Zhin e Niulang: Vega e Altair

Leggenda cinese

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    Il Qixi Festival, altresì conosciuto come Double Seventh Festival, è un’antica ricorrenza cinese che si festeggia ogni anno, più precisamente, durante il settimo giorno del settimo mese del calendario, a partire dall’epoca in cui regnò la dinastia Han (226 a.c.-220 d.c.).
    Tale usanza prevede che le donne e le ragazze non ancora maritate effettuino rituali d’adorazione delle divinità celesti e si dedichino a lavori di cucito, alla cura della casa e del giardino, con la speranza che ciò sia di buon auspicio per u possibile incontro del destino.
    Le origini di questa celebrazione, che, ahimè, sta cadendo in disuso, sono da ricercare in un’illustre leggenda popolare cinese che vede come protagonisti Zhin, tessitrice talentosa, e Niulang, guardiano dei buoi celesti. I due s’innamorarono perdutamente l’uno dell’altra, dimenticandosi di assolvere i loro compiti consueti e per questo vennero puniti e condannati a ricongiungersi una, e una sola volta l’anno, appunto, il settimo giorno del settimo mese.
    Questa la vicenda in estrema sintesi, ma vediamo ora alcune delle tante versioni che sono state tramandate nel tempo.

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    La leggenda originale vuole che, Zhin, una dei figli dell’imperatore e della regina del cielo, era una bellissima fanciulla che aveva il dono di tessere arazzi stupendi. Li tesseva con i colori dell’alba e del tramonto e persino le nuvole, perennemente in corsa sospinte dal vento, si fermavano un’istante per ammirarli.
    Una sera, forse di luglio o di agosto, stanca per la fatica, la ragazza lasciò perdere il suo telaio e uscì a prendere una boccata d’aria fresca.
    Mentre si avvicinava a un fiume, udì una dolce melodia proveniente dall’altra sponda del corso. Apparteneva ad un flauto, suonato dalle labbra di un nobile guardiano di buoi di nome Niulang.
    Zhin gli si accostò e i due trascorsero una piacevole notte all’insegna della musica e del canto.
    Fu così per diverse volte, finché costui non le chiese la mano e lei accettò felice.
    Per il loro matrimonio, la tessitrice confezionò un meraviglioso abito impreziosito da gocce di rugiada e dalla luce delle stelle. Inoltre, la notte del grande evento, la sua stella (Vega) splendeva radiosa nel cielo ed ogni abitante della Terra che avesse rivolto il naso all’insu, se ne sarebbe accorto con stupore.
    Purtroppo però, la felicità svanì in fretta per gli sposi, poiché, completamente presi dal loro amore, si dimenticarono di ritornare alle rispettive mansioni e ciò causò ingenti danni all’ambiente: il cielo, infatti, si offuscò perché la fanciulla non aveva più tessuto albe e tramonti, di conseguenza, il suo telaio giaceva in un angolo ricoperto di ragnatele; allo stesso modo, i buoi a cui badava Niulang, in assenza del loro custode, girovagavano indisturbati, compiendo razzie nelle costellazioni vicine. Senza contare che un bue, tutto sporco e maleodorante, entrò nella camera da letto della regina del cielo e fece cadere a terra le sue spille d’argento per i capelli.
    La donna, adirata e spettinata, raccolse uno spillo e con esso tracciò un’evidentissima linea di demarcazione nel ruscello, in modo che si allargasse.
    Nacque così la Vialattea, ma ad un caro prezzo: di fatto, Zhin e Niulang dovettero dire addio al loro sogno di vita coniugale.
    La povera tessitrice ricominciò a lavorare al telaio, mentre il guardiano celeste, affranto più che mai, vagava con i suoi animali.
    Un giorno, il padre di Zhin fece quello che ogni papà farebbe quando vede la propria figliola profondamente sofferente, ossia trovare una soluzione ai suoi mali. (Capeau ;) ).
    L’imperatore e la regina del cielo stabilirono che la figlia potesse incontrare il genero solo la notte del settimo giorno del settimo mese dell’anno. E così avvenne.
    Zhin, aiutata da uno stormo di gazze, poté raggiungere Niulang nella sua stella (Altair) e trascorrere una notte insieme a lui come ai vecchi tempi.

    Secondo un’altra versione, Zhin, giovane tessitrice figlia di una dea, s’innamorò di un mortale che di professione non era altro che un umile bovaro.
    Non appena si conobbero, i due si amarono intensamente, si sposarono e diedero alla luce due figli. Agli dei però, la faccenda non piacque affatto, quindi decisero di riportare la ragazza fra di loro, separandola per sempre da suo marito e ponendo fra i due mondi (cielo e terra) un fiume d’argento.
    Tuttavia, una volta all’anno, durante la notte del settimo giorno del settimo mese, uno stormo di gazze si unisce per creare un ponte che permette ai due amanti di incontrarsi. Proprio in quel momento, nel cielo, Altair e Vega, perennemente divise dalla Vialattea, sono unite da una terza stella che funge da ponte simbolico.

