Oltre

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    Il drago azzurro che puzza di pesce

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    Prima role nelle isoleeee! Le cosiddette "isole di Langerans" xD
    Role tra me e Alephone, chi vuole aggiungersi ci faccia sapere mmmaaaaa... come al solito, un altro solo perché le role da 3 ci piacciono di più, vero Zhantyia? *lo uccide* ok, preparatevi, Zhantyia sta per scendere in campo U.U


    Una notte come le altre.
    Si sentiva insolitamente stanca, chi sa perché? In fondo erano settimane che non usava il veleno. Era quasi in astinenza, le mancavano quei dolci suoni che il suo veleno produceva.
    Poco importava, avrebbe rimediato a breve. Osservò il drago dalle squame verdi disteso al suo fianco. Insolitamente piccolo e fragile, quel giovane drago aveva dormito con lei in quegli ultimi giorni, regalandole un bel po' di soddisfazioni. Era stato incredibilmente carino e gentile, ovviamente non aveva mancato di ricambiare. Adorava che gli altri si affezionassero a lei, era meraviglioso sentire la loro compagnia così vicina.
    Le chiare squame della creatura rivestivano un animo gentile e simpatico, era forse da ere che non incontrava un tipo così. Lo osservò ronfare per qualche minuto, guardando semplicemente il suo petto alzarsi e abbassarsi sotto un potente respiro, il suo candido ventre che sbucava dalle zampe rannicchiate e i suoi occhi color antracite coperti dalle palpebre abbassate.
    Sollevò una zampetta appuntita, portandola a sfiorare il collo del drago. Restò ferma altri secondi, in fondo non aveva fretta.
    Con un sorrisetto cominciò a grattargli con delicatezza le squame, per poi picchiettare sul suo collo con insistenza. Quello aprì gli occhi di soprassalto, ma nel vederla si tranquillizzò ed emise uno sbadiglio.
    "Co... cosa c'è?"
    "Dobbiamo andare" rispose lei, dandogli un buffetto con il muso su una guancia.
    "Ma... di già? Non ho dormito neanche un sogno ancora" fece lui, poggiando di nuovo il muso sulle zampe.
    "Oh, riposerai dopo, tranquillo"
    Lui sembrò in parte contrariato, ma rispose con un sorriso affabile e coccoloso.
    "Va bene"
    Muovendo piano la coda, il giovane drago stirò le membra e si alzò da terra, con un altro sbadiglio.
    Anche in piedi non era molto più alto di lei, come minimo un drago avrebbe dovuto superare di un paio di volte le sue dimensioni.
    "Dove andiamo?"
    "Dobbiamo raggiungere l'arcipelago"
    Lui ci mise qualche secondo per recepire.
    "Arcipelago? Siamo tornati ora a Kengard..."
    "Non nel mare, quello che sta nel cielo"
    Anche questa volta, forse a causa del sonno forse a causa delle strane richieste che gli venivano rivolte, impiegò un po' per capire.
    "L'arcipelago fluttuante? Zhantyia, non so se ce la faccio a raggiungerlo, sono..."
    "Andiamo, certo che ce la fai!"
    La teramin gli prese un'ala con i tentacoli in cima alla coda, poggiandoglieli sul collo e facendoli scivolare fino all'estremità della membrana alare di destra per tirargliela delicatamente.
    Il drago si sedette per farla salire, passando gli artigli sul suolo roccioso e, aprendo le ali, la accompagnò con la coda in mezzo al proprio dorso.
    "Sicura?"
    "Oh si, questa notte è splendida"
    Senza aggiungere altro, il drago prese la rincorsa e balzò in aria, non troppo bruscamente in modo da non far cadere Zhantyia, tranquilla e beata con la coda avvinghiata alla base della sua.

    Lo spettacolo delle isole fluttuante visto di notte era qualcosa di tremendamente spaventoso, al punto che quando vi giunsero il drago dovette fermarsi a mezz'aria con poca voglia di proseguire.
    "A me questo luogo spaventa, a te no?" chiese lui, seppur senza incertezza nella voce.
    "Per niente, guarda che bello" gli rispose lei, indicando con una zampetta la massa di roccia sospesa davanti a loro. Quando emersero dalla nebbia che circondava quell'insolito enorme globo fluttuante, si ritrovarono di fronte ad uno spettacolo magnifico, e il drago si accorse solo dopo qualche momento di sconcerto che stava... precipitando verso l'alto, dovendo capovolgersi con una brusca virata per recuperare l'assetto di volo.
    Zhantyia gli restò attaccata a fatica, tirando qualche bestemmione arcaico su una delle religioni prese a caso da Kerus, conficcando anche le zampe sui fianchi del drago verde. Questo non disse nulla, ma probabilmente aveva fatto male. Sperava solo non le fosse uscito del veleno inavvertitamente, o sarebbero finiti molto male entrambi.
    La creatura riuscì ad atterrare a pochi metri da un ammasso di larici, verso cui si stava dirigendo anche troppo velocemente; se non fosse riuscito a fermarsi avrebbe preso una bella cilacca su un tronco.
    Poggiò con leggerezza le zampe a terra, e Zhantyia si sbrigò a scendere per guardarsi attorno. Quella era a tutti gli effetti una foresta, e non molto distante da loro scorreva un fiumiciattolo tranquillo tranquillo.
    "Non ci posso credere, che roba!" commentò il drago, passandole accanto.
    All'orizzonte, oscurate dalla notte, si potevano sporgere due vette di roccia in cima a due montagnole dal profilo ombroso e tetro. Il luogo era silenzioso, molto silenzioso. Solo qualche gufo rompeva l'infinita quiete dell'isola, e alcuni rari refoli di vento rendevano l'aria, abbastanza già fresca di suo, quasi gelida.
    "Sento freddo alle ossa qui, troviamoci un posticino tranquillo"
    Il drago era incantato ad osservare sopra di sé gli ammassi stellari, nonostante non fossero più vicini davano l'impressione di esserlo da quella posizione. Poter osservare il cielo da quel punto era straordinario, ma soprattutto lo era pensare che, se fosse stato giorno e non vi fosse stata quella fitta nebbia a rivestire l'isola, avrebbe potuto scrutare il suolo del mondo sottostante. Lei lo richiamò, ma lui ormai si era perso nei pensieri e nel fascino che quel luogo trasmetteva.
     
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    Nivael viene da qui, anche se la role non è ancora finita.

    Ho usato un linguaggio un minimo colorito in certe sezioni, per rendere meglio l'atmosfera della situazione. Se a qualcuno da fastidio lo rimuovo immediatamente. u_u



    Il giorno seguente alla rocambolesca avventura vissuta a Knawr Nivael lo dedicò finalmente a quello che era il suo intento originale, ossia quello di raccogliere informazione su quell’isola che aveva appena scoperto chiamarsi Kengard. La città di Knawr era chiaramente il luogo ideale per realizzare tale proposito, e Nivael non esitò farsi un giro per il centro abitato attaccando bottone con i passanti.

    In verità, quello di entrare in una grande città come se niente fosse, fermandone gli abitanti per scambiarsi due chiacchiere, non corrispondeva affatto al suo solito modo d’agire in queste situazioni. Nonostante la sua natura socievole e la sua parlantina sciolta, in genere il suo metodo di esplorazione dei territori nuovi era decisamente più cauto. Nel corso della sua vita di viaggiatore il giovane drago dei cieli ha infatti visitato luoghi di ogni tipo, ma sfortunatamente non tutti si sono dimostrati particolarmente aperti nei confronti dei membri della sua specie. L’essere un drago lo ha in effetti messo in situazioni spiacevoli più di una volta, specialmente quando gli umani, con le loro caotiche città e con il loro complesso ma, perlomeno a suo avviso, singolare ordine sociale, dominavano la regione in quanto presenti in gran numero.

    Ma Nivael aveva subito intuito che, lì a Kengard, troppe precauzioni non sarebbero state necessarie. Nei suoi innumerevoli viaggi non aveva mai visitato un luogo nel quale le creature ferali si integravano così armoniosamente con gli umani e le specie, per così dire, “civilizzate”.
    Questo fatto gli piaceva molto. Lo metteva di buonumore. Gli umani di Kengard gli sembravano, in un certo senso, meno… distanti di quelli che era abituato a vedere. Più comprensibili. Nella città di Knawr, forse per la prima volta in vita sua, Nivael non si sentiva del tutto estraneo in mezzo alla folla di individui che, come formiche, brulicavano nelle vie del vasto centro cittadino. Aveva passato l’intero pomeriggio attaccando bottone con perfetti sconosciuti, fossero umani, umanoidi o ferali, ascoltandoli con un sorriso spensierato mentre questi coglievano al volo l’occasione per ostentare, di fronte allo straniero, la loro profonda conoscenza dell’isola di Kengard.

    --

    Si era fatta ormai sera quando Nivael, di fronte all’entrata di una squallida taverna in un vicolo scarsamente illuminato, si trovava suo malgrado impegnato in un’ardua battaglia di logoramento atta a testare i limiti della sua pazienza. Seduto a terra sulle sue zampe posteriori, di fronte ad un rozzo tavolo circolare in legno, egli ascoltava l'inesauribile logorrea di un anziano elfo calvo e dalla lunga barba giallastra da fumatore. Aveva bevuto due o forse tre bicchieri di vino, che gli erano stati offerti dal barista. Non che quella fosse una quantità d’alcool sufficiente a far ubriacare un drago, ma lui non aveva mai retto gli alcolici e perciò era bastata per annebbiare leggermente la sua lucidità.
    L’anziano elfo aveva a quanto pare preso con grande serietà la richiesta di informazioni del drago del vento, avendo allestito in loco una sorta di lezione accademica improvvisata sulla storia e la mitologia Kengardiana. Proprio lì, sul quel tavolo lurido e consunto, illuminato quasi esclusivamente dalla luce giallognola proveniente dalla finestra della taverna, l’elfo aveva iniziato a sommergere il giovane drago di nozioni per lui assolutamente irrilevanti e soporifere.
    Da circa un quarto d’ora Nivael fissava il suo interlocutore, o sarebbe stato meglio dire il suo autoproclamato professore, tamburellando impazientemente sul tavolo con gli artigli della sua zampa destra. Sulla superficie del legno si potevano distinguere quattro sottili solchi della profondità di circa un centimetro. Ormai non stava nemmeno più provando ad assumere un’espressione interessata o anche solo di circostanza: fissava distrattamente l’elfo con gli occhi socchiusi e uno sguardo opaco, sul muso un’espressione a metà tra l’irritazione e una noia tanto profonda da rasentare la disperazione.

    “Ok, ancora trenta secondi e poi lo zittisco col vuoto e volo via”, pensava esasperato, al momento troppo brillo e spazientito per compiere lo sforzo cognitivo necessario a servirsi di un minimo di buon senso. “Questo vuole ammazzarmi di noia… quindi sarebbe legittima difesa, no?”.

    L’elfo, tanto preso dal discorso da sembrare caduto in uno stato di estasi trascendentale, proseguiva intanto il suo interminabile quanto assolutamente non richiesto saggio sul panorama storico e sociopolitico dell’isola.
    “… e come non citare, in tale frangente, un luogo pregno di interesse storico ma soprattutto religioso e culturale quale l’Ossidiana D’argento, teatro di una delle più sanguinose guerre che bla bla bla…” proseguì ampolloso il vecchio.

    Nivael, immobile nella sua posizione, continuava a guardarlo tamburellando i suoi artigli sul legno con sempre maggiore velocità e vigore, incidendolo sempre più a fondo. “Ventisei”, pensò.

    “… di estremo interesse storico-culturale, ma anche ovviamente strettamente mitologico e scientifico, sia chiaro, è la vasta città di Kerus, luogo dalla storia tanto affascinante quanto tristemente funestata da conflitti e bla bla bla…”.

    Gli artigli del drago argentato, a forza di scavare nel legno del tavolo, avevano finito per perforarlo da parte a parte. “Diciassette”, contò mentalmente.

    “… e, a tal proposito, ritengo sia possibile immaginare una sorta di continuum, se così lo si può definire, i cui poli rappresentano l’uno la vivibilità di un luogo e l’altro la sua valenza storico-culturale, e su di esso azzardarsi a collocare le città di principale rilevanza sociale e politica dell’isola e bla bla bla…".

    Nivael guardava il vecchio con le labbra serrate e uno sguardo carico di stizza. “Dieci. Nove. Otto”.

    “… converrai che tale dettaglio, che solo ad un’analisi superficiale risulta di importanza secondaria, sia invero carico di un significato storicamente e culturalmente pregnante, in quanto prefigura l’inizio di…”.

    Nivael sollevò leggermente gli artigli della sua zampa sinistra. Generando una brezza quasi impercettibile, l’aria che li circondava fu repentinamente respinta in tutte le direzioni, formando intorno ad essi una sfera di vuoto.
    “Cinque. Quattro. Tre.”, pensava intanto con trepidazione, ormai incapace di contenere la propria frustrazione a causa dei fumi dell’alcool.

    “… infine, giungendo ultime all’interno della nostra concisa panoramica introduttiva ma assolutamente non ultime in importanza, è doveroso citare l’arcipelago di Isole Fluttuanti che sovrasta Klerung, la cui importanza mitologica e religiosa è testimon-”

    *SBAM!*

    Senza il minimo preavviso, Nivael batté con tutta la forza che aveva gli artigli della sua zampa destra sul tavolo, mandandolo in pezzi con uno schianto assordante.
    “QUELLO!” strillò a pieni polmoni con un ghigno quasi maniacale stampato sul muso. “QUELLO CHE HAI APPENA DETTO!”, ripeté. I vetri della taverna tremarono per l’impatto e per la voce del drago, e all’interno del locale si udirono delle grida e il suono di piatti che cadevano a terra frantumandosi.

    Il vecchio elfo gettò un urlo di puro terrore, cadendo di schiena dalla sedia come se un’esplosione invisibile lo avesse sbalzato via. “C-C-CHI? C-COSA?” farfugliò in preda al panico, tentando goffamente di rimettersi in piedi.

    “Dai su, le isole fluttuanti ovviamente! Devo assolutamente vederle. Dove stanno?” disse il giovane drago con tono carico d’eccitazione e un sorriso entusiasta sul muso, puntando i suoi occhi gialli dritti su quelli grigi e sbarrati del vecchio.

    “So-sopra… sopra K-klerung” disse con voce tremante il vecchio reggendosi con un braccio alla parete, con il cuore che gli martellava in petto per lo spavento. Era palesemente confuso, non riuscendo ancora a capacitarsi di quello che era appena accaduto.
    Un grosso tizio baffuto armato di un mestolo uscì come una furia dalla porta della locanda, sbattendola con violenza nell’aprirla.
    “COSA CAZZO SUCCEDE Q-” strillò, ma non appena vide il drago d’argento che torreggiava d’innanzi all’elfo si ammutolì immediatamente e rientrò nel locale senza dire nulla, premurandosi di chiudere silenziosamente la porta dietro di sé.

    “E dov’è Klerung?” incalzò Nivael.

    “A no… ehm, a n-nord est” disse il vecchio con il cuore ancora in gola. In un tentativo impacciato di recuperare perlomeno un briciolo della sua dignità aveva iniziato a battere entrambe le mani sulla sua tunica, per pulirla dalla polvere della strada. Attraverso i vetri sporchi e incrostati della locanda si poteva scorgere una moltitudine di curiosi che si erano radunati vicino le finestre per origliare la conversazione che stava avvenendo tra il drago e l’elfo.

    “Bene. Parto in questo preciso momento.” disse Nivael con un sorriso affabile ma un po' artefatto, passandosi la zampa sinistra sulla cresta del collo come a volersela pettinare. Il suo tono di voce si era fatto improvvisamente perfettamente calmo e misurato, seppure lievemente alterato dagli effetti dell’alcool. “Ti ringrazio, vecchio. Il tuo racconto è stato indubbiamente ricco di informazioni utili e di spunti di riflessione quantomeno interessanti.”, disse abbassando leggermente la testa e incrociando zampe anteriori compiendo una sorta di piccolo inchino.

    “Co-cosa?” disse incredulo il vecchio. “T-tu sei… tu sei completamente pazzo! Mi hai quasi ammazzato! SPARISCI DALLA MIA VISTA!” sbraitò rosso in viso e in preda ad una rabbia tale da rendergli difficile di articolare le parole.

    “Oh andiamo, scaldarsi per così tanto per un’inezia del genere non ti farà di certo bene alla salute.”
    disse Nivael con un tono di affettuoso rimprovero che, tuttavia, tradiva un'ovvia vena di sarcasmo. “Arrivederci. E grazie ancora!” concluse con la sua consueta espressione di tiepida cordialità dipinta sul muso, dando le spalle al vecchio e allontanandosi da lui di pochi passi.

    “SPARISCI!” gridò quello fuori di sé dalla rabbia, dando un calcio ad una sedia che aveva lì vicino. “VATTENE VIA!”.

    Nivael non stava più prestando la minima attenzione al vecchio, eppure esaudì immediatamente la sua richiesta: con una poderosa spinta delle zampe posteriori e un vigoroso battito d’ali, spiccò improvvisamente il volo senza curarsi del fatto che in quel momento si trovava in una viuzza della larghezza di poco superiore ai cinque metri. Con un solo balzo superò i tetti delle case uscendo dalla strettoia del vicolo e, volando a gran velocità, scomparì poco dopo nel cielo notturno.

    Il vecchio elfo venne scaraventato a terra dallo spostamento d’aria causato dal decollo del drago d’argento, cadendo con il fondoschiena sul selciato.
    “VAFFANCULO!” gli urlò dietro. “MI HAI SENTITO? EH? VAFFANCULO!”, ripeté paonazzo in viso.
    “E VOI COSA AVETE DA GUARDARE?” strillò, togliendosi una scarpa e lanciandola contro la finestra della locanda, che andò in frantumi.

    --

    Nivael era in volo da circa un’ora, e si era fatta tarda notte. Gli effetti inebrianti del vino erano ormai scomparsi, per cui egli aveva recuperato pienamente la sua lucidità. Notò che la visibilità era adesso ridotta non solo dal buio, ma anche da una fitta coltre di nebbia che avvolgeva quella che ad una prima occhiata gli sembrava una montagna di proporzioni colossali. Non aveva mai visto un rilievo così alto, e per via dell’oscurità e della foschia non riusciva a distinguerne chiaramente né la vetta e né tantomeno la base.

    “Che sia una delle isole dell’arcipelago?”, ipotizzò.

    Si diresse in direzione della massa rocciosa acquistando sempre più rapidità e sempre più quota. In una manciata di secondi aveva già raggiunto una velocità folle: l’unico suono che poteva udire era il fischio assordante del vento nelle sue orecchie, mentre la membrana delle sue ali vibrava paurosamente per via dall’attrito con l’aria. Si tuffò nel banco di nebbia perforandolo come una freccia che penetra il rivestimento di stoffa di un bersaglio da allenamento. Sommerso in quel grigiore nebuloso, volava verticalmente verso altitudini sempre maggiori. Quella che stava eseguendo era una manovra tanto rischiosa da poter essere tranquillamente descritta come suicida, ma il muso del giovane drago aveva l’espressione serena e al contempo risoluta di chi sa esattamente quello che sta facendo.

    Con un bagliore argentato Nivael schizzò fuori dalla sommità del denso banco di foschia, bagnandosi finalmente della luce della luna. Spalancò le sue vaste ali in tutta la loro ampiezza: queste, gonfiandosi come vele a causa dell’attrito con d’aria, gli fecero perdere rapidamente velocità.

    Guardò verso in basso, in direzione della massa di roccia e nebbia che aveva appena sormontato. I suoi occhi gialli si spalancarono increduli d’innanzi allo spettacolo che gli si parò d’innanzi: soffusamente illuminata dalla luce ovattata e azzurrina della luna, un’isola rocciosa di dimensioni mastodontiche, con tanto di rilievi montuosi e foreste, giaceva sospesa nel vuoto perfettamente immobile. Sembrava galleggiare su di un mare di nebbia eterea e impalpabile, come se la pietra di cui era composta fosse meno consistente di una nuvola. Intorno ad essa si scorgeva una moltitudine di altre isole fluttuanti di forme e dimensioni differenti, che si estendevano da lì sino all’orizzonte. Sembrava quasi che in un’epoca remota fossero piovuti dal cielo dei colossali macigni che, quando mancavano solo pochi istanti all’impatto con il suolo, rimasero congelati a mezz’aria poiché lo scorrere del tempo era stato arrestato da un sortilegio. Su di essi si erano formati fiumi e laghi, erano cresciuti prati verdi ed intere foreste, ma il timore che l’incantesimo capace di mantenerli lì sospesi potesse da un momento all’altro spezzarsi, facendoli così rovinare al suolo, era difficile da allontanare del tutto dalla mente.

    Nivael contemplava quello spettacolo con un’espressione di pura e genuina meraviglia. In vita sua non aveva mai visto nulla di neanche lontanamente paragonabile a tutto ciò. Continuava a volare ad una velocità sostenuta in direzione dell’isola, ma, a causa delle proporzioni smisurate di questa, gli sembrava di essere completamente immobile nel cielo limpido di quella notte. Il leggero fruscio del vento che agitava le membrane delle sue ali era l’unico suono che lo accompagnava in quel momento di totale rapimento. Sopra di lui il cielo era un abisso infinito di buio e di stelle, e queste sembravano tanto vicine da poter essere afferrate allungando una zampa.
    Il giovane drago si sentiva invaso da una strana felicità. Quella che provava era la sensazione di totale estasi di chi, trovandosi al cospetto dell’immensità, ne viene interamente assimilato. L'allegria folle di colui che, percependo la propria incommensurabile limitatezza al cospetto della grandezza assoluta cosmo, ne rimane totalmente annientato eppure ne gioisce, poiché quella consapevolezza lo ha fatto rinascere come una persona nuova.
    Per Nivael era del tutto impossibile esprimere a parole quello che stava provando in quel momento, per cui iniziò a ridere. Rideva selvaggiamente, come impazzito, fino al punto di farsi male alla gola.
    Infine inspirò e, puntando le sue fauci verso l'isola del cielo, espulse tutta l’aria che aveva nei polmoni con un potentissimo ed interminabile ruggito da bestia feroce.

    “Hahaha... Quanto tempo sarà passato?” riuscì a dire a fatica tra una risata e l’altra, con la voce tremante d’eccitazione. “Quanto tempo sarà passato dall’ultima volta che mi sono sentito così… vivo? Haha…”.

    --

    Con grazia, Nivael atterrò sulla superficie piatta ed erbosa dell’isola. Si guardò intorno. Non si vedeva sostanzialmente un tubo di niente.

    “Beh, è notte”, osservò argutamente. Decise di fare un rapido giro di perlustrazione dei dintorni.
    “Spero di non incontrare gente”, si disse tra sé e sé. “Adesso non sono proprio in vena di parlare con nessuno”.

    E invece incontro gente: ad una ventina di metri di distanza scorse due sagome, entrambe di creature ferali. Riconobbe piuttosto chiaramente la figura di un drago, non riuscendo invece ad identificare l’altra.

    “Oh, andiamo…” pensò con disappunto. “C’è almeno un posto disabitato su quest’isola?”

    “Forse non mi hanno notato” rifletté. “Potrei annullare il rumore dei miei passi ed allontanarmi facendo finta di niente”. La prospettiva lo allettava alquanto, ma gli apparve da subito ben poco realistica.
    “No, certamente avranno sentito il mio, come dire… sfogo di poco fa. E sicuramente staranno indagando per capire di cosa poteva trattarsi”. Rimase un paio di secondi immobile respirando piano per non produrre rumore, ragionando sulle sue prossime mosse.
    “Se inizio adesso ad esplorare l’isola mi noteranno di certo, anche perché le mie squame argentate difficilmente passerebbero inosservate alla luce della luna.” Circondò tutte e quattro le zampe di una bolla di vuoto per annullare il rumore dei propri passi, iniziando da avanzare lentamente in direzione delle figure. “Di passare la notte nascosto da qualche parte non se ne parla. Sarei troppo esposto. Non conosco le intenzioni di quei due e non so nemmeno se in giro c’è altra gente. E poi non so nulla di questo posto, non saprei dove nascondermi.” Proseguì ancora per qualche altro metro, poi si fermò. Dalle sue narici uscì un leggerissimo ma eloquente sbuffo di frustrazione.
    “Tanto vale fare la prima mossa”, concluse un po' seccato.

    “Salve!” proferì con voce chiara e un tono di gioviale cordialità, alzando la zampa destra ad accennare un gesto di saluto. Sul muso aveva dipinto il suo consueto sorriso affabile di circostanza. Non che servisse a molto in quel caso, tanto era buio. Lo fece più per abitudine che per altro.

    Edited by -Aleph- - 29/10/2017, 17:48
     
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    Il drago era abbastanza assorbito dall'orizzonte stellato, dalla foresta immersa nella notte e dall'atmosfera surreale che avvolgeva quel luogo da non accorgersi né che Zhantyia lo stesse chiamando, né tanto meno che qualcosa stava avvicinandosi a lui.
    Nel silenzio qualunque suono si sarebbe udito, e qualunque movimento avrebbe prodotto comunque un suono; non c'era anima viva da quelle parti in apparenza, ma era stupido pensare che solo loro potessero raggiungere quelle straordinarie terre e di conseguenza lo era anche credere che sarebbero rimasti soli a lungo su quell'isola.
    Zhantyia avanzò e spalleggiò il drago verde, che impiegò diversi secondi per scrollarsi.
    "Siris!"
    Solo quando la teramin alzò il tono della voce lui parve accorgersi di lei, i suoi occhi grigiastri ancora persi nel vuoto di quella realtà incredibile.
    "Mh? Oh, chiedo scusa" abbozzò lui, sorridendo. "Mi sono lasciato un po' trascinare dai pensieri"
    "Oh lo notato" rispose lei, grattando con le zampe il suolo d'erba leggermente umido. "Hai sentito anche tu?"
    Il drago restò a fissarla, chiedendosi se avesse perso qualcosa in mezzo alle emozioni e ai percorsi mentali.
    "In che senso?"
    "Aah, sei incorreggibile"
    Zhantyia lo superò, portandosi a qualche metro di distanza e osservando in alto.
    Siris si rese conto solo allora che qualcosa stava ridendo, qualcosa che trasmise al suo dorso un brivido di inquietudine. Che le divinità notturne sostassero in quel luogo ogni notte e banchettassero in allegria? Che le voci spettrali dell'universo fossero discese sul suolo mortale? Che un drago piccolo quasi quanto lui fosse giunto da quelle parti perché non aveva altro da fare quella sera?
    Probabilmente l'ultima opzione, dato che la creatura in questione atterrò silenziosamente immersa nell'ombra, per poi avvicinarsi senza troppe remore per salutarli in tutta scioltezza.
    "Salve!" rispose Siris, entusiasta e pronto al dialogo come sempre.
    Non poteva credere di aver trovato qualcun'altro da quelle parti. Zhantyia restò qualche momento immobile, per poi seguire Siris ma sempre restando alle sue spalle.
    Non poteva certo esser sicura di trovarsi di fronte una simpatica bestiolina da chiacchere, meglio prendere le giuste precauzioni.
    "Questo è il tuo territorio? Non volevamo disturbare, siamo saliti qua sopra... solo per curiosità" disse il drago, mentre cercava di distinguere le fattezze dell'interlocutore sebbene fossero entrambi velati dall'oscurità notturna. Quella che pareva più a suo agio era proprio Zhantyia, sepolta nel suo manto di tenebre quotidiano, apparentemente visibile ma allo stesso tempo vestita della notte scura e occultatrice.
    "Incredibile ci sia qualcuno da queste parti, comunque... come dice il qui presente Siris siamo atterrati solo per curiosare"
    Il drago di fronte a loro pareva di squame chiare, come di un bianco poco lucente, ma non molto si poteva capire con quel buio se non si fossero avvicinati ulteriormente.
    Zhantyia, a cui ciò non poteva interessare, analizzò in breve le poche informazioni recepibili in quel momento, non dovendo neanche pensare all'oscurità come un fattore ostacolante cominciò a scandagliare il nuovo venuto per capire quando fosse effettivamente grande, quanto fosse robusto e in che modo avrebbe potuto -interagire- con il suo corpo qual'ora gliene fosse venuta voglia.
    Realizzò che non si trovava di fronte ad un bersaglio troppo difficile, però l'idea generale era quella di una creatura piuttosto agile e scattante. Si chiese quanto avrebbe retto un drago di dimensioni medie come le sue.Non era mai abbastanza scema da cadere nell'errore di sottovalutare una preda, poteva metterci da giorni a settimane prima di capire come agire, se agire e soprattutto in che momento.
    Quello era molto importante, scegliere l'istante in cui infliggere agonia o una semplice indolore puntura, per offrire l'ultimo saluto.
    Siris dimenava la coda allegro, il suo sguardo da draghetto poco più che cucciolo appariva vispo anche se poco visibile. Zhantyia percepiva distintamente il suo entusiasmo, e le piaceva che lui fosse così felice.
    Sarebbe stato tutto ancora più divertente, e anche lei sarebbe stata più felice.
    "Il mio nome è Siris, e lei è Zhantyia" si presentò il drago, indicando con un'ala se stesso e poi la teramin. In dimensioni l'altro drago era poco superiore a lui, quindi Siris non si intimorì nell'approcciarsi con fare diretto e amichevole.
    "Queste isole sono straordinarie, penso di non aver mai visto una notte così bella!"
     
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    La sagoma del drago si voltò in direzione di Nivael, avvicinandosi a lui di pochi passi.
    “Salve!”, disse rispondendo immediatamente con voce allegra e una manifesta nota di entusiasmo. "Questo è il tuo territorio? Non volevamo disturbare, siamo saliti qua sopra... solo per curiosità." proseguì sorridendo amichevolmente.

    Nivael dedicò alcuni secondi ad esaminare le due silhouette immerse nella penombra con le quali si trovava, suo malgrado, ad interloquire. Il drago era di taglia molto piccola, persino inferiore alle sua. Probabilmente era un cucciolo o poco più. La sua voce, così come i suoi modi almeno in apparenza tanto spontanei da rasentare l’ingenuità, convergevano in direzione di tale ipotesi. A causa del buio era assai difficile identificare con certezza il colore del suo manto ma, a giudicare dai riflessi smeraldini che la luce della luna generava colpendo le sue squame, Nivael immaginò che il piccolo drago fosse di colore verde.

    Per quanto si impegnasse, il drago argenteo non riusciva invece a identificare che tipo di specie fosse l’altra sagoma. Ad una prima occhiata gli era sembrata una creatura dalla fisionomia vagamente equina alta complessivamente quanto un umano, interamente ricoperta da un corto manto peloso di colore bianco e curiosamente caratterizzata da una lunga coda da rettile.
    Quel curioso essere, rischiarato dalla luce della luna, si stagliava nel buio della notte con relativa nitidezza a causa del suo pelo chiaro. Eppure, paradossalmente, più Nivael si sforzava ad esaminarlo attentamente e più il suo aspetto gli appariva alieno. La sua coda serpentina risultava infatti l’elemento anatomico meno bizzarro se messo a confronto con tutto il resto.
    Le zampe della creatura, sia quelle anteriori che quelle posteriori, consistevano in delle lunghe bacchette bianche, sottili ed acuminate come la lama di un fioretto. Sembrava quasi che gran parte della muscolatura degli arti fosse stata strappata via lasciando esposte le ossa sottostanti, le quali fossero state poi limate e lavorate da mano esperta con l’intento di renderle aguzze e taglienti come coltelli. Il pallido chiarore lunare riverberava scintillante sulla loro superficie bianca e liscia, facendole somigliare a quattro spade di pura luce argentea. Il muso della creatura era celato da una maschera ovale bianca e perfettamente liscia, anch’essa rilucente del bagliore azzurrino della luna. Su di essa vi era inciso qualcosa, forse dei simboli o dei semplici graffi, ma la penombra rendeva impossibile distinguerne anche solo vagamente i contorni.

    Nivael fissava lo strano essere con l’espressione indefinita di chi è immerso nei propri pensieri, ma dal suo sguardo indagatore traspariva tutto l’interesse che provava verso di lui.
    “Che sia una specie autoctona dell’isola?”, ipotizzò. “Le sue zampe sono naturali oppure sono frutto di un qualche tipo di modifica che ha effettuato al suo corpo? Somigliano a delle lame perché le usa come armi? Forse manipola l’elemento metallo. E perché indossa una maschera?”. Il giovane drago si poneva febbrilmente una domanda dopo l’altra, lasciandosi trascinare con gusto dalla propria morbosa curiosità. “Si… si, devo assolutamente saperne di più”, pensava, continuando a studiare con sguardo quasi ossessivo quella creatura per lui così enigmatica e, per questo, così affascinante. “Beh, cambio di programma, tanto l’isola non scappa. L’aver incontrato questi due potrebbe portare a dei risvolti piuttosto interessanti, dopotutto”.

    Erano passati in tutto circa tre o quattro secondi. Nivael, preso dalle sue elucubrazioni, non aveva ancora risposto al piccolo drago verde. Il breve ma alquanto increscioso intervallo di silenzio venne interrotto proprio dalla creatura misteriosa, le cui parole catturarono immediatamente l’attenzione del drago argentato.
    "Incredibile ci sia qualcuno da queste parti” disse con tono neutrale. “Comunque... come dice il qui presente Siris siamo atterrati solo per curiosare".
    “Uh, è una femmina!” realizzò Nivael ascoltando la sua voce.
    Il piccolo drago verde, eccitato come un cucciolo alla prospettiva di fare la conoscenza di quel suo simile dalle squame d’argento, seguì immediatamente la sua compagna.
    "Il mio nome è Siris, e lei è Zhantyia!" si presentò con un largo e spontaneo sorriso amichevole stampato sul muso, indicando con un'ala se stesso e poi la creatura dalle zampe affilate come spade. "Queste isole sono straordinarie, penso di non aver mai visto una notte così bella!".

    Il muso di Nivael si illuminò nuovamente del suo consueto sorriso cordiale ma un po' sfuggente da giocatore d’azzardo.
    “Ah, scusatemi!” disse con semplicità. “Spero di non avervi allarmato con la mia improvvisa comparsa!”. La sua parlata, sciolta e amichevole, aveva tuttavia qualcosa di vagamente recitato. Ricordava un po' il tono che ci si aspetterebbe da un venditore di gioielli che si rivolge ad un cliente dall’aspetto danaroso.

    Lentamente, mosse alcuni passi verso il piccolo drago e la curiosa creatura equina.
    “Il draghetto verde sembra parecchio giovane, probabilmente è un cucciolo o poco più”, pensava nel frattempo. “Beh, mi pare un tipo apposto, molto amichevole e forse persino un po' ingenuo. Non credo debba aspettarmi brutte sorprese da lui”.
    Giunto a circa sei o sette metri da loro, si fermò. Senza smettere di sorridere affabilmente puntò i suoi occhi gialli prima sul drago dalle squame smeraldine e poi sulla creatura dal pelo candido. Indugiò alcuni istanti ad osservare quest’ultima, cercando di farsi un’idea più chiara del suo aspetto adesso che vi si trovava più vicino.
    “Le sue zampe non mi sembrano protesi artificiali. Possibile siano davvero ossa?” rifletté. “E poi la sua maschera… sbaglio o non ha buchi per gli occhi? Cosa nasconde sotto?”.

    “Non preoccupatevi, questo non è il mio territorio.”, disse Nivael mettendosi seduto sulle sue zampe posteriori, senza mutare minimamente né la sua espressione cordiale né il suo tono di voce disinvolto ma un po' artificioso da venditore di gioielli. “Anzi, debbo confessare che sono nuovo di queste parti. In ogni caso è un piacere fare la vostra conoscenza, Siris e Zhantyia.” aggiunse, abbassando leggermente la testa e incrociando zampe anteriori come per compiere una sorta di piccolo inchino.
    “E comunque sono del tutto d’accordo con te, Siris.” disse poi guardando il drago verde dritto negli occhi, con un sorriso d’intesa che, questa volta, suonava più da amico che da mercante. “Questo posto è… hehe” si trattenne a fatica dal ricominciare a ridere come prima. “Beh si, è decisamente sorprendente”.

    Edited by -Aleph- - 3/11/2017, 18:47
     
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    Ho salvato il tuo post, se vuoi entrare ed Aleph è d'accordo puoi farlo dopo il prossimo post mio, così almeno abbiamo già messo le basi


    Percepiva la distanza che la divideva dal drago, che non era abbastanza da potersi considerare distanza di sicurezza...
    per lui.
    Mosse piano le zampe, nel sentirsi terribilmente osservata, nell'avvertire il respiro della creatura puntato verso di lei, assieme ai suoi occhi che la indicavano in maniera decisamente insistente.
    Avanzò di qualche passo mentre captava il movimento dei fili d'erba muoversi e ondeggiare attorno alle sue zampe, con le quali le sembrava di sprofondare nel morbido manto reso fresco dalla notte.
    Da quella posizione nel cielo il vento le pareva ancor più vivido, più prorompente, nonostante non la investisse direttamente. Sentiva la potenza dell'infinito cantare e suonare musica prorompente, piena e allo stesso tempo vigorosa.
    Il vigore, il desiderio di melodia le stava tornando più forte che mai.
    Ascoltò di fronte a sé, alle sue spalle e tutt'attorno, facendo oscillare piano la coda e aprendo le dita in cima ad essa molto tranquillamente come ad abbracciare l'aria, come ad impugnare la notte.
    Non capì bene cosa fece il drago appena giunto, ma sembrava starsi presentando con stra-efferata cordialità.
    Siris apprezzava i tipi cordiali, almeno lui si sarebbe trovato bene nell'approcciare un dialogo con quell'individuo.

    "Mi fa piacere non aver invaso il territorio di qualcuno, non sarebbe la prima volta dannazione" scherzò il drago, imitando il cordiale sorriso di Nivael. "In ogni caso..." aggiunse, avvicinandosi all'interlocutore fino a sfiorargli un orecchio con le labbra, "non guardare troppo Zhantyia... è decisamente permalosa e sa essere anche abbastanza spaventosa quando si irrita"
    Parlò a bassa voce, ma non abbastanza bassa per un Teramin. E lui stesso lo sapeva, infatti si voltò a fissarla sogghignando divertito.
    "Quelli della sua specie sono molto strani, ne ho conosciuti solo due di Teramin ma... lei è sicuramente la più strana di tutte" continuò, in tutta scioltezza e apparendo totalmente a suo agio nel dialogare con uno sconosciuto.
    "La cosa fastidiosa è che non puoi fare niente senza che lei lo sappia, l'unico modo... è fingere di non avere gli occhi. Come lei!"
    Indicandola con la coda, Siris si divertì a contraddire le proprie stesse parole. Sapeva che a lei in fondo non dava fastidio se lui giocava con il suo strano comportamento da Teramin, per quanto di solito evitasse di infastidirla su quel genere di argomenti.
    Sapeva anche che c'era solo un elemento di cui non avrebbe mai dovuto parlare in presenza d'altri, e si sarebbe visto bene dal tradire quella che ormai era diventata la sua migliore amica.
    "Adesso non credi di starti divertendo abbastanza nel prendermi in giro, Siris? gli rispose lei, abbozzando quello che doveva essere considerato un sorriso, ma che presentava sfaccettature degne di un soddisfacente ghigno malefico. "Ti ricordi l'ultima volta che è successo?"
    Siris sbuffò, nel mentre che ripiegava le ali e le schiacciava lungo il corpo. In effetti il suo sguardo per un attimo diede l'impressione di aver sul serio ricordato qualcosa di poco piacevole, ma la sua aria giocosa non lo lasciò trasparire.
    "Si, e non lo fare più, mi hai fatto morire di paura" disse lui, allontanandosi di un passo dal drago d'argento e scrutando il cielo per alcuni istanti, dove la luna emanava bagliori candidi e quasi palpabili su quel globo di terra sospeso a mezz'aria.
    "Io ti avevo detto di smetterla"
    Il tono di voce di Zhantyia era sempre lo stesso, perlomeno non sembrava variare molto insieme a ciò che aveva da dire o alle emozioni. Siris ci aveva fatto l'abitudine, non sapeva però se qualcun'altro facesse caso a quel suo atono modo di parlare, per certi versi un filo inquietante. In perfetto accoppiamento con il suo muso da brividi, che nella notte era reso ancor più lugubre.
    "E smettila dai... piuttosto, che ne dite di visitare un po' questo luogo? Forza che sono curioso! Secondo me non è soltanto alberi e colline, e poi guardate là che meraviglia!" continuò esaltato, scrutando nel buio dove si intravedevano i contorni della piccola montagna, il cui profilo sfumava nell'ombra più assoluta.
    Siris all'improvviso iniziò a risplendere di un'aura luminosa, sprigionando energia attorno a sé e rischiarando notevolmente ciò che stava loro attorno.
    "Andiamo... emh, come devo chiamarti?" fece con giovialità, fissando l'altro drago con anche evidente curiosità. Le sue squame verdastre ora apparivano di un color smeraldo quasi luccicante, riscaldato dal tocco della luce che emanavano.
     
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    Il piccolo drago verde, che si era presentato come Siris, e la creatura dalle zampe che somigliavano a spade, il cui nome era Zhantyia, avevano iniziato a battibeccare tra loro. Attaccando bottone con Nivael Siris ne aveva approfittato per punzecchiare con gusto la sua amica, rinfacciandole di avere un carattere decisamente permaloso.

    Nivael osservava la scena in silenzio, imperturbabile nella sua maschera cordiale e sorridente. Eppure, in quel momento, non si trovava per nulla a suo agio.
    Il piccolo drago verde si stava rivelando un gran chiacchierone ma, in fondo, quello non era un problema per lui. Le persone logorroiche hanno la tendenza a lasciarsi sfuggire molte informazioni preziose, e per questo aveva imparato a tollerarle. Per certi versi persino ad apprezzarle.
    Quello che veramente lo infastidiva del comportamento dell’interlocutore era il suo totale disprezzo per quelli che lui considerava i sacri e inviolabili spazi interpersonali: intorno a Nivael vi era infatti un confine invisibile del raggio di circa due metri che, se attraversato senza aver prima guadagnato la sua completa fiducia, si era immediatamente etichettati da lui come “Tipi Appiccicosi”. Il fatto che Nivael stesso violasse continuamente e senza ritegno gli spazi interpersonali altrui era per lui un dettaglio assolutamente irrilevante.

    Siris, ignaro delle eccentricità del drago argentato, si era avvicinato a lui senza troppe cerimonie, giungendo persino a sussurrargli in un orecchio quasi sfiorandolo con le labbra. Se fino ad allora Nivael aveva fatto buon viso a cattivo gioco, adesso la sua espressione cordiale mutò impercettibilmente, lasciando trapelare per un’istante una nota d’insofferenza.
    Nel tentativo di non far trasparire il suo disagio abbandonò la sua posizione seduta e si alzò sulle sue quattro zampe fingendo di volersele sgranchire, approfittandone per allontanare leggermente la sua testa dal muso di Siris senza dare dell’occhio.

    La situazione si fece ancora più pesante quando Zhantyia ribatté alle giocose provocazioni del draghetto verde. La sua voce, sorprendentemente gelida e monocorde, non aveva assolutamente nulla di ironico e di scherzoso.
    "Adesso non credi di starti divertendo abbastanza nel prendermi in giro, Siris?”, disse. Parlava con gran lentezza, scandendo con cura ogni singola parola. Il tono della sua voce, tanto piatto da suonare quasi meccanico, aveva nella sua atonia qualcosa di velatamente intimidatorio. Abbozzò un leggero sorriso che avrebbe dovuto in teoria essere amichevole, ma anch'esso aveva qualcosa di terribilmente fuori posto, di indistintamente sinistro.

    Non aveva detto nulla di apertamente minaccioso, eppure con quell’esigua manciata di parole Zhantyia era riuscita a far scendere una coltre di gelo su entrambi i suoi interlocutori. Fece una pausa di un paio di secondi, che nell’atmosfera di vaga tensione che si era formata sembrarono molti di più.
    La sagoma sinuosa e affilata della teramin si stagliava candida sul nero della notte, perfettamente immobile. Poteva sembrare una statua, se non fosse stato per il suo manto chiaro che, mosso appena dalla delicata brezza serale e illuminato dai raggi della luna, la avvolgeva danzando lentamente come una lingua di fuoco bianco. Il chiarore lunare riverberava scintillante sulla superficie levigata della maschera che celava il suo muso.
    "Ti ricordi l'ultima volta che è successo?" disse, poi, con la sua voce piatta e glaciale.

    "Si, e non lo fare più, mi hai fatto morire di paura" tagliò corto Siris con un tono stranamente serio e privo di ironia, allontanandosi di un passo dal drago d'argento. A Nivael sembrava di aver notato nel suo sguardo un fugace lampo di terrore, ma questo fu così rapido che egli non poté dirsi certo di averlo visto realmente.

    "Io ti avevo detto di smetterla" incalzò Zhantyia. Pronunciò questa frase con la sua consueta freddezza e apatia, ma questa volta scandì le sue parole con ancora maggiore lentezza ed enfasi. Il suo tono di voce non era esplicitamente ostile, ma il modo in cui aveva pronunciato quella frase la rese per qualche ragione tremendamente sinistra.
    “Uh… Questa qui non è una che sta allo scherzo eh”, pensò Nivael, un po’ perplesso e quasi allarmato a causa della reazione di Zhantyia.

    Se da una parte il breve ma vagamente angosciante battibecco tra i due lo aveva messo in un certo imbarazzo, facendogli prendere in seria considerazione l’idea di sfruttare il loro momento di distrazione per buttarsi dal ciglio dell’isola fluttuante e planare via, dall’altra grazie ad esso aveva raccolto non poche informazioni interessanti.
    Aveva scoperto che quella Zhantyia era una creatura chiamata Teramin, una specie endemica dell’isola. Questi Teramin, a giudicare dalle parole di Siris, avevano una caratteristica piuttosto singolare: a quanto pare non avevano gli occhi.
    “Quindi è una creatura completamente cieca dalla nascita. Questo significa che si orienta quasi certamente per mezzo dell’udito.” rifletté Nivael. “In effetti riusciva a sentire le parole di Siris nonostante stesse sussurrando. Beh, ecco perché la sua maschera non ha i buchi per gli occhi. Forse non è nemmeno una maschera… che sia il suo vero muso?”.
    Adesso aveva molte più informazioni rispetto a prima, eppure il quadro non gli era ancora del tutto chiaro.
    “Però non capisco… Perché le sue zampe sono fatte così? Ci dev’essere per forza una ragione…”.
    Nivael non riusciva a darsi pace. Più dati riusciva ad ottenere sulla Teramin e più quella creatura gli appariva incomprensibile e misteriosa. “Devo indagare più a fondo, ma questa Zhantyia è un tipo decisamente permaloso. Se solo avesse un carattere un tantino meno… terrificante, potrei tempestarla di domande e buonanotte.”, ragionava il giovane drago. “Beh, non mi resta che seguirli per un po’e farmi un’idea strada facendo. Quando avrò soddisfatto la mia curiosità li scaricherò con una scusa e il gioco è fatto”.

    Siris, forse nel tentativo di alleggerire l’atmosfera o forse semplicemente mosso dalla sua natura gioiosa e genuina, lasciò cadere la questione cambiando repentinamente argomento.
    "E smettila dai... piuttosto, che ne dite di visitare un po' questo luogo? Forza che sono curioso! Secondo me non è soltanto alberi e colline, e poi guardate là che meraviglia!" disse con voce allegra e con un largo sorriso raggiante stampato sul muso. Molleggiava leggermente sulle sue quattro zampe, quasi faticasse a contenere la sua eccitazione alla prospettiva di esplorare quella misteriosa isola ferma nel mezzo del cielo. Poi, all'improvviso, le sue squame smeraldine iniziarono a risplendere intensamente, inondando di un bagliore caldo tutto ciò che lo circondava nel un raggio di cinque o sei metri.
    "Andiamo... emh, come devo chiamarti?" fece con giovialità, fissando Nivael con occhi curiosi.

    Alle parole di Siris, la maschera affabile e sorridente di Nivael s’incrinò nuovamente, lasciando trasparire questa volta una sfumatura di imbarazzo.
    “Oh!”, si lasciò sfuggire. La sua involontaria espressione di sorpresa ricordava quella di una persona che, dopo essersi disperata per ore nel cercare ovunque i suoi occhiali, si accorge infine di averli sempre avuti inforcati sul naso.
    “Ehm… perdonatemi” disse con voce un po' imbarazzata, distogliendo per un attimo lo sguardo dal suo interlocutore. “A quanto pare ho dimenticato di presentarmi”.

    Ma il momento di incertezza del drago argentato durò appena un’istante. Si schiarì la voce e riacquisì subito il suo modo di parlare un po' impostato da attore, puntando i suoi occhi gialli dritti su quelli di Siris. “Ehm. Il mio nome è Nivael, e sono un viaggiatore." disse battendosi la zampa sinistra sul petto, come a voler giurare di aver detto la verità. "Praticamente giro il mondo perché non ho nulla di meglio da fare. Ho cominciato da poco eh, non fatemi domande strane per cortesia, haha!” proseguì con l’ironia un po' ammiccante e il sorriso sornione di chi nasconde più di un significato nelle proprie parole.
    “Beh, mi unisco volentieri a voi nell’esplorazione di queste isole così sorprendenti e affascinanti”, disse sorridendo allegro.

    “Ma prima” aggiunse, voltandosi verso la Teramin, “vorrei chiederti scusa per il mio comportamento scortese di prima, Zhantyia”, disse compiendo una sorta di piccolo inchino abbassando le zampe anteriori. Il suo tono di voce si era fatto improvvisamente molto rispettoso, al limite del reverenziale, seppure mantenesse sempre quella sfumatura di recitazione che rendeva assai difficile capire se stava facendo sul serio o se anche adesso stava scherzando.
    “Sai”, proseguì con voce calma e cortese, con la sua consueta espressione affabile dipinta sul muso “come ogni giramondo che si definisce tale, io sono fatalmente attratto da tutto ciò che per me è nuovo ed esotico. Non ho mai incontrato una creatura affascinante come un Teramin, e spero che potrai comprendermi e perdonarmi se mi sono lasciato trascinare dalla curiosità e per un momento ho accantonato le buone maniere”.

    Detto questo si allontanò di qualche passo da Zhantyia, che si trovava alla destra di Siris, piazzandosi sul lato opposto.

    “Bene, direi che è giunto il momento di avviarci. A te l’onore di farci strada, Siris. Sii la nostra stella polare in questa notte così nera!” disse poi con enfasi teatrale e un sorrisetto ironico stampato sul muso, dando una sonora pacca sulla spalla del drago verde. “Contiamo su di te.”, disse poi avvicinando il suo muso a quello di Siris giungendo quasi a sfiorargli un orecchio con le labbra, violando senza ritegno i suoi sacri spazi interpersonali.
    “Quindi non fare stupidaggini, mi raccomando, che qui al primo passo falso rischiamo di cascare di sotto. Nessuna pressione, eh!”, aggiunse, lanciandogli un occhiolino d’intesa per fargli capire che stava scherzando.

    Edited by -Aleph- - 16/11/2017, 14:03
     
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    "Ma sul serio?"
    Rispose Zhantyia, alle parole del drago, le quali suonavano fin troppo fastidiosamente altisonanti e dolciastre. Gli dedicò prima un'occhiatina indecifrabile, occhiatina ovviamente senza occhi, e poi si voltò per seguire Siris con una specie di sospiro indignato.

    Il cucciolo verde illuminava tutt'attorno con la propria luce, intensificatasi man mano che procedevano, fino a diventare quasi una sfera irradiata da tutto il suo corpo.
    "Allora andiamo, Nivael!" gridò il drago senza voltarsi.
    Inizialmente si limitò a camminare sul manto d'erba, costeggiando gli alberi, finché la strada non si fece un po' più ripida. E cosa si fa quando la salita si fa sempre piu ripida?
    Ma si comincia a correre, che altro se no.
    Siris partì in quarta senza alcun freno, sfogando il suo lato giocherellone in un mondo, per quanto in apparenza non dissimile da quello a cui era abituato, totalmente nuovo e ben più affascinante di ogni altra cosa potesse ricordare.
    Si trovavano a diversi metri da terra, per motivi che neanche loro stessi potevano spiegarsi. Balzando in aria si aggrappò ai rami di un albero, si lanciò verso un altro, un altro ancora e planò quasi senza sfruttare l'assetto di volo, limitandosi ad utilizzare le ali per planare da una chioma all'altra squarciando la notte e indicando la strada a Zhantyia e a Nivael.
    I teramin non erano proprio fatti per correre, scorrazzare e scorrerazzare, ma Zhantyia non badava troppo a quel lato di sé; piuttosto provò a seguire Siris come poteva, aumentando il passo e trotterellando sulle esili zampe senza mai distogliere l'attenzione dal nuovo arrivato. Si, senz'altro le era sembrato interessante, decisamente. Non credeva avrebbe trovato un altro come lui dopo così poco tempo, eppure eccolo lì: perfetto, giunto nel punto giusto (o giusto nel punto giunto) al momento giunsto.
    Preferiva per il momento non approfondire l'interazione con quella che poteva diventare una succosissima e ineguagliabile preda, perché in quel modo la stessa preda avrebbe avuto modo di conoscere lei.
    Oh, il dialogo non si rifiutava, ma preferiva non andare troppo oltre da subito... come si dice, un pezzo per volta.

    "Cosa state facendo?" esclamò Siris, volteggiando in aria e generando una fugace scia luminosa in cielo simile ad una corona, che al suo passaggio si effondeva tutt'attorno in filamenti di stelle e refoli abbaglianti.
    "Così non arriveremo mai!"
    Senza troppe remore si gettò su Zhantyia, la afferrò per i fianchi con gli artigli e la portò su, mentre lei semplicemente si accomodava fra le sue zampe anteriori.
    "Si lo so ora ti arrabbierai" anticipò lui, esibendo un piccolo e alquanto timoroso sorrisetto.
    "Mh... se proprio vuoi..."
    "Adesso no magari, quando torniamo a casa"
    "Quando torniamo a casa" ripeté lei, osservando il buio sotto di sé che si muoveva in maniera regolare e continua.
    Svolazzarono per un bel po', in qua e in là, cazzeggiando del più e del meno. Quello di cui però Siris si accorse lo lasciò terribilmente confuso.
    Avanzarono, sotto di sé svettarono collinette e montagnole, il suono dell'acqua corrente aveva preannunciato il passaggio sopra ad un fiume e oltrepassarono alberi su alberi, ma dopo diversi minuti Siris si ritrovò sospeso a mezz'aria a cercare di darsi una spiegazione a quello che stava accadendo.
    "Qui... qui ci siamo già stati o sbaglio?" disse, indicando lo spazio vuoto aperto in cui avevano incontrato Nivael e in prossimità del quale anche loro erano atterrati.
    Siris scese a terra, senza tuttavia spegnere l'aura luminosa che lo attorniava.
    "Cosa abbiamo sbagliato?" chiese più a se stesso che agli altri, mettendosi in posa pensante con tanto di artigli sotto al mento.
    Poggiando Zhantyia a terra, che semplicemente conficcò le zampe sul terreno e si grattò un fianco in totale e assoluta disinvoltura, si cominciò a guardare attorno con aria perplessa.
    "Nivael, cosa ne pensi?"

    Una strana ragazzina alata con ali dalle piume morbide volava a perdifiato, verso le isole fluttuanti.
    Era scappata dai laboratori, la sua casa, la sua prigione, e ora Loro la inseguivano.
    La ragazzina era molto pallida, i suoi occhi erano di un verde smeraldino e un corpo dall'aspetto gracile, ma i suoi capelli erano verdi come gli occhi e le ali, le qui piume ricordavano delle foglie, addosso indossava una specie di vestitino, sembrava molto giovane; doveva essere molto giovane, con un età compressiva tra i dodici e quattordici anni.
    Volava a perdifiato, i suoi inseguitori erano cinque: Un sai e un paio di replicati che volavano su due costrutti simili a dei grossi uccelli umanoidi meccanici.
    Tutti e cinque portavano strane maschere inquietanti, indossavano dei mantelli scuri e impermeabili con lo stemma di un corvo.
    "Scorn fermati! questo è l'ultimo avvertimento!"
    Fece il sai gridando mentalmente nella mente della ragazzina, che spinta dalla disperazione più totale non rallentò nemmeno di un battito d'ali.
    "bene allora, l'hai voluto tu."
    Fece il sai che poi inviò un semplice messaggio nella mente dei replicati: "bersaglio-risorsa: Scorn, protocollo non-letale, aprire il fuoco."
    Al che i replicat estrassero dai propri toraci degli archi e scoccarono frecce provando a colpire in punti non vitali la ragazzina alata, che urlando spaventata provò ad evitare le frecce mirate a bloccarne la mobilità perforandone le ali più che a ucciderla.
    Una delle frecce metalliche perforò una delle ali, provocandogli un secondo urlo, stavolta di dolore. La creaturina che fu costretta ad un atterraggio di fortuna su un isola fluttuante visto come era messa, ora era bloccata lì e loro arrivavano.
    La ragazzina estrasse la freccia con un gemito di pura sofferenza. Al sangue che la copriva era mista della linfa, ma presto la ferita si sarebbe richiusa da sola.
    La ragazzina quindi sentendo atterrare i cinque inseguitori si mise a correre piangendo per poi raggiugere quella che sembrava una radura della foresta.
    In quel luogo c'erano tre creature, due draghi, uno dei quali molto giovane e una teramin.
    La ragazzina corse a perdifiato dal gruppetto rivolgendosi proprio alla teramin, davanti a qui cadde in lacrime.
    "VI PREGO, AIUTO! NON LASCIATE CHE MI PORTINO VIA!
    Fece la ragazzina disperata abbracciando una delle zampe ossee della teramin.
    Intanto arrivarono nella pianura anche gli inseguitori.
    Il sai che nel gruppo era l'unico dotato di libero arbitrio capì che quei tre soggetti potevano essere... problematici da sconfiggere, quindi provò a usare la sua eloquenza per imporgli di non interferire.
    "Questo non vi riguarda, consegnateci la bimba o ci saranno risvolti drammatici per voi."
    Fece il sai con una gelida calma, sicuro che dopo tale minaccia avrebbero capito di non immischiarsi in ciò che non gli riguardava.

    Void ecco il tuo pezzo, un pelino riaggiustato e basta.
    Dopo di me quindi tocca di nuovo ad Aleph, dato che il post di Void è questo.
    Quindi d'ora in poi il giro zarà:
    Aleph,
    Aez
    e Voiddonezzz
     
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    ma ragazzi a che tocca ad Aleph visto che aes ha postato la mia risposta oltre la sua.
     
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    CITAZIONE (Master of Void @ 14/12/2017, 18:23) 
    ma ragazzi a che tocca ad Aleph visto che aes ha postato la mia risposta oltre la sua.

    Si, so che tocca a me, è che in questi giorni sono davvero incasinato. Non è solo una questione di mancanza tempo, ultimamente ho un sacco di problemi per la testa e proprio non riesco a concentrarmi per scrivere una risposta. Scusatemi tanto, mi dispiace per l'inconveniente.
     
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    nessun problema, era solo per una questione di correttezza.
    Non preoccuparti Ale, capisco perfettamente, ma spero che tornerai presto a ruolare con noi.
    Scrivi bene :3
     
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    Zhantyia squadrava Nivael in completo silenzio, senza muovere un muscolo. Bianco come la porcellana e del tutto privo di lineamenti, il suo volto non comunicava alcuna espressività. Nivael provava una strana sensazione di disagio. Su di lui non erano puntati occhi, eppure, in quel momento, si sentiva inspiegabilmente osservato dalle corna sino alla punta della coda.

    "Ma sul serio?", fu l’unica risposta di Zhantyia, che giunse dopo un’esigua ma tesa manciata di secondi. Dopodiché emise un sonoro sbuffo di indignazione, voltandosi di scatto in direzione di Siris.

    La reazione della Teramin lasciò Nivael alquanto perplesso. L’aveva fatta arrabbiare? E perché? Eppure non gli sembrava di essere stato scortese o strafottente.
    “Mah… Le mie scuse sono state completamente sincere e sentite, perché diamine mi ha risposto in quel modo?” pensava, innervosito.
    “Uh… ehm, no, forse in realtà un po' stavo recitando. Ma giusto un tantino…” dovette poi ammettere a se stesso. “…eppure se ne è accorta subito. Possibile che, così come io sto studiando lei, allo stesso tempo lei stia studiando me? D’ora in poi dovrò stare molto attento a quello che dico” rifletteva Nivael, continuando a fissare Zhantyia che si allontanava lentamente da lui.
    Nello sguardo del drago si poteva leggere una malcelata irritazione, ma egli riuscì ad arginare il proprio fastidio e a trattenersi dal rispondere a tono alla Teramin. Non poteva assolutamente permettersi di ingaggiare una discussione con lei, almeno non adesso. Le isole erano passate in secondo piano, perché ora il suo obbiettivo era Zhantyia: aveva intenzione di sapere tutto su di lei e sulla sua specie, ma per farlo doveva prendersi del tempo per studiarla nel modo più discreto possibile. Era anche disposto ad ingoiare qualche rospo pur di raggiungere il suo scopo, per cui decise di restare in silenzio facendo buon viso a cattivo gioco.
    Sfortunatamente riuscì ad attenersi alla propria decisione solo a metà, perché all’atto pratico Nivael non poté evitare di togliersi una piccola soddisfazione: “Tanto non mi vede, no?”, pensava ridendo sotto i baffi mentre mostrava la sua lingua biforcuta a Zhantyia in segno di scherno.

    Mentre Zhantyia e Nivael erano impegnati a studiarsi l’un l’altro, Siris si era librato in volo dirigendosi in una direzione apparentemente casuale.
    "Cosa state facendo?" gridò allegro ed entusiasta, disegnando nel nero profondo del cielo notturno una serie di ampi cerchi luminosi. Sembrava una cometa che, sottrattasi magicamente al giogo della gravità, festeggiava allegra la propria libertà.
    "Così non arriveremo mai!" esclamò.
    Poi, improvvisamente, si gettò in picchiata su Zhantyia e l’afferrò con i suoi artigli portandola in alto nel cielo, rendendola suo malgrado partecipe di quelle sfavillanti prodezze aeree.

    Nivael decise di non farsi coinvolgere nei loro giochi. In quel momento non si sentiva affatto in vena per quel genere di cose, aveva ben altro per la testa, per cui si limitò a seguire Siris mentre questo volteggiava gioiosamente nel buio della notte.
    “Sembra una gigantesca lucciola ubriaca” osservò distrattamente tra sé e sé.
    I tre volarono per alcuni minuti mantenendosi ad una quota piuttosto bassa. Si trovavano ad appena una decina di metri dal suolo dell’isola, eppure riuscivano appena ad intravederlo. Ad esclusione della luna, le squame iridescenti di Siris erano l’unica fonte di luce disponibile in quel mare di oscurità nel quale navigavano, dove il silenzio, appena turbato dal lieve rumore del vento che s’infrangeva sulle ali dei due draghi, regnava sovrano.

    “Ma… è una mia impressione, o questo non ha la minima idea di dove sta andando?” rifletteva nel frattempo Nivael, un po’ perplesso.
    Il suo sospetto ebbe prontamente conferma: "Qui... qui ci siamo già stati o sbaglio?" esclamò Siris, indicando una piccola radura la cui somiglianza con il punto dal quale erano partiti lasciava adito a ben pochi dubbi.
    “Ecco…” si lasciò sfuggire Nivael con un tono che tradiva una punta di rassegnazione. Seguì il piccolo drago verde che si stava accingendo ad atterrare ponendo molta attenzione a non travolgere Zhantyia nel processo.
    "Cosa abbiamo sbagliato?" disse quello, una volta a terra, con l’aria assorta di chi è intento a riflettere su qualcosa di misterioso. "Nivael, cosa ne pensi?".

    Improvvisamente, proprio in quell’istante, il silenzio cristallino di quella notte venne interrotto da un tonfo sordo, simile ad un sacco di patate che veniva gettato a terra, cui seguirono delle grida e dei gemiti di dolore smorzati dalla distanza. Alcuni istanti dopo si udì un altro tonfo, questo decisamente più netto.
    “È atterrato qualcuno” pensò Nivael mettendosi immediatamente sull’attenti, voltandosi di scatto in direzione del punto in cui quel suono si era originato.
    “A giudicare dal rumore leggero e dai gemiti, il primo è stato l’atterraggio di fortuna di una creatura di piccola taglia… il secondo invece è stato molto più forte. O ad essere atterrata è una creatura di grosse dimensioni, oppure ce ne sono varie più piccole”.
    Nivael alzò leggermente la zampa sinistra, in modo da far cenno agli altri di rimanere in silenzio. Rimase un paio di secondi fermo in quella posizione, immobile come una statua di cera.
    “È probabile che la creatura più piccola sia braccata dall’altra… o dalle altre” rifletteva nel frattempo il giovane drago.
    “Penso che non siamo soli” sussurrò, poi, puntando le sue iridi gialle su quelle di Siris.

    Nivael fece appena in tempo a pronunciare quella frase, che dall’oscurità emerse una piccola figura che correva a perdifiato in direzione del gruppo. Inizialmente, a causa della distanza e del buio, era impossibile distinguerne chiaramente i tratti, ma mano a mano che si avvicinava i suoi lineamenti divenivano sempre più leggibili.
    Era una ragazzina umana di piccola statura, probabilmente molto giovane. La sua pelle era straordinariamente chiara, tanto da farla rassomigliare ad una bambola di porcellana. Indossava un leggero vestitino di un grigio slavato, che a tratti andava a confondersi con il biancore altrettanto cereo della sua cute. Sul suo volto da bambina, bianco come la neve e incorniciato da una lunga chioma di capelli verdi come l’edera, si stagliavano due occhi smeraldini tanto chiari e intensi che parevano brillare di luce propria. Dalla schiena della ragazzina scaturivano due ampie ali da uccello, le cui piume, anch’esse di un verde intenso, ricordavano da vicino delle foglie dalla forma slanciata e appuntita.
    Il biancore della sua pelle che si poneva in netto contrasto con il buio profondo di quella notte; il verde tanto iridescente quanto innaturale dei suoi occhi; quelle ali piumate dall’aria angelica eppure al contempo curiosamente vegetale: tutto, in quella piccola umana, concorreva a darle un aspetto stranamente onirico, forse persino spettrale.

    La ragazzina correva a perdifiato in direzione del gruppo.
    "VI PREGO, AIUTO! NON LASCIATE CHE MI PORTINO VIA!” urlò con il poco fiato che gli restava nei polmoni, una volta giunta ai piedi di Zhantyia. Afferrò la Teramin per una delle sue zampe ossee piangendo in preda alla disperazione, in ginocchio di fronte a lei come al cospetto di una divinità alla quale, trovandosi sul ciglio del baratro, si appellava come ultima risorsa.
    Pochi istanti dopo comparvero dal buio altre sagome, decisamente più imponenti e minacciose rispetto a quella curiosa bambina alata. Camminavano con passo calmo e sicuro, senza fretta. Giunti ad una distanza di circa sette od otto metri dal gruppo, si fermarono.
    A quella distanza Nivael poteva distinguere piuttosto chiaramente cinque figure. Il primo ad emergere dall’oscurità fu una creatura umanoide alta un paio di metri, dal manto bianco e corto. Il suo muso, dalla forma allungata e adornato da una minacciosa fila di denti sottili ed affilati, appariva come una strana via di mezzo tra quello di un drago e quello di una capra.

    Dietro di lui, subito dopo, comparvero due grosse creature simili ad uccelli dalla fisionomia antropomorfa, interamente ricoperte da quella che sembrava una complessa armatura d’acciaio. I loro movimenti erano stranamente rigidi e meccanici, e ogni loro passo, che risuonava assai pesante nel silenzio di quella notte, era accompagnato da un clangore metallico. A cavallo delle creature vi erano due umani, anch’essi interamente coperti di metallo.
    Più Nivael li esaminava con lo sguardo, e più gli sembrava che vi fosse qualcosa di molto strano nell’aspetto di quelle creature corazzate e dei loro cavalieri. Gli era capitato infinite volte di incontrare esseri di ogni tipo indossare armature dall’aspetto esotico costruite su misura per loro, per cui quei due uccelli troppo cresciuti e quei due umani ricoperti di latta scintillante non avrebbero dovuto sorprenderlo affatto.
    Eppure Nivael non riusciva a togliersi di dosso la strana sensazione che in loro ci fosse qualcosa di tremendamente… sbagliato. Aveva l’impressione che quelle creature non stessero semplicemente indossando quell’armatura, ma piuttosto che essa fosse, in qualche modo, parte di loro.
    “Dovrò appuntarmi che le isole fluttuanti sono il posto più affollato di tutta Kengard” pensò, seccato, il giovane drago.


    Le cinque figure stavano immobili davanti a Nivael e gli altri in completo silenzio. La creatura dall’aspetto caprino, intenta a squadrare uno per uno i membri del gruppetto che gli si parava d’innanzi, stava in piedi con le braccia raccolte dietro la schiena. La sua postura era rigida e formale, quasi militaresca. Il suo sguardo, gelido e penetrante, dipingeva sul suo muso un’espressione di calma arrogante. Questo si posò dapprima Zhantyia e sulla ragazzina, poi su Siris e infine su Nivael. La calma ostentata con cui li esaminò nascondeva una punta di disprezzo, come se quei quattro non rappresentassero per lui la benché minima minaccia.
    Le creature corazzate e i loro cavalieri, invece, non mossero un muscolo: continuavano a guardare fisso davanti a loro come delle statue di pietra, apparentemente del tutto disinteressate all’ambiente circostante e alle persone che avevano davanti.

    "Questo non vi riguarda”, disse con tono asciutto la creatura dall’aspetto caprino, non appena ebbe finito di esaminare gli individui che aveva d’innanzi.
    “Consegnateci la bimba o ci saranno risvolti drammatici per voi." Pronunciò questa frase con gelida calma, scandendo con cura ogni singola parola. Nella voce aveva il tono sicuro e autoritario del generale che dispensa le sue direttive ai propri subordinati: la sua non era una semplice minaccia, ma un ordine.

    Nivael puntò i suoi occhi gialli dritti su quelli azzurri come il ghiaccio della creatura. Il suo muso era illuminato dal consueto sorriso cordiale e amichevole, ma dai suoi occhi, in quel momento sottili come fessure, non traspariva la minima emozione.
    “Beh, questi qui non sembrano per niente tipi tranquilli. L’unico a non essere corazzato è il tizio che ha appena parlato, che è sicuramente il capo.”, rifletteva nel frattempo.
    “Se non consegniamo loro la piccola umana ci attaccheranno di certo. E siccome non credo proprio che lo faremo, immagino che lo scontro sia praticamente inevitabile a questo punto…” pensava tamburellando nervosamente gli artigli della zampa destra sul terreno.
    “Dannazione… I due uccelli corazzati sono sicuramente in grado di volare, ma immagino che l’armatura che indossano limiti di molto la loro agilità. Se li inducessi a seguirmi in volo, forse potrei tenerli occupati mentre Siris e Zhantyia mettono fuori gioco il loro capo? Suppongo che il buio non sia un problema né per lei e né tantomeno per Siris.”
    Mentre fissava la creatura caprina, Nivael continuava a riflettere nel tentativo di improvvisare sul momento un piano d’azione. L’espressione del suo muso manteneva la sua cordiale eppure fredda impassibilità, ma l’agitazione del giovane drago era tradita dalla velocità sempre maggiore con cui i suoi artigli tamburellavano sul terreno.
    “Altrimenti potrei librarmi in volo sin da subito e sfruttare l’oscurità per scomparire dalla vista dei nemici. Loro non potrebbero individuarmi, mentre la luce emessa da Siris fungerebbe da guida per i miei attacchi permettendomi di bersagliarli dall’alto. Se gli uccelli corazzati tentassero di seguirmi tanto meglio… non mi prenderebbero mai.”

    Erano passati due o tre secondi da quando l’essere dal manto bianco aveva parlato.
    “Oppure io e Siris potremmo semplicemente scappare caricandoci in groppa Zhantyia e l’umana? Mmh... Beh, tentare prima un approccio diplomatico non costa nulla, no?”, pensò infine Nivael.

    Sfoggiò un ampio sorriso cordiale al suo interlocutore, ma il suo sguardo freddo e sottile tradiva la falsità di quel suo atteggiamento così accomodante. Il risultato, però, era interamente voluto: Nivael non aveva la minima intenzione di apparire amichevole.
    “Risvolti drammatici? Oh cielo, è un’espressione un po’ forte!” disse il giovane drago con un tono un po’ mellifluo. Raccolse un ciottolo da terra, iniziando a giocherellarci con aria indifferente facendoselo rotolare sul palmo degli artigli.
    “Ma certo che vi consegneremo la ragazzina… ammesso che lei sia d’accordo a seguirvi, è chiaro.” proseguì, divertendosi a lanciare ripetutamente il sassolino verso l’alto per poi riprendendolo al volo con la zampa. Nel farlo, tuttavia, non staccò neanche per un secondo lo sguardo dal suo interlocutore.
    “Purtroppo però, se non ci dite immediatamente chi siete e cosa volete da lei...” Smise di trastullarsi con il ciottolo, afferrandolo strettamente nella sua zampa sinistra.
    "Temo che i risvolti drammatici… ehm, come dire…”. Il sorriso cortese che illuminava il suo muso scomparve improvvisamente, lasciando il posto ad un’espressione di fredda ostilità.
    “…potrebbero esserci per voi.” disse, infine, con un tono calmo che suonò gelido ma al contempo intimidatorio, fissando intensamente negli occhi la creatura dal manto bianco.


    Scusate per l'immenso ritardo per il post, che tra l'altro mi è uscito abbastanza poco ispirato. In questo periodo ho un sacco di preoccupazioni per la testa, faccio parecchia fatica a concentrarmi per mettermi a scrivere cose più lunghe di 5 righe. -__-

    Void: aww grazie, mi fa piacere che ti piaccia il mio modo di scrivere! :Shiiii:


    Edited by -Aleph- - 18/12/2017, 23:27
     
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    no davvero Aleph, il tuo modo di scrivere me lo fa duro ma tanto per com'è be XD

    Il Sai non si scompose, anzi sembrava divertito dal coraggio del drago.
    Si lisciò il pelo e la morbida pelliccia del suo collo, i suoi servitori invece erano ancora immobili e fissavano l'obbiettivo della missione in attesa di ordini.
    Il sai scrutò quel drago con un lieve sorriso, forse sincero stavolta e senza aprir bocca rispose al drago.
    "hai belle pretese verso ciò che nemmeno comprendi, ma ammiro il tuo coraggio quindi ti concedo la benedizione della conoscenza: Non sarei io o la mia scorta a esser causa di risvolti drammatici nei vostri confronti, tranne il caso in qui vi vogliate mettere contro di noi.
    Il vero pericolo a qui accennavo è l'essere che vuoi proteggere."

    Spiegò la piccola bambina per poi abbassare il braccio e scoppiare a ridere.
    La risata di un sai è distorta, strana e disturbante, per chi la sente la prima volta si prova spesso un forte senso d'inquietudine.
    Il sai si mise la zampa sulla fronte e continuo il discorso.
    "Ma dove ho messo le mie buone maniere?! Io sono Spavento, un sai esecutore della organizzare del corvo, e quel essere è un mutante che deve essere riportato indietro, nel laboratorio da qui è fuggita.
    Non vogliamo crearvi problemi, stiamo solo facendo il nostro lavoro."

    Fece il sai con tono più cordiale.
    "NO, NON CREDETEGLI! Per loro sono solo una cavia! mi hanno rapito dalla mia famiglia per farmi cose orribili!"
    Fece la bambina ai salvatori sforzandosi a sembrare più disperata e convincente possibile, ma il sai sapeva:
    "Scorn, chi dice bugie va al inferno. Sai ci vengo da lì, è molto peggiori quanto tu possa immaginare. Ora lascia la zampa di quella Teramin e vieni, che ci manca solo che stiamo qui a importunare dei civili."
    Fece il sai avvicinandosi di più, rimanendo però a distanza di sicurezza.
     
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    Zhantyia si interessò all'argomento espresso da Siris, probabilmente avevano davvero girato in tondo senza accorgersene. Il che era curioso, dato che non le era parso avessero mai indietreggiato.
    Iniziò a scandagliare l'ambiente circostante in totale disinvoltura, tastando con la coda il terreno e ascoltando con attenzione.
    "Confermo" disse, cercando di dare al proprio tono di voce una sfumatura meno atona e tristemente imbarazzante. "Ho già sentito quest'accozzaglia di suoni e..."
    Un tonfo. Dei movimenti, il sibilo di alcuni dardi e un battito d'ali, un fuggiasco e degli inseguitori.
    "E... questo non l'avevo sentito"
    Concluse la frase con un sorrisetto divertito, cosa stava mai succedendo? Era quasi sicura che avrebbe trovato silenzio e poche fonti di agitazione da quelle parti, e come se si sbagliava!
    Qualcosa li stava raggiungendo, qualcosa che non mi va di descrivere perché tanto c'è Aleph che come sempre lo fa al posto mio. Non per niente il mio turno si trova dopo il suo, dopo la prima role ho imparato (?).
    La ragazzina pianta, o quel che era, si scagliò subito ai suoi piedi in adorazione, mentre i tizi che la stavano inseguendo si palesarono a pochi metri di distanza. Analizzò con attenzione il rumore prodotto dal loro avanzare metallico, come se pesassero quintali e manifestassero tutta la loro minacciosità tramite la possanza del loro incedere.
    Non era minimamente impressionata da quelle che cercavano ad ogni modo di farsi passare come figure militaresche e ben addestrate, probabilmente le loro non erano nient'altro che armature con qualche falla o qualche piccolo buco in cui affondare il colpo letale. Tuttavia per il momento preferì concentrarsi sull'esserino ai suoi piedi, gracile quanto fastidioso.
    Siris era immobile, ancora illuminato dalla sua sfera di luce pulsante, e attraverso la sua aura splendente si poteva scorgere uno sguardo tanto perplesso quanto curioso.
    Nessuno dei presenti poteva immaginarlo, ma la sua perplessità era legata al comportamento di Zhantyia e a ciò che avrebbe potuto combinare di lì a poco.
    Non disse niente, non fece niente, aspettò che sia lei che gli altri se la vedessero da soli con le loro decisioni. Se potevano evitare di darsele era meglio, ma lui era e si sentiva troppo cucciolo per esporsi e prendersi la responsabilità di schierarsi dalla parte di uno o dell'altro pensiero. Senza dubbio era chiaro che avrebbe comunque protetto la sua amica, ad ogni costo. Anche da una sciocchezza che avrebbe potuto attuare, anche da se stessa se necessario.

    Zhantyia studiò con attenzione anche l'altro individuo, l'animaletto giunto con i tizi coperti dall'armatura: non riuscì a distinguerne esattamente la struttura fisica, né a capirne ottimalmente fisionomia e robustezza, ma il suo passo accostato al suo schema di movimento era piuttosto chiaro e lo associava chiaramente ad una bestiolina quadrupede, artigliata e piuttosto leggera.
    La teramin abbassò il muso, ritraendo la zampa dall'abbraccio nauseante della creaturina. Si concesse qualche secondo solo per ascoltare il dialogo tra il drago e il suo strano burbero interlocutore, chiedendosi perché il simpatico rettiluccio si facesse tutti quei problemi e volesse per forza invischiarsi in problemi altrui.
    Lei si sarebbe semplicemente comportata come il suo istinto le suggeriva, e proprio in quel momento l'istinto le stava ricordando che odiava gente supplichevole come quella; lasciò perdere le parole, con uno sbuffo seccato mosse una zampa anteriore rapidamente verso il corpo della ragazzina alata e cercò di conficcargliela su una spalla, per schiacciarla al suolo e trattenerla giù con il proprio peso. Allo stesso tempo avrebbe potuto in quel modo approfittarne per iniettare nelle sue membra una dose di veleno sufficente a stordirla per un bel po', giusto per punirla della sua impudenza. Non doveva permettersi la concessione di sfruttarla come appiglio a cui aggrapparsi per sopravvivere, aveva sbagliato decisamente bersaglio e soprattutto approccio con suddetta scelta.
    Una volta intorpidita a dovere ne avrebbero fatto quello che volevano, a lei poco importava; se sarebbe servito era anche disposta a farla fuori, ma le dispiaceva al momento cambiare obbiettivo così repentinamente da un drago ad un esserino di tale infima portata.
    Considerando poi l'entità del drago in questione era tutto fin troppo appetitoso per potersi distrarre in quel modo. Giovane, aperto... forse non aperto abbastanza, doveva provvedere lei ad allargare un po' il varco.
    Si ritrovò a sorridere dei pensieri che le balenavano in testa, quasi la eccitava ciò che la sua stessa mente stava partorendo.
    Siris, che temeva un simile risvolto, le si avvicinò di scatto. Nel farlo scintille di luce sprizzarono tutt'attorno, dissolvendosi nel buio puntinato di stelle a cui le facelle della sua aura si unirono ascendendo verso il cielo.
    "Ferma! Cosa fai"
    Zhantyia neanche si voltò a fissarlo, già sapeva si sarebbe comportato così. Non diede troppo peso né alle sue parole né tanto meno al suo tentativo di allontanarla, che il giovane drago
    verde non mise in atto direttamente ma che accennò protendendo una zampa verso di lei. "Lascia che se la sbrighino da soli"
    "Oh, infatti, nel momento in cui avranno deciso l'oggetto della contesa sarà pronto almeno. Se decidessero di portarla via e lei scappasse e questa fosse la cosa giusta?"
    Il discorso di Zhantyia non fu per niente chiaro a Siris, che però rimase abbastanza colpito dalla possibilità che quella potesse essere la cosa giusta per un motivo che lui ignorava.
    "Ma..."
    "Smettila Siris, non sto facendo niente di che. Voglio solo farla stare buona, non ti pare mi stia contenendo molto?" concluse lei, agitando la coda.
    Ok Void, se Zhantyia è riuscita a schiacciare la tipetta il discorso successivo lo fa ovviamente riferito al fatto che gli è praticamente sopra, in caso contrario ha semplicemente provato a colpirla e Siris è intervenuto per evitare che continuasse ad infierire. Giusto per non far fermare subito la role all'azione stessa
     
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    La creatura dal manto bianco si presentò come Spavento, un Sai esecutore dell’Organizzazione del Corvo. Affermò che il pericolo al quale si riferiva poco fa non era costituito da lui e dai suoi scagnozzi, ma bensì proprio dalla strana ragazzina alata che Nivael aveva intenzione di proteggere.
    La bambina, ovviamente, respinse immediatamente le accuse che Spavento gli aveva rivolto, gridando disperata che l’organizzazione di cui egli era parte aveva rapito lei e la sua famiglia per condurre su di loro esperimenti di indicibile crudeltà.

    Nivael posò il suo sguardo sulla ragazzina. Poi fissò per alcuni istanti la creatura dal manto bianco. Poi guardò di nuovo la ragazzina… e poi di nuovo la creatura dal manto bianco. Le labbra del drago si incresparono del loro consueto sorriso sibillino.

    “Sai, Spavento, vorrei davvero crederti.”, esordì Nivael con una pacatezza che suonava accomodante eppure, al contempo, pregna di malcelata ironia. Ma la calma con cui egli proferì quelle parole si scontrava con il linguaggio corporeo che le accompagnava: senza rendersene conto, il giovane drago agitava la punta della coda in modo ritmico e convulso.
    “Dico sul serio. Tuttavia, sfortunatamente si tratta della tua parola contro quella della piccola umana alata.”, proseguì, ricominciando a lanciare in aria ad intervalli regolari, per poi riafferrarlo al volo, il sassolino che teneva negli artigli della zampa sinistra.
    “La parola di una piccola, tenera bambina singhiozzante contro, beh… quella di un tizio che si chiama “Spavento” e che ha una risata che farebbe gelare il sangue all’uomo delle nevi.”, disse pronunciando con molta enfasi il nome del Sai, fissandolo con un’espressione di rimprovero un po’ caricaturale sul muso.
    “Comprenderai che crederti mi risulta giusto un tantino, uh... impegnativo.”, aggiunse con aria quasi indifferente, alzando leggermente entrambe le zampe anteriori come per fare spallucce.
    “Tuttavia ho intenzione di concederti il beneficio del dubbio, Spavento.” disse poi con maggiore serietà, puntando le sue iridi gialle, che alla luce della luna sembravano quasi dei rivetti di metallo incandescente, su quelle celesti come il ghiaccio del Sai. Smise di trastullarsi con il ciottolo, tenendolo stretto tra due dei quattro artigli neri e ricurvi della sua zampa sinistra.
    “Forniscici delle prove inconfutabili del fatto che non stai mentendo e che la bambina rappresenta realmente un pericolo. In caso contrario, comprenderai che il mio senso de-” Nivael ebbe un momento di esitazione. Distolse lo sguardo dal suo interlocutore.
    “… Ehm. Che il mio senso dell’onore non mi permetterebbe di lasciarti andare via con l’umana”. Nel terminare la frase ripristinò quasi immediatamente il contatto oculare con il Sai e, insieme ad esso, la sua solita espressione sorridente ma impenetrabile.

    “Perché diamine lo sto facendo?” pensava nel frattempo Nivael.
    Si sentiva decisamente a disagio: non riusciva a smettere di dimenare la punta della sua coda, e sentiva il cuore battergli in petto a ritmo accelerato. Eppure non poteva dirsi realmente impaurito. In quel momento, in effetti, non stava temendo per la propria vita. Si era trovato in situazioni ben più spinose in passato, e in tutti quei casi se l’era cavata grazie a quello che, senza dubbio, è sempre stato il suo talento più spiccato: darsela a gambe. Perché questa volta le cose sarebbero dovute andare diversamente?
    “Dovrei lasciar perdere questo branco di pazzoidi e volare via in questo preciso istante. Che caspita me ne frega di quella ragazzina?”
    Eppure, nonostante pensasse in tal modo, nonostante sapesse perfettamente che qualora avesse deciso di scappare nessuno, con ogni probabilità, sarebbe mai riuscito a raggiungerlo, qualcosa in quel momento lo riempiva d’inquietudine. Davvero aveva a cuore la sorte di un umana che aveva visto per la prima volta in vita sua 30 o al massimo 40 secondi fa? No, c’era dell’altro. Quella sensazione che stava provando, in fondo, gli era tremendamente familiare.

    Mentre Nivael era perso nelle sue elucubrazioni morali, Zhantyia decise invece di passare ai fatti. Si svolse tutto in un’istante: con un movimento fulmineo, la Teramin alzò una delle sue zampe anteriori, sottili e affilate come degli stiletti, e la conficcò con tutta la sua forza nella spalla dell’umana. Questa non fece neppure in tempo ad emettere un gemito di dolore, e con un tonfo sordo si ritrovò improvvisamente inchiodata al suolo dalla lunga zampa ossea di Zhantyia. Un cospicuo fiotto di quello che presumibilmente era sangue scaturì con vigore dalla ferita, apparendo alla pallida luce lunare come uno zampillo di gocce di argento vivo. La zampa della Teramin, intrisa com’era del sangue della piccola umana, si era fatta lucida come la lama di un coltello.

    Nivael assistette alla scena con gli occhi sgranati per la sorpresa. Il tutto avvenne così rapidamente che non fece in tempo a dire o a fare nulla. Il sassolino che stringeva tra gli artigli cadde al suolo, e il silenzio che regnava in quegli istanti carichi di tensione era tale che tutti poterono udire il rumore che produsse entrando a contatto con il morbido suolo erboso.
    Senza muovere un muscolo, Nivael si limitò a fissare Zhantyia per alcuni istanti. Poi diresse lo sguardo su Spavento, curioso di cogliere la sua reazione a quanto era appena avvenuto.

    Siris, visibilmente allarmato dal comportamento della sua amica, le si avvicinò di scatto.
    "Ferma! Cosa fai" le gridò. "Lascia che se la sbrighino da soli".
    Zhantyia non si girò neppure a guardarlo, affermando che, in fondo, si stava solo limitando a tenerla buona. D’altronde, poteva anche darsi che Spavento e i suoi scagnozzi fossero nel giusto.
    Siris non seppe come replicare a tale argomento, limitandosi a guardare la sua amica in silenzio con aria titubante.

    Nivael, in verità, non aveva prestato particolare attenzione al breve scambio avvenuto tra Siris e Zhantyia. Aveva smesso di agitare nervosamente la coda, e l’espressione del suo muso si era fatta molto più cupa.
    Non che fosse eccezionalmente sorpreso o indignato per quello che la Teramin aveva fatto: la conosceva da poco più di un quarto d’ora, per cui constatare che era effettivamente una pazza psicopatica non lo aveva turbato in modo particolare. Insomma, capita. Il mondo è pieno di matti.
    Il vero motivo del suo turbamento era da ricercarsi nel fatto che Zhantyia, con il suo gesto plateale, aveva mandato in fumo il suo piano d’azione.

    La sua intenzione era quella di collaborare con lei per ingaggiare uno scontro con Spavento e i suoi taciturni scagnozzi, mentre Siris sarebbe fuggito via con l’umana. Se la Teramin avesse infatti acconsentito di decollare insieme a lui, i suoi sensi eccezionali avrebbero permesso al drago del vento rilevare gli avversari senza poter essere a suo volta individuato grazie alle tenebre, consentendogli di bombardarli liberamente con i suoi colpi esplosivi senza virtualmente correre grandi rischi. Nell’oscurità profonda di quella notte, ironicamente, quella creatura priva del dono della vista sarebbe stata i suoi occhi.
    La ragazzina si sarebbe salvata, lui e Zhantyia si sarebbero divertiti con una bella battaglia aerea e, cosa più importante, quella spiacevole sensazione di disagio che provava all’idea di darsela a gambe senza far nulla si sarebbe sciolta come neve al sole. Avrebbero vinto tutti. Tranne Spavento ei suoi amichetti metallici, ma non si può avere tutto dalla vita.

    Ma, adesso, si era fatto tutto più complicato. Nivael faceva tali ragionamenti rimanendo perfettamente impassibile, fissando Zhantyia con un’espressione indefinita sul muso. Il giovane drago si rendeva conto che quello non era il momento adatto lasciarsi andare ad una manifestazione plateale della propria rabbia, ma sentiva un bisogno imperativo di trovare uno sfogo per la frustrazione che lo stava rodendo. Ma per ora, tuttavia, non poteva fare altro che trattenersi.
    Si alzò sulle sue quattro zampe, e fece un singolo passo verso la Teramin.

    “Zhantyia. Lascia l’umana, per cortesia.” esordì Nivael rompendo quel silenzio carico d’attesa. Parlava con tale lentezza e con un tono tanto grave che le sue parole risuonavano po’ artefatte, come se non fossero farina del suo sacco. Sembrava quasi stesse leggendo ad alta voce un comunicato ufficiale di grande importanza. Lo sforzo che stava compiendo per dominarsi e per non lasciar trapelare la minima emozione emergeva in modo piuttosto evidente in quel suo comportamento stranamente calmo e controllato.
    “Nessuno qui vuole che la bambina si faccia male, dico bene?”. Nel dire ciò, si voltò verso Spavento. Poi lanciò una rapida occhiata a Siris. Infine, puntò di nuovo il suo sguardo su Zhantyia. Il fatto che quella creatura non avesse degli occhi da esplorare e sondare con i propri lo turbava un poco. Gli sembrava… inaccessibile. Aliena.
    “Le cose rischiano di finire molto male, questa notte.”

    Nello scrivere il post sono partito dal presupposto che Zhantyia abbia effettivamente trafitto la ragazzina. In caso contrario posso sempre correggere, ma l'esito del post non cambierebbe.
     
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    Spaventato sorrise di nuovo al drago, la ingenuità di quel drago era esilarante, ma c'era poco da ridere con Scorn.
    "veramente? Ci sei cascato drago! Quella non è un umana e non è nemmeno una bambina. È un ingannatrice e se non me la lasci ri-portare nel luogo a qui appartiene te ne pentirai! Quello è un progenie, un essere artificiale creato con l'alchimia! Appartiene alla seconda generazione quindi è molto potente quanto malvagio.
    Un essere sadico e macchiavelico che non sa provare altro che disprezzo per il suo prossimo per questo si chiama Scorn; disprezzo!"

    Fece il sai ormai stanco di ribatte e mettendo allo scoperto le carte.
    La piccola stava per ribattere, ma la Teramin la infilzò in una spalla per consegnarla.
    Tutto questo stava per fare scoppiare a ridere la Progenie, quel drago del vento morbosamente buono d'animo voleva proteggerla, ma quella Teramin... toccandola, sentendo la sua zampa appuntita nella sua spalla in preda a quel meraviglioso dolore e disinteresse, e forse anche disprezzo, nei suoi confronti la eccitavano riempiendola di gioia davanti un anima oscura quasi quanto la sua.
    Senza contare che la tareamin l'aveva avvelenata probabilmente, ma la progenie sapeva bloccare gli effetti del veleno, veleno e radittivo era infatti il doppio elemento della progenie. Le piante presenti nel suo genoma erano tasso nero che gli conferiva la facoltà di scongiurare la morte tornando bambina periodicamente come in questo caso oltre a rendere il suo corpo per intero estremamente tossico, poi vi era bella donna, acconito, Muffa delle formiche zombie modificato che gli cosentiva di prendere controllo mentale dei cadaveri, funghi radioattivi per non farsi mancare nulla e infine... la pianta principale che era la Genziana maggiore, il fiore velenoso che per definizione era nel linguaggio dei fiori un messaggio di disprezzo e dolore, il fiore stesso che rappresentava Scorn, la quale generava quei bellissimi fiori azzurri sul suo corpo. Le genziane meravigliose portavoce della sua crudeltà tra le piante e chi fosse tanto furbo da capire la vera natura di Scorn, un essere che viveva per provocare sofferenza al prossimo solo per divertimento portando via ogni cosa a chi la incontra per poi uccidere quella persona.
    Un essere che nasconde la sua vera natura con una maschera d'innocenza come qualsiasi vera yangire, come un lupo vestito da pecora, anzi d'agnello.
    Un essere che agendo nel ombra gode nel torturare le sue vittime eccitandosi come una vera bambina nel anputare un pezzo per volta il corpo delle sue vittime, cercando di tenerle in vita il più possibile per giocare con loro torturandoli fisicamente e psicologicamente.
    Un essere ambizioso quanto spietato che cospira ai danni di questo mondo cercando di portare più caos possibile in questa terra cercando di stravolgere l'ordine e il governo prendendo il posto di capi di stati come re per usare i loro volti per fare cio che più la aggrada.
    Lei che danzando folle e gioiosa davanti l'entropia e il degrado del cosmo dove solo il dolore e la follia, progetta piani macchiavelici per divertirsi a trasformare Kengard nel suo inferno provato.
    Ma mai nessuno lo scoprirà mai dietro quel dolce sorriso angelico quanto le sue parole siano cancerogene e tossiche, piene di quel veleno passivo aggressivo che corrompeva anche animi puri, che come un cancro da radiazioni consumava le carni poco per città crepando ogni cosa come uno specchio sul punto di rompersi.
    "Finalmente! Grazie signora Teramin, ci ha reso il lavoro più semplice."
    Fece il sai Spavento, per recuperare la ragazza, ma questa aveva un idea diversa.
    Dei fiori di genziana crebbero sul corpo di Scorn come a sottolineare il disprezzo che questa recava in se per l'universo, troppo buono, troppo ordinato, lei era lo schifo che cresceva nella melma tra gli insetti e i vermi, tra le radici e la muffa.
    Un orrore nato dal profondo, che sorgeva dalla fredda terra come un fiore da un cadavere putrefatto, scheletro del mondo che avrebbe voluto creare.
    Una muffa radiattiva che spargeva le sue spore tossiche e irradiate, che cresceva dalle ceneri del letale fallaut, come padre e dio solo, un sommo fungo atomico che si abbatteva sul mondo con la stessa furia che quella creatura portava in se, una furia in qui forse ora non sarebbe stata sola.
    "Tranquilla, ti sei comportata nello stesso modo in qui mi sarei comportata io, credo che diventeremo amiche. Ora ammira la mia arte."
    Disse scorn telepaticamente a Zantya visto che i progenie possono comunicare telepaticamente con chi ha un contatto fisico con loro, e visto che Zantya perforava a Scorn la spalla era molto diretto il contatto mentale.
    Il sai Spavento stava per recuperare la ragazzina, ma quest'ultima era pronta a usare la sua tattica crudele per entrare in quel gruppo e viaggiare con quella Teramin che tanto sentiva simile forse.
    Scorn generò dei tentacoli con una durissima spina ossea alla fine avvolse Spavento che gridò per la sorpresa spiacevole poi sembrò che gli tirasse un pugno liberandosi con la forza, destrezza e l'agilità tipica dei sai, ma probabilmente con quel buio solo la Teramin avrebbe capito ciò che è accaduto.
    Scorn aveva messo un tentacolo vicino al muso di spavento, poi immettè spore che finirono nel corpo del sai e crebbero fino al cervello di Spavento, per prendere il controllo della sua mente, rendendolo un suo schiavo per inviare il semplice messaggio telepatico attraverso, la mente ormai schiavizzata e parassitata, del povero Spavento che per i prossimi post non avrebbe avuto controllo di se per colpa della tecnica di scorno. Quindi i costrutti e i replicati, che riconoscendolo come un ordine di Spavento avrebbero obbedito ciecamente, e il messaggio fu il seguente:
    "protoccollo di terminazione: Per i due draghi, se fallite autodistruggetevi, ma lasciate perdere la Teramin, è mia.
    Fece Scorn attraverso Spavento.
    I costrutti e i replicati si lanciarono al attacco contro i due draghi sparando frecce e fiocine contro di loro. Scorn per smentire la sua colpevolezza nel caso i draghi sopravvivessero fece dire a Spavento queste parole per via telepatica ai draghi.
    "Sapete non tutto qeuel che ho detto era vero, ma sapete comunque troppo. MORITE!"
    Era una meraviglia di messinscena e solo Zantya era unica testimone di questo, poiché Scorn mostrò telepaticamente a lei tutto ciò che in quei pochi secondi aveva fatto sorridendogli folle e depravata con gli occhi che si facevano viola, ma tanto Zantya non avrebbe visto i suoi occhi brillare di quella luce depravata e folle a qui solo lei rivolgeva quello sguardo liberatorio mostrando la sua vera natura, e forse lei la Teramin che cercava l'armonia universale, canto di vuoto e oscurità nel gelo delle fauci del entropia avrebbe percepito in lei il canto della fine di ogni cosa, un armonia che accompagnava l'agonizzante urlo del cosmo che mentalmente ogni secondo moriva di più.
    "me la cavo bene vero?
    Beh, spero lo spettacolo ti diverta, se vuoi preservare i tuoi draghetti ordino ai miei robottini di perdere, per me è uguale. Ma credo che con te mi divertirò.
    Zantya, o meglio Cadavere nella lingua dei Teramin... Questo è il tuo nome vero? Il sai ha detto il mio nome, ma mi presento, mi chiamo Scorn e sono un progenie, ricodati il mio nome perché ti servirà se un giorno vorrai scrivere il mio epitaffio... Sempre se non sarò io a farlo, visto che un fiore velenoso come me cresce bene su un cadavere come te, ma ora puoi considerami la tua migliore amica e complice, finché morte ci separi.

    Fece scorn sempre telepaticamente per poi ridacchiare tanto debolmente che solo la stessa Teramin l'avrebbe sentita anche visto che ora i suoi amici draghi avevano di meglio a qui pensare.
    Scorn poi provò a pungere Zantya con un tentacolo per avvelenarla e paralizzarla in modo che non la uccidesse... Non che fosse così facile a dire il vero.
    Quel veleno era estremamente potente e complesso e difficilmente Zantya avrebbe annullato l'effetto in fretta.

    Edited by Master of Void - 21/1/2018, 23:58
     
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