Kali, la più grezza delle Dee della grezzezza

Mitologia indiana

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    Kali non è una semplice dea, lei è la dea massima ed incarna la Grezzezza nella mitologia indiana.
    In pochi la venerano come divinità benevola, protettrice dell'amore, della fertilità e del parto; piuttosto è ben nota per il suo vero ruolo, quello di cinica guerriera distruttrice senza pietà, incarnazione della devastazione e del cambiamento.

    Il nome Kali deriva dal sanscrito, significa "lei che è nera" o "lei che è morte". Aveva molti altri nomi, tra cui Kaushika, Chaturbhuja Kali e Chinnamasta, ed era attraente sia per gli dei che per i mortali.
    Viene venerata ancora oggi soprattutto nell'India meridionale, nel Kashmir, nell'Assam e nel Bengala, ed è una delle poche divinità in nome della quale vengono ancora attuati sacrifici di sangue.
    Il suo sconfinato potere si palesa fin dalla sua nascita, di cui si hanno diverse versioni. Per spiegare quanto possa essere OP, basta accennare a colei che le diede vita.
    La dea Durga, guerriera dalle dieci braccia, combatté contro il demone Asura Mahishasure durante il violento conflitto fra Deva e demoni. Fu dotata delle armi dei principali Deva, quali il tridente del dio della distruzione Śhiva, il disco del sommo Vishnu, il fulmine del dio dei cieli Indra, la lancia del dio del fuoco Agni, il lazo del dio della legge celeste Varuna, i raggi di luce del dio del sole Sūrya e altre cose fiere tra cui, non per ultimo, un arco da cui scagliare gli astra della divinità guerriera della creazione Brama.
    Costoro si erano uniti con tutti gli altri dei per generare un'intensa energia, nella quale convogliarono i loro poteri. Così nacque Durga, per scacciare la minaccia dei demoni Asura, la quale in battaglia sarebbe stata accompagnata da un feroce leone.
    Lo scontro fu tremendo, Mahishasure e i suoi demoni non volevano arrendersi. Ogni volta che la dea stava per ucciderlo egli riusciva a cambiare forma: dapprima si trasformò in bufalo, allorché la dea cercò di catturarlo con il lazo; il demone assunse le sembianze di un leone per sfuggirle, quindi Durgā afferrò la spada; prima potesse piazzare un fendente mortale, Mahishasure divenne un umano e afferrò l'arma con le mani; la dea gli scagliò contro le sue frecce, ma lui divenne un elefante; Durga impugnò la mazza, ma prima che potesse colpire il demone tornò ad essere bufalo.
    Durante la battaglia, il suo compagno leone fu ferito. La furia di Durga crebbe, finché attraverso la sua rabbia venne generata Kali.
    Appena nata, con zanne vampiriche Kali sbranò immediatamente tutti i demoni che le si trovavano attorno. Mozzò le loro teste e le infilò in una catena che mise al collo, come segno di vittoria su quelle creature che neanche gli dei riuniti erano riusciti ad annientare. Le vennero destinate le armi che Durga aveva usato contro il demone senza successo, affinché le rendesse ancor più potenti.

    Una meno nota versione della sua nascita narra che Kali apparve quando Parvati, moglie di Shiva, perdette la sua nera pelle. Da questa si diceva derivasse il simbolo dell'oscurità che porta alla distruzione.
    Un'altra storia sulle origini di Kali racconta di quando un terribile demone, Raktabija, stava terrorizzando sia i mortali che gli dei. Cercarono di affrontarlo, ma ogni volta che una goccia del suo sangue toccava il terreno appariva un nuovo demone. Si stava moltiplicando a dismisura, sembrava che niente potesse fermarlo. Quindi si unirono, concentrando tutte le energie in un unico punto, e originarono Kali.
    Scansando tutti gli dei con una supponente gomitata, Kali asserì: "spostatevi, di grazia". Pochi minuti dopo si era divorata l'intero esercito di demoni, dopo aver tagliato la testa a Raktabija e aver bevuto tutto il suo sangue affinché nessuna goccia cadesse a terra.

