E mo soccazzi!

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    Il drago azzurro che puzza di pesce

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    Zakrina, Aesingr e Engifer arrivano da qui


    Zakrina soppesò bene ogni parola, le proprie e quelle di Engifer. Le aveva chiesto tutto insieme non tanto per l'incredulità, o per la difficoltà di riuscire ad accettare una verità simile, quanto perché l'odore di pericolo nell'aria la teneva in allerta più di quanto non fosse stata ultimamente. In realtà voleva solo tornare a casa, ma...
    Quando Eidous aveva citato Aesingr, quel giorno dai Corvi, allora non la stava prendendo in giro. Non era stato frutto di uno scherzetto legato a qualche bieca lettura del pensiero o a ricordi di un passato ormai spento, il barone aveva realmente visto Aesingr. Si sarebbe potuta rimproverare di non averlo lasciato spiegare, semplicemente perché in quel momento non voleva saperne nulla.
    Non si avvicinò al drago, in quel mondo non poteva esser sicura di niente: tra i Corvi aveva visto mutazioni, clonazioni genetiche, cambiamenti così radicali da parer quasi folli e, soprattutto, morti viventi. Ciò che li contraddistingueva variava di volta in volta, però era sicura dopo aver vissuto qualche tempo vicino a Eidous di saper riconoscere i tratti di un non morto. Avevano tutti un odore diverso, un respiro spesso assente, pelle chiara o logora ed era assolutamente raro, se non singolare, che un caduto riuscisse a tornare con l'aspetto che aveva in vita. Aveva compreso che tanto la magia quanto l'alchimia avevano delle leggi proprie, come lo ha l'abilità in combattimento: allenandosi si può migliorare, scoprire nuove tecniche e superare i propri limiti.
    L'occulto funzionava all'incirca allo stesso modo, perlomeno a Kengard, dove per la prima volta era potuta entrare a contatto con le stramberie magiche di Andorix. Era sempre rimasta legata al suo comune modo d'essere, vivi al naturale e lascia vivere al naturale, ma in qualche modo per restarne distante aveva dovuto carpire qualche segreto di quel mondo tanto estraneo.
    In tutto ciò, c'era qualcosa che decisamente non le scendeva; qualcosa che, in tutta quella situazione, la faceva incazzare più di quanto niente avesse fatto prima d'allora.
    Aesingr non la riconosceva.
    La creaturina squamata aveva confermato si trattasse proprio di lui, ma lui non l'aveva riconosciuta. Aveva capito che i non morti mantenessero solitamente la memoria o comunque, dopo averla perduta, trovassero il modo di ricordare in fretta in quanto -Non Morti-. Che non fosse stata abbastanza importante per lui? Si sentì sciocca solo a pensarlo.
    In quel momento qualunque istinto, dal più primordiale a quello più razionale, la spingeva a gettarsi addosso a Aesingr per strozzarlo di abbracci e chiedergli semplicemente tutto: perché, percome, perquando e perperché. Una voce collaterale però la spingeva a riflettere, come se la sua natura interiore trovasse per la prima volta un freno. Fosse per lo stupore o per la paura di ricevere una delusione, in entrambi i casi non riuscì a lasciarsi andare.
    I suoi occhi si tinsero di pagliuzze violacee. Strinse il pugno sinistro e si infilò le unghie nella pelle. Impiegò un bel po' a calmarsi, poi sorrise a Engifer.

    Non ci fu bisogno che le chiedesse di restare con loro, avvenne tutto senza alcuna spinta. Ormai erano nei pressi della città, tanto valeva entrare. Si erano immersi nella palude, non sott'acqua o si sarebbero smerdati parecchio, e avevano varcato il ponte che divideva l'arco d'ingresso dei Corvi dal confine esterno della palude. Quando arrivarono nessuno si mise sulla difensiva, sapeva che lì attorno si trovavano guardie invisibili pronte a ogni evenienza, ma la conoscevano tutti da quelle parti e sapevano che non ci sarebbe mai stato qualcuno in grado di imitarla.
    Quindi Zakrina entrò, insieme a Engifer e Aesingr, che dal canto suo aveva una strana espressione pensierosa. Non aveva parlato molto durante il viaggio, e la ragazza aveva interagito quasi solamente con la cobolda. Questo non pareva aver turbato minimamente il drago pesciolone, che sembrava assorto sulle sue già da prima che partissero.
    Nel frattempo Zakrina e Engifer avevano avuto modo di presentarsi e Zak poté constatare che, effettivamente, Engifer non era almeno per il momento intenzionata ad attaccare il drago. Non poteva sapere cosa le avrebbe riservato quell'incontro, ma per il momento era tutto a posto. Siccome a Kengard tutto a posto non dura mai per molto, tempo di mezzo post e succederà un casino.
    Aesingr teneva il muso chino. Zakrina gli dedicava occhiate rapide e non troppo insistenti mentre attraversavano le scure vie della città, immersa come al solito nel grigiore plumbeo di un cielo perennemente tetro. La giovialità degli abitanti contrastava nettamente con l'atmosfera lugubre di quel posto, in mezzo alle vie, tra fiaccole e luci artificiali alimentate magicamente o riempite con qualche strano intruglio luminescente, si respirava sempre atmosfera di festa. Soprattutto nelle ore serali, quando la notte cominciava ad incombere, le voci dei passanti che schiamazzavano tra i banchini del mercato nero (in tutti i sensi) pervadevano le strade di vivacità.
    "Non eri mai venuta da queste parti? Sono tutti fuori di testa e un po' perversi, ma in fondo sono gente simpatica" asserì, fermandosi ad un banco attorno a cui erano disposte armature decisamente vistose. Alcune parevano talmente splendenti da sembrare di platino; altre più che corazze davano l'impressione di esser costruite per adornare e non per essere indossate.
    Quando girava in città metteva via tutte quelle cianfrusaglie che Eidous le aveva fornito, e si divertiva a rivenderle anche solo per farlo imbestialire. Tirò fuori dal mantello nero il rampino, una pietra di corindone che aveva raccolto nell'Ossidiana e qualche altra cosa inutile che faceva parte dell'armamentario dei Corvi, avvicinandosi al bancone tutta sorridente. Tenne nascosta solo la maschera, se l'avesse venduta il Maestro del vuoto l'avrebbe sicuramente sgridata. Non che le importasse, ma la infastidiva senz'altro.
    "Cosa desiderate?" le disse cordialmente un coboldo dalle squame bianche. Non aveva indosso nessun indumento strano o tutina ambigua, il che era insolito considerando le usanze del posto.
    "Niente in realtà, volevo lasciarti questi"
    Gli poggiò davanti tutto quello che aveva. Odiava portarsi in giro roba inutile.
    "Oh, ehm... preferirei vendere che acquistare oggi, mi dispiace signorina" rispose quello afferrando il rampino e srotolandolo. Zakrina sapeva si sarebbe stupito. "Aspettate, questa è l'attrezzatura dei Cavalieri Neri? Che sta..."
    "Si lo so. Non so che farmene, Lord Eidous mi ha dato armi e archibugi brutti di cui non ho bisogno" disse lei indicando una delle boccette contenenti liquidi ignoti di cui voleva sbarazzarsi. Non gli aveva nemmeno chiesto a cosa servissero. "Mi accontento di una manciata di monete d'argento per cenare e offrire ai miei amici"
    Il coboldo rimase decisamente a bocca aperta. Le sue labbra squamose si muovevano in maniera disarticolata e silenziosa, come stesse cercando di spiegarsi l'ignoto della dimenticanza e dei wurstel.
    "Ma valgono diversi pezzi d'oro solo questi due"
    Indicò il rampino e una fiala piena di liquido trasparente con una piccola etichetta scritta in strane lettere tratteggiate.
    "Si? Fa nulla, mi basta la cena. Davvero non so che farmene. E non le ho rubate"
    "Lo credo bene, non sareste sopravvissuta a lungo signorina" replicò lui immediatamente.
    Di questo non ne era proprio sicura, ma abbozzò un sorriso e lo lasciò continuare. "D'accordo. Qui i prezzi si abbassano notevolmente, ma per questi pezzi unici non posso darle meno di così"
    Recuperò alcune monete d'oro e gliele porse in una scarsella di stoffa con un gesto piuttosto timido. Si guardò attorno un paio di volte prima di passargliela, a quanto pareva anche nel mercato nero di Andorix alcuni affari erano oltre il limite.
    "Ah, wow. Grazie!"
    Non immaginava avessero un simile valore. Eidous dava a una screanzata come lei oggetti del genere?
    I Cavalieri Neri dovevano essere una guardia veramente rinomata e efficente se il loro armamentario costava così tanto, ma Eidous doveva essere un coglione se quando lei gli aveva detto che non le servivano aveva insistito comunque.
    "Potreste solo... apporre una firma qui?" disse porgendogli un foglio con varie righe di testo che non aveva alcuna intenzione di leggere. "Non voglio finire nei guai"
    Lo prese e scrisse il suo nome dove gli aveva indicato, quando alzò la testa lo trovò abbastanza sorridente.
    "Ah, quindi voi siete Zakrina. Ora ho capito. Il barone mi aveva detto che la nuova recluta era piuttosto particolare"
    Lei sbuffò con un palese finto broncio e gli restituì il foglio, che il coboldo ripiegò e mise da una parte.
    "Io sarei quella particolare? Da queste parti non se ne trova uno normale nemmeno a pagarlo al Mercato Nero!"
    Ridacchiando, strinse la mano al venditore e si allontanò con Engifer e Aesingr al suo fianco.

    Edited by Aesingr - 7/1/2020, 11:17
     
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    Città dei Corvi.


    “Stanne lontana. Quel posto non fa per te.”
    “Sarà per la prossima volta, Ginger.”


    “Eppure eccomi qua, Maestro”, pensai. Mai mi era stato permesso di seguirlo nelle sue occasionali visite alla Città. Come sempre senza spiegazioni. Dovevo solo accettarlo e obbedire. Anche quello era stato parte del mio apprendistato…Tuttavia, dato che ora maestro Mòsel era scomparso, nulla poteva impedirmi di addentrarmi là dentro. Avrei potuto finalmente svelare i misteri che si celavano al suo interno, vedere il castello, visitare le Torri e soprattutto il Mercato Nero!

