A1: la prima autostrada su Kengard

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    Dopo la serata nella sporca taverna di Kerus, Meno Zell accompagnò Leamhan fino fuori la città. Arrivati in un posto sicuro, un casolare abbandonato nelle campagne fuori le mura, l'ibrido negativo lasciò che il teramin si riposasse e smaltisse la sua sbornia indotta dall'oste. Nel frattempo, Meno Zell riuscì ad andare a caccia. Una caccia non proprio pulita. Perchè faticare tanto nella foresta nell'inseguire le prede quando si ha del bestiame facilmente reperibile? Fu così che fece razzia nel pollaio di un contadino umano, senza fare il minimo rumore. Grazie alle sue abilità di elettricità e radianza riuscì ad uccidere tutte le galline senza farle starnazzare. Nel casolare abbandonato riuscì ad accendere un fuoco nel caminetto ancora in buone condizioni, preparando una buona cena per lui e per Leamhan.
    Il giorno dopo, entrambi riposati e ristorati, attraversarono i prati e i boschetti di Kerus. Meno Zell decise di viaggiare in modo quasi perfettamente rettilineo.
    "La geometria ci dice che la via più breve per collegare due punti è la linea retta. Ed è ciò che faremo!"
    Una volta individuata la rotta giusta da seguire, Meno Zell aveva iniziato a battere traccia, aprendo un sentiero ampio e comodo per il suo amico cieco e dalle zampe sottili; sentiero che assomigliava di più ad un'autostrada degli umani. Se sul loro cammino c'era un albero secolare, questo veniva tolto di mezzo dall'ibrido negativo, se c'era una tana di lupi, questi venivano fatti sloggiare o uccisi, se c'era un laghetto, l'ibrido ci buttava dentro la sua radianza per renderlo sterile e velenoso. Dietro di se, nel terreno, lasciava una traccia maleodorante e mefitica di radianza, per impedire che la Natura ricrescesse rigogliosa.
    Dopo aver sfregiato i boschetti di Kerus trovando pochissima resistenza, ora Meno Zell e Leamhan giunsero ai confini orientali della foresta di Ahsnaeris. La selva si parò davanti alle due creature come un'imponente muro verde scuro, fatto di alberi ancora più grandi di quelli di Kerus, dalle radici enormi e dai tronchi giganteschi. Sembrava che nessuno osasse profanare quella foresta, almeno finora.
    Il draghelfo negativo e il teramin giunsero ad Ahsnaeris verso mezzogiorno.
    "Signor Leamhan, ora mi servirà anche il suo aiuto per riuscire a spianare la nostra strada in questo giardino con erba troppo cresciuta!" chiese al suo amico quadrupede.
    Ad iniziare i lavori di disboscamento per quella che sarà la futura autostrada di Kengard; l'A1 Kerus-Ginestra d'Ambra, Meno Zell fece cadere un fulmine violaceo che colpì il grosso albero che aveva avuto la sfortuna di nascere e crescere proprio sulla strada tracciata dall'ibrido negativo dell'elettricità e della radianza. La pianta esplose con un gran fragore, scagliando schegge di legno tutto attorno e facendo fuggire quei pochi animali che riuscirono a fuggire alla poderosa scarica elettrica.
    E quello era solo l'inizio....

    Qualcuno lo fermi!!! D:


    Edited by ZellDragon6 - 6/12/2019, 19:02
     
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    Leamhan dormiva silenzioso ai piedi del camino del cadente casolare abbandonato, ormai spento. Era acciambellato tanto strettamente su sé stesso, che lo si sarebbe potuto scambiare per un cappotto in pelliccia nera arrotolato e gettato a terra, sul quale era deposto, come una ciliegina sulla sommità di una torta, l’ovale bianco e liscio del suo muso. Ogni tanto un piccolo fremito lo scuoteva: il suo era un sonno pesante ed inquieto, di quelli che, al risveglio, lasciano più spossati e stanchi di prima.

    Il teramin fu destato da una serie di boati distanti dalla cadenza irregolare, il cui suono secco poteva ricordare, alla lontana, lo schiocco di una frusta. Le sue lunghe orecchie si rizzarono di scatto in un moto automatico, e Leamhan si sollevò sulle sue sottili zampe da insetto con quasi uguale rapidità. Se il buondì si vede dal mattino, allora aveva di che preoccuparsi per la giornata che lo attendeva: una nausea intensa gli serrava lo stomaco, aveva la bocca secca, mentre un vago senso di oppressione gravava sulla sua testa. Esaminò rapidamente la stanza con una manciata di schiocchi del suo sonar. Il luogo non gli era del tutto estraneo, eppure, se glielo avessero chiesto, non avrebbe saputo spiegare esattamente dove si trovava. Il suo ultimo ricordo nitido risaliva alla locanda, a quando Meno Zell se lo era caricato tra le braccia in quanto lui, di fatto, non era più in grado di più camminare. Dopodiché il buio. O, piuttosto, il silenzio.

