Sigfrido e l'anello maledetto

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    Il drago azzurro che puzza di pesce

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    Sigfrido, anche chiamato Sigurd, era il figlio postumo dell’eroe Sigmundr. Crebbe presso la corte del re danese Hjálprekr, padre di Álfr, secondo marito di sua madre Hjördís.
    Il fanciullo venne affidato alle cure del fabbro Reginn, che amava il ragazzo ma che, al contempo, sperava di sfruttarlo per riguadagnarsi il tesoro che gli era stato sottratto dal fratello Fáfnir. Mettendo in dubbio l'affetto di Hjálprekr e Álfr verso Sigfrido, Reginn spinse il figlioccio a chiedere in dono al re un cavallo. Hjálprekr si mostrò disposto ad esaudire il desiderio del nipote offrendogli la mandria intera e Sigfrido, consigliato da un vecchio uomo privo di un occhio che in realtà era Odino, scelse il cavallo Grani, discendente del cavallo a otto zampe Sleipnir.
    A quel punto, Reginn esortò il ragazzo a conquistarsi un tesoro uccidendo un drago. Incuriosito dalla proposta del suo mentore, Sigfrido chiese a Reginn il motivo della richiesta e Reginn raccontò di come suo fratello Fáfnir, dopo aver ucciso il padre Hreiðmarr, si era impossessato dell'oro maledetto che era stato offerto alla famiglia come riscatto per la morte del fratello Otr da parte del dio Loki. Fáfnir, a causa della maledizione, si era trasformato in un drago. Reginn voleva quindi vendicare il padre e si diceva disposto a cedere tutto l'oro a Sigfrido qualora lo avesse aiutato.
    Il guerriero promise dunque al fabbro di esaudire la richiesta, ma volle una spada degna dell'impresa: per due volte le spade forgiate da Reginn, testate da Sigfrido contro l'incudine, si spezzarono a causa della sua stessa enorme forza. Il giovane chiese dunque alla madre i frammenti di Gramr, la spada di Sigmundr che si era infranta, e li portò al fabbro per farne una nuova prodigiosa arma che avrebbe preso il nome dalla precedente; con un fendente della nuova spada, Sigfrido tagliò in due l’incudine.

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    Sigfrido e il fabbro partirono a cavallo verso Gnitaheiðr, il luogo dove il drago dimorava. Individuate le tracce che Fáfnir lasciava ogni giorno per recarsi a bere al fiume, Reginn disse al giovane di scavare una fossa e di nascondersi all'interno, per colpire il ventre del mostro quando vi fosse passato sopra. Ancora una volta però fu Odino a consigliare Sigfrido in forma di viandante; egli gli spiegò che avrebbe dovuto scavare più di una buca, per far scolare il sangue del drago, nel quale altrimenti sarebbe potuto annegare.
    Attesero alcune ore. Quando Fáfnir uscì dalla grotta per recarsi al fiume, Sicfrido lo centrò con un solo colpo della sua prodigiosa spada al cuore e lo uccise. Dalla ferita sgorgò un torrente di sangue, che ricoprendo il suo intero corpo lo rese invulnerabile dalla testa ai piedi. Soltanto la spalla sinistra non venne bagnata dal sangue del drago, poiché una foglia vi si posò scivolando da una chioma lì vicino mossa dal vento.
    Fafnir, prima di morire, suggerì al proprio assassino di non prendere il tesoro da lui custodito perché si trattava di un tesoro maledetto che molto probabilmente lo avrebbe condotto alla morte, ma il giovane non gli diede ascolto e si diresse nella grotta per recuperare l’oro.
    Reginn, che era rimasto nascosto fino ad allora, chiese al figlioccio un ultimo favore: cucinare per lui il cuore del fratello morto. Sigfrido acconsentì alla richiesta e, acceso un gran fuoco, arrostì il cuore del drago. Per constatare la cottura della carne, toccò il cuore con un dito e si scottò. Appena portò il dito alla bocca e il sangue ribollente del drago sfiorò la sua lingua, iniziò a comprendere il linguaggio degli uccelli che volavano nei dintorni.
    Furono proprio gli uccelli a metterlo in guardia sulle intenzioni di Reginn, che in realtà voleva farlo fuori e prendere per sé il tesoro. Probabilmente il fabbro sapeva anche che sarebbe potuto affogare nel sangue della creatura se non avesse scavato altre caverne, e questo lo mandò in bestia.
    Al che si voltò e fissò il suo mentore dritto negli occhi. Gli si avvicinò, e con il volto permeato dalla bontà di padre tutto Odino, incoronato da un caldo alone di benevolenza e misericordia, inondato di un caritatevole bagliore divino...
    Gliene diede tante! Ma tante! Ma tante di quelle mazzolate nei denti che Loki nel frattempo aveva fatto in tempo a fare un’altra ventina di figli!.
    Sigfrido recuperò così due casse d’oro dal tesoro, le caricò su Grani e si allontanò al galoppo. Portò via anche l'oggetto più prezioso del tesoro del drago, l'anello Andvaranautr, su cui gravava la maledizione del nano Andvari che viveva con le sembianze di un luccio in una cascata.