    Eravamo nei pressi delle mura quando mi ritrovai a tentennare, contrariamente alle aspettative. Forse per colpa dei vecchi ammonimenti e degli ultimi avvenimenti, o forse per la facilità con cui tutto ciò stava accadendo. Dove erano le guardie predisposte all’ingresso della città? Possibile che non ce ne fossero? Eppure ero certa che ci fosse qualcuno che ci teneva d’occhio, come a ricordarci che bastava un passo falso e non saremmo stati più i benvenuti.
    Nonostante la stanchezza che ormai sembrava essere diventata parte integrante di me, mi misi in allerta, pronta ad ogni evenienza. Proseguii assieme ai miei due “compagni”. Sospirai. Anche loro mi costringevano a stare sul chi vive. Non potevo fare a meno di tenerli d’occhio. Seppur avessi già reputato il drago innocuo, non potevo negare che qualcosa in lui sembrava non andare. Sembrava che qualcosa durante il combattimento lo avesse acceso per poi spezzarlo. Zakrina, invece, era più difficile da interpretare. Non sapevo cosa gli stesse passando per la testa. I suoi occhi azzurri ora tranquilli avevano mostrato momentaneamente una certa animosità, che era scomparsa come era arrivata. Improvviso come un temporale estivo. Imprevedibile, quindi pericoloso.
    Comunque, a parte il palesato interesse nei confronti di Aesingr, i due non avevano parlato tra loro e, anzi, avevo notato gli insistenti e fugaci sguardi di lei. Parte di me era curiosa di sapere cosa fosse successo, solo per il fatto che l’atmosfera non era delle migliori. Fatto sta che avevo fatto finta di niente. Dopotutto dovevo solo rimare buona al fianco del suo amichetto e avrei avuto la situazione sotto controllo.
    Io e Zakrina avevamo scambiato qualche parola durante il viaggio, ma niente di rilevante. Ci eravamo studiate, ne ero consapevole. Lei cercava di capire le mie intenzioni come io le sue. Potevo affermare che forse la fortuna era finalmente dalla mia parte (forse). Lei sapeva il fatto suo e ne ebbi conferma appena facemmo il nostro ingresso in città. La familiarità della ragazza con quei luoghi era quella di chi ci abitava e lavorava (?). Ci aggiravamo per il mercato senza incontrare nessun ostacolo. Avevo temuto, infatti, che la nostra combriccola potesse suscitare attenzioni non richieste, ma a quanto pareva non era il caso. Sembrava una cosa comune da queste parti…magari per gli altri, per quanto mi riguardava ero abituata a muovermi con molta discrezione anche quando non ero in missione. Cercai quindi di imitare l’atteggiamento di Zakrina, il suo incedere, e pian piano mi sentii rilassare. Iniziavo a godermi quel posto così diverso dalle altre città a cui ero familiare. Nonostante ci trovassimo sempre nei pressi della palude di Andorix, qui la gioia che gli abitanti mostravano era quasi fuori luogo. Forse sarebbe stato facile reperire qualche informazione sul maestro. Chissà che non fosse passato di qua?
    Guardavo affascinata le fiaccole che illuminavano le strade mentre luci artificiali risplendevano tra i banchi del mercato. Mi persi momentaneamente nel vociare della folla. << Non eri mai venuta da queste parti? Sono tutti fuori di testa e un po' perversi, ma in fondo sono gente simpatica >>, disse Zakrina, riscuotendomi. Non risposi se non con un grugnito. Non penso si aspettasse una risposta. La vidi fermarsi ad un bancone attorno a cui erano disposte armature vistose e di dubbio gusto. Roba che sicuramente non era realmente utile, solo pura vanità.
    Poi vidi chi era il proprietario della bancherella e mi congelai. Un coboldo dalle squame bianche. << Cosa desiderate?>>, disse con voce cordiale il venditore. Sembrava non avermi notata. Mi ritirai silenziosamente al fianco di Aesingr e mi tirai velocemente su il cappuccio, nascondendo i capelli e il viso. Non era decisamente un buon momento per incontrare uno di loro. Le ultime volte che mi ero trovata costretta ad interagire con uno di loro non era andata bene per nessuna delle due parti.
    Standomene nascosta osservai restia cosa stava succedendo. A quanto pareva Zakrina voleva vendere qualcosa e il venditore non sembrava molto intenzionato ad acquistare…Strinsi i pugni per mantenere a freno la tensione. Le trattative potevano andare per le lunghe e io, invece, volevo andarmene il prima possibile. Non stavo ascoltando le contrattazioni, quando ad un certo punto notai lo sguardo stupito del coboldo.
    << Mi accontento di una manciata di monete d'argento per cenare e offrire ai miei amici>>, diceva Zakrina. Le labbra squamose del coboldo si muovevano in maniera disarticolata e silenziosa, << Ma valgono diversi pezzi d'oro solo questi due>> Indicava il rampino e una fiala piena di liquido trasparente con una piccola etichetta scritta in strane lettere tratteggiate.
    << Si? Fa nulla, mi basta la cena. Davvero non so che farmene. E non le ho rubate>>
    << Lo credo bene, non sareste sopravvissuta a lungo signorina>> replicò lui immediatamente.
    << D'accordo. Qui i prezzi si abbassano notevolmente, ma per questi pezzi unici non posso darle meno di così>> Recuperò alcune monete d'oro e gliele porse in una scarsella di stoffa guardandosi attorno guardingo.
    Sgranai gli occhi alla vista del prezzo che era stato disposto a pagare. Che valore potevano avere quelle cianfrusaglie? Decisamente l’unica cosa degno di nota era la misteriosa boccetta, ma il resto mi pareva abbastanza…irrilevante? Mah! Magari qua funzionava così.
    Lo scambio si stava avviando finalmente alla conclusione. Zakrina firmò e a quel punto sul volto del coboldo apparve un’espressione di comprensione e sorrise. << Ah, quindi voi siete Zakrina. Ora ho capito. Il barone mi aveva detto che la nuova recluta era piuttosto particolare>> Barone? Di che parlavano? Ma a quanto pare non mi ero sbagliata. La mia compagna era un pezzo grosso. Lei sbuffò con un broncio, che la fece apparire molto più giovane, e gli restituì il foglio << Io sarei quella particolare? Da queste parti non se ne trova uno normale nemmeno a pagarlo al Mercato Nero!>>. Detto questo si strinsero le mani e ce ne andammo.

    Ero molto confusa. Mi pareva di aver perso più di un dettaglio importante. Chi era veramente Zakrina? Da dove veniva la sua forza? Che rapporti aveva con questo barone? Chi è poi questo tizio?

    Un' unica cosa era certa: ad ogni passo che mi allontanava dalla bancarella del coboldo, respirare diveniva più facile sotto il cappuccio.
     
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    Non diede peso ad eventuali sguardi indiscreti, tanto Andorix era tutta indiscreta. Da un lato le sarebbe piaciuto rimanere sola con Aes, capire come stessero le cose e prenderlo a ceffoni se fosse stato necessario, dall'altro voleva rimandare il più possibile quel momento in cui sarebbe venuta faccia a faccia con la realtà.
    Ringraziò mentalmente Engifer e si avviò verso la locanda più vicina. Quelle della Città dei corvi erano tutto fuorché locande, praticamente erano magazzini con tanto di sotterranei loschi in cui venivano allestiti esperimenti improponibili e dove l'illecito diventava la norma, ma a volte si riusciva anche a mangiare qualcosa di buono.
    Avrebbe anche avuto modo di capire più cose in tutta calma. Non aveva esposto ancora le domande più importanti, se l'era tenute per un momentino più intimo da cenetta a lume di fiaccola verde spettrale.
    -L'Aragosta nuda del Gerk- recitava l'insegna, in caratteri talmente poco vistosi da sembrar messi lì solo per far presenza e non per avvisare realmente i passanti. Aprì la porta che, ovviamente, con un cigolio testimoniò l'usura del legno in cui era costruita. Se una porta non cigolava non c'era più alcun gusto ad aprirla no?
    In ogni caso gli interni sembravano meno disadorni della facciata: forse per la forte illuminazione quasi tanto intensa da stordire lo sguardo, forse per la vivacità della gente seduta ai tavoli, l'atmosfera si tingeva di calde tonalità rilassanti e accoglienti una volta raggiunto l'androne principale.
    A primo impatto, lo strano tesseva la normalità; era tutto così tetro da apparire tranquillo nella sua spontaneità. Nessun bancone, nessun oste, semplicemente camerieri che entravano e uscivano dalla sala portando vassoi e boccali, scodelle e posate. Aesingr sporse il muso sopra Zakrina e guardò dentro, tirò su col naso e poi si ritrasse. Scosse il capo, strofinandosi le ali sui fianchi con fare pescioso.
    "Avranno le alghe?"
    Bene, ottimo. Quella era senza dubbio una richiesta da Aes. Zakrina cominciava a sentirsi più tranquilla. Si voltò verso Engifer come a fingere di chiederle spiegazioni, in realtà non aveva ancora capito quanto sapesse di Aesingr. Era l'occasione perfetta per constatarlo.
    "Hanno di tutto qua dentro"
    Entrarono e Zakrina si chiuse la porta alle spalle. La differenza di temperatura era notevole, il tepore del fuoco riempiva tutto nei dintorni e dava al luogo un'aria ancor più pacifica. Senza che qualcuno li invitasse ad accomodarsi Zakrina fece tutto da sé; si diresse all'angolo opposto della stanza, spingendo il drago in un pertugio abbastanza grande da farlo stare comodo e da non ostruire il passaggio degli altri. Aes non replicò. Si distese per metà con le ali raccolte e un fianco contro la parete, appiattendosi come faceva a Kerus quando entrava in luoghi troppo stretti per la sua stazza. Fortunatamente come drago era piccolo, scostando qualche tavolino e un paio di panche di solito riusciva a rannicchiarsi senza dar fastidio a nessuno. Furono pochi i volti che si interessarono al loro ingresso, la presenza di una creatura come lui non era troppo insolita da quelle parti. Non che ce ne fossero altri pucci come Aes, sia chiaro! :sclero:
    Nella stanza si trovavano per gran parte orchi e umani, tra di loro vi erano anche alcuni coboldi. Altrettanto coboldo era il cameriere, di statura simile a quella di Engifer e vestito in maniera succinta come volesse mettere in mostra le forme che non aveva. Le sue squame color del bosco si intonavano perfettamente con alcune luci provenienti dai lampadari, da cui sprizzavano in alternanza bagliori arancioni e verdastri.
    "Gradireste?"
    "Stufato, di qualsiasi cosa. Un barile di alghe di palude con un po' d'acqua e un boccale di birra per noi" rispose, riferendosi a Aesingr e a se stessa. Parlare di noi le metteva una certa ansia in effetti.
    Lasciò che Engifer ordinasse da sola, non le era mai piaciuto invadere la cena altrui come non voleva che gli altri invadessero la sua. Quando anche lei ebbe fatto, si poggiò alla parete di legno retrostante e fissò per qualche secondo Aesingr, che teneva il muso parzialmente fuori dalla finestra e fissava il Castello in lontananza al centro della città.
    "Sei a disagio?" chiese a Engifer, avendo da prima notato qualche cipiglio di furtività nei suoi gesti. Indicò verso destra dove alcuni orchi confabulavano apertamente di droghe poco legali e di merci non sempre prive di vita, abbassando il braccio solo dopo che l'ebbero vista. Quelli ricambiarono per un momento al suo sguardo, poi tornarono a concentrarsi sulle loro conversazioni. "Qui è più semplice finire nei guai cercando di nascondersi, non vale la pena di rischiare. Puoi stare tranquilla, sembra siano in diversi a fidarsi di me. Ovviamente non è gente a posto col cervello, o non si fiderebbero certo di me, ma bisogna al massimo stare atten..."
    Dovette sporgersi di lato e scattare via dalla sedia per afferrare un bicchiere volante, lanciato da pochi metri di distanza. Il calice stava per prendere in testa Aesingr; solitamente un drago neanche avrebbe sentito l'urto di un pezzo di vetro, si sarebbe voltato imbizzarrito e sarebbe scoppiato l'inferno. Ma lui non era un drago, era un Aesingr, e quello bastava per far sì che anche un bicchiere potesse diventare letale.
    Aes nemmeno se ne accorse in realtà, restava assorto nei propri pensieri silenziosi a fissare le strade che si dipartivano all'esterno. Zakrina dal canto suo individuò il lanciatore, un ometto imbecille con la faccia da schiaffi più pelata che avesse mai visto, e con scioltezza gli restituì il bicchiere al doppio della potenza. Non mirò per centrarlo, o l'avrebbe ucciso; lo fracassò semplicemente sulla parete a venti centimetri sopra la sua testa. Le scheggie vitree piovvero in testa a lui e ai signori seduti al suo tavolo, che anziché strillare o agitarsi si spostarono ridacchiando.
    Era sicura che Aesingr avesse sentito il bicchiere arrivare. Le piacque pensare che si fosse semplicemente fidato di lei e per quello non avesse alzato la coda a proteggersi.
    "Visto? Funziona così" disse rivolta ad Engifer, mentre sorrideva ai suoi nuovi compagni di futuri ceffoni. "Non ho ancora capito, eri da queste parti solo per lui?"
    Con un dito indicò Aes. Engifer le aveva detto quali fossero le sue prime intenzioni, ma a lei era sufficiente l'impressione che fossero cambiate in corso d'opera per non considerarla una minaccia da estirpare.
    Il cameriere coboldo nel frattempo stava tornando con le pietanze. Non ne era sicura, ma le parve che stesse strizzando l'occhio proprio in direzione di Engifer. Ovviamente anche quello era la norma, perversione a colazione e rissone con cenone era il miglior motto dei coboldi di Andorix.
     
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    Continuammo a procedere per le strade di Città dei Corvi, con molta più cautela da parte mia. Me ne stavo vicina a Zakrina, riparata da Aesingr. Mi sentivo strana e non era solo il timore di fare incontri sgradevoli. C’era una tensione elettrica dentro di me e non riuscivo a capirne il motivo. Forse era colpa delle strade che si intricavano in maniera confusionaria o gli edifici…che non lasciavano trasparire cosa avveniva davvero al loro interno.
    Fu così che mi ritrovai, quasi all’improvviso, davanti ad un’insegna alquanto malandata in cui si poteva leggere “L’Aragosta nuda del Gerk”. Che nome insensato…che aspetto poteva mai avere un’aragosta nuda…e che posto era mai il Gerk…sempre che si trattasse di un luogo…
    Persa in queste considerazioni, mi accorsi che a quanto pareva Zakrina aveva deciso di fermarsi proprio qui. La porta mezza marcia e con i cardini arrugginiti e cigolanti potevano solo arricchire il senso di abbandono che pervadeva quel luogo. Quasi quasi facevo a meno di scoprire le nudità del crostaceo…se voleva mangiare potevamo approfittare del mercato…perché entrare in un locale. Non era per nulla una buona idea. Le volte in cui ero entrata in quella di Itios era sempre una buona occasione per fare a botte, rubare o uccidere. Tutto sommato, in altre occasioni erano posti decisamente stimolanti…che stavo pensando?

    Mio malgrado dovevo ammettere che nonostante la luce accecante e la troppa gente che affollava il locale, il posto non era male…meglio dell’esterno. Inoltre nessuno pareva aver fatto caso al nostro ingresso. Sembravano molto presi dal bere, il mangiare e le scommesse. Come in una qualsiasi locanda. Aesingr mi spinse in avanti mentre sporgeva il muso dentro per osservare meglio anche lui. Mi scansai di lato per fargli spazio, giusto prima che si ritraesse e si strofinasse le ali. Una ventata di pesce mi travolse. Arricciai il maso mio malgrado. Il viaggio nella palude non aveva certo anestetizzato il mio olfatto al suo odore.
    << Avranno le alghe?>>, chiese. Zakrina si volse verso di me prima di rispondergli, << Hanno di tutto qua dentro>>. Detto questo entrammo. Senza ulteriore indugio. Come se la priorità fosse solo la presenza o meno delle alghe!
    Zakrina si addentrò, muovendosi come se il luogo le appartenesse, non che ci fosse qualcuno ad accoglierci (dove era l’oste? Chi gestiva quel posto? Troppo losco), ma era una cosa che avevo iniziato a notare da un po’. Non che potessi “ribellarmi” o che cos’altro, però un po’ mi infastidiva. Io ero abituata alla mia speciale solitudine. Sceglievo posti affollati solo per lavoro, altrimenti mi beavo della tranquillità di zone meno frequentate…magari sotto il sole cocente dei tetti, o nell’ombrosità dei rami di un albero…
    Avevo voglia di tornare a “casa”. Tutta questa…questa…qualunque cosa fosse mi stava spossando, senza contare quanto ero dolorante. Ora che ci pensavo ero anche a corto di scorte, dovevo procurarmene, magari al mercato o in qualche bottega…Le mani mi prudevano.
    Ci accomodammo in un angolo opposto all’ingresso, che permetteva una buona visuale di tutto l’androne che costituiva il locale. Era anche ottimo per Aes che evitava di essere di intralcio, disteso in un pertugio con le ali raccolte e un fianco contro la parete. Un flash doloroso mi colpì. Aes in quella stessa posizione con i suoi enormi occhioni che mi guardavano spaventati e traditi, il mio pugnale tra le sue squame. Mi irrigidii e al contempo mi si bloccò il respiro. Distolsi lo sguardo alle mani che tenevo in grembo e sperai che la ragazza non si fosse accorta del mio cambiamento d’umore. Era stato un incidente. Era passato. Aesingr sembrava non portarmene rancore eppure i miei sensi ora erano in allarme. Sentii la tensione presente da prima aumentare.

