Dioniso, dio del vino e delle follie

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    Ah Dioniso, il famoso dio del vino e della follia, osannato da tutti per il magico succo della vite che spesso e volentieri accompagna le nostre serate. Ma sapete veramente quali sono le sue origini? Beh, leggete le righe sottostanti per scoprirlo.

    Ennesimo figlio di Zeus e della bellissima principessa Sémele, figlia del re di Tebe Cadmo, visto che era un dio molto chiassoso gli venne affibbiato il soprannome di bacco, che in greco vuol dire appunto clamore, da cui deriva la parola italiana baccano; nel Pantheon romano viene appunto chiamato con questo nome.
    Essendo Sélese l'ennesima ragazza ingravidata da Zeus, la dolcissima madre dell'Universo Era non la prese molto bene e per vendicarsi, si presentò alla ragazza sotto forma della sua nutrice e gli insinuò il dubbio che Zeus non l'amasse sul serio e di metterlo alla prova.
    La ragazza, a quel punto, chiese a Zeus di mostrarsi nella sua vera forma divina visto che fino a quel momento il padre dell'Universo si era sempre presentato con le sembianze di un mortale. Dopo la sua dimostrazione divina, la povera ragazza non potè resistere alla vampata di calore emanata dal dio e solo grazie all'intervento di Gea, che fece crescere dell'edera fresca, il bambino si salvò e lì a Zeus venne il colpo di genio: per salvare il feto, se lo fece cucire nella coscia.
    Compiuti i nove mesi, Zeus fece uscire il dio dalla coscia e lo affidò ad Hermes perché lo portasse dalle ninfe, affinché esse lo nutrissero e allevassero.
    Il luogo dove fu portato Dioniso si chiamava Nisa, nessuno sapeva dove si trovasse; era una montagna adatta per nascondere un bambino dallo sguardo minaccioso di Hera, solo Hermes sapeva dove fosse e quando col bambino in braccio entrò nella caverna delle ninfe questa si illuminò di una luce abbagliante.
    Le ninfe a cui Zeus affidò Dioniso erano sette e si chiamavano Iadi, pare fossero sorellastre delle Pleiadi; erano buone e di animo gentile e Zeus per ricompensarle le mutò in una nuova costellazione nel firmamento. Divenuto grande, l'educazione di Dioniso fu seguita, oltre che dalle ninfe, da Ino, sorella di sua madre Sèmele, e dal vecchio Sileno.
    Sileno era nato a Nisa ed era figlio di Hermes: era brutto e veniva raffigurato come un vecchio gioviale, ma con tutto il suo aspetto ridicolo era sapiente, pieno di buonsenso, bonario. Da maestro poi divenne grande amico di Dioniso e non lo lasciò più. Il dio si appassionò presto alla caccia e amava spesso andare in giro per i boschi e le campagne; un giorno fece la sua scoperta più sacra, la vite, o meglio un grappolo d'uva: lo prese, lo premette in una coppa d'oro e ne fece uscire un liquore color porpora; era nato il vino.
    Assaggiatolo, la prima impressione fu di un nuovo nettare che fa dimenticare la stanchezza e le pene, che dà un leggero senso di ebrezza e di euforia. Lo fece assaggiare a tutti, Sileno volle che lo bevessero i Satiri e gli Egipani, ne bevvero anche le Driadi e le Amadriadi e tutte le divinità del bosco.
    Da quel giorno presero vita numerose feste a base di vino dove si faceva baldoria, e il giovane Dioniso cominciò a dire cose che non avevano senso, insomma a delirare. Questo stato di ebrezza e delirio divenne regola e fu parte del culto di Dioniso. In onore di Dioniso si celebravano le solenni Feste Dionisiache due volte ogni anno: una volta in autunno, al tempo della vendemmia, la seconda volta in primavera. In queste feste, tra altri riti, si cantavano canzoni che raccontavano le gesta e le avventure del dio. Tali canzoni erano dette Ditirambi.
    I primi ditirambi erano rozzi e grossolani, poi vennero composti da veri poeti, con più senso artistico; dalla forma del ditirambo ebbe origine il dramma.

    Dioniso veniva raffigurato in due forme distinte: la più antica lo rappresentava in un aspetto maestoso e grave, con una lunga barba e con lunghi capelli, vestito con una tunica, sormontata da un mantello; la seconda forma invece, lo rappresentava in età giovane, con fattezze quasi femminili e con il volto pensoso, una corona di pampini e di edera circondava i suoi ricci capelli e con una pelle di pantera o di capriolo sui fianchi. Erano sacri a Dioniso tra i vegetali: la vite, l'edera e la quercia; tra gli animali: il toro, il caprone, la pantera, la tigre e la lince.
    Prima di divenire un dio a tutti gli effetti compì diverse imprese, come la lotta con i titani in Egitto, dove riconsegnò ad Amonne il suo scettro, in India, dove sconfisse il re indiano Deriade e con questo ottenne la sua immortalità, in Tracea, dove fece impazzire il re che uccise suo figlio con un ascia perché lo vedeva sotto forma di vite. In seguito Dioniso tolse il senno anche al fratellastro Licurgo, il pirata Bute, che aveva violentato una delle Menadi. Sottomessa la Tracia, passò in Beozia e poi alle isole dell'Egeo, dove noleggiò una nave da alcuni giovani marinai diretti a Nasso; questi si rivelarono poi essere pirati che intendevano vendere il dio come schiavo in Asia, ma Dioniso si salvò tramutando in vite l'albero maestro della nave e sé stesso in leone, popolando nel contempo la nave di fantasmi di animali feroci che si muovevano al suono di flauti.
    I marinai, sconvolti, si gettarono in mare ma il dio li salvò trasformandoli in delfini: pur consapevoli che non avrebbero più riacquistato la forma umana, i giovani compresero anche che il dio aveva voluto concedere loro la possibilità di riscattarsi, e così dedicarono il resto della loro vita a salvare i naufraghi. Per essersi dimostrato più buono degli altri pirati, Acete, il timoniere, non subì metamorfosi e divenne sacerdote del dio.
    Quando Dioniso giunse nella sua città natale, Tebe, il sovrano Penteo, suo cugino, si oppose ai nuovi riti introdotti dal dio, facendo arrestare Acete e alcune Menadi. La vendetta di Dioniso su Tebe e sulla sua famiglia è narrata da Euripide nella tragedia intitolata Le Baccanti, composta mentre si trovava alla corte del re Archelao di Macedonia.
    Nell'opera teatrale, in cui è argomentata la natura più terrificante e distruttiva del dio, Dioniso fa impazzire le donne della città, colpendo per prime le sue zie (Agave, Ino, Autonoe) le quali a loro tempo non avevano dato fiducia alle affermazioni di Semele che diceva d'esser stata messa incinta dal padre degli dèi.
    Dioniso vuole anche punire l'intera città che continua a negare la sua divinità e si rifiuta pertanto di adorarlo. Le cittadine tebane lasciano la città per andare nei boschi del monte Citerone a celebrare le orgie sacre a Dioniso.
    Infine il dio spinge lentamente alla pazzia anche re Penteo, convincendolo a travestirsi da donna per andare a spiare le menadi mentre celebrano nei tiasi i riti sacri al dio. Attirato sul monte Citerone, lo fa uccidere dalle donne tebane, che invasate dalla divinità, scambiano Penteo per un animale selvatico; il sovrano viene letteralmente fatto a pezzi.
    La prima ad avventarsi su di lui è proprio Agave, sua madre, posta a capo di un gruppo di baccanti. La donna torna a Tebe con la testa del figlio su una picca e non riconosce il proprio figlio se non quando oramai è troppo tardi e non può far altro che versare amarissime lacrime. Dioniso infine condanna all'esilio da Tebe i suoi parenti, garantendo così la sua totale vendetta.

    Anche Dioniso ebbe le sue scappatelle birichine, e il primo di questi fu Ampelo: l'adolescente con i piedi da capretto. Egli rimase ucciso cadendo dalla groppa di un toro, impazzito per essere stato punto da un tafano inviatogli da Ate, la dea della malizia. Le Moire a seguito della supplica inviata loro dallo stesso dio, che voleva intercedere a favore dell'amante, concessero ad Ampelo una seconda vita in forma di tralcio di vite.
    Un'altra simpatica scappatella fu quella del rapporto omosessuale avuto con il pastore Prosimno. Guidato dall'uomo lungo il viaggio che lo condusse fin alle porte di Ade, sulla costa dell'Argolide nei pressi di Lerna (e considerato da tutti un pozzo infinito senza possibilità alcuna d'uscita), gli venne chiesta come ricompensa di farsi amare come una donna: Dioniso accettò, gli chiese solo di aspettare che avesse portato in salvo Semele dalle grinfie della morte.
    Al suo ritorno dagli inferi però Dioniso scoprì che il pastore era morto prima ch'egli potesse onorare il suo impegno. Direttosi al tumulo che conteneva le spoglie mortali di Prosimno, Dioniso s'impegnò a soddisfarne almeno l'ombra: da un ramo di ulivo (o di fico) creò un Phallos di legno e vi si sedette sopra.
    Dopo di che approdò nell'isola di Cnasso, dove incontrò Arianna che era stata abbandonata da Teseo, e il dio se ne innamorò e la sposò. Insieme si spostarono ad Argo, dove liberò le donne impazzite del posto, dopo che Ulisse costruì un tempio in suo onore.dopo In seguito a questa vicenda, Dioniso salì sull'Olimpo per unirsi alle altre divinità.

    Fonti:
    Blogspot.com
    Wikipedia

    Edited by Aesingr - 24/12/2018, 14:39
     
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