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    È tempo di affilare gli Artigli.

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    Su Arca non ci sono molti esploratori.
    Anzi, si contano sulle dita coloro che l'hanno lasciata e sulle dita di una sola mano sono quelli che vi hanno poi fatto ritorno.
    Di questi, un numero ancor minore ha prodotto delle documentazioni durante i suoi viaggi, tra cui, oltretutto, uno dei suoi antenati.
    Era stata una vera fortuna, per Demetra, scovare il suo libro, nella biblioteca di Artemide.

    In fede sua si stupiva di quanto cieco affidamento avesse riposto in quel singolo tomo.
    Ma non appena si ricordava delle suo origini Animiste, lo stupore sbiadiva.
    Aveva un pro-prozio archivista, una prozia che restaurava la carta e la venerava al pari di una divinità e poi c'era sua madre, che lavorava in un museo, e suo padre che per anni aveva riposto tutte le sue attenzioni solo alle scartoffie che gli venivano affidate.
    Fidarsi della parola scritta era nel suo sangue, che la cosa le piacesse o meno.
    Ma quella fede le aveva offerto un'occasione unica e di questo non poteva certo pentirsi.

    Altra cosa di cui ancora non si capacitava, era la semplicità con cui i genitori l'avevano lasciata partire.
    A dire il vero il padre era lievemente più restio, forse per paura, per senso di protezione o che altro.
    La madre, invece, era stranamente serena. Demetra credeva d'averne capito le ragioni: come quando lei, da giovane, aveva dovuto lasciare il Regno degli Animisti per il Regno dei Draconi, per conoscere il suo futuro marito, così anche per Demetra era giunto il momento di costruirsi una vita propria e fare le sue scelte.
    Quello che forse la madre non immaginava, però, era che Demetra non cercava un marito o una nuova casa, ma la grandezza e il sapere.

    Dall'istante stesso in cui Rilihyn aveva spiccato il volo, Demetra aveva capito di quanto fosse assolutamente perfetta quella creazione, per lei.
    Volava alto, al di sopra di tutto e di tutti, fiera sulla sua personale cavalcatura, mentre il vento le spazzava all'indietro la lunghissima chioma da Draco.
    Era una sensazione di onnipotenza e superiorità unica.
    E dire che aveva pensato persino di distruggerlo, una volta giunta a Kengard!
    Non ci avrebbe mai rinunciato, invece! Certo, se fosse andato distrutto, ne avrebbe fatto un altro.
    Ma il tempo di ammaestrare così tanti pezzi non è affatto poco.

    In ogni caso, lassù aveva perso la cognizione del tempo.
    Aveva portato abbastanza provviste per sopravvivere almeno due settimane, forse tre usandole con la giusta parsimonia.
    L'apertura alare di Rilihyn era così grande e robusta che Demetra la usava come una casa volante.
    Ci aveva mangiato, dormito, letto... Probabilmente, se non avesse avuto una meta ben precisa, forse non ne sarebbe mai più scesa.
    Ma no, la sua vita non poteva limitarsi ad una sensazione di beatitutine e superiorità.
    Doveva riempire quella superiorità della sostanza che lei sapeva di essere in grado di gestire.

    Dopo quattro giorni di viaggio pressoché ininterrotto, l'arrivo era ormai prossimo.
    Le memorie del suo antenato lo confermavano.
    Ma quello che non dicevano è che qualcosa avrebbe attirato fin da subito la sua attenzione da Arcana: sopra i territori che, a giudicare dagli schizzi nel libro, appartenevano a Kengard, c'erano delle isole sospese nel vuoto.
    Erano inspiegabili, proprio come Arca.
    E bellissime, perché per lei erano inesplorate e totalmente nuove.

    Lo prende come un segno del destino: era da lì che avrebbe cominciato la sua avventura.
    Dà quindi ordine a Rilihyn di atterrare.
    Usa una delle sue ali come fosse una scaletta e ne discende. Prende una piccola lamina di metallo da una delle sue zampe e la metta nella sacca di cuoio che tiene a tracolla.
    L'animale, per così chiamarlo, accenna una smorfia se non di dolore, per lo meno di fastidio, ma resta immobile, a muso chino.

    Demetra si discosta di qualche passo da lui ed inspira profondamente l'aria: è l'aria di un posto tutto nuovo, ancora da scoprire.
     