    Disgustato dall’indescrivibile sapore tra l’amaro e l’acidulo che gli accapponava lingua, Leamhan aprì e richiuse varie volte le fauci aride e impastate. Emise un lungo sbadiglio. Ricordava vagamente che mentre si avviava verso la foresta assieme all’ibrido negativo, quello gli aveva parlato di geometria e di punti da collegare con delle linee rette. Poi, per qualche ragione, aveva abbattuto alcuni alberi. Serviva forse della legna per il fuoco?
    “Ciò è inverosimile. Certamente troppa, si. Indubbiamente.”, borbottava sovrappensiero gironzolando per l’unica ampia stanza del casolare, riempiendola del caratteristico ticchettare che accompagnava eternamente ogni suo passo.
    Un nuovo schianto secco proveniente dall’esterno dell’edificio ricordò a Leamhan la ragione per cui si era svegliato. Aveva un pessimo presentimento, ma, forse, si trattava semplicemente della sensazione di malessere vago e diffuso che gli aveva portato la sbornia.
    “Cos’è. Di cosa si tratta.”, si domandò, atono, avviandosi senza troppa fretta verso l’apertura che, per mezzo del sonar, aveva identificato come l’ingresso dello stanzone. Giunto sul posto appurò che si trattava in realtà di una finestra dalle imposte sfondate. Non fece lo schizzinoso, e con un agile balzo si portò fuori dal casolare.

    Seguendo al trotto la traccia di quei colpi secchi e martellanti, Leamhan non impiegò molto a raggiungerne la fonte. Trovò Meno Zell, che prima ancora di ricorrere al sonar riconobbe immediatamente dall’odore pungente. Stava seduto con aria rilassata e disinvolta su di un grosso oggetto dalla forma cilindrica, presumibilmente il ceppo di un albero tagliato alla base.
    Dietro di lui, ad una distanza di una ventina di metri circa, avvertiva la presenza di qualcosa di assolutamente imponente. Era una fitta muraglia di altissimi pilastri cilindrici dal profilo tortuoso e ramificato, che si estendeva in lunghezza ben oltre la portata del suo sonar. La sua sommità era coronata da un fruscio continuo, un suono tenue ed ovattato, rilassante come il corso di un ruscello. Non vi era alcun dubbio: si trovavano sulla soglia della foresta di Ahsnaeris.

    “Oh. Siamo dunque giunti alla nostra prima tappa.”, osservò distrattamente Leamhan. Aveva immaginato che un simile traguardo gli avrebbe portato una gioia ed un eccitamento incontenibili, ed invece era angustiato da un vago ed insondabile senso d’inquietudine.
    “Tuttavia cosa è accaduto, Signor Meno Zell.”, domandò all’ibrido negativo senza disturbarsi di rivolgere la testa verso di lui, essendo al momento troppo impegnato ad esaminare l’ambiente con il sonar. Non poté fare a meno di notare una gran quantità di alberi abbattuti.
    “Udivo ripetuti suoni martellanti. Si. In gran numero.” Una crescente apprensione andava gradualmente impossessandosi di lui. No, le cose non potevano essere andate come pensava. Doveva trattarsi certamente di un banale malinteso.

    Meno Zell scese dal ceppo con un agile balzo.
    "Signor Leamhan, ora mi servirà anche il suo aiuto per riuscire a spianare la nostra strada in questo giardino con erba troppo cresciuta!", esclamò non senza una punta di orgoglio.

    “In che senso.”, chiese sbrigativo il teramin. Una sfumatura di preoccupazione traspariva nella sua voce atona e inaspettatamente profonda. Avrebbe voluto porre altre domande più specifiche al suo compagno di viaggio, ma la sua attenzione venne catturata dallo strano gesto che egli stava compiendo. Meno Zell, infatti, aveva teso un braccio davanti a sé, puntando il dito indice verso quello che Leamhan percepiva come un colossale pilastro dalla forma irregolare, certamente un albero secolare. Seguì un istante di silenzio. Una potentissima saetta centrò poi la pianta in pieno, la quale esplose con un boato assordante scagliando in tutte le direzioni schegge di legno fiammeggianti. Leamhan, ghermito da un moto di puro terrore, si alzò sulle zampe posteriori come un cavallo imbizzarrito ed emise un verso molto simile al nitrito dello stesso animale, tuttavia decisamente più acuto ed intenso. Mosso da nient’altro che dal nudo istinto, scattò con la rapidità di una saetta (è il caso di dirlo) verso il primo oggetto che percepiva per mezzo del sonar, cercando copertura dietro di esso. Poche cose riuscivano ad evocare, in un teramin, uno sgomento viscerale ed atavico quanto il fragore rimbombante di un tuono caduto a breve distanza.

    Tese ed aguzze come due foglie di agave, le lunghe orecchie nere di Leamhan sbucavano dalla sagoma irregolare del tronco di un albero abbattuto poco prima da Meno Zell, dietro il quale aveva trovato riparo. Una fitta pioggia di lapilli lignei fumanti si abbatté brevemente su tutta l’area adiacente l’epicentro della deflagrazione. Il muso candido e liscio di Leamhan fece capolino da dietro il tronco. Un paio di piccