Cibele, la Grande Madre

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    Splendore celeste

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    Con il patrocinio di "Aes - il secondo capitolo ha funzionato":

    CIBELE, dea della Natura

    [Fuente de Cibeles, Madrid, Spagna]
    Venerata come Magna Mater Deorum Idae (="Grande Madre degli Dei del monte Ida", un monte nei pressi di Troia), Cibele viene considerata la dea della Natura e della vita selvaggia, sia nella sua componente più distruttiva che come simbolo di forza creatrice. Seppur nata al di fuori dei confini della Grecia o della Repubblica Romana, questa dea ha avuto numerose influenze in entrambe le culture, diventando in alcuni casi addirittura un culto ufficiale e riconosciuto al pari del pantheon classico.
    Cibele viene rappresentata generalmente come una dea seduta su un trono o su un carro trainato da due leoni (o leopardi)^1 e la testa cinta di una corona turrita. Spesso è accompagnata da un giovinetto, il compagno Attis (a volte anche dai suoi sacerdoti).

    Il culto:
    Il suo culto ha origine in Anatolia (attuale Turchia) e si è diffusa in Grecia attraverso le colonie dell'Asia Minore. Il tempio principale era situato a Pessinunte, una cittadina costruita sulle rive del più lungo fiume che attraversava la Frigia, il Sangario (l'attuale Sakarya), dove - secondo il mito - hanno avuto luogo gli avvenimenti che coinvolgono Cibele e gli altri personaggi.
    Nell'Antica Grecia questa divinità venne accolta con pareri contrastanti: venne associata in parte con Gea/Gaia e in parte con Demetra e, a Creta, venne assimilata nella figura di Rea, la madre degli dei. Soprattutto nelle grandi città come Atene, non venne mai considerata più di una divinità di origini straniere. C'era comunque chi si definiva suo sacerdote, per lo più mendicanti eunuchi, che giustificavano questa loro caratteristica per lo sfortunato evento capitato ad uno dei protagonisti del mito, Attis, considerato in molte versioni del mito il compagno di Cibele.
    Nell'Antica Roma il suo culto si diffuse a partire dalla Seconda Guerra Punica: una serie di eventi piuttosto sfortunati (carestia, pioggia di meteoriti, etc.) indusse il Senato ad interpellare i Libri Sibillini per capire come vincere la guerra e salvarsi da tali segni divini. La risposta fu quella di portare a Roma l'Ago di Cibele, una pietra nera considerata il betilo della dea e custodito nel tempio di Pessinunte (quest'oggetto venne poi considerato uno dei sette pignora imperii^2). Dal momento in cui la pietra arrivò, il suo culto iniziò a prendere sempre più piede nella società romana, venendo considerato come una sorta di eredità troiana lasciata dal capostipite dei romani, Enea. Il culto di Cibele divenne via via più importante, fino ad essere ufficializzato sotto l'imperatore Claudio. I suoi sacerdoti erano conosciuti con il nome di "galli": erano una sorta di banda di scapestrati, auto-evirati con oggetti non particolarmente invitanti e vestiti da donna (con tanto di capelli lunghi, orecchini, trucco..). Sopravvivevano grazie alla generosità dei passanti o predicendo la sorte. Molto spesso i loro riti finivano nel sangue o in sozzerie varie.

    Il mito:
    Anche se i protagonisti della storia sono costanti, questo è un mito con numerosissime versioni, soprattutto nel finale (quasi ogni scrittore latino che si è messo a scrivere di mitologia, ne ha lasciato una variante differente). Qui di seguito scriverò quello che io conoscevo, integrandolo con le altre versioni tra parentesi o in fondo all'articolo.