    Deglutii. Mi guardai intorno nella stanza per tentare di distrarmi e ricompormi…per pentirmene quasi subito. Il posto pullulava di orchi, e ne avevo avuto abbastanza, ma soprattutto c’erano un sacco di coboldi! Rabbrividii disgustata. Ed ecco che con la mia solita fortuna mi ritrovai anche un coboldo come cameriere. Magnifico! Mi calai ancor più il cappuccio sugli occhi, notando mio malgrado i suoi vestiti succinti che lasciavano ben poco all’immaginazione, mettendo in penosa mostra il suo corpo squamoso verde-marrone.
    << Gradireste?>>, ci chiese.
    << Stufato, di qualsiasi cosa. Un barile di alghe di palude con un po' d'acqua e un boccale di birra per noi>> rispose Zakrina, riferendosi anche a Aesingr. Oh, no! Toccava a me ora. Mi schiarii la voce, ce la potevo fare << Ehm…A-anche per me dello stufato e…una bottiglia di assenzio.>> Il cameriere prese nota e se ne andò. Tirai un sospiro di sollievo. Alzai lo sguardo e osservai Zakrina, rilassata alla parete (l’esatto opposto di come mi sentivo io), che osservava il drago. Chissà cosa provava in quel momento. Probabilmente soffriva…di solito è questo che succedeva alla gente quando teneva a qualcuno senza essere ricambiata. Aes non sembrava interessato alle attenzioni che gli riservava la ragazza. Io non avevo mai vissuto situazioni simili…potevo imitarle ma di certo non comprenderle.
    << Sei a disagio?>> Mi accorsi che la ragazza mi stava scrutando con lo sguardo e accennai un no con la testa. Lei indicò verso destra dove alcuni orchi confabulavano apertamente di droghe poco legali e di merci non sempre prive di vita, abbassando il braccio solo dopo che l'ebbero vista. Quelli ricambiarono per un momento al suo sguardo, poi tornarono a concentrarsi sulle loro conversazioni. << Qui è più semplice finire nei guai cercando di nascondersi, non vale la pena di rischiare. Puoi stare tranquilla, sembra siano in diversi a fidarsi di me. Ovviamente non è gente a posto col cervello, o non si fiderebbero certo di me, ma bisogna al massimo stare atten...>> In quel momento scattò di lato, sporgendosi pericolosamente da quelle sedie traballanti per fermare un bicchiere volante che era stato lanciato nella loro direzione, e che avrebbe rischiato di colpire Aesingr, che dal canto suo continuava a contemplare l’infinito, ignaro di ciò che gli accadeva attorno. Il colpevole fu individuato subito da Zakrina, che rilanciò il calice contro la parete sopra alla testa dello sventurato. Ne seguì una pioggia di schegge che suscitò la brilla ilarità dei commensali che si trovavano nei pressi. << Visto? Funziona così>> disse rivolgendosi di nuovo a me, sorridendo. A stento trattenevo la smorfia che si voleva tratteggiare sul mio viso. << Non ho ancora capito, eri da queste parti solo per lui?>>, con un dito indicò Aes. Di nuovo quella sua preoccupazione. Presi aria. << Te l’ho già detto: faccio solo ciò che mi viene detto dietro un compenso. Non ho niente contro Aes. Se non paghi, non muovo nemmeno un’unghia. Il tizio che mi aveva avvicinata mi aveva già offerto una bella somma, l’altra metà me l’avrebbe data a lavoro compiuto. Che fosse morto o vivo non gli interessava… Non che lo avrei mai ammazzato, siamo intesi. Sarà pure di stazza piccola ma è pur sempre un drago. Decisamente un problema trasportarselo dietro per tutta la palude…credimi, errori da apprendista da non ripetere>>. Mi scappò una mezza risata, che smorzai con un sorso di assenzio. Smisi di parlare mentre il cameriere coboldo finiva di servire le altre pietanze. Attesi. Per quanto quel posto avesse i suoi modi di fare non avevo intenzione di parlare rischiando di essere ascoltata da altre orecchie, diverse da quelle della mia interlocutrice. Peccato che il coboldo non sembrava essere intenzionato ad andarsene nell’immediato. Eppure...non mancava nulla…che si dovesse già pagare? Comprensibile senza un oste che sorvegliasse la sala, chiunque avrebbe potuto tentare lo scrocco. Allora perché Zakrina non si muoveva? Solo lei aveva i soldi (anche io ne avevo ma questo lei non lo poteva sapere). Alzai lo sguardo e notai il volto lucertoloso del coboldo. E mio malgrado l’occhiolino rivolto verso di me. La lingua che passava languida sulle sue labbra squamose.

    Come una molla la tensione accumulata finora scattò e non ci vidi più. Anni di ostilità nei confronti di quella razza che era parte di me e che pur essendo stata la mia rovina non mi aveva mai offerto soccorso. La mia parte di fata ribolliva dal disgusto e dalla rabbia. Come osava provarci? Non pensai. Gli lanciai in faccia l’assenzio. Non se lo aspettava. Colsi l’attimo e gli sganciai un destro dritto in faccia, spedendolo contro un tavolo dove un orco e un altro coboldo facevano braccio di ferro, circondati da una piccola folla che puntava scommesse. Stupii anche me stessa. Guardai incredula la mia mano. Ero riuscita a stendere qualcuno. Una corrente mi scorreva dentro, riempiendomi di vita. La mia gioia delirante durò poco. Mi stavo, infatti, per girare verso i miei compari quando sentii qualcuno caricarmi alle spalle. Mi abbassai appena in tempo per evitare di essere afferrata dal coboldo a cui feci sgambetto mandandolo nuovamente a gambe all’aria.

    Alcune sedie strusciarono per terra e per la prima volta in vita mia diedi il via a una rissa a cui volevo partecipare attivamente.

    Spero non ci siano errori. E' tardi...non connetto :z79zc:
     
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    Mi intrometto con Genna ^^ Viene direttamente dal Debutto del Ragnarok.

    Ah, sia lode alla Cuoca Sacra! Era riuscita finalmente ad uscire da quel dannato castello!
    Era passato un po' di tempo da quando aveva messo piede per la prima volta ad Andorix. Nemmeno lei sapeva di preciso quanto ne fosse passato. Tra quello che era successo, i suoi soliti blackout, le ferite ricevute e il fatto che nessuno avesse più il coraggio di avvicinarle un elisir per aiutare la sua rigenerazione naturale, c'era voluto più tempo del previsto perché lei si riprendesse. Questo era anche il motivo per cui Lord Eidous aveva deciso di darle un ampio margine per riprendersi e di non metterla subito all'opera. Anche se non era del tutto entusiasta di aver promesso la sua lealtà a quella strana associazione, qualsiasi cosa era meglio di essere trattata 24/7 come se stesse per sgretolarsi da un momento all'altro...
    O forse annoiarla a morte era la sua punizione per non aver eseguito il semplice ordine di non allontanarsi dal suo studio. Le era sembrato che Eidous fosse abbastanza perverso per capire con una semplice occhiata che, costringerla a non fare nulla, fosse per lei infinitamente peggio che ordinarle di fare qualcosa.
    Sospirò e si concentrò su ciò che la circondava. A cosa serviva scappare dal cupo castello se poi passava quell'attimo di libertà a rimuginare su quanto successo?
    Imboccò una via polverosa che sembrava immettersi nella via principale e continuò a seguire strade a caso finché non arrivò nei pressi di un bazar. Non aveva molte monete con sé, aveva portato solo il suo fedele liuto, ma tanto non desiderava comprare nulla, solo immergersi in quel puzzle di forme di vita. Incontrò orchi, coboldi, drow, goblin, draghi, ma per quanti ne riconosceva, ce n'erano altrettanti che non sapeva neanche a quale razza appartenessero. Superò bancarelle che vendevano armi, armature e altre chincaglierie; cibi che non aveva mai visto e che non voleva assolutamente sapere di cosa si trattasse; libri ricchi di figure e disegni piuttosto esemplificativi; tutine così succinte e strette che non era possibile indossarle davvero... non è che fosse stato un errore avventurarsi per quelle zone? Qualsiasi oggetto di quel posto la metteva in imbarazzo! Forse l'unica cosa che si salvava era una bancherella di lanterne e Genna si focalizzò su quelle, come a volersi riprendere dallo shock culturale. Funzionò, almeno finché il venditore - uno gnomo dall'aria arcigna - non ne accese una con uno schiocco di dita per mostrarla a una coppia di elfi oscuri: sul paralume si illuminarono scene... di vita quotidiana.
    Abbottonandosi la camicia fino al collo, si allontanò rapidamente dalla zona. Una pattuglia di costrutti uscì da una viuzza laterale e Genna si impietrì. Li osservò, seguì i loro movimenti con attenzione e non distolse lo sguardo finché non li vide scomparire dietro una qualche bancherella. I costrutti, dal canto loro, non si accorsero nemmeno della sua presenza e continuarono la loro ronda come se nulla fosse.
    Sospirò, di nuovo. Perché reagire in maniera tanto melodrammatica? In fondo, cosa stava facendo di male se non farsi un giro e conoscere un po' i dintorni? La risposta era semplice: quei costrutti le avevano ricordato Atalanta. Era contenta e tutto di potersi finalmente sgranchire le gambe all'esterno, ma forse - FORSE - si sentiva leggermente in colpa per essersi allontanata dal castello senza neanche avvisarla...
    No ok, non era vero. Ed era per questo che si sentiva in colpa (?). Era da quando era arrivata ad Andorix che Atalanta le si era appiccicata come una cozza sullo scoglio e quello era il primo giorno in cui finalmente era riuscita a scrollarsela di dosso. Non che le stesse antipatica, anzi, ma il suo robotico sguardo scrutatore, i suoi atteggiamenti accondiscendenti e protettivi, la sua forza sovrumana, quella sua logica ferrea del tipo "Genna, usa le scale, non calarti dalla finestra", avevano cominciato a mandarla letteralmente al manicomio. Era come se si fosse assunta il compito di salvarla da qualsiasi cosa, da qualsiasi pericolo. Perfino da sé stessa.
    Era stata costretta ad andarsene. Sarebbe implosa senza quel giorno di pausa.
    Si avvicinò ad un edificio che assomigliava alle locande che era abituata a frequentare. Alzò lo sguardo verso l'insegna e confermò che si trattava davvero di una locanda: la vernice del nome si era scrostato in più punti e sbiadito negli altri, ma si intravedeva ancora la scritta "L'Aragosta nuda del Gerk". Genna inclinò la testa, chiedendosi chi si fosse inventato un nome del genere; poi si avvicinò all'ingresso con una scrollata di spalle. Nome del cavolo o no, quel posto era più che sufficiente.