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    Padme, debutto


    La notte era passata e le prime luci del mattino facevano capolino da sotto le nuvole. Padme era in viaggio da quasi due giorni ed aveva voglia di toccare terra e riposarsi. Iniziò a planare dolcemente seguendo la corrente del vento, la luce dei raggi del sole la riscaldava e il rumore delle sue ali che sbattevano la cullava. Sotto di lei, improvvisamente, comparve un'isola. Un'isola come le altre, come tutte quelle che aveva superato in viaggio, un'isola come la sua. Decise di avvicinarsi piano piano per cercare un punto di atterraggio riparato da occhi indiscreti ma allo stesso tempo adatto. Più si avvicinava e più pensava al peggio, da quando era stata portata via da Minyaer quella sensazione di essere seguita e perennemente minacciata la obbligava a tenere alta la guardia, come una bestia. Lei non era così, era un fiero drago di cristallo, nemmeno un qualsiasi drago, come quelli di fuoco o di altri elementi. Era nobile! E mentre pensava a questo durante il suo atterraggio, iniziò ad intravedere, ancora ben nascoste tra una nuvola e l'altra, dei grandi pezzi di terra, altre isole, pensò, sospese però in aria. Era buffo come quei grandi ammassi di terra sembrassero isole anch'esse, nel mare invisibile del cielo.
    Padme volò ancora per poco finché non raggiunse terra. Le zampe schiacciavano al suolo i fili d'erba bagnati di rugiada. Questa sensazione la riportava alla sua terra natia, dove era solita giocare con i fratelli per lunghe mattinate intere, su quei prati verdi e freschissimi. Non lontano da lì trovò un fiumiciattolo da cui bevve e pescò con l'ausilio dei suoi artigli. Purtroppo i pesci non erano grandi come quelli a Minyaer, ma sarebbe bastato per riposarsi un po'. Decise di nascondersi dentro un pertugio naturale che l'acqua aveva creato. Era una piccola grotta non molto profonda ma abbastanza grande per ripararla dai possibili umani che infestavano qualsiasi isola e luogo in cui era stata finora. Umani! Parassiti della scala animale, ecco cos'erano.
    Era ormai tardo pomeriggio quando le sue orecchie sentirono un rumore bizzarro. Era qualcosa che non aveva mai sentito, una specie di grave rumore cigolante, simile al suono che fanno gli umani quando costruiscono qualcosa, di ferro su ferro che batte. Era molto più cadenzato e abbastanza vicino. Padme fece uscire il muso dalla caverna, alzò gli occhi al cielo e vide un drago. Ma aguzzando bene la vista, quel drago non era da solo. Sul suo dorso, un umano stava comodamente seduto ed era come se ordinasse alla povera creatura di scendere. Era una mostruosità! Che abominio! Un umano che controlla un drago! Ma dove era finita la povera Padme! Semplicemente oltraggioso! L'avventura di Padme sarebbe finita lì se il drago non fosse stata orgogliosa per la sua specie e soprattutto una paladina della giustizia e della libertà dei suoi pari. Doveva fargliela vedere a quel sacco di pelle e peli. Peli, che schifo, non parliamone neanche. Come si fa ad avere dei peli sulla testa, si chiedeva Padme.
    Con una camminata aggraziata iniziò a seguire l'atterraggio del drago e con calma riuscì ad arrivare proprio dietro all'animale e al sacco di pelle. < Mhh-mhh > si schiarì la voce non appena l'umano scese. < Buona serata a te, umano. Non so se ti rendi conto quanto le tue prospettive di vita in questo momento siano calate, ma io odio quelli della vostra specie. Siete così...fragili e piccoli, insignificanti, oserei dire! Solo noi draghi siamo i prescelti, coloro che vivranno e governeranno in pace, mantenendo con grazia e giustizia questo magnifico paradiso. Voi uccidete gli alberi, cambiate i terreni e alzate muri, create armi dal nulla senza che la natura ve le abbia donate. Voi siete delle canaglie senza scrupoli che sterminate famiglie e schiavizzate brave creature >. Dicendo queste parole con un tono indignato, muoveva nervosamente gli artigli ma la testa era ferma e decisa, fiera. Camminò qualche passo in attesa di una reazione e subito dopo, senza abbassare la guarda dall'umano, apostrofò il suo simile < Il mio nome è Padme Radschen, drago di Corindone, ultima principessa della famiglia reale del clan Fiore di Loto, unica erede al trono di Minyaer , giusta protettrice dei draghi di terra e, naturalmente, arrampicatrice di pareti >. L'ultimo se l'era inventato da poco e mentre tutti gli altri erano canonici, quest'appellativo pensava di esserselo guadagnato dopo aver eletto come sua più grande passione l'arrampicata. Ovviamente al secondo posto tra i suoi hobbies vi era lo spelling e al terzo posto: odiare gli umani. < E tu, mio caro fratello drago, qual è il tuo nome? >.
     
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    Bastano pochi passi di esplorazione, prima che Demetra percepisca la sensazione di non essere da sola.
    Si ferma.
    Si corruccia appena, prestando la massima attenzione a tutti i suoi sensi.
    Gli Artigli pronti a colpire il nemico. Come sempre.
    I Draconi sembravano sì degli sprovveduti privi di armi, ma solo perché non ne avevano bisogno.
    Che poi lei fosse estremamente bassa e sembrasse molto più piccola della sua età, per certi versi poteva risultare un vantaggio: veniva sottovalutata. E sottovalutare un Draco è l'errore peggiore che si possa commettere.
    Dopotutto dubitava che al di fuori di Arca qualcuno sapesse dare il giusto peso al colore dei suoi capelli...

    Quando sente con chiarezza il rumore, quella specie di gola che si schiarisce prima di parlare, stringe i pugni.
    Il primo pericolo da affrontare. O forse il suo primo mentore, chi può dirlo.
    In ogni caso sarebbe stata un'esperienza nuova che l'avrebbe fatta crescere e le avrebbe fatto imparare qualcosa di più su quel mondo fuori da Arca.

    Alle prime parole del suo interlocutore, a cui dà ancora beffardamente la schiena, sorride.
    Semplicemente sorride tra sé.
    Mi offendi, scambiandomi per un Umano.
    Assicura, assolutamente calma. Glaciale, si potrebbe dire.
    Questo lo aveva senz'altro preso dal padre.
    E ti posso assicurare che non sono le mie prospettive di vita, quelle in pericolo...
    Aggiunge poi, voltandosi lentamente.

    La sua sicurezza viene meno, tuttavia, quando non vede il suo interlocutore.
    Non lo dà a vedere, certo, mantiene la sua composta eleganza e superiorità, ma... Con chi stava parlando?
    Le parole di quella sbruffona appartenevano in realtà a qualcuno che non aveva nemmeno il coraggio di farsi vedere?

    Quando finalmente capisce, il sangue le si ghiaccia nelle vene.
    Se non avesse riposto il diario di viaggio del suo antenato nella saccoccia, le sarebbe di certo caduto di mano.
    Ed era una fortuna che le sue armi erano parti del suo essere, nella sua testa, o avrebbe perso anche quelle.
    Non credeva che si sarebbe mai potuta sentire così incredula.
    Non credeva che ci fosse nulla al mondo del genere da poter scoprire.

    Fa qualche passo indietro.
    Non intimorita, ma sorpresa, impressionata.
    Sei... Un drago?
    Sembra quasi volersene accertare, come se improvvisamente i suoi occhi e le sue orecchie recepissero due tipi di informazioni distinte, che non riusciva in alcun modo ad armonizzare.
    Sei un drago e... Parli?
    Chiede ancora, colpita.

    Naturalmente Rilihyn non risponde.
    Né reagisce, in realtà.
    Volta il capo verso la sconosciuta, ma più per un gesto riflesso, che altro.
    Poi torna ad osservare la padrona e, in mancanza di ordini, si siede e poggia il capo tra le zampe anteriori incrociate, come un grosso cucciolone.
     
