-e-Polifemo-Annibale-Carracci-1597-1600


    Galatea, piangendo, trasformò il sangue dell’amato in una sorgente e così i due giovani poterono amarsi per l’eternità.
    Inutile dire che da allora la ninfa ce l'ebbe a morte con il mostro, da cui fuggì terrorizzata appena questo si avvicinò per l'ultima volta cercando di scusarsi con lei.

    Questo racconto è molto curioso, perché fa passare il povero ciclope come un semplice innamorato un po' troppo innamorato, che si strugge per amore al punto da sclerare. Non sclera dal principio come ci si sarebbe potuti aspettare da un bestione fatto a posta per risultare stupido, aggressivo e malvagio.
     
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