    Loki, per impossessarsi dell’anello, aveva catturato il pesce con la rete di Rán, la dea pescatrice che faceva affondare i naufraghi trascinandoli verso il fondo del mare, e lo aveva obbligato a consegnargli il magico anello in grado di moltiplicare l’oro.
    Il nano però quel giorno maledisse l’oggetto, che da quel momento in poi avrebbe portato morte e distruzione al suo possessore. Loki, ottenuto l’anello, lo donò subito a Hreiðmarr per risarcire all’uccisione di suo figlio Otr, e la spirale di morte ebbe inizio.

    Dopo aver recuperato l’anello, Sigfrido ripartì per il suo viaggio. Sentiva ancora la voce degli uccelli che gli parlavano. Gli svelarono che in Hindarfjöll dimorava la valchiria Brumilde(Brynhildr) ed in cerca di nuove avventurre, nuove conoscenze e tanta fi… :makon: cavalcò fino al luogo indicatogli dai volatili.
    Qui scorse, sulla vetta del monte, un bagliore di fuochi. Raggiunta la cima, scoprì una fortezza di scudi circondata da fiamme, che varcò senza alcuna remora in sella a Grani come fosse bere un bicchier d’acqua; o di fuoco, che dirsi voglia.
    Cammina cammina, l’eroe si trovò di fronte ad un guerriero dormiente in armatura. Ignorando qualsiasi senso del pudore gli si gettò sopra e gli sfilò l’elmo, rendendosi conto che non era altro che una meravigliosa fanciulla, alla quale ovviamente tolse anche l’aderente cotta di maglia squarciandola con un fendente di spada. Guarda caso, la guerriera si svegliò. E fortunatamente direi, prima che il caro Sig potesse dilettarsi in qualche giochino non del tutto legale.
    Si scoprì quindi il di lei nome, Brumilde, e il sonno a cui il padre tutto Odino l’aveva condannata a causa di una sua disobbedienza. In realtà al giovane sarebbe bastato vederla ignuda, e ben poco gli importava di Odino e di sonni eterni, ma visto che c’era si fece giurare i segreti delle rune in suo possesso e le confessò il proprio amore.
    E niente: si fecero le coccole, sfornarono la figlia Aslaug e il guerriero donò alla valchiria l’anello Andvaranautr in segno del suo amore. Ovviamente non era a conoscenza della maledizione che gravava sull’oggetto, e che avrebbe colpito chiunque l’avesse posseduto in un ciclo di morti senza fine.

    Ripartì quindi per i propri pellegrinaggi, giurando che mai avrebbe tradito la propria amata, e arrivò alla corte dei Gjúkungar, i Nibelunghi. Così su due piedi scambiò un paio di giuramenti di fratellanza con i due principi Gunnarr e Högni, si fece qualche bicchierozzo di vino e si dilettò in svariate battute di caccia a cui veniva costantemente invitato da Gunnarr.
    Quando i figli del nano Gandalf all’improvviso dichiararono guerra ai Niflúngar, Sigfrido offrì il proprio sostegno ai suoi ospiti e durante la battaglia affrontò il gigante Starkaðr, potente alleato dei figli di Gandalf. Questo, dopo una breve lotta, fuggì coperto di ferite per non essere ucciso e decretò la vittoria dei Nibelunghi per merito del giovane eroe.
    Crimilde(Grimhildr), madre dei due principi, ritenendo un vantaggio considerevole la possibilità di imparentarsi con Sigfrido preparò una pozione magica e la offrì al guerriero in un calice di vino: bevendola Sigfrido si dimenticò all'istante di Brumilde e si innamorò di Guðrún, sorella degli stessi Gunnarr e Högni.
    In seguito Crimilde consigliò a Gunnarr di sposare Brumilde, e il principe fu costretto a chiedere aiuto allo stesso Sigfrido, perché Brumilde aveva giurato di sposare solo chi avesse oltrepassato il cerchio di fiamme che avvolgeva il suo castello.
    Gunnarr spronò il suo cavallo Goti attraverso le fiamme, ma l’animale si tirò indietro. Purtroppo per lui non poteva montare Grani, l’unico cavallo che si sarebbe gettato oltre quel fuoco, ma che allo stesso tempo accettava di essere cavalcato solo da Sigfrido. L’animale infatti si rifiutò di farlo salire sul proprio dorso, e Crimilde creò una nuova pozione magica, questa volta in grado di far scambiare d’aspetto Sigfrido e Gunnarr per il tempo necessario a compiere l’impresa. Nonostante il suo cambio d’aspetto Grani riconobbe Sigfrido e si fece cavalcare proprio da lui, e quest’ultimo con l’aspetto di Gunnarr trascorse una notte di passione con la bella Brumilde.
    Pose tuttavia fra se e la valchiria una spada intrisa di veleno sul letto, affinché tra di loro non sarebbe potuto avvenire niente di sconcio fino all’alba. Le tolse anche l’anello che le aveva donato, scambiandolo con un altro non dotato di alcun potere ma ugualmente bello, per consegnarlo a Gunnarr che avendo saputo del potere di moltiplicare l’oro lo desiderava ardentemente.

    Un giorno Brumilde e Guðrún si incontrarono nel recarsi al fiume per fare il bagno, ma Brumilde si rifiutò di bagnarsi nell'acqua in cui si lavava la cognata. Ella infatti sosteneva di avere un marito ben più valoroso e dunque di essere a lei superiore di rango, insultando in questo modo Sigfrido che l’aveva tradita. Guðrún, indignata, accusò Brumilde di essere soltanto una concubina di Sigfrido e spiegò che quest'ultimo, non Gunnarr, aveva superato la fiamma del suo castello.
    le mostrò anche l'anello Andvaranautr come prova. In cuor suo ancora innamorata di Sigfrido, Brumilde si allontanò piangendo e si rinchiuse nelle proprie stanze, dove si rifiutò di mangiare e parlare per giorni.
    Sigfrido la raggiunse e provò a consolarla, rivelandole del filtro di Crimilde che gli aveva fatto dimenticare di lei fino al suo matrimonio, e le offrì come riscatto l'oro del drago e addirittura di lasciare Guðrún per tornare con lei. La valchiria, ancora sconvolta, gli confessò che c’era solo una cosa che ormai desiderava: la sua morte.

    Non passarono che alcuni giorni, che la vendetta di Brumilde prese forma: obbligò Gunnarr ad accettare di uccidere Sigfrido, affermando che se si fosse rifiutato lei lo avrebbe lasciato per sempre, e rivelandogli il punto debole del guerriero di cui era venuta a conoscenza quando ancora si amavano. Gunnarr, che preferiva perdere la vita piuttosto che la moglie, si consultò col fratello Högni che lo avvertì riguardo ai rischi della perdita di Sigfrido. Egli infatti era diventato un valente alleato per il loro regno, il più potente che potessero mai sperare di possedere, e le questioni di governo avrebbero risentito della sua morte.
    Gunnarr tuttavia era disposto a tutto pur di non perdere Brumilde. Siccome lui e il fratello avevano giurato un patto di fratellanza con Sigfrido, fu costretto a chiedere al fratellastro Guthormr di ucciderlo al suo posto.
    Gli fornì una pozione fatta con carne di serpe, di lupo e di corvo perché gli desse coraggio. Guthormr entrò nella camera di Sigfrido per tre volte: le prime due lo trovò sveglio e, intimorito dal suo sguardo, uscì di corsa; al terzo tentativo Sigfrido stava dormendo ed egli lo colpì mortalmente nel punto debole indicatogli da Gunnarr, la spalla sinistra.
    Prima di morire, Sigfrido si destò e con un ruggito scagliò la propria spada Gramr conto il suo assassino, tagliandolo a metà. Sua moglie Guðrún , che stava dormendo con lui, si destò in un letto intriso di sangue.

    In un altro racconto Guthormr uccise Sigfrido durante una battuta di caccia nella foresta, con una freccia, vicino al fiume Reno. Grani fece ritorno al palazzo senza l’eroe e Guðrún, vedendolo arrivare solo, chiese ai fratelli dove fosse finito il marito per scoprire che era morto nella foresta.
    Il ciclo di morte imposto dall’anello comunque non si fermò qui, molte altre furono le vittime della maledizione di Andvari.

    Extra:
    In un’altra versione del mito di Sigfrido, quella germanica, Crimilde stessa diviene sua sposa dopo avergli fatto bere il filtro magico. In questo caso non sarà il fratellastro di Gunnarr ad ucciderlo, bensì il vassallo Hagen, che messo a conoscenza del suo punto debole da Brumilde lo ucciderà colpendolo alle spalle durante la caccia. Egli infatti aveva chiesto a Brumilde se Sigfrido avesse un punto debole che avrebbe dovuto proteggere durante la prossima guerra, contro i Sassoni, ed ella le racconta del drago e della foglia, ignara che sia tutto un trucco per aggirare l'invulnerabilità del corpo del guerriero.
    Tempo dopo Crimilde diviene la sposa di Attila, re degli Unni. Avendo saputo che l’assassinio di Sigfrido è stato organizzato dai propri fratelli, invita tutti coloro che sapeva coinvolti nella vicenda ad un sontuoso banchetto. Il simpatico Attila, che non vedeva l’ora di far piazza pulita dei burgundi, incitato da Crimilde li sterminò uno ad uno senza alcuna pietà.

    Edited by Tirannosaurorex - 28/3/2021, 10:12
     
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