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    Padme era sorpresa, quel sacco di pelle e peli non era un'umano? E perché il drago non le aveva risposto? Non era forse educato come lei? Era proprio uno strano drago, pensava. Di sicuro non apparteneva ai draghi di terra, l'avrebbe subito porto i suoi saluti. Dopo una girata di capo quel drago dagli occhi spenti si era accovacciato, quasi fosse schiavo e maledetto da qualche incantesimo.
    < Tu > si rivolse alla creatura non squamosa che intanto era arretrata sui suoi passi, forse per lo spavento, pensò lei. < Cosa hai fatto a questo mio fratello di specie? L'hai maledetto? Sei forse una strega? Chi ti da il diritto di schiavizzare ed utilizzare a tuo piacimento creature così fiere e maestose come noi draghi?>. I suoi occhi, minacciosi, guardavano il piccolo uomo con i peli della testa lunghi e chiari, come la neve. < Certo che parlo! > replicò sconvolta < Cosa credevi? Noi draghi siamo una specie migliore della tua, anzi dammi un buon motivo per non attaccarti, per non difendere mio fratello, qui, che hai legato a te tramite qualche incantesimo! Cosa sei, qual è il tuo nome, bestia innaturale che non sei altro! Da dove vieni, abominio di pelle e peli? >. Il suo tono di voce era alto e stridulo, questa scoperta l'aveva turbata non poco. Non poteva credere ai suoi occhi, il suo incubo peggiore era arrivato anche lontano da Minyaer : i draghi venivano rapiti e schiavizzati, utilizzati come meri passaggi da un posto ad un altro. Questa non era la vita destinata alla sua specie.
     
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    Era una scoperta sconcertante. Non sapeva dire se meravigliosa o devastante, ma sicuramente imprevista.
    Non provava nulla di specifico, a riguardo: i draghi sono in grado di parlare, a Kengard? Buon per loro. Affascinante, certo. Ma questo non la predisponeva a nessuna empatia, o comprensione, o pena.
    Ma non era avversione verso i draghi, anzi: erano forse gli unici animali di cui ammirava la fierezza e la grandezza. Semplicemente lei era così.
    Ben poche cose la coinvolgevano, al di fuori della sua persona.
    Voleva bene alla sua famiglia, questo è certo. Ma nemmeno in quel caso provava un sentimento particolarmente forte. Di sicuro era il più forte che avesse mai provato per qualcun'altro, però.

    Tuttavia quel drago aveva già compiuto un errore.
    Dare ordini ad una dei Draconi? Offenderla?
    Sono cose del genere che muovono davvero lo spirito di Demetra.
    La sorpresa scompare. Un cipiglio di pieno orgoglio si erge nei suoi occhi.
    E poi ride. Ride in faccia a quel drago parlante, spuntato dal nulla.
    Non certo una risata di cuore, però: una risata di scherno.

    E sarei io l'essere inferiore, qui?
    Si informa, con tono retorico.
    Tu non riesci nemmeno a distinguere un ammasso di rottami da un tuo simile.
    Le fa notare poi, con estrema naturalezza.
    Se quel drago pensava di averla in qualche modo intimorita, si sbagliava di grosso.
    Io gli ho dato la vita. Ecco cos'ho fatto. Senza di me, lui non esiste.
    Assicura poi, sollevando un sopracciglio e piegando mezza bocca in un sorriso ancora più fiero, con un certo cipiglio affilato.

    Poi fa qualche passo avanti. Recupera il terreno che aveva perso.
    Alza il capo, con enorme fierezza, quasi regale.
    Io sono Demetra, Arcana della nobile Famiglia dei Draconi. E sono molto, molto tentata di attaccarti per prima.
    Ogni parola è un'elegante stilettata.
    Fissa il drago dritto negli occhi, senza timore, senza paura, senza vergogna.
     
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    La risata proveniente dal sacco di pelle la sconvolse. Come si permetteva di ridere in modo così sguaiato davanti ad una nobile draga. Il suo riso di scherno era oltraggiosamente offensivo. Come si permetteva. Tutti uguali quei sacchi di pelle pulciosi e non squamati. Poi le sue parole la stupirono. Guardò improvvisamente sconcertata il suo compagno drago. Era..metallo. Era artificiale. Una mostruosità! Di certo non era un drago, almeno non un suo pari. Girò intorno alla creatura metallica e lo sfiorò con l'artiglio dolcemente. Questa scoperta la lasciava senza parole, spaventata e scossa. Come si poteva costruire un drago. No..no..quello non era un vero drago e non meritava le sue preoccupazioni. Ma che cosa significava che l'aveva creato lei? Era una qualche fattucchiera? I maghi erano i peggiori tra gli umani, come quello che l'aveva intrappolata. Doveva stare attenta, quella piccola creatura dai capelli bianchi poteva nascondere insidie più grandi di quelle che presupponeva.
    Quando la ragazza si presentò, avanzando verso di lei, Padme vide attraverso i suoi occhi forza e fierezza, tutti tratti che contraddistinguevano anche lei. Per la prima volta guardò al di là della razza e percepì il suo animo coraggioso. Quel sacco di pelle aveva fegato, era da riconoscere questo.
    < Non sei un'umana > disse Padme, inclinando la testa e alzando un sopracciglio. Questa nuova informazione l'aveva rassicurata: dovunque c'erano umani, c'era pericolo. Ma questo non significava che poteva stare tranquilla, Arcana? Draconi? Era un qualche tipo di mezzosangue, figlia di due razze diverse? Interessante e innaturale, pensò. < Nobile? > disse con sarcasmo < Se fossi nobile ti avrebbero insegnato a comportarti, sacco di pelle > disse con un tono di sfida ed una risata beffarda. < Comunque cercherò di passare sopra alle tue parole sfacciate, non cerco uno scontro. Sono qui solo per riposarmi e ripartire. Non ho bisogno di grattacapi inutili, quindi se vuoi scusarmi, nobile Demetra dei miei artigli > fece un inchino ironico e prese a camminare verso un piccolo gruppo di alberi, da dove era arrivata < Buona fortuna, sacco di pelle! >.
     