    Aprì la porta d'ingresso solo per richiuderla immediatamente. Un rumore di vetri infranti le fece intuire di aver fatto la scelta giusta a non aspettare che quella bottiglia la centrasse in pieno. Rimase qualche secondo a contemplare la porta con la maniglia in mano. Entrare o non entrare?
    Spalancò la porta e si fiondò subito a lato della stanza, schivò un paio di altri proiettili improvvisati. Non era così ottimista da credere di trovare pace in un'altra locanda: non ce n'era stata una in cui aveva potuto rilassarsi da quando era approdata a Kengard. Tra risse, nebbie verdi e attacchi random, quella era forse la più tranquilla che avesse mai incontrato.
    Dribblò tra i riottosi, camminò lungo le pareti, superò un tavolino con degli orchi che parlavano di droghe poco legali e di merci non sempre prive di vita, si lasciò alle spalle un'alcova in cui era presente un drago blu e... si fermò. Tornò sui suoi passi. Lanciò un'occhiata verso il drago: squame blu, corna appuntite, ventre azzurro, cuspidi nere. Aveva un aspetto sospettosamente simile ad un certo drago di sua conoscenza.
    Lo studiò per qualche istante.
    I suoi occhi si assottigliarono in due fessure.
    Passò qualche altro istante.
    Incrociò le braccia sul petto.
    Aspettò altri secondi preziosi.
    E arrivò infine ad una conclusione: era impossibile. Distolse lo sguardo e riprese a camminare verso il bancone. Aveva già perquisito tutto il castello insieme ad Atalanta e non aveva trovato neanche mezza traccia di Aes. Si bloccò di nuovo. Aes non era davvero così stupido da tornare in quella città, vero?
    Qualcuno le venne addosso, perse l'equilibrio e finì a gambe all'aria contro un tavolino. Non era stata esattamente la mossa migliore smettere di prestare attenzione ai dintorni e riflettere sui cavoli suoi nell'epicentro di una rissa. Si scrollò di dosso le varie porcherie contro cui era finita ma, prima che potesse rimettersi in piedi, delle grosse mani verdastre la presero per il bavero della giacca e la sollevarono di peso. Che diamine stava succedendo? Si guardò attorno: era volata proprio tra gli orchi che discutevano di droghe poco legali e di merci non sempre prive di vita.
    Ops.
    < Ho sentito che parlavate di Salvia del Veggente: - tentò Genna con un sorriso diplomatico - non è che ne avreste qualcosina di scorta da condividere con un'amica? No, eh? >
     
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    EInutile dire che la solita e tanto amata rissa da locanda non era l'obbiettivo primario di Zakrina, anzi non era mai stato in generale l'obbiettivo primario di una qualunque altra sua gita alla città dei corvi.
    Ci pensò un po' su: ne aveva scatenata una a Kerus, aveva partecipato ad una ad Itios e a Knawr erano tutti troppo tranquilli per fare a botte. Per quanto fosse la città principale a contenere il maggior tasso di cilacche a gratis dell'isola, tempo prima si era riproposta di provarle un po' tutte quando ne avesse avuto l'occasione. Nella Città sotterranea, luogo di cui conosceva solo il nome, non era ancora entrata; a Klenrung si potevano avviare risse solo con spettri e demoni; sulle Isole fluttuanti avrebbe dovuto trovare qualcuno che la trasportasse, e dubitava che se quel drago fosse stato Aesingr le sarebbe potuto risultare utile in tal senso.
    In ogni caso, Engifer sembrava avere del talento. Così senza pensarci troppo, aveva colpito il cameriere con un pugno notevolmente violento per la sua stazza. Le era parsa una creaturina prudente, quel tizio doveva averle fatto davvero qualcosa di poco gradito.
    E mentre Aes se ne rimaneva qualche altro minuto assorto nei suoi pensieri, nella locanda scoppiò il degenero. La cosa bella lì dentro era che la gente ci prendeva gusto a combinare disagi, senza però mai cercare davvero di ammazzare qualcuno. Ad Andorix le risse sembravano quasi amichevoli, almeno più che a Kerus dove o l'anarchia o semplicemente la stupidità degli abitanti portavano a situazioni dove feriti e moribondi erano all'ordine del giorno.
    Per quanto losca, all'Aragosta nuda le risse avevano un che di allegro. Zakrina aveva perso la concentrazione nell'osservare una biondina che veniva sollevata di peso da un orcaccio brutto, mentre quello a cui aveva respinto il bicchiere le si era diretto contro con intenti bellicosi. Zakrina lo squadrò con sufficienza: era troppo pelato per esser preso sul serio, anche se gli occhi neri su una testa piatta e canuta incutevano un certo timore. Le pareva di aver a che fare con una creatura di una specie ancora sconosciuta, anche se tutto sommato era quasi carino; armonico, avrebbe detto Zhantyia che non so cosa c'entri ora. :yea:
    Probabilmente era troppo ubriaco per valutare le capacità di Zakrina dal modo in cui gli aveva restituito il calice poco prima, la attaccò corpo a corpo con tanto di frasi sconnesse a condire la sua veemenza.
    "Lei signorina non conosce affatto le buone maniere! Non conosce le maniere di Zambini!"
    Zakrina batté un pugno sul tavolo e ordinò al cameriere un altro po' di stufato, come quello non fosse impegnato con Engifer e compagnia ad un tavolo di distanza.
    "No hai ragione, non conosco codesto Zambini"
    Il birbantone incappò in un grosso errore, le si avvicinò col viso e le mollò uno schiaffo. Lo fece un istante dopo che lei ebbe picchiato con la mano sul tavolo con fare ironico, forse approfittando proprio di quel secondo e del fatto che avesse il braccio -occupato-. Non pensò mai davvero che quell'individuo avesse potuto attuare una sorta di strategia o quel che era, semplicemente era stato un caso. Si voltò a fissarlo con un paio di occhietti a fessura che, per quanto non potranno mai equivalere quelli di Genna, fecero bene il loro lavoro.
    Ne seguì una combo che Ken Shiro spostati proprio, culminante con una gomitata sul tavolo con tanto di impatto tra la troclea del suo gomito e il tavolo. Questo le fece sfuggire dalla bocca un'inesorabile combo successiva, non di pugni ma di insulti, ma l'importante era che l'omino fosse steso a terra senza fiato e non del tutto cosciente. Lo aveva tempestato di pugni e calci in una maniera decisamente violenta, e sicuramente poco elegante dati i suoi modi. Zakrina pestò anche la coda di Aesingr, anzi gli finì praticamente addosso con tutto il peso. Lui si voltò e mosse un'ala per sostenerla.
    Non aveva realmente perso l'equilibrio, ma apprezzò quel piccolo abbraccio. E il loro sguardo si incontrò, per un attimo, prima che gli sferrasse una pacca decisamente poderosa su un fianco.
    "Eih drago! So reggermi da sola" lo rimproverò, facendo leva sul suo dorso squamoso e rialzandosi.
    Lui rimase in silenzio, poi tirò fuori il suo sorrisino pescioso da squalo.
    "Si certo, scusa"
    Era sempre più Aesingr di quanto la sua mente potesse accettare. La risposta più consona sarebbe stata -ti stavo solo aiutando-, o -la prossima volta ti faccio cadere-... e invece nulla. Sospirò, voltandosi verso Engifer e affiancandosi a lei.
    Si massaggiò il gomito e grugnendo si preparò a ricevere qualunque nuovo assalto, approfittandone per ficcare il naso e le nocche anche in affari che non la riguardavano.
    "Salvia del veggente? Ne ho sentito parlare!" asserì entusiasta, mentre con un taglio deciso di mano sul braccio dell'orco cercava di liberare la ragazza bionda e simpatica già a primo acchito. Anche Aesingr aveva diretto l'attenzione verso di loro, e finalmente sembrava interessato al contenuto della locanda e non a quello che le stava attorno.
    "Egenna!"
    Si alzò così repentinamente da sollevare con la coda due sedie e farle volare all'aria. Si era fatto prendere un pochino dall'entusiasmo, come quando lanciava un dado e faceva 51 con Kestrel (?). Allungò il collo in avanti e si beccò anche una forchetta sul muso o qualcosa del genere. Qualcuno stava cercando di tirare cose oltre di lui, ma lo stava prendendo in pieno a raffica. Con la coda fece cenno ai lanciatori di aspettare un attimo (?), che prima doveva constatare se aveva veramente ritrovato Egenna.
    Incredibile, ci aveva provato in tutte le maniere a tornare là dentro dopo lo scontro nell'arena, e nel momento in cui non c'era tornato del tutto per propria volontà l'aveva ritrovata. L'avrebbe cercata personalmente appena avesse messo a posto i dubbi che si erano messi in Pole position nella sua testa, ma tanto meglio così. Adesso Egenna era passata di nuovo in primo piano.
    Zakrina invece si era portata vicino a Engifer per proteggerla, o comunque per divertirsi con lei. Era sua responsabilità, l'aveva portata lì e non poteva farla uscire senza un braccio o una gamba.
    "Dacci dentro, di solito nessuno esce morto da qui quindi magari non esagerare" le bisbigliò ridacchiando.
    Fu in quel pacato momento, che una figura incappucciata degna dei migliori romanzi "cofcof" giunse all'interno della locanda con fare quasi distratto. Scivolava silenziosamente tra le file di panche, alcune delle quali ormai cappottate.
    In realtà il suo volto era comunque parzialmente visibile attraverso la nera veste che lo ricopriva, pareva non fosse bardato per celare il suo aspetto. Non che la discrezione fosse il miglior approccio con Andorix, ma quando ci si trovava di fronte ad una figura incappucciata si pretendeva che fosse effettivamente incappucciata! In ogni caso si avvicinò ad Engifer, ignorando la situazione incresciosa in cui lei e i suoi compagni si trovavano. Estrasse dal manto una busta nera orlata di bianco e gliela porse, con un lieve inchino.
    "Per Engifer la cacciatrice di taglie"
    Né lui né quella busta avevano un aspetto amichevole e rassicurante, ma non era quel tipo di fastidio che si provava di fronte ad un pericolo imminente; piuttosto dava l'idea di star portando informazioni scomode, per quanto non abbastanza segrete da non poter esser scambiate tra i fuochi di una locanda. Come se n'era venuto scomparve, lasciando Zakrina indecisa sul da farsi.
    "Mi sembra roba figa. Però non credo sia saggio aprirla qui, non credi? Io mi sbarazzo di un po' di gente, tbbu comincia ad allontanarti" le fece, scrocchiando le dita per poi buttarsi nella mischia con la sua solita espressione soddisfatta in volto.

    Edited by Aesingr - 14/3/2020, 02:56
     
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    Se qualche giorno fa qualcuno mi avesse detto che avrei dato inizio ad una rissa, penso lo avrei guardato scettica. Non era improbabile causare una rissa, soprattutto se ti consentiva di scappare via, ma provocarne una giusto per il gusto di fare a botte? No, non ero il tipo. O almeno credevo…
    Schivai due goblin che stavano venendomi addosso con una piroetta. Li vidi perdere l’equilibrio e scontrarsi addosso al cameriere coboldo che stava tentando di rialzarsi. Sorrisi. Percepii una presenza sopraggiungermi alle spalle, un orco. Lo afferrai per il polso mentre mi abbassavo. Poi mi spostai alle sue spalle e gli assestai un calcio dietro ad un ginocchio, facendolo cadere. Avevo avuto a che fare già con troppi orchi e sapevo quanto potevano essere insistenti…e stupidi. Mi apprestai ad afferrare una delle bottiglie di liquore da uno dei tavoli per poi rompergliela in testa. Non bastava certo per metterlo K.O. Mi girai con tutta l’intenzione di mescolarmi tra la confusione generale creatasi, quando mi ritrovai faccia a faccia…o per meglio dire la mia faccia contro un petto. Alzando il viso, il mio sguardo incrociò gli occhi sottili e crudeli di un drow. Era di una bellezza glaciale, letale,…venerabile. Avvertii l’orco rimettersi in piedi e riportai l’attenzione al presente.Nel momento in cui l’orco si girò io mi nascosi dietro al drow usandolo come scudo, per poi allontanarmi.
    Un suono cristallino, familiare e al contempo estraneo mi giunse all’orecchie. Mi guardai attorno cercando di individuarne l’origine. Inutilmente. Intorno a me c’era solo una bolgia infernale. Eppure quel suono era così vicino. Mi resi conto allora che ero io stessa a emetterlo. Era una risata! Stavo ridendo. Erano passati anni dall’ultima volta che avevo riso così. Erano passati anni da che non mi divertivo così. Perché in quel momento mi sentivo viva e le voci che mi avevano tormentato sino ad ora, che si erano insinuate nei miei sogni privandomi del sonno. In questo istante tacevano. C’ero solo io e questa corrente che mi chiedeva di agire e sprigionare il caos. Caos che ormai aveva pervaso l’intera taverna. L’aria si era fatta ancor più irrespirabile, tra il calore dei corpi e pietanze e bevande varie sparse per terra (o che continuavano a essere lanciate). I tavoli delle scommesse erano stati rovesciati e c’era chi, approfittando della confusione, aveva provato ad arraffare tutto il banco. Alcuni goblin piccoli e agili avevano raggiunto uno dei due lampadari a candele che illuminavano l’androne, e ne approfittavano per creare ancora più scompiglio. Avevano fatto sparire dei sacchetti di monete ad un gruppo di umani ubriachi, per poi ingannarli e indurli ad attaccare un gruppo di troll che si picchiavano con altri coboldi.
    Fu in quel momento che mi sentii caricare dallo stesso disgustoso cameriere coboldo. Ricevetti una testata nella bocca dello stomaco, che mi tolse il fiato. Poi mi circondò la vita con le braccia per schiantarmi sopra uno dei pochi tavoli, non ancora rovesciato. “Che c****! Levati di dosso!”, gli urlai. Iniziai a dimenarmi, fino a che non riuscii ad assestargli una ginocchiata (in zona pubica…), seguita da una testata. Me lo spinsi via di dosso spingendo col piede. Mi tirai su e, mentre il coboldo era ancora accasciato a terra dal dolore, gli assestai per buona misura anche un calcio al fianco. Questi grugnì ma non sembrò più intenzionato a rialzarsi.
    Al mio fianco si era avvicinata Zakrina, anche lei sembrava aver preso parte attiva alla baraonda. Giusto…non ero sola. Non che fossero miei amici ma la ragazza e il drago mi servivano. Per ora. Presa dal divertimento mi ero completamente scordata però della loro stessa esistenza. Aesingr dov’era? A pensarci, a lui non piaceva la violenza. Mi scocciava pensare che qualcuno potesse avergli dato fastidio. Non servì cercarlo…”Egenna!”. Eccolo dirigersi verso di noi sollevandosi con tanta foga da far volare per aria due sedie con la coda. Il suo sguardo tuttavia non era rivolto a Zakrina o a me, quanto alla ragazza bionda che Zakrina stava liberando dagli orchi della “Salvia del Veggente”. Osservai la scena con curiosità, mentre continuavo a parare pugni e schivare calci. Aes…possibile fosse lo stesso Aes? Era così focalizzato da ignorare il fatto che gli stessero lanciando qualsiasi cosa fosse stata presente nel locale. "Dacci dentro, di solito nessuno esce morto da qui quindi magari non esagerare" bisbigliò Zakrina ridacchiando. Eccola di nuovo accanto a me. Sembrava apparentemente indifferente al cambiamento del drago.
    Continuammo a sbizzarrirci un altro po’. Perché tutto sommato continuavo a divertirmi, ad Aes ci avrei pensato dopo. Per la prima volta in vita mia avevo anche qualcuno con cui sbizzarrirmi. Io e Zakrina avremmo potuto lavorare bene assieme.
    Poi improvvisamente, qualcosa nell’aria cambiò. Mi guardai attorno cercando di individuare la fonte di quella sensazione. Sembrava un’ombra da come si muoveva con naturalezza tale da passare inosservata in mezzo a quella calca e alle panche rovesciate. Indossava un cappuccio ma non in maniera tale da celare completamente il suo volto. Se lo poteva permettere solo chi era incosciente o chi non aveva nulla da temere. Il primo non sarebbe venuto alla Città dei Corvi, proprio nel mezzo di una rissa. Poteva essere solo la seconda, anche solo per come era apparso. Mi si avvicinò senza troppa discrezione. Ero in allerta, pronta a qualsiasi evenienza. Un movimento sotto il manto. Mi apprestai a portare la mano verso uno dei miei pugnali, di quelli che tenevo allacciati dietro la schiena. Estrasse una busta e me la consegnò con un inchino appena accennato. "Per Engifer, la cacciatrice di taglie", disse con voce cupa.
    Poi come era arrivato, scomparve. "Mi sembra roba figa. Però non credo sia saggio aprirla qui, non credi? Io mi sbarazzo di un po' di gente, tu comincia ad allontanarti", disse Zakrina, scrocchiandosi le dita per poi buttarsi nella mischia con espressione soddisfatta. Annuii senza preoccuparmi troppo di risponderle a voce. La gioia di poco fa era scomparsa, soppiantata da una brutta sensazione. Mi ricalcai bene il cappuccio in testa e mi avviai di fretta verso l’uscita. Fuori dalla porta la strada era insolitamente silenziosa e poco frequentata. Della figura incappucciata? Nemmeno l’ombra. Riportai lo sguardo sulla busta. Era nera orlata di bianco. Sembrava carta pregiata…questo non la rendeva altrettanto rassicurante. Che si trattasse di lavoro? Se così fosse stato, come mi avevano trovato? Da chi avevano avuto le informazioni? Ero sempre attenta. Era la mia politica di lavoro essere invisibile, anonima, come acqua che scorre. Doveva trattarsi di altro e Zakrina forse ne avrebbe saputo sicuramente qualcosa. Non so perché ma il mio istinto mi diceva di aspettare lei per aprirla. Tuttavia, la curiosità era intollerabile come anche il disagio. Decisi quindi di rientrare nella locanda per intimarle di muoversi.
    Mi voltai e mi ritrovai faccia a faccia…o per meglio dire ritrovai la mia faccia contro un petto. Alzando il viso, il mio sguardo incrociò degli occhi sottili e crudeli...era lo stesso drow di qualche istante prima.