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    Vi è, inoltre, una terza versione della leggenda, che si discosta abbastanza dalle precedenti.
    Qui, infatti, Zhin era la nipote dell’Imperatore Celeste che risedeva nel bordo orientale della Vialattea e trascorreva le sue giornate intrecciando fili sferici coloratissimi, che andavano poi a comporre le nuvole, le quali si presentavano vive e bianchissime nelle stagioni più rigogliose, cupe e ingrigite durante il resto dell’anno.
    Ciò che lei tesseva, diveniva il vestito del cielo, poiché tanta era la sua bravura in quest’arte. E nessuna delle sue sorelle era capace di eguagliarla.
    Sulla Terra, in un villaggio povero, viveva un giovane ragazzo di nome Niulang. I suoi genitori erano morti prematuramente e lui era rimasto solo con il fratello e la cognata, che però, non potevano dire di essere la sua famiglia, giacché lo maltrattavano e infine lo buttarono fuori di casa, spedendolo in un campo abbandonato.
    Nel giro di pochi giorni, il terreno fu rimEsso in attività ed egli cominciò anche a badare a un due.
    Tanti sforzi però, furono vani, dal momento che Niulang non riusciva a tirare avanti.
    Le cose iniziarono a prendere un’altra piega quando, del tutto inaspettatamente, il bue parlò al suo padrone, dicendogli: “Domani Zhin e le altre sei fate faranno un bagno nella Vialattea. Vedi di procurarti l’abito di questa fanciulla, così poi sarà la tua sposa e tutto cambierà intorno a te.”
    Il bue non si era sbagliato: il mattino seguente, infatti, la tessitrice e le sue compagne s’immersero nel fiume della Vialattea, facendo fiorire la natura circostante.
    Niulang, dal canto suo, era nascosto dietro un canneto e dovette darsi diversi pizzicotti nelle gambe per rimanere concentrato.
    Non appena ritenne che fosse il momento giusto, saltò fuori dal nascondiglio e fregò il vestito di seta che gli interessava, mentre le altre fate cominciarono ad urlare e rivestirsi frettolosamente fuggendo a gambe levate.
    Zhin e Niulang rimasero soli.
    “Ridammi subito il mio abito!” Lo esortò lei coprendosi come meglio poteva, cioè restando in acqua.
    “Solo se tu prometti di maritarti con me.” Replicò lui vagamente convinto di quel che diceva.
    “Va bene va bene, come vuoi.”
    La ragazza accettò per la vergogna di trovarsi in quella situazione decisamente imbarazzante.
    I due si sposarono e fecero figli, ma allo stesso tempo ripresero le proprie mansioni lavorative, che ora parevano più appaganti e produttive.
    Finalmente le cose procedevano per il verso giusto e la bella famigliola viveva felice in una graziosa casetta di campagna.
    Peccato che la fortuna sia una ruota che gira continuamente e che la felicità sia caduca.
    Accadde infatti che il padre e la nonna di Zhin, i quali sicuramente non avevano gradito il fatto di non essere stati invitati alle nozze, si arrabbiassero furiosamente con lei e senza se e senza ma la riportarono su in cielo. Fu proprio la nonna a fare ciò perché voleva essere certa che la nipote ritornasse al suo posto. In secondo luogo, la signora temeva che la nipote potesse convincere il padre che, ovviamente, avrebbe ceduto alla tentazione e non l’avrebbe riportata indietro.
    Infine, come ultimo gesto estremo, con una magia la donna rese inaccessibile il torrente, così che Niulang non potesse fare niente per raggiungere l’amata. Egli, dunque, fu costretto a ritornare a malincuore a casa con i figli ancora molto piccoli.
    Il bue parlò per una seconda volta.
    “Niulang, sto morendo.”
    “…”
    “Ascoltami! Quando sarò morto, scuoiami, così, vestito della mia pelle, potrai andare in paradiso da lei.”
    Detto ciò, la creatura crollò inerte a terra.
    Fra le lacrime, il bovaro eseguì gli ordini del defunto. Poi si caricò i bambini sulle spalle e corse spedito verso il cielo.
    Era giunto in prossimità della Vialattea, vedeva Zhin, i figli la chiamavano agitando le manine, ma, proprio in quell’istante, apparve la nonna materna che spazientita si strappò uno spillo d’oro dai capelli e tracciò una netta linea che dividesse i due amanti per sempre.
    Il corso d’acqua s’ingrossò e divenne impraticabile.
    “Papà papà, usiamo il mestolo che ci siamo portati dietro per svuotare l’acqua del fiume.” Propose ingenuamente la figlia e Niulang, stremato, psicologicamente provato, non seppe dirle che quella era un’idea sciocca.
    D’allora, l’uomo e i suoi bimbi conducono la loro vita cercando di svuotare l’acqua della Vialattea, mentre la madre osserva impotente la scena.
     
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