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    Ancora una volta, Rihilyn non dà segni di reazione.
    Non che fosse totalmente inanimato, come il mucchio di ferraglia che era, solo non reagiva.
    Muoveva impercettibilmente il capo, scostava appena le zampe.
    Sembrava effettivamente vivo, solo che non lo era.

    Demetra lascia fare a quell'insolente drago la sua indagine sulla sua creatura. O meglio, sul suo servo.
    Un sorriso pieno di soddisfazione dipinto sul volto.
    Era stata così brava da trarre in inganno persino un vero drago. Un drago parlante e, per questo, se non altro più evoluto di quelli che conoscevano su Arca.
    Certo, non che sembrasse particolarmente acuto, ma era comunque un risultato di cui andare fieri.
    Specie contando il fatto che la sua intenzione non era nemmeno lontanamente quella di far sembrare Rilihyn un vero drago, ma solo di farne un funzionale e comodo mezzo di trasporto.

    Non può ignorare la chiara sorpresa che il drago prova nel vederla affrontarlo a muso duro.
    Se si aspettava che lei si spaventasse si sbagliava di grosso.
    Anche se un giorno si fosse trovata innanzi a qualcosa in grado di terrorizzarla a morte, il suo orgoglio non le avrebbe mai concesso di fare nemmeno mezzo passo indietro.
    Piuttosto sarebbe andata incontro alla morte.
    No, non lo sono.
    Conferma, calma.
    Per una qualche strana ragione, la draghessa sembrava essere sollevata dalla notizia, invece di esserne intimorita come sarebbe dovuta essere.
    La cosa infastidisce profondamente Demetra. Lo prende come un affronto personale.
    Non sono io ad essere comparsa dal nulla per sputare sentenze e giudizi su sconosciuti.
    Fa notare, con estrema calma. Troppa calma.
    È gelida. E questo rende la sua figura mingherlina e bambinesca terribilmente inquietante.
    Quindi chi è, tra noi due, a non essere nobile?
    Conclude poi la frase, senza mutare tono.

    “Nobile Demetra dei miei artigli.”
    Parole che una persona saggia o, per lo meno, una persona che conosceva Demetra o la stirpe dei Draconi non avrebbe mai avuto il coraggio di pronunciare.
    L'inchino ironico peggiora solo le cose.

    Demetra stringe i pugni, furente oltre ogni dire.
    Eppure esternamente sembra mantenere la stessa calma di prima.
    Accenna un sorriso. Affilato, glaciale, terribile.
    Prima che tu vada, lascia che ti presenti i miei, di Artigli.

    La draghessa può chiaramente sentire un dolore acuto sulla superficie della pelle. Come se fosse tagliata, lacerata superficialmente.
    Certo, si trattasse di pelle normale, le ferite ci sarebbero davvero.
    Ma data la sua particolare pelle, Padme può avvertirne solo il dolore. È come se fosse nella sua testa, eppure risulta essere dannatamente reale.

    Demetra non vede l'ora di osservare la sua reazione.
    Si contorcerà dal dolore? Quanto starà stupita di saggiare la potenza di quel minuto “sacco di pelle”?
    Implorerà perdono? Pietà?
    Volerà via terrorizzata?
    Racconterà di quanto è stato terribile il suo incontro con una Draco?
     
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    Il drago azzurro che puzza di pesce

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    Eh... sapessi

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    Il disagio è fra noi, e arriva da qui
    Pensieri Kurama
    Pensieri Kestrel rivolti a Kurama


    "Ti prego, ricordami come accidenti siamo finiti qui, perché ancora non riesco a crederci"
    La volpe sghignazzava, continuamente. Iniziavo a non poterne davvero più.
    Questa volta però mi meritavo tutte le prese in giro che poteva partorire la sua diabolica parlantina politica, a dire il vero io stesso non mi capacitavo di come ciò fosse accaduto.
    "Di solito questo genere di battute le lascio a te, ma è il caso di dirlo: siamo al settimo cielo!"
    Non potei trattenere un sorrisetto. Chi l'avrebbe mai detto che infastidire i garuda potesse essere così pericoloso?
    Non avrei più dimenticato la sensazione dell'ascenzione che, invece di diminuire di intensità man mano che salivo di quota, aveva cominciato a divenire più veloce finché non mi ero ritrovato a piombare di faccia nel fiume.
    Chi cavolo aveva messo sopra le nuvole un fiume e dei monti? Accidenti ai garuda!
    Con ancora i vestiti bagnati mi alzai frastornato, chiedendomi se davvero una cosa del genere fosse stata possibile. Fortunatamente avevo trovato l'acqua ad accogliere la mia caduta, e comunque aveva fatto male assai.
    Avrei anche potuto trasformarmi a mezz'aria, ma non credevo sarei riuscito a farlo in un così breve tempo e in condizioni del genere.
    Mi guardai attorno mentre mi assicuravo che la spada fosse al suo posto e non ci fosse niente di troppo rotto fra le mie ossa, anche se la botta d'acqua gelida era bastata per mozzarmi il fiato e convincermi che sarei crepato battendo la capoccia su una pietra.
    Non che non ci fossero altre domande da porsi, ma avere una mente che ti rispondeva non era mai stato piacevole quindi evitai di farmi altri problemi inutili.
    Presi a camminare costeggiando il fiume, cercando di capire dove portava e se ci fosse un collegamento fra quell'improvvisato paradiso sopra le nuvolette e il mondo sottostante. Non potevo esser atterrato in un luogo così diverso da ciò che c'era sotto, se fossi ricaduto verso il basso.
    Ammeno quel garuda non mi avesse lanciato dall'altra parte del mondo, e questo poteva anche essere probabile,mi chiedevo come dannazione avessi fatto a raggiungere il paradiso senza neanche morire.
    "Secondo te stiamo davvero nell'aldilà?"
    "Mi concederesti il favore di non essere ridicolo per un lasso di tempo a tua scelta? Questa porzione di terreno sembra sostenersi in aria autonomamente, e tu ci sei finito sopra"
    "Oh, ma... ma come fai ad esserne sicuro? E poi ora come facciamo a scendere"
    "Affari tuoi, ricordo di averti consigliato di lasciar stare quella creatura"
    "Non mi sei d'aiuto"
    "Non ho mai detto di desiderare di esserlo"
    Ribadendo mentalmente quanto lo detestassi in quei momenti, esibii all'universo un ringhio degno di un dragone incavolato nero.
    In lontananza notai qualcosa muoversi, non molto distante da dove il fiume continuava a scorrere placido. Ancor prima però udii delle voci provenire da quella direzione, sebbene fossero ancora troppo lontane per capire quel che stavano dicendo.
    Mi affrettai a darmi una veloce pacca ai vestiti per togliere qualche filo d'erba rimasto sui pantaloni e sbuffai seccato. Almeno qualcun altro era morto ed era finito in paradiso nello stesso punto, quindi non restava che raggiungere chiunque fosse per chiedere informazioni.
    Mi fermai a metà strada quando con gli occhi riuscii a distinguere la figura di un enorme creatura dalla pelle color del fuoco, le cui dimensioni non facevano presagire per niente bene. Pazienza, tanto se ero morto non c'era molto da rischiare no?
    Mentre Kurama se la rideva per i miei disagiati momenti di follia e mentre i vestiti bagnati e freddi cominciavano ad infastidirmi, arrivai abbastanza vicino da poter distinguere le fattezze di quel bestione e del suo interlocutore, o per meglio dire interlocutrice.
    Era una ragazza dai lunghi capelli biondi, di cui non riuscii a distinguere altri tratti da quella distanza. Il commento poco gradevole da parte della volpe mi portò all'ennesimo sospiro d'esasperazione, ma non lo riporteremo per questioni di legalità(?).
    "No, non sono interessato, idiota"
    "Certo, tu sei quello a cui non interessano le femmine"
    "Se è per questo nemmeno i maschi"
    "Veramente? Sono sicuro che con Miren..."
    "Ma vuoi piantarla?"
    Sapeva perfettamente che non provavo nessuno strano sentimento illecito per mio fratello, ma qualsiasi scusa era buona per farmi perdere le staffe. E dopo tutti quegli anni, ancora ci riusciva egregiamente.
    Quelle due stavano parlando, o meglio la creatura stava parlando; aveva tirato fuori fiumi di parole a ruota libera, citando sacchi di pelle e draghi. Ecco cos'era, quello era un drago.
    Avevo già saputo che a Kerus e in generale in tutta l'isola vivevano creature d'ogni tipo, e che vigeva una convivenza pacifica tra specie diverse sebbene i dissidi fossero comunque sempre in agguato. Non pensavo però di dover salire in paradiso per trovarne uno.
    Senza dubbio era affascinante, i suoi colori ricordavano quelli del tramonto incastonati su una levigata pietra in forma di corazza squamata. Del fatto che avvicinarsi potesse non essere la cosa migliore da fare me ne fregai, e a passo adagio raggiunsi le due donzelle intente ad interloquire... non proprio amabilmente, a giudicare dai toni.
    "Scusate donne, ho bisogno..."
    "Accidenti a te! Com'è plausibile che in questi anni tu non abbia neanche imparato a rivolgerti a qualcuno? Per quanto io possa adorare il lasciarti precipitare in situazioni ridicole e denigranti, adesso dobbiamo tornare a terra. Se non conquistiamo la fiducia di quell'essere chi rimedierà alle tue sciocchezze? Non è concepibile che sia un demone a dover ogni volta parlare al posto tuo. Ora lascia a me, altrimenti la prossima volta..."
    "Guarda che tanto lo farai comunque, è inutile che mi ricatti. E poi se questa non ci aiuta ne troveremo un altro di drago"
    Percepii distintamente la volpe grugnire. In ogni caso feci ciò che disse, e ripetei le parole che come al solito mi suggeriva cominciando con un colpetto di tosse vagamente ironico.
    "Ecco, domando scusa. Inanzi tutto buongiorno, potrei parlare un istante con voi dragonessa?"
    Mi scappava da ridere, ma cercai di trattenermi. Non avrei dato del voi neanche ad un dio se un giorno fosse sceso sulla terra a dimostrarmi la sua esistenza, figurarsi ad un drago.
    Ora che ero vicino potevo distinguere più dettagliatamente anche la ragazza. Non mi soffermai troppo sui suoi occhi azzurri né sul suo inquietante glaciale sorrisetto, quanto sul suo aspetto nel complesso. Aveva un'aria decisamente austera e se non altro convincente, tuttavia c'era qualcosa di decisamente strano in lei.
    Volevo chiederle se fosse un angelo di quello strano paradiso, ma Kurama mi artigliò mentalmente il cervello per la scemenza che stavo per proferire. Avere il suo freno sempre a portata di pugno era quasi divertente, anche se lui mi sfotteva costantemente forse avevo imparato a ribattere.
     