    Salve a tutti, come sempre mi scuso per l'attesa! Ma meglio fuori che dentro!...no aspetta, forse in questi casi si usa altro....*mumble mumble*...Ah! Giusto! Meglio tardi che mai!
    Attendo ansiosa di sapere il contenuto della lettera!!! E chissà chi è questo drow?...insomma fateci ciò che vi pare. Alla prossima!! Annyeo!!
     
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    Genna lesse dell'incertezza nel viso degli orchi attorno a lei. Ne contò tre e li osservò mentre si scambiavano rapide occhiate tra loro, come se non capissero chi lei fosse, da dove venisse o perché li avesse disturbati in maniera tanto improvvisa. Anche se cercava di fare di tutto per mantenere quella faccia di bronzo, Genna era altrettanto confusa. Perché tra tutti i tavolini contro cui doveva finire, andava proprio contro quello? Perché quegli orchi se l'erano presa così a male? Non avevano visto il caos che li circondava? Perché a Kengard non esistevano delle locande tranquille?
    Fatidiche domande a parte, l'unico motivo che la salvava dall'essere rastrellata lì su due piedi era l'esitazione dei suoi aguzzini. Genna guardò i tre orchi negli occhi, ad uno ad uno. Non con uno sguardo di aperta sfida, ma dissimulando il terrore di essere letteralmente nelle loro mani.
    < Amica? Noi non ti conosciamo, umana. > disse l'orco che la stava reggendo per aria.
    La sua voce era grave. Il suo alito peggiore.
    < Oh, ma a tutto c'è rimedio! - esclamò allegramente - Piacere di conoscervi, il mio nome è Genna! >
    Alzò un braccio per puntare ad una stretta con almeno uno dei tre, ma nessuno la assecondò. Invece che lasciarla ricadere lungo il fianco con aria sconfitta, la mano proseguì il percorso verso l'alto, si portò verso la testa dell'orco e gli tolse uno spaghetto che gli si era arricciato intorno all'orecchio. Se la sua faccia era così piena di schifezze, Genna non osava immaginare la condizione della sua schiena. Cosa cappero stavano mangiando quei tre dannati orchi?
    < Allora, com'è la cucina in questo posto? C'è tanto da aspettare prima di essere serviti? >
    Nessuna risposta. Genna aprì la bocca di nuovo, ma prima che potesse continuare la sua improvvisazione, un'ombra si avventò contro l'orco che la stava sorreggendo. Non fece in tempo a capire l'intenzione della sua salvatrice, ma solo che il suo intervento costrinse l'orco a mollare la presa e alla gravità di fare il suo corso. Genna si rialzò di scatto, spolverandosi di dosso polvere e detriti, come se nulla fosse successo. La sua espressione sembrava voler dire "tutto calcolato" e solo il naso rosso testimoniava che fosse cascata di faccia.
    Iniziò a scandagliare la folla con i suoi occhietti a fessura più fieri, alla ricerca della pazza che aveva cercato di aiutarla così maldestramente. Non fece in tempo nemmeno ad orientarsi, che venne richiamata all'ordine dai tre orchi: uno di loro le mise la sua enorme mano sulla spalla e la forzò con uno strattone a voltarsi di nuovo verso di loro.
    < Ehi! Non abbiamo ancora finito con t... oh, frak. > le intimò uno dei tre, prima di bloccarsi improvvisamente.
    Tra gli schiamazzi della gente, le urla nelle orecchie degli orchi e la baraonda generalizzata, Genna non aveva fatto caso di essere stata chiamata. Certo, le era sembrato che qualcuno avesse gridato il suo nome, anzi, il nomignolo che un certo drago assolutamente NON presente le aveva affibbiato, ma lasciò perdere. Nella sua testa era semplicemente impossibile averlo sentito veramente. Era più probabile che fosse la sua pazzia a farle sentire le voci.
    Gli orchi non continuarono la loro sfuriata e Genna si voltò incuriosita verso il resto della sala comune. Si girò giusto in tempo per notare un tornado di sedie e tavolini che puntavano dritti dritti nella loro direzione: al centro, c'era quel drago blu che assolutamente NON era Aes. Il drago continuò a muoversi goffamente fino a fermarsi accanto a loro, e Genna non osò muovere un muscolo, se non per alzare un sopracciglio. Per un attimo il tempo sembrò congelarsi: un drago blu le si era appena avvicinato. Se quella fosse stata una situazione normale Genna si sarebbe chiesta che cosa avesse fatto di male nella vita per meritare l'attenzione di così tante creature più grandi di lei e in così breve tempo. Quello, però, non era un drago blu qualunque: era quel drago blu che tanto assomigliava ad Aes. E come Aes serbava quel maledetto silenzio assordante.
    Genna e il drago iniziarono a fissarsi intensamente. Rimasero a fissarsi intensamente. E continuarono a fissarsi intensamente. Sapeva qual era l'ipotesi più semplice per spiegare lo strano comportamento del drago, ma Genna non riusciva a crederci. Aes era assolutamente NON presente in quella stanza, in quella locanda e in quella città. Era assolutamente scappato dalla Città dei Corvi.
    Genna sospirò. Perché allora aveva un comportamento così da Aes? Non restava che confermare quell'impossibile teoria.
    Avvicinò le mani verso il muso del drago. Il movimento era lento, lentissimo, non aveva preso un pavimento in faccia solo per trovarsi con un braccio tra le zanne di un drago. La sua mano superò il muso della creatura e toccò le sue corna. Il drago non fece una piega, ricambiò il suo sguardo con degli occhi così da pesce... così da Aes. Impugnò le due corna con le due mani, fece un respiro più profondo degli altri-
    E cominciò a sceccherare la testa del drago.
    Non era chiaro nemmeno a lei perché i suoi metodi di verifica prevedevano o confermare il peggio o l'essere incenerita, folgorata, disintegrata e fatta a pezzettini. Quando ebbe il coraggio di aprire gli occhi, Genna scoprì di essere ancora viva. Lo sguardo del drago si era fatto confuso, ma era ancora viva. Aveva frullato la testa di un drago, ed era ancora viva!
    Il suo sorriso scomparve. Le sue braccia ricaddero verso terra. Poteva significare una sola cosa.
    Oh, frak. Quello era davvero Aes.
    Con la coda dell'occhio notò uno degli orchi prendere una sedia per le gambe e iniziare ad agitarla nella loro direzione. Genna distolse l'attenzione dal drago giusto in tempo per fulminare l'orco con lo sguardo. Quello si paralizzò sul posto, ancora con la sedia per aria.
    Come potevano pensare di poter vincere contro di lei? Lei era molto più incacchiata di loro. Infinitamente più incacchiata.
    < NON VEDI CHE STIAMO AVENDO UNA CONVERSAZIONE SERIA, QUI? > gli sbraitò contro, scandendo ogni singola sillaba con una potenza che solo la sua furia latente le permetteva.
    Lei ed Aes si stavano a mala pena parlando, ma l'orco non ebbe il coraggio di obiettare. Preso alla sprovvista, sembrò impallidire di colpo e abbassò lo sguardo con aria colpevole.
    < Scusa. > le borbottò, poggiando la sedia dove l'aveva trovata.
    Genna annuì, come ad approvare in gesto dell'orco, tornò a rivolgersi ad Aes e quasi non notò i tre orchi allontanarsi con la coda tra le gambe. Aprì la bocca varie volte, ma la richiuse subito. Cosa avrebbe dovuto dirgli? Che cosa doveva fare? Una parte di lei continuava a rifiutare l'idea che quello fosse veramente Aes. Per quanto scemo, non poteva davvero essere tornato in quel posto. Se non per l'assaggio precedente di quanto fosse pericolosa la Città dei Corvi, almeno perché era stata lei a dirgli espressamente che non era necessario venirla a cercare. Ma allora perché era tornato? Come aveva fatto a superare le guardie sulle mura? Perché era entrato proprio in quella locanda? E perché lei aveva fatto lo stesso? Genna sospirò di nuovo. Paradossalmente, avrebbe preferito l'idea che quello non fosse Aes e che stesse facendo in realtà un'incredibile, colossale, abissale, figura di merda.
    Deglutì, come a cercare di mandare giù il groppo che le si era formato in gola. Non servì a molto, anzi.
    < Si può sapere che diamine ci fai qui, dannato drago? Ti avevo dato appuntamento a Kerus! > gli chiese.
    Cominciava a non avere più tanta voglia di gridare.
     
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    Il drago azzurro che puzza di pesce

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    Zakrina aveva imparato ad amare Andorix e la città in essa celata. Aveva qualcosa che altrove non si trovava, un modo di fare degli abitanti estraneo al resto dell'isola e forse anche al resto del mondo. Le risse non erano messe in moto da veri e propri rancori se non in rare eccezioni, si faceva a botte e basta. Non ci si sentiva in colpa alla fine dello scontro, perché si sapeva benissimo che ogni altro individuo presente si era volontariamente immischiato nella baraonda.
    Ogni locanda diventava un'arena di combattimento variegata e spettacolare, dove se si fratturava una gamba ad un avversario si poteva persino chiedere scusa senza esser presi per imbecilli. Purtroppo in quei frangenti comparivano anche malintenzionati senza scrupoli e non sempre era facile capire da chi tenersi alla larga.
    Fu con quei pensieri che evitò un paio di montanti, una ginocchiata e un tavolino, mentre un coboldo non troppo ninja cercava di balzare sui tavolini per allontanarsi e finiva per essere utilizzato come proiettile. Venne afferrato da un bestione alto quattro volte lui e scagliato verso l'uscita. Atterrò davanti ad un altro cameriere della sua stessa specie e rotolò a terra per allontanarsi senza altri lividi e con ancora gli arti al loro posto. Un altro coboldo fece la stessa fine, ma venne lanciato contro Zakrina stessa; lei non si fece trovare impreparata e lo afferrò al volo, ruotò su se stessa e lo restituì al mittente.
    Avrebbe tentato una schiacciata o un bagger se non avesse avuto paura di frantumargli qualche osso, ma aveva appena detto ad Engifer di non esagerare e non poteva sbilanciarsi. Non capì molto di quello che successe dopo e non le interessava, l'importante era colpire e non farsi colpire.
    Mise a segno qualche pugno, ne evitò un paio e ne prese sullo stomaco un altro, ma non ricorse mai alle sue armi. Nessuno lì dentro si avvaleva di altro che non fossero oggetti (o persone) trovati nei dintorni, era più divertente in quel modo.
    Pian piano la stanza cominciò a farsi più spaziosa; non perché qualche sedia era finita fuori dalla finestra, semplicemente i meno coraggiosi si erano saggiamente dileguati lasciando posto agli esperti del settore: un orco verdone e muscoloso, un mezzelfo dai capelli rossicci e dal fisico aggraziato, un coboldo dalle squame color crema che in qualche modo riusciva ad evitare ogni oggetto contundente che stava per colpirlo e pochi altri. La misteriosa figura incappucciata se ne andò com'era venuta, senza nessuno se ne rendesse conto, passando come fumo attraverso ogni utensile decollato in ogni amena direzione. Per l'attenzione di Zakrina, Engifer e il resto avrebbero aspettato la fine dei giochi.

