Śtburšur

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    Splendore celeste

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    ŚTBURŠUR

    disegno di RayEtherna - twitter

    L'śtburšur č uno spettro del folklore islandese, spesso protagonista di racconti tristi e vicende sfortunate. Puņ avere l'aspetto di un qualsiasi uccello, ma di solito viene rappresentato come un corvo o un avvoltoio. Ciņ che contraddistingue queste creature, perņ, č la testa: al posto di becco e piume, gli śtburšir hanno invece un piccolo teschietto. In alcuni racconti vengono aggiunti altri dettagli che ne indichino l'origine umana, come ginocchia o gomiti che possono utilizzare per svolazzare o gattonare sul terreno. In altri si specifica che possono parlare, ma lo fanno solo di rado: preferiscono piuttosto esprimersi con degli ululati agghiaccianti, soprattutto quando c'č cattivo tempo.

    Il loro teschio ha una caratteristica particolare: č quello di un neonato. Gli śtburšir sono infatti fantasmi che nascono dalla morte di un neonato abbandonato, in genere esposto dalla madre nella foresta per disfarsi di un figlio nato fuori dal matrimonio. Il colore del piumaggio ricorda quello dello straccio in cui il neonato č stato avvolto prima di essere lasciato nell'impietoso clima islandese.
    Sono due i comportamenti principali di un śtburšur: alcuni rimangono nel luogo nel quale sono morti per spaventare i passanti; gli altri tornano dalla famiglia che li ha lasciati a morte certa e ne perseguita i componenti fino a farli impazzire. Sono tante le storie tradizionali che parlano di queste creature, in particolare di quelle pił vendicative. Il racconto pił famoso ha come protagonista una giovane contadina che, per circostanze precarie, ha dovuto esporre suo figlio appena nato. Dopo del tempo la madre č stata invitata ad una festa e per cercare di declinare l'invito, la donna si č lamentata di non aver nulla da mettersi per ballare. In quel momento una voce si č levata dall'alto, per invitare la donna a partecipare lo stesso.

    CITAZIONE
    Madre mia, nell'ovile delle pecore,
    Non ti preoccupare, non piangere,
    Posso prestarti il mio straccio rosso sangue,
    Per te da indossare, per te da indossare.

    Per quanto fosse gentile da parte del suo śtburšur prestargli qualcosa per la festa, solo la donna poteva sentire la voce spaventosa del figlioletto morto. E ha continuato a sentirla finché non č finalmente uscita di testa.
    Da questa storia hanno preso spunto numerose canzoni. Provate a copia-incollare su youtube móšir mķn ķ kvķ kvķ (= mia madre in una gabbia, secondo google traduttore) e dovrebbero comparirvene parecchi esempi. Il primo risultato: link youtube


    Fonti: (in inglese) https://grapevine.is/mag/articles/2008/09/...eings-utburdur/ - https://grapevine.is/icelandic-culture/art...month-utburdur/
    Immagine: https://twitter.com/RayEtherna/status/1260...0599296/photo/2
     
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