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    Padme aveva dato le spalle al sacco di pelle quando improvvisamente sentì un fastidioso dolorino sul dorso. Era come se qualcosa di puntiglioso si fosse conficcato per sbaglio tra le sue squame. Sapete quando avete un sassolino nella scarpa e ad ogni passo lo sentite muoversi e cambiare posto nella scarpa, e prima è dietro, poi con un passo si trova davanti e alla fine si conficca e inizia a farvi un po' di male perché ha trovato il posto giusto per tormentarvi, allora vi tocca fermarvi, togliere la scarpa ( rivelando a tutti i calzini a pois bellissimi che pensavate non avreste mai dovuto mostrare ad anima viva perché è inverno, fa freddo e siete degli sfigati ) e lo liberate dalle grinfie dei vostri fettoni puzzosi? Ecco non c'entra assolutamente nulla con quello che provava Padme, perché grazie alla resistentissima pelle di cui era dotata, tantissimi tagli e ferite che potevano essere letali per dei patetici umani erano solletico per lei. Faceva quasi fatica a sentirlo.
    Iniziò a muovere i fianchi e sbattere le ali per togliere quel fastidioso inconveniente, muovendo al tempo stesso la coda da un lato all'altro. Si rigirò nuovamente indietro verso la sua rivale, ora in piedi più lontana. Le sorrise falsamente < Scusami, sacco rosa? > le disse richiamando la sua attenzione < Se vuoi combattere, almeno fai finta di farlo con onore, seguiamo le regole, non sarà troppo difficile non cercare scorciatoie inutili, no? > la riprese ironicamente. < Di spalle? > la riprese minacciosamente, preparandosi ad attaccare < E' veramente vergognoso! >.
    Proprio in quel momento però sentì qualcuno schiarirsi la voce e presentarsi dietro di lei. La draga si girò velocemente per rispondere alla domanda inattesa e sorprendentemente gentile quando si accorse che davanti a lei c'era un altro umano. Quella sorpresa e la vicinanza con l'umano la riportò ai mesi che aveva passato dentro il mezzo marino fatto di legno. Giorni terribili erano stati per lei, nei quali aveva quasi perso la speranza. Arretrò spaventata in un balzo d'ali, quasi investendo Demetra che si trovava dietro di lei e in un attimo salì sospesa in cielo a mezz'aria. Battendo le ali, poco distante dal terreno e con la coda a penzoloni che toccava il suolo, prese coraggio e, soprattutto per i toni garbati con cui quel piccolo uomo le aveva domandato poc'anzi di poter parlare con lei, si avvicinò al nuovo sacco di pelle e lo ammonì < Cosa vuoi, tu? Umano! Non lo sai che non si sbuca senza preavviso dietro gli altri? Ma chi vi educa a voi, piccoli mostri fatti di epidermide rosa! Siete proprio la specie più ridicola e maleducata con cui io abbia mai avuto a che fare! >.
    In effetti, a parte i draghi e qualche altro animale, non aveva molto parlato con altre creature se non quei perfidi umani raccapriccianti e pericolosi che avevano distrutto la sua isola e rapito is uoi abitanti.
    < Non fare gesti strani o sarò costretta a difendermi > disse e poi lo guardò incuriosita, distratta da quel cespuglio liscio di peli sopra alla testa del nuovo arrivato. Alla fine, Padme, era una draga di cultura e presa soprattutto dalla voglia di comprendere l'utilità di determinate caratteristiche umane, sebbene specie inferiore e non dotata di ali (pff, che schifo), non riuscì a trattenersi < E perché i tuoi peli sulla testa sono di quel colore? Potete sceglierlo? A cosa vi servono? Per identificarvi tra famiglie? Oppure servono per l'accoppiamento? >. Non riusciva proprio a capacitarsene. < Non rispondere, non è questo l'importante > disse quasi per educazione, alzando gli occhi dalla vergogna < Dimmi solo quello che vuoi da me o giuro che verrai spazzato via dalla mia furia di pietre preziose! >. Doveva essere una minaccia, ma sembrò più una freddura. Non si perse d'animo, mostrò il ghigno spietato più spaventoso che potesse fare e ringhiò mostrando tutti e 109 i suoi denti. I due sacchi di pelle non parevano impressionati. Forse la cosa migliore era calmarsi e tirare fuori tutto il suo charme. Dopo tutto non era solo un drago, quindi di una specie largamente superiore alla loro, ma era pure nobile ed educata. Cosa che a quanto pare non era comune tra gli umani. Però aggrappandosi a tutti i sani principi e quanto meno per avere delle risposte, decise di atterrare dolcemente davanti i due sacchi di pelle, quella con i peli bianchi e quello con i peli color corteccia. E infine, dopo aver preso un'aria di superiorità, si presentò al nuovo umano < La tua amica mezzosangue lo sa già chi sono e anche se sono sicura che, con i suoi modi rozzi e poco formali si presenterà anche lei dopo di me, lo faccio prima io, insomma si sa che si presenta per prima la figura più importante > disse con un sorrisino compiaciuto e guardando storto Demetra < Il mio nome è Padme Radschen, draga di Corindone, ultima principessa della famiglia reale del clan Fiore di Loto, unica erede al trono di Minyaer , giusta protettrice dei draghi di terra e, naturalmente, arrampicatrice di pareti. Modestamente una delle migliori, devo dire >. Sorrise inclinando leggermente la testa < E tu? >.
     
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    Quando il drago si volta nuovamente verso di lei, Demetra solleva un sopracciglio.
    Il sorriso non lascia il suo volto: era evidente che il drago non avesse compreso la vera entità e potenza dei suoi Artigli. Anzi, forse aveva tutte le intenzioni di sottovalutarla per principio.
    Ma se avesse davvero voluto attaccarla, ora il drago si starebbe contorcendo dal dolore e starebbe invocando, respirando a stento, la sua pietà.
    Quello non era un attacco, ma un avvertimento.
    Assicura, con glaciale tranquillità.

    Non trattiene un riso, alla reazione del drago quando un altro conosciuto le avvicina.
    Faceva tanto la gradassa e poi bastava un piccolo “sacco di pelle” qualunque per spaventarla...
    Nonostante la sua mossa avventata con le ali, Demetra non si muove di un solo millimetro dal suo posto.
    Anzi, si mette a braccia conserte, mentre è Rihilyn ad avvicinarsi dietro di lei, obbediente, e ad aprirle le ali attorno, come una sorta di scudo da eventuali colpi della dragonessa.
    Le ali la avvolgono sui lati, ma le lasciano libero spazio e campo visivo dinnanzi a sé.

    Resta ad osservare la scena.
    La draghessa era davvero brava a coprirsi di ridicolo da sola.
    La lascia fare il suo gioco della principessa, pur non trattenendosi da scoccarle un'occhiata di fuoco al risentirla rivolgersi a lei con quel termine che tanto odiava. “Mezzosangue”.
    Stringe i denti in un sospiro. Quando finalmente termina la sua fanfara, non vede nessun motivo al mondo per non intervenire.

    Le persone veramente importanti si lasciano presentare dalle loro azioni.
    La informa, offrendole un largo sorriso maligno.
    Le fa assaggiare nuovamente i suoi Artigli, ma non le serba più la delicata cortesia che le aveva offerto prima.
    Non desidera farle davvero male, ma farle capire chi è davvero e di cosa è capace sì.
    Le gerarchie vanno ristabilite e chiarite in fretta.
    Pertanto, il dolore che le provoca è come se una forza sconosciuta ed invisibile le stesse strappando via gli artigli. Le zampe restano in piena salute, data la loro natura resistente, ma il dolore è forte, intenso, dannatamente reale. Agli occhi della draghessa, potrebbe sembrare stregoneria, forse, ma è molto, molto di più...
    Certo, forse non è la prova di forza più delicata del mondo, c'è da chiedersi cosa farebbe Demetra se volesse davvero nuocerle... Ma forse meglio non scoprirlo.

    L'idea, in ogni caso, è quella di farle perdere temporaneamente l'equilibrio, in preda al dolore che ovviamente prova nel lasciare che le zampe, ferite, per lo meno nella sua testa, sorreggano il suo peso.
    Fa quindi qualche passo avanti, prendendosi i suoi spazi, sempre con le braccia conserte.

    Non darei molto ascolto al drago. E non so immaginare cosa potrebbe mai fare di utile per te... In ogni caso, è bene che tu sappia che il mio sangue è puro ed appartiene alla nobile Famiglia dei Draconi di Arca. Puoi chiamarmi Demetra.
    Asserisce, assolutamente tranquilla.
    In effetti è molto più interessata agli obiettivi dello sconosciuto, che alla sua identità.
    Di fatti non si scomoda nemmeno a chiedergli informazioni: dopotutto è stata la draghessa a fare già il “lavoro sporco” di conversazione per lei.


    Il potere degli Artigli di Demetra non è fisico, agisce a livello del sistema nervoso!^^
    Fa provare dolore al cervello, e in soggetti normali la cosa si rispecchia anche sul corpo, nel tuo caso invece il dolore resta nella tua testa, visto la tua corazza, ma lo senti come se fosse vero!
     
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    Per continuity ignorerò l'attacco di Demetra a Padme, perché gli effetti Frigg non li ha ancora descritti ^_^


    Il drago, o meglio la dragonessa, al sentirmi arrivare prese a sbraitare come non ci fosse un domani e si tirò indietro, sollevandosi bruscamente in volo.
    Cominciò ad emanare una fiumana di parole incredibile, non credevo di averne mai sentite così tante tutte in una volta. Cosa le era preso? Avvicinò il suo muso al mio volto, con un misto di fare curioso ed intimidatorio. Cos'aveva da sclerare in quel modo? Perché sembrava temermi fino a quel punto?
    Non riuscivo a capirla, e a quanto pareva neanche Kurama.
    La volpe tuttavia volle rispondere in un certo modo, a quella dragonessa avida di informazioni.
    "Si, in effetti... servono per l'accoppiamento" le risposi, mentre un mezzo sorrisetto incurvava le mie labbra.
    "Comunque non devi difenderti, ed avrei bisogno di chiedervi una cortesia"
    Mi feci di un passo indietro, come il volpone mi suggerì. A quanto pareva la mia specie, o il mio taglio di capelli, doveva spaventarla in maniera eccessiva.
    "Avrei bisogno di... un paio d'ali" dissi molto semplicemente, cercando di apparire il meno sgarbato e il più coinciso possibile.
    Credo che quella frase potesse essere mal interpretata; non ero certo che non fosse un tentativo di Kurama di mettermi nei guai, ma ripetei di nuovo le parole del demone come sempre.
    Fu poi l'inquietante donzella a rivolgersi a me, attirando il mio sguardo. Mi voltai ad osservarla, ignorando temporaneamente la dragonessa.
    Quella tipa vestiva un fascino davvero particolare, come se tutto in lei fosse perfetto ma qualcosa fosse fuori posto nella sua perfezione. Le sue parole, comunque, risuonarono piuttosto minacciose.
    "Perché non dovrei dare ascolto al drago?"
    Questa volta la domanda mi sorse spontanea. Era chiaro non corresse buon sangue tra quelle due.
    Ella aveva fatto qualche passo in avanti, a braccia conserte, e pareva star ora rivolgendo a me la sua completa attenzione.
    "Io..." risposi, voltandomi anche verso Padme, "sono Kestrel, niente più. Sono un umano come molti altri, e mi ritrovo qua sopra per errore"
    Solo allora mi accorsi di un...
    ecco, questo non sapevo come definirlo. Se quello era un drago, era davvero molto molto strano. Non sembrava fatto di carne, né tanto meno coperto di squame o di pelle. Cosa diavolo era? Dove diavolo ero finito? Perché diavolo mi sentivo molto in soggezione con quelle due?
     
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    Era già da un po' che Padme provava una sensazione di dolore intenso. Era come se la sua mente le stesse facendo degli strani scherzi, però cercava di contenersi e non farlo vedere a nessuno dei due interlocutori. Demetra rispondeva a tono alle sue provocazioni e lei semplicemente la ignorava. Solo così si vedeva chi era la più nobile tra le due. Neanche a chiederlo, lei era una dragonessa, quindi non c'era partita.
    L'umano si presentò e decise di dirle che cosa voleva da lei: voleva le sue ali. Inizialmente Padme si preoccupò, che cosa intendeva? Voleva torturarla e tagliargliele? Si compose e scese a terra vicino a lui con fare sospettoso. Lo guardò male avvicinando il sul muso alla sua faccia. Improvvisamente però un dolore acutissimo la sorprese e questa sensazione la confuse e le fece perdere l'equilibrio. Prima di ricadere goffamente sul suolo, cercò di ricomporsi e con un grande urlo profondo fece crescere, davanti a lei, una barriera di pietra dello stesso colore delle sue squame. Quell'ostacolo di gemme era una reazione involontaria al dolore, come uno starnuto, che l'aveva confusa a tal punto da perdere totalmente il controllo delle sue azioni.
    Padme si riprese e, un po' imbarazzata, si accertò che nessuno dei due fosse stato ferito o toccato dalla sua spinosa barriera difensiva.
    < Mhh, io non volevo! Ma non so cosa mi stia succedendo, non mi sento molto bene > disse scuotendo la testa < Forse sarà l'atmosfera di quest'isola? Non sono abituata a questo luogo > disse pensando di aver contratto qualche malattia respirando l'aria infestata dalle nuvole bianche intorno a loro.
    < Comunque > cercò di cambiare discorso < Tu, Kestrel, giusto? Cosa vuoi esattamente da me? >
     
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    Demetra solleva un sopracciglio, alla curiosa risposta dell'uomo sul colore dei capelli degli umani.
    Non era un'umana, ma sapeva per certo che il colore dei capelli non era in alcun modo correlato all'accoppiamento. Aveva avuto molto di che leggere, grazie alle passioni della famiglia materna...
    Tuttavia decise di non fare alcuna correzione o puntualizzazione in merito.
    Dopotutto non le importava quanto la draghessa poco conoscesse il mondo o meno.

    Stava per rispondere a Kestrel circa la sua interessante richiesta d'ali, quando Padme erige una barriera di pietra preziosa attorno a sé.
    Demetra ruba con lo sguardo ogni dettaglio di quel meccanismo: era straordinariamente interessante.
    Non che avesse alcuna intenzione di esporre tale impressione, ma a se stessa poteva ammetterlo.
    A svantaggio del suo interesse andava la consapevolezza che, con ogni probabilità, una simile abilità non fosse in alcun modo sviluppabile da chiunque non fosse nato con la pelle di quella razza di drago.
    Un vero peccato.

    Alle sue assurde e sciocche ipotesi per giustificare il suo malessere, il sorrisetto di Demetra si incurva.
    Il dolore di Padme svanisce all'istante: la Draco ritira i suoi Artigli.
    Forse la prossima volta ci penserai due volte, prima di sottovalutarmi.
    Si limita a sibilare, con quel sorriso tagliente e maligno stampato sulla faccia pallida da bambina per bene.

    In quanto a te.
    Si riferisce poi a Kestrel, con un cenno del capo, pratica e diretta.
    Cosa sei disposto a dare, in cambio di ali tutte tue?

    Era chiaro che l'umano desiderasse solo un passaggio.
    Lei era in grado di darglielo, grazie a Rihilyn. Ma lo era anche Padme.
    E a Demetra piaceva essere unica. E puntare sempre in alto...
     
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    Quanto accadde dopo fu piuttosto strano. Padme sembrò sentirsi male, e dei cristalli del colore delle sue squame improvvisamente sbucarono dal terreno.
    Mi feci indietro, senza timore né altro, semplicemente per evitare di venir infilsato malamente come un roccioso spiedino umano.
    Fu Kurama a delucidarmi seppur vagamente sulla situazione, anche se come al solito non capivo come potesse interpretare sempre tutto dal suo angolino segreto.
    "Fai attenzione, è stata sicuramente lei a destabilizzarla"
    Mi chiesi se si riferisse alla ragazza, e lui confermò annuendo mentalmente.
    "Come ha fatto?"
    "Non lo so e spero per lei non voglia approfondire la cosa"
    Non capivo cosa gli importasse, non era mai stato premuroso nei confronti di me o di qualcuno nello specifico, perché curarsi di una sconosciuta dragonessa appena incontrata?
    Mi resi conto poi che si riferiva ad un possibile tentativo della fanciulla di attaccare me.
    Era ovvio che in tal caso le avrei mostrato qualcosa di ben più interessante, altro che malditesta o qualsiasi altra cosa avesse provocato a Padme. La conferma avvenne quando ella sibilò poche parole verso la maestosa creatura, convincendomi che di lì a poco si sarebbe scatenato un delirio.
    Se volevo farne parte?
    Ma certo che si!
    "Mi dispiace signorina" risposi alle parole di Demetra, "non sono disposto a dare niente in cambio. Cercherò semplicemente qualcuno che sia così gentile da portarmi fuori da questo strano paradiso fluttuante senza chiedere un pagamento"
    Le dedicai un sogghigno di sufficenza, questa volta non sotto suggerimento di Kurama; il volpo parve approvare.
    Voltai lo sguardo di nuovo verso la dragonessa.
    "Sono finito qui per un motivo piuttosto stupido, e ora non so come tornare a terra. Su Kengard, per intendersi. Se sareste così gentile da trasportarmi sul vostro dorso ve ne sarei grato. Ho sentito dire che molti draghi disprezzano o addirittura temono gli umani, e dalla vostra reazione devo dedurre che sia vero. Quindi vi prego di metter da parte i vostri timori, perché non sono qui per creare problemi a nessuno... se non a me stesso a quanto pare" aggiunsi con l'ennesimo sorrisetto pacato.
    "In ogni caso" conclusi, sempre seguendo le parole di Kurama, "non avrete nient'altro che la mia gratitudine in cambio. Se invece c'è qualcosa di cui avete effettivamente bisogno, e che rientra nelle mie possibilità, sarò lieto di accontentarvi"
     
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    "Demetra aveva proprio una gran faccia tosta, cosa significava che dovevo pensarci due volte? Era stata lei a farmi stare male poco prima? Era una strega, usava per forza la magia. Gli umani sì che erano pericolosi, ma gli umani con la magia ancora di più. Lei però non era un'umana e questa cosa la tranquillizzava abbastanza."
    Demetra cercò di distrarre Kestrel dalla loro discussione, non voleva proprio capire che era maleducata ad intromettersi nella loro conversazione, nessuno stava parlando con lei e visto che nessuno l'aveva interpellata, lei non poteva permettersi di parlare. Fortunatamente però l'umano con un nome così strano ritornò a rivolgersi alla dragonessa che, sorpresa dalle sue parole educate, lo ascoltò interessata.
    Non appena però lui tirò fuori l'argomento di essere usata come mezzo da un umano, impallidì.
    < OLTRAGGIOSO! > disse d'improvviso. < Tu, stranissimo sacco di pelle, non puoi pensare che io, principessa e soprattutto essere superiore a voi umani, e anche a te, amica dai peli bianchi > lanciò una frecciatina alla ragazza < Possa in qualche modo essere usata come semplice mezzo per spostarsi da un posto all'altro >.
    Scosse la testa con incredulità e disprezzo. < Gratitudine? Puah, la gratitudine da parte di un umano equivale al nulla. Tanto poi riuscite a trasformare la gratitudine in diritto e il diritto in ordine e poi passate la vostra esistenza a dare tutto alle fiamme > disse scandalizzata. < Non riuscirai mai a convincermi, sacco di pelo e pelle > disse ancora decisa verso il ragazzo.
     
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