    Aes fece del suo meglio per restare immobile e non urtare nessuno, ma non era semplice. Per quanto piccolo, non lo era abbastanza per destreggiarsi all'interno di strutture fatte per i bipedi. Non era nemmeno aggraziato quanto le femmine della sua specie o maestoso come i maschi. Se avesse provato ad imporre la sua presenza, opzione che neancche sapeva di poter considerare, probabilmente non avrebbe fatto paura per più di due secondi; giusto il tempo di guardarlo sul muso.
    Egenna, per quanto ancora gli apparisse fin troppo strano che fosse davvero lei, lo afferrò per le corna e fece qualcosa che sicuramente avrebbe fatto Egenna se fosse stata Egenna: lo rimproverò. Fino a quel momento l'espressione pesciosa di Aesingr era stata un po' offuscata da qualche tarlo che gli annebbiava i pensieri, ma non ci mise molto a ritirare fuori il suo sorrisetto squamoso quando lei lo accusò di non averle dato ascolto.
    "Mi dispiace, ero preoccupato tu potessi essere ancora nei guai" ammise, chinando il muso afflitto.
    Certo erano state le circostanze a riportarlo lì più della sua precisa volontà, ma era da quando era uscito dall'arena che voleva ritrovare Egenna. Ovviamente doveva dargli qualche spiegazione. Quando mai si sarebbe potuto esonerare dal farlo? Piuttosto la gogna!
    Non sapeva se avvicinarsi e ripararla dal subbuglio, ma si fece bastare l'esserle arrivato abbastanza vicino da poter intercettare qualche minaccia in avvicinamento. "E l'orientamento non è il mio forte, non penso a Kerus ti avrei ritrovata"
    Estese il ghigno da pesce, prima di riportare le labbra al loro posto anatomico. Tirò indietro il collo e puntò verso l'ingresso, sollevando per metà un'ala con la poco chiara intenzione di avvicinare Egenna a sé senza però toccarla.
    "Andiamo fuori? Rischiamo di farci male se continuano a litigare" spiegò in tutta semplicità, alludendo al delirio lì attorno.
    Il drow che troneggiava su Engifer era forse l'unica creatura là dentro che voleva davvero rendere le cose pericolose, ma non aveva fatto i conti con Zakrina e con gli altri guerrieri. I maestri combattenti erano coloro che rispettavano i propri avversari, ma non chi aggrediva con l'intento di fare veramente del male, non di fronte a risse tanto eleganti e professionali.
    Fu però Aesingr, mentre si dirigeva verso l'uscita con la speranza che Egenna lo seguisse senza fare troppi occhietti a fessura, a recuperare Engifer con la coda e a trasportarla all'esterno ignorando completamente l'immondo creaturo. Non si fermò a chiederle il permesso, c'era troppo baccano per lui in quella locanda.
    La lasciò andare quando furono finalmente fuori dai guai. Non che fuori dall'Aragosta nuda del Gerk significasse per forza fuori dai guai, ma almeno né lui né gli altri rischiavano panche sul groppone.
    Stranamente il drago non si scusò con Engifer per averla trasportata di peso senza prima chiedergli se fosse contraria. Aveva svariati pensieri per la testa, così tanti da non capire a quale dare più importanza.
    Qualche secondo dopo uscì anche Zakrina, con l'espressione più sorridente e soddisfatta del mondo. Aveva solo un piccolo bernoccolo sulla fronte e i vestiti sporchi, ma non pareva curarsene minimamente. Avrebbe aspettato un altro momento per fare domande se si fosse trovata altrove, ma le circostanze la incuriosivano.
    "Che dice la lettera?" chiese, rivolta a Engifer.
    La lettera recita:
    "Silente cacciatrice,
    se libera da altri incarichi, potreste raggiungermi alla forgia di Algor? Ad ovest della città, chiedete e chiunque saprà indicarvi la via.
    Portate chiunque riteniate opportuno. Non servirà la vostra lama ma il vostro passo. Il drago è ancora vivo, dunque immagino sia da tempo che non riceviate un compenso.
    Le offro molto,

    -..."
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    Io guardavo il drow.
    Il drow mi guardava.
    Io guardavo il drow e il drow guardava me.
    Il mio sguardo rimaneva fisso, il fiato sospeso in attesa di una sua mossa.
    Lui ricambiava la mia stessa espressione, magari un po’ più minacciosamente.
    Io guardavo il drow e il drow guardava me.
    Il drow mi guardava.
    Io guardavo il drow.
    La tensione aumentava. Che problemi aveva questo tizio? Che aveva da guardare? Cominciavo ad irritarmi. Che fosse offeso per averlo urtato dentro il locale? Ridicolo…Che avesse notato lo scambio tra me e l’incappucciato? Possibile. Fatto sta che non tolleravo più il suo sguardo fisso sul mio viso, consapevole di quanto fosse sfigurato…
    Mi schiarii la voce, cercando di ergermi in tutta la mia limitata altezza e facendogli un cenno col mento. << (biip) guardi? C’è qualche problema?>>, sbottai alterata. L’elfo oscuro ebbe una piccola contrazione sotto l’occhio destro. Eccolo che si arrabbiava. Mi veniva da ridere.
    Fu però in quel momento che qualcosa mi cinse la vita, togliendomi il respiro, e mi ritrovai sollevata da terra. Abbassai lo sguardo per notare la coda di squame blu scuro, che proseguiva attaccata ad un drago di mia conoscenza. Riportai lo sguardo sul drow, che si rimpiccioliva man mano che ci si allontanava, notando la sua espressione sorpresa per quanto stava accadendo. Gli feci una linguaccia.
    Provvidenziale drago che puzza di pesce! Drago che non sembrava essersi reso minimamente conto di quello che stava facendo e di avermi appena liberato da un tizio fastidioso. Drago che continuava ad allontanarsi assorto nei suoi pensieri. Non sembrava avesse intenzione di rimettermi giù entro breve per cui mi accomodai per quanto possibile. Avrei approfittato del placido dondolio per riposarmi un altro po’. Notai che assieme a noi c’era anche la tizia bionda, - Egenna? Possibile? Non che fosse importante - che sembrava amica del sovracitato drago. Non riuscivo a sentire quel che stavano dicendo. Riportai la mia attenzione alla locanda che si faceva più piccola. Zakrina ci aveva raggiunti quasi subito, sorridente e soddisfatta, con la fronte adornata da un piccolo bozzo. << Che dice la lettera?>>, mi chiese. << Non l’ho ancora aperta>>, le risposi secca. Guardai la lettera che avevo tenuto stretta in pugno fino a quel momento. Avevo pensato di aspettare lei a leggerla, ma adesso non ne ero più tanto sicura. Ne ripercorsi i bordi. Per un istante sperai che fosse una missiva del mio Maestro. Irreale, ma una punta di speranza c’era. Schiarii la mente dai pensieri superflui. Annusai la busta. Non sentivo odori particolari che potessero far sospettare che la busta fosse avvelenata o che potessero dar maggior informazioni sulla sua provenienza. Trassi un bel respiro. L’aprii.

    "Silente cacciatrice,
    se libera da altri incarichi, potreste raggiungermi alla forgia di Algor? Ad ovest della città, chiedete e chiunque saprà indicarvi la via.
    Portate chiunque riteniate opportuno. Non servirà la vostra lama ma il vostro passo. Il drago è ancora vivo, dunque immagino sia da tempo che non riceviate un compenso.
    Le offro molto,
    -..."



    A maggior ragione non avrei condiviso il suo contenuto. Ora non avevo dubbi.
    La rilessi più volte. Rigirai il foglio e la busta ma niente. Nessun mittente, da nessuna parte, nemmeno delle iniziali. La esposi alle luci delle lanterne. Stesso risultato deludente. Sebbene fosse carta pregiata, chiunque l’avesse mandata si era premunito da usarne una filigranata. Accadeva spesso quando i più accorti richiedevano i miei servigi. Tuttavia, questa volta non riuscivo a togliermi di dosso la sensazione che ci fosse qualcosa di più sotto. Dopotutto il testo della missiva era chiaro. Non era una minaccia ma mostrava di sapere fin troppe cose. Non eravamo in città nemmeno da un giorno e già conoscevano l’obiettivo della scorsa missione, il fallimento derivatone e il mio bisogno di denaro. Come avevo fatto a non accorgermi di essere osservata? Stavo perdendo colpi. Evidentemente avevo sottovalutato la stanchezza di notti insonni. Inoltre eravamo una compagnia che attirava fin troppo l'attenzione. Questa non ci voleva.
    Riguardai le parole, la calligrafia elegante sebbene un po’ pesante…non si preoccupava certo di consumare inchiostro.
    Inoltre, sembrava non trattarsi tanto della commissione per un omicidio quanto più per un furto.
    “Portate chiunque riteniate opportuno…” Per chi mi aveva preso? Io lavoravo da sola, anche che forse Zakrina poteva tornarmi utile...
    La guardai. Per tutto il tempo era rimasta in silenzio a camminare, aspettando che finissi di fare le mie considerazioni.
    << Si tratta di lavoro>>, dissi, iniziando a dare dei colpetti alla coda di Aes per richiamare la sua attenzione; dovevo scendere. << E no, non sono buone nuove. C’è evidentemente qualcosa sotto, che non mi piace per niente>>, continuai.
    Provai a divincolarmi ma niente, il drago non mi stava calcolando e la sua morsa, per quanto delicata, era ben salda. << Aesingr! Fammi scendere, ORA!>>. Difficilmente capitava che alzassi la voce, ma era necessario che Aes mi levasse la coda di dosso, magari senza farmi piombare a terra.
    Nel frattempo mi rivolsi nuovamente a Zakrina: << Sai dove posso trovare la forgia di Algor? È là che devo dirigermi. Mi faresti un piacere a darmi le indicazioni, se puoi. Dopodiché le nostre strade si divideranno.>> Se avesse deciso di seguirmi sarebbe dipeso interamente da lei.

    Era ora di tornare a lavorare. Non ci si riempiva certo la pancia con le domande. La risposta al Maestro Mosèl avrebbe dovuto aspettare.
     
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    Splendore celeste

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    Se quel drago non era davvero Aes, si stava impegnando decisamente troppo per assomigliargli. Genna non sapeva se ciò faceva onore ad Aes o disonore all'impostore, ma quando notò un sorriso increspare il suo muso, Genna non ebbe più dubbi: Aes era l'unica creatura al mondo che rispondeva ai suoi rimproveri con un sorriso invece che cercare di infilarle due dita negli occhi. Quando le spiegò che era preoccupato per lei, Genna distolse lo sguardo cercando di dissimulare il suo imbarazzo dietro una facciata di finto sdegno.
    < Nei guai? Io? - sullo sfondo un tavolino le coronò la testa e si schiantò dall'altra parte della taverna - Ma quando mai? >
    Il rumore di legno infranto la fece voltare, ma nella confusione generalizzata non era facile capire cosa stesse succedendo. Era assurdo come ci fosse così tanto caos anche ora che la maggior parte dei contendenti si era ritirata dalla rissa. Con uno sbuffo, tornò a focalizzarsi sul drago.
    Aprì la bocca varie volte per commentare con qualche frase acida il suo senso dell'orientamento, ma non era abbastanza ipocrita per continuare. Con la scusa che Kengard l'aveva attraversata solo sulla sua groppa, Genna non aveva idea di quanto fosse davvero distante Kerus. E come se non bastasse, Genna non si era mai impegnata davvero a partire: quella era la prima volta che metteva il naso fuori dal dannato castello dei Corvi.
    < *sospiro* Ah, andiamo. > rispose, quando il drago suggerì di uscire dalla taverna.
    Lo superò di lato e si diresse verso l'uscita. Fortunatamente, nessun proiettile vagante attentò alla sua vita lungo il percorso, sia perché nella rissa erano rimasti solo i picchiatori professionisti che per la mole di Aes che la riparava dai focolai ancora attivi. Dopo aver varcato la soglia, Genna si fece da parte per far passere Aes, ma prima che potesse chiedergli dove avesse intenzione di andare, venne superata da una creatura sospesa in aria, con la coda blu del drago arricciata attorno alla vita.
    < Ok. > sussurrò tra sé e sé, con un'espressione alquanto perplessa.
    Osservava a distanza quello strano quadretto: il drago di sedere, una creatura incappucciata che urlava di farla scendere e poco dopo un'altra umana che si avvicinava con uno strano sorrisetto soddisfatto. Non dubitava che Aes fosse anche capace di prendere al volo gente a random per chissà quale ragione, ma avrebbe dovuto immaginare che non fosse tornato da solo nella Città dei Corvi. Quante potevano essere le possibilità che fosse riuscito a ritrovare la strada in mezzo a quella stupidissima palude?
    Genna sospirò di nuovo e si riavvicinò all'ingresso della taverna. Un gruppetto di coboldi stava uscendo ridacchiando tra loro: uno di loro reggeva un boccale di legno, anche se sembrava più interessato a sventolarlo in giro con aria festante piuttosto che berlo. Senza farsi troppi problemi, Genna glielo sfilò di mano. A giudicare dalla situazione, aveva davvero bisogno di bere qualcosa.
    < Ehi! > le urlò contro il povero coboldo.
    Genna non lo filò di striscio, si allontanò dal gruppetto senza né ringraziare né scusarsi. Portò il boccale alle labbra e ingollò il suo contenuto ad ampie sorsate. Il suo sguardo vagò in direzione di Aes e le due che lo accompagnavano. L'umana aveva un aspetto familiare. Dove l'aveva già vista quella donna? Oh, giusto. Orchi, pazza, pavimento in faccia: era la tizia che l'aveva liberata dalla stretta degli orchi.
    Per Zadoz, una birra annacquata non le sarebbe bastata.
    Sospirò, si gettò alle spalle il boccale vuoto (mancando di pochi centimetri lo stesso coboldo a cui l'aveva sottratto), prese coraggio e si avvicinò ad Aes e le due intorno a lui.
    < Mi sembra di capire che siete dirette ad Algor? Venite con me. - fece un cenno con la mano, poi si voltò verso Zakrina - Tu mi devi un naso per avermi liberato da quegli orchi, ma mi accontento di una birra. >
    Prese Zakrina per braccetto e iniziò a trascinarsela dietro per una strada rigorosamente a caso. Non serviva conoscere Città dei Corvi per capire che lei fosse tanto orientata nello spazio-tempo quanto lo era Aes.
     
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    Il drago azzurro che puzza di pesce

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    Uscirono tutti fuori e si riassettarono, come se quello fosse un gruppo riassettabile, e Zakrina capì subito che quella volta non sarebbe toccato a lei fare da collante-tramite-quella che spiega per gli altri. Meglio così, si sarebbe tolta diverse complicazioni complicate e tutt'altro che indispensabili.
    Aesingr aveva smesso di fare il muso da pesce, ma gli ricomparve un attimo dopo quando si rese conto di esser stato di nuovo sbadato. Quasi sussultò al sentire Engifer urlargli contro, e con delicatezza abbassò la coda per poi lasciarla andare.
    "Oh, scusami"
    Si passò la coda su un fianco con fare imbarazzato e la nascose fra le zampe posteriori, continuando a camminare. Non si era reso conto di aver fatto qualcosa di strano, quindi si limitò ad esibire uno dei suoi sorrisetti.
    Si ritrovò mentalmente a fare il punto della situazione, anche se ancora non era del tutto sicuro di volerlo fare davvero. Sentiva un po' di occhi su di lui, ma soprattutto qualcosa non gli sembrava al proprio posto e non riusciva a capire di cosa si trattasse. Una mezza idea ce l'aveva, ma era troppo complicata per poterla esternare.
    Zakrina dal canto suo osservava sia Aes che Engifer, di tanto in tanto si voltava indietro o cercava qualcosa nei dintorni di oscuro per gli altri. Si erano allontanati abbastanza dall'entrata ma restavano comunque a diverse centinaia di metri dal castello Eclissi; stavano circunnavigando il centro, per citare Fabio Medas (?). E sempre per citare Fabio Medas, Aes non sapeva come fare a vivere: si sentiva molto piccolo con quell'imponente struttura che svettava in lontananza, visibile come un'ombra tetra e gigantesca anche attraverso la nebbia. Non quella argentata, la nebbia proprio!
    Zakrina era stata agguantata da Egenna e non si era per niente scomposta. Nello starle vicino sentiva quasi l'odore di Aesingr, quel tipico odore di chi prende a ginocchiate il fato avverso e si mette nei guai involontariamente pur lasciando pensare che sia tutto calcolato.
    "Naso? Quanti ne vuoi! Tu sei Egenna quindi? Piacere, Zakrina"
    Sorrise, senza neanche capire perché aveva risposto in quel modo. Invertì poi le posizioni e fu lei a cominciare a tirare la ragazza da una parte, o meglio fuori portata orecchie di Aesingr. Il che voleva dire dall'altra parte della città.
    Si prese pure Engifer, ma avendo visto come aveva caziato Aes si limitò a farle cenno di seguirla. Lanciò poi un'occhiata al drago e lo puntò con un dito.
    "Aspettaci lì, torniamo subito"
    Aes rimase un attimo interdetto, poi annuì.
    "Si certo"
    Il drago si sedette in mezzo ad una via, senza accorgersi che forse lì ingombrava il transito, e si domandò quali cose da femmine dovessero trattare così segretamente. Si erano allontanate abbastanza, ma non troppo da essere inudibili. In ogni caso si lasciò distrarre da qualche luce distante e da chiacchere provenienti dalle abitazioni, quindi non prestò loro troppa attenzione.
    Se si erano allontanate dovevano discutere di cose loro, non sarebbe stato carino ficcare il naso. Neanche la curiosità batteva la sua pucciosità. Con un sospiro sbadigliò e le attese tutto paziente e pescioso, seduto con le zampe sul selciato scuro.

    "C'è un problema" disse Zakrina, lasciando Genna e fermandosi nei pressi di una statua di un corvo appollaiato di fronte ad una fontanella. "Per farla breve, siete in troppi a conoscere Aesingr e a comportarvi troppo naturalmente con lui. Da quanto lo conoscete? Era qui sull'isola quando l'aveve incontrato?"
    Sembrava un po' un mezzo interrogatorio, ma cercò di andare dritta al punto. Non che le avrebbe rassicurate il punto, ma perlomeno poteva mettere in chiaro che non era con loro che ce l'aveva.
    Era il momento della verità. Prese un lungo respiro e si passò una mano fra i capelli, come un gesto nervoso. Non era sicura che avrebbe ottenuto qualche risposta, ma doveva provarci. Temeva di non riuscire più a trattenere l'insieme di emozioni che la stavano accompagnando da quando aveva messo piede nella palude.
    "Io... ho visto Aesingr venire ucciso. Anche se ormai è passato diverso tempo non sono ricordi che si confondono. Com'è possibile che sia lì?" continuò indicando nella direzione da cui erano arrivate. "Mi sembra così assurdo, credevo di averlo scambiato per qualcun altro, che ci fosse un qualche inganno sotto, ma quello è senza dubbio Aes"
    I suoi occhi non tradivano indecisione, accenni di pianto o altro che potessero dar l'impressione che fosse a disagio. Era solo perplessa, come qualcuno che dopo esser venuto a patti con una certezza si ritrova a chiedersi se ciò che aveva sempre creduto fosse spazzatura da cestinare. Non aveva avuto modo di chiarire quei dettagli con Engifer, non voleva coinvolgere Aes finché fosse stato possibile. Le era parso così naturale, così lui stesso eccetto per quel musone un po' pensieroso, che non le andava di rovinare tutto.
    "Non ditegli che lo conoscevo, prima vorrei capire cos'è successo. Qualche mese fà in effetti una creatura nominò Aes e in frangenti piuttosto strani, ma non gli diedi retta. Temevo stesse leggendo i miei pensieri e mi stesse prendendo in giro, o qualcosa di simile. Non capisco la magia e quelle cose complicate"
    In realtà non aveva voluto ascoltarlo, semplicemente. Non solo perché parlava troppo, ma perché aveva paura di ritrovarsi a pensare di nuovo a lui. E ora, proprio quando i suoi sforzi di cercare di accantonare i ricordi dolorosi stavano dando i loro frutti, eccolo lì che ricompariva. Prima con Engifer, poi con Egenna.
    Engifer le aveva detto di averlo incontrato in veste di mercenaria, ma avevano già chiarito che non volesse fargli del male. Egenna sembrava conoscerlo piuttosto bene, si comportava con lui come faceva lei anni prima. Non riusciva a decidere se quella cosa la facesse infuriare o se la facesse sentire bene, nel dubbio rimase tranquilla e neutra come al solito.
    "Scusate, ma penso sia importante. Vorrei chiedere a lui, ma... per qualche ragione non mi riconosce. O se mi ha riconosciuto c'è comunque qualcosa di sbagliato. Non è bravo a fingere o a trattenere le emozioni, quindi significa che non si ricorda di me"
    Non sapeva come comportarsi in effetti, la situazione era complicata. Complicata come quella in cui stavano per ficcarsi tutti, ovviamente...
    alla forgia qualcuno li stava aspettando.
     
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    Uovo

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    << Mi sembra di capire che siete dirette ad Algor? Venite con me. Tu mi devi un naso per avermi liberato da quegli orchi, ma mi accontento di una birra >>. Come? Cosa? Rimasi un attimo interdetta. A malapena mi resi conto di Aes che mi metteva giù. Egenna era comparsa prendendo a braccetto Zakrina, come se avessero chissà quale confidenza, e si era avviata trascinandosela dietro. Che diamine...che voleva ora quella? Possibile che nessuno si facesse gli affari propri recentemente? Doveva essere passato di moda…
    Sbuffai frustrata. Ecco che l’incantevole compagnia continuava il suo fantastico viaggio, verso un’altra grandiosa avventura ricca di emozioni…urrà. Non vedevo l’ora. Gettai un’occhiata intorno. Non c’era niente di particolarmente insolito, eppure... le mie squame fremevano. Probabile che fosse solo l’umidità del luogo. O la stanchezza. O anche la fame. Mi rammaricai di tutto quello stufato, andato sprecato durante la rissa…e l’assenzio! Argh! Che rabbia!
    Riportai lo sguardo davanti a me. A quanto pare i ruoli si erano invertiti, ora era Egenna ad essere trascinata da Zakrina, che agguantò anche a me. Miseriaccia! Cos’era tutta questa confidenza e voglia di contatto!? Mi liberai, riacquistando il mio spazio (mi raccomando rispettiamo la distanza di almeno 1 metro!). A questo punto mi fece cenno di seguirla da un’altra parte della città – avremmo finito per perderci – mentre intimava il drago a fermarsi. << Aspettaci lì, torniamo subito>>, disse. Aesingr semplicemente si sedette in mezzo alla via e presto perse interesse verso di noi.
    Un po’ mi dispiaceva lasciarlo lì escluso a ingombrare il passo, soprattutto perché non sapevo cosa mi attendesse con quelle due. Sperai non discorsi da ragazze! A malincuore le seguii. Sospirai. Se era vero che ad ogni sospiro una parte di anima se ne andava, qualcosa mi diceva che sarei morta presto. Avevo altro a cui pensare che fare qualunque cosa stessimo facendo.
    Ci fermammo fuori dalla portata di udito, vicino ad una fontanella con una statua di corvo appollaiato di fronte. “Carino…pittoresco”, pensai. Giustamente chiamandosi Città dei Corvi (<< I conti tornano!>>, dice Kronk) << C’è un problema >>, disse Zakrina, << Per farla breve, siete in troppi a conoscere Aesingr e a comportarvi troppo naturalmente con lui. Da quanto lo conoscete? Era qui sull'isola quando l'avete incontrato? – sembrava nervosa – io… ho visto Aesingr venire ucciso. Anche se ormai è passato diverso tempo non sono ricordi che si confondono. Com’è possibile che sia lì? Mi sembra così assurdo, credevo di averlo scambiato per qualcun altro, che ci fosse un qualche inganno sotto, ma quello è senza dubbio Aes >> Ora capivo il nervosismo. Anche io sarei stata nervosa a vedere un morto…magari di qualche mia vittima. Alquanto sgradevole come esperienza, non c’è che dire. Poi rividi il volto di una ragazzina. Già…anche io avevo visto recentemente un morto, ma i miei erano solo nella mia mente a perseguitarmi. << Non ditegli che lo conoscevo, prima vorrei capire cos'è successo. Qualche mese fa in effetti una creatura nominò Aes e in frangenti piuttosto strani, ma non gli diedi retta. Temevo stesse leggendo i miei pensieri e mi stesse prendendo in giro, o qualcosa di simile. Non capisco la magia e quelle cose complicate >>. Anche io avrei avuto dubbi a scardinarmi dalle mie certezze. << Scusate, ma penso sia importante. Vorrei chiedere a lui, ma… per qualche ragione non mi riconosce. O se mi ha riconosciuto c’è comunque qualcosa di sbagliato. Non è bravo a fingere o a trattenere le emozioni, quindi significa che non si ricorda di me >>. Detto questo tacque in attesa di una nostra risposta. Purtroppo non avevo la minima idea di cosa volesse da noi. Per quanto mi riguardava per me Aes era Aes, un drago blu che puzzava di pesce. Se poi non era come il suo Aes, beh…non era certo un mio problema. Non si ricordava di lei? Magari aveva perso la memoria in qualche incidente o, per lui, lei non era stata altrettanto importante. << Stiamo perdendo solo tempo. Io ho cose da fare e posti dove andare >>, dissi, << Puoi fare tutte le congetture che vuoi, non credo che sia così che troverai la verità. Certamente non da me. Ti ha dimenticato? Scegli: o te ne fai una ragione o affronti direttamente la questione con lui >>. Che fossi stata troppo diretta? << Non prendertela a male – continuai – ma francamente ringrazierei il fatto di averlo ritrovato. Se ci teneva a te, standogli accanto, prima o poi tornerà >>. Per quel che ne sapevo Aesingr non sembrava essere il tipo da scordarsi degli amici così per capriccio. << Per quanto mi riguarda la situazione è chiusa. Intanto che voi vi chiarite, vado a farmi in giro >>. Mi allontanai, tornando verso il drago. Lo sorpassai. Avevo visto alcuni banchini che vendevano erbe e veleni...oh, eccolo là! Dovevo fare scorta. Non potevo presentarmi quasi disarmata ad un nuovo incarico… avevo un brutto presentimento. La via era ancora frequentata. Mi avvicinai con disinteresse al banco. Ora serviva un elemento di distrazione. Notai un coboldo affaccendato che portava dei pacchi. Casualmente il mio piede si trovò nel suo cammino e questi rovinò a terra. I pacchi finirono contro il banco facendo cadere un po' della merce esposta. Il venditore, una pixie piuttosto alterata dall'accaduto, iniziò a inveire contro il malcapitato. Io nel frattempo sottrassi un po’ delle cose cadute e proseguii. Avevo Belladonna pronta per ogni evenienza, ma nessuno sembrava aver notato nulla. Dovevo prestare attenzione comunque. La città era sorvegliata, avevo scorto delle pattuglie appena arrivati. Ripetei la stessa cosa con un banchino che vendeva degli spiedini di carne. Lì fu più facile dato la folla di poveri affamati che vi si affollavano attorno. Bastò una spinta qui, una gomitata là. Mi trovai davanti alle pietanze mentre una mano tentava di afferrarmi e all'ultimo afferrai tre porzioni, una da mettere in mano al mio amico (per l'ottima collaborazione) e due per me. Mi abbassai e mi dileguai nella calca. Gettai uno sguardo alle mie spalle, in tempo per vedere il malcapitato che veniva accusato di furto, ritrovandosi in mano uno spiedo invece della sottoscritta. Me ne tornai da Aesingr, gustandomi velocemente la carne succulenta.

    Sin da piccola avevo imparato che rubare voleva dire sopravvivere, anche se a volte si trattava di rubare una vita, e per me non era mai stato un problema.
     
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    Splendore celeste

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    Genna aveva già adocchiato una stradina buia e laterale, perfetta per perdersi in quella città piena di gente poco raccomandabile, quando si sentì trascinare esattamente nella direzione opposta. Per "una" volta, il suo acchiappare persone a random le si era rivoltato contro: non si era aspettata che qualcuno reagisse con qualcosa di diverso da una mera reazione di sorpresa, tanto meno approfittarne per spintonarla dove non avrebbe voluto andare. Genna si voltò verso l'altra umana pronta a protestare, a dirle che era stata lei a cominciare a trascinarla e che lei non aveva alcuna intenzione di seguirla, quando venne interrotta dalla sua presentazione. Serrò la mascella con uno schiocco. Zakrina, eh?
    Prima che potesse risponderle, la ragazza si era voltata a fare cenno alla figura incappucciata che era stata catturata poco prima dal drago, per poi girarsi verso Aes e ordinargli di non muoversi da lì. Genna lo osservò mentre veniva trascinata via controvoglia. Si rivolse a Zakrina, era ancora più interdetta di Aes.
    < Cosa? Come è possibile? - chiese all'umana - Perché quando sono io a dirglielo fa sempre l'esatto opposto? >
    L'umana condusse lei e l'altra creatura in una piazza, con al centro una statua di dubbio gusto, ma affine al set tematico della città. Quando venne finalmente liberata dalla sua morsa, Genna si voltò verso la statua e cominciò a osservarla come se fosse la cosa più interessante del mondo. Ascoltò in silenzio tutto ciò che Zakrina aveva da dirle, finché non le spiegò che Aes era morto (morto?) davanti ai suoi occhi. Genna si voltò di colpo verso di lei. I suoi occhietti si erano assottigliati in una fessura e la guardavano dall'alto in basso come se avesse confessato di essere stata lei stessa ad aver ucciso il drago. Il che, sapeva essere assurdo, ma non poteva evitarlo. Si calmò, distolse di nuovo lo sguardo e incrociò le braccia davanti al petto. Tornò a fissare la statua con aria piuttosto imbronciata, mentre Zakrina terminava con la sua spiegazione.
    Aspettò che anche l'altra terminasse di esprimere il suo pensiero senza intervenire e non la fermò quando accennò ad andarsene. Si prese un po' di tempo prima di rispondere a sua volta. Si voltò distrattamente verso Zakrina: la sua espressione non sembrava triste, ma Genna aveva viaggiato abbastanza da una taverna all'altra per riuscire a leggere in lei una certa tensione. Si capiva che era un'argomento che le stava particolarmente a cuore, anche se non voleva darlo a vedere più di tanto.
    Sospirò, prima di prendere parola.
    < Non mi piace molto l'idea di sparlare di Aes alle sue spalle, ma capisco che questo sia piuttosto importante. - il suo sguardo vagò brevemente nella direzione del drago - E non solo per te. >
    E quello era l'unico motivo che l'aveva spinta a non girarle le spalle non appena la ragazza le aveva chiesto informazioni su Aes. Genna si interruppe di nuovo. Nonostante tutto non aveva idea di come continuare o da dove cominciare. Cosa poteva dirle per non intromettersi in affari che non le competevano? Non che si facesse tante remore, di norma, ma questa volta non si parlava di uno sconosciuto e se Aes avesse voluto raccontare qualcosa, lo avrebbe già fatto. Probabilmente. Era difficile dirlo con certezza, trattandosi di Aes.
    < Ti sembrerà una domanda un po' assurda, ma te per caso suoni un qualche strumento musicale? Cioè, nel senso... - portò le mani in avanti come a farle capire che non era sua intenzione prenderla in giro - ok, forse avrei dovuto cominciare dicendo che non so molto del passato di Aes e il poco che so non me la sento di rivelarlo senza il suo consenso. Nessuno mi vieta di darti un suggerimento, però: tutte le volte che Aes mi sentiva suonare, faceva la stessa espressione seria che sta facendo anche adesso. >
    Si grattò la testa e rimase qualche secondo a fissare il drago in lontananza. C'era un solo motivo per cui ci aveva fatto caso.
    < E' destabilizzante vederlo così pensieroso, vero? >
    Tornò a focalizzarsi. Quella era una questione importante.
    < Se tu sei chi penso che tu sia, potresti risolvere molti dei tuoi problemi cercando di cantargli qualcosa piuttosto che chiedere alla prima sconosciuta di turno. Nessuna offesa per la tua amica, eh. - con il pollice accennò alle spalle verso la simpatica creatura incappucciata - Per il momento non ti preoccupare. Forse Aes non ricorda esattamente il tuo viso, non sa di cosa avete parlato l'ultima volta che vi siete visti o quale sia il tuo piatto preferito... ma dubito che abbia dimenticato, se ti conosceva davvero. O per lo meno, sa già che c'è qualcosa che gli manca. >
    Riuscì a mantenere un'espressione vagamente seria solo per qualche altro secondo, poi il sorriso rassicurante che si era stampato in faccia si trasformò in un bieco ghignetto.
    < E con questo consiglio sono due le birre che mi devi offrire! >
    Prese la donna a braccetto e ricominciò a trascinarla - di nuovo - verso Aes. Meglio tornare da quello stupido drago, prima che potesse essere bullizzato da una qualche altra principessa in pericolo. Genna dubitava che avrebbe digerito facilmente un ulteriore allargamento del suo arem. Non senza qualcosa di forte davanti al naso, almeno.
    < E, ti prego, chiamami Genna. Per qualche strana ragione non riesco a non associare "Egenna" al casino in cui quel dannato drago mi ficca ad ogni role. >
    *rumore della quarta parete in frantumi*
     
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    Il drago azzurro che puzza di pesce

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    Zakrina non si aspettava quel tipo di risposta da Engifer. Aveva intuito all'incirca che tipa fosse, nei limiti del poter comprendere gli altri, quella fermezza però la sorprese.
    "Oh, tu mi piaci" le rispose facendo il pugno di fronte a sé. "Ma penso la questione sia diversa questa volta"
    La osservò allontanarsi, per concentrarsi poi su Genna.
    "L'avevo detto, due birre!"
    Sorrise, fin troppo tranquillamente per l'argomento scaturito da quell'incontro inatteso. "Si, in effetti suonavo e cantavo con lui. Era un po' stonato a volte ma si poteva rimediare"
    Si lasciò prendere a braccetto di nuovo e questa volta si fece trasportare verso il drago senza deviare traiettoria a caso. Era rincuorante che Genna sapesse del dettaglio delle canzoni, ma adesso era più curiosa di prima. Fu sinceramente piacevole sentirsi dire che Aesingr poteva anche non aver rimosso tutto dalla sua mente, per quanto nutrisse dubbi sul piatto preferito. Non poteva non ricordarselo, se aveva dimenticato il cibo che lei arraffava sempre nelle locande dopo ogni canzone le cose erano gravi!
    "Ti ringrazio. Comunque, violino anche tu? Io devo recuperare il mio"
    E ora dovevano raggiungere Engifer. Voleva effettivamente accompagnarla, ma si era dissolta prima potesse elaborare altri pensieri oltre a quelli che le invadevano la testa in quel momento.
    Avrebbe pensato più tardi a parlare con Aesingr, in fondo avevano ragione entrambe a loro modo. Doveva cantare con lui? Non vedeva l'ora. Qualcosa le diceva che quei due birboni si erano divertiti senza di lei. In effetti il modo in cui si riferiva al drago pesce era piuttosto simile alla perfetta descrizione delle situazioni in cui si finiva standogli vicino, purtroppo era proprio quella tendenza ad averli infine separati. Non capiva ancora come, non sapeva se fosse accaduto davvero, ma ora si erano ritrovati.

    Un'ombra si aggirava per le bancarelle. Erbe e carne che scomparivano, schiamazzi e versacci contrariati, qualcuno stava rubando a Andorix. Nessuno di solito rubava ad Andorix, al punto che le guardie neanche se ne curavano più. Non indolenti quanto a Kerus ma comunque a volte distratte dalla quotidiana illegalità del luogo, avevano finito per lasciar rubare a chi ci riusciva senza farsi vedere.
    Engifer stava proseguendo senza timore alcuno dei corvi, sicuramente folle oltre che intraprendente. Quando fu fuori portata dagli sguardi dei mercanti, un fruscio alle sue spalle strisciò sinuoso fino a poggiare una mano sulla sua spalla destra.
    "Fantastico, non si vedono tutti i giorni certe cose qui. Quelli che ci provano sono incapaci, i meno incapaci non ci provano"
    La zampa la lasciò andare. Dove prima vi era il nulla comparve un coboldo armato di balestra. Teneva fra gli artigli uno dei mantelli che ad Andorix rendevano invisibili le guardie, noti ai residenti ma un problema per chi veniva a combinare guai da fuori. Il suo aspetto era leggermente diverso dagli altri coboldi che Engifer aveva incontrato fino a quel momento nella palude; le sue squame di un antracite quasi nero facevano risaltare i suoi grandi occhi rosati. Riusciva persino ad essere inquietante nonostante la bassa statura e un aspetto tutto sommato non minaccioso, come per gli altri della sua specie.
    "Ero anch'io un ladro prima di unirmi alla guardia" spiegò, senza un motivo apparentemente ben preciso. "Anche se... si, diciamo che lo sono ancora"
    Concluse la frase in un bisbiglio ironico e ammiccando, con tanto di ghigno divertito. "Non sono abile come te però. Stai attenta qui attorno, se non si è del luogo e non si è abituati alle guardie invisibili si rischia di rimanere fregati. Nel raggio di mezzo chilometro non dovresti trovarne altre, ma non tutti lasciano passare. Ti consiglio di sfruttare le ombre delle abitazioni. Di solito è così che ci ingannano i bricconcelli!"
    Ridacchiando, come nulla fosse stato, si rinfilò il mantello e scomparve com'era arrivato. In realtà era ancora lì, si stava semplicemente allontanando in tutta calma. Anche se silenziosi i suoi passi erano udibili; per la gran parte degli abitanti abituati da tempo, concentrandosi, non era impossibile notare le presenze circostanti non percepibili all'occhio. Vivere a Andorix formava nello spirito e nel fisico, la vita a Kerus diventava una passeggiata volendo barare. A Kerus però i problemi erano ben altri e non si rischiava a causa della legge.
    Alla Forgia, intanto, si udiva il carbone crepitare. Dal foro scivolavano le ceneri, il calore si disperdeva fra le ombre fumose. Il battere del metallo riecheggiava a metri di distanza, come rintocchi di campane sorde.
     
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