    La leggenda comincia come metà di tutti i miti della tradizione greca: Zeus desiderava Cibele, quindi Zeus doveva avere Cibele. All'ennesimo rifiuto della dea, il dio tentò di prenderla mentre dormiva, ma fallì nuovamente: il suo seme cadde su una pietra, mancando l'obiettivo (una versione attesta che Zeus stesse in realtà dormendo e, sognando la dea, finì per... ottenere lo stesso risultato. Nelle versioni in cui Cibele = Gea, è lei a rimanere comunque incinta, essendo lei stessa la terra. In un'altra si dice che lei si trasformò in una roccia, Agdos).
    Dal terreno così fecondato, nacque un essere ermafrodito, metà uomo e metà donna, chiamato Agdistis. A causa della sua doppia natura, costui venne considerato una sorta di affronto verso gli dei, tant'è che decisero di sbarazzarsene (in altre versioni Agdistis è un essere spregevole che continuava a sfidare l'autorità divina). Dionisio, il dio del vino, si offrì volontario: avvelenò il pozzo dove era solito bere Agdistis e aspettò che si addormentasse. Quando quello si coricò contro il tronco di un mandorlo (o melagrano), gli legò con una corda il suo membro virile al piede. Dionisio diede quindi uno scossone all'albero e Agdistis si svegliò di soprassalto: si alzò in piedi senza accorgersi della corda e finì per strapparselo (in un'altra versione Dionisio lo fa addormentare su uno dei rami, legando il suo membro al ramo stesso).
    Il sangue che sgorgò dalla ferita, andò a bagnare l'albero e lo fertilizzò, facendo crescere dei frutti. Fu Nana, la giovane figlia della divinità fluviale Sangario, a cogliere uno di questi: a contatto con la pelle del suo grembo, la mandorla (o melagrana) scomparve e Nana scoprì di essere misteriosamente incinta (in altre versioni il frutto viene invece mangiato). Sangario, per nulla contento della gravidanza, rinchiuse la figlia per farla morire di fame. Ciò non avvenne perché venne nutrita segretamente da Cibele (questo passaggio non è sempre presente, di solito coincide con la versione in cui Cibele è la madre di Agdistis, quindi la nonna del futuro bambino).
    Il bambino nacque, ma Sangario ordinò che fosse abbandonato per liberarsi definitivamente della sua presenza. Ovviamente venne salvato e allattato da una caritatevole capra di passaggio e i due pastori che lo trovarono e lo adottarono, lo chiamarono Attis in onore della simpatica creatura (attagos in frigio sembra voler dire appunto "capra"). Il giovane si distinse fin da subito per la sua incredibile bellezza, tant'è che finì per attirare l'attenzione di Cibele, fanciulle locali e dello stesso padre Agdistis. Da qui in poi ogni versione del mito diverge paurosamente una dall'altra. Sono due le versioni principali, le altre divergono per dettagli più o meno importanti.
    Nel primo, Attis e Agdistis furono compagni di caccia e amanti fino a quando i due genitori adottivi lo costrinsero ad andare a Pessinunte, dove avrebbe dovuto sposare la figlia del re (in alcune versioni questo re è Re Mida). Agdistis si imbucò alle celebrazioni e, ingelosito, fece impazzire la sposa che si recise i seni. Attis, sconvolto un po' per il destino della futura moglie e un po' per la colpa di aver tradito il suo "compagno di caccia", si auto-evirò nei dintorni di un pino (considerato dai sacerdoti di Cibele l'albero consacrato a questo personaggio). Prima di morire, Attis regalò i suoi genitali ad Agdistis. Questi vennero poi recuperati da Cibele, che li piantò a terra (probabilmente per questo motivo, Attis viene considerato il dio della vegetazione). In una delle versioni del mito, Agdistis indusse la pazzia di tutti gli invitati al matrimonio, compreso Attis e re Mida, che diventò il primo dei coribanti (danzatori-sacerdoti della dea).
    La seconda versione vede Cibele come l'amante di Attis. Il giovane era però innamorato di Sangaride (ninfa legata al Fiume Sangario, alcune versioni la definiscono sua figlia) e non poteva ricambiare le attenzioni della dea. Quando Cibele si rese conto di cosa lo tratteneva, decise di uccidere la ninfa recidendo l'albero in cui dimorava: Attis, accecato dal dolore della perdita, si auto-evirò pur di non corrispondere all'amore della dea.

    NB. In alcuni siti, nella trama della prima versione finale aveva Cibele come protagonista, non Agdistis. In certe versioni del mito, inoltre, Cibele (o Agdistis) si pentono della loro gelosia e chiedono a Zeus & co. di salvare Attis dal suo destino: ci sono miti che terminano con la restituzione del membro mancante ed Attis diviene il cocchiere di Cibele; altri in cui il sangue sgorgato fa nascere fiori (viole) o alberi (pini); e altri ancora dove è lo stesso Attis a trasformarsi in un pino. In un'altra versione Cibele/Agdistis ottiene da Zeus che il corpo di Attis non imputridisse mai.


    Note:
    1) "Spesso Cibele è raffigurata su un carro trainato da due leoni"
    Secondo il mito, i due leoni sono Atalanta e Ippomene (chiamato anche Melanione) che, dopo essere stati scoperti a giacere insieme nel suo tempio, furono trasformati in due leoni (o leopardi) e condannati a trainare il suo carro.

    2) "L'Ago di Cibele, uno dei pignora imperii"
    I pignora imperii erano sette oggetti che, secondo le credenze popolari, garantivano il potere di Roma. Oltre all'Ago di Cibele: la Quadriga di Veio (opera in terracotta che ornava il tempio di Giove sul Campidoglio), le ceneri di Oreste (eroe greco figlio di Agamennone e Clitennestra), lo scettro di Priamo (mitico re troiano), il velo di Iliona (figlia di Ecuba e Priamo), il Palladio (effige di Atena salvata dalla caduta di Troia) e gli Ancilia (dodici scudi sacri).

    Fonti: wiki



    Edited by Tirannosaurorex - 29/10/2018, 16:40
     
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    Prossimo capitolo che si fa, Perseo o Luogo GdR nuovo? :sclero:

    Comunque figata Cibele, non credevo avesse tutto questo intortio di robe.
     
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    Prima di tutto devo rispondere alla Città Sotterranea o Frigg mi prende a tante mazzate, poi boh... mi se che improvviserò ^^"

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    Edited by Tirannosaurorex - 31/10/2018, 12:23
     
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    Francamente ero ironico, ma dovendo scegliere... beh potresti fare il mito degli estathe :yea:
     
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    Un classico, insomma XD
     
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