    Quando Kali si incavolava, da qui il termine Incazzata Nera, bisognava starle decisamente alla larga.
    Un giorno nefasto, un gruppo di ladri ebbe la malsana idea di dedicarle un sacrificio umano, e poco saggiamente scelsero un monaco. Lo trascinarono nel tempio più vicino e tirarono fuori un pugnale, avvicinandosi alla statua della dea; questa, senza alcun preavviso, prese vita e afferrò i ladri come fossero grissini, cominciando a sbatterli in qua e in là finché le loro budella non volarono in ogni dove.
    Il monaco poté così fuggire, mentre Kali trascorse il resto della giornata a far oscillare teste sanguinanti.

    Una sera, l'onnipotente Shiva si sdraiò su un sentiero per riposare. Qualcuno gli si avvicinò, e non sembrava intenzionato a deviare il passo altrove. Shiva stava per alzarsi imbufalito, pronto ad inveire rabbiosamente contro chiunque stesse osando disturbarlo, contro chiunque si sarebbe permesso di scavalcare il suo corpo pur di procedere.
    Si calmò all'istante appena si rese conto che a trovarsi in piedi lì di fronte era Kali, e tornò a nanna.
    Kali rappresenta l'aspetto "dinamico" della diade della distruzione, mentre Shiva quello "silenzioso". Insieme compiono il "Supremo", bilanciandosi uno con l'altra.
    Si dice che guardandoli con occhi umani si vedranno due divinità diverse, ma cercando di osservarli con l'occhio della mente se ne scorgerà soltanto una.

    Nelle rappresentazioni artistiche, Kali è solitamente raffigurata con la pelle nera o blu scuro, spesso nuda, con una corona d'argilla in testa a gambe incrociate, talvolta con otto gambe e otto piedi.
    Il numero delle sue braccia è variabile, dalle più canoniche quattro fino a diciotto. Ogni mano impugna qualcosa: un pugnale, una tazza, un chakra, una frusta, una campana, una spada, un tridente, un tamburo, un bocciolo di loto e uno scudo.
    In alcune rappresentazioni viene mostrata mentre stermina i demoni. A volte se ne sta fiera con un piede su Shiva mentre tiene una testa mozzata fra le mani; in altre indossa una gonna di braccia umane recise, orecchie di bambini morti e una collana di teste decapitate. Queste sono le sue raffigurazioni più inquietanti, dove la sua lingua pende gocciolando sangue.

    Sono molti gli aspetti della vita associati a Kali, tra cui il cambiamento, la speranza, il coraggio, la rinascita, la gioia, il tempo, la distruzione, l'oscurità e la fine. I suoi simboli sono le spade, il miele, i fiori o la danza.
    Anche le sue mani sono simboliche. Quando viene riportata con quattro braccia, si dice indichi il cerchio completo della vita, la creazione e la distruzione.
    Le sue mani di destra rappresentano la creazione, mentre quelle di sinistra stringono una spada coperta di sangue e una testa mozzata e rappresentano la distruzione.
    La spada è la conoscenza; con essa Kali taglia via l'ignoranza e apre le porte della libertà.
    Possiede anche tre occhi, che si dice rappresentino il sole, la luna e il fuoco. Con questi tre elementi è in grado di osservare gli strati del tempo: passato, presente e futuro.

    Le rappresentazioni di Kali sono molteplici, ma quando nacque si dice tenesse in mano, oltre alla spada e ad un lazo, anche un khatvanga; si tratta di un bastone di teschi ed ossa intrecciate che un tempo veniva usato come arma, per poi divenire un simbolo rituale "vajra"(arma dura come il diamante e inarrestabile come il fulmine). Altrettanto note sono le immagini in cui impugna una coppa dove far gocciolare il sangue dell'onnipresente testa mozzata e un mazzo di fiori.

    Edited by Aesingr - 29/8/2019, 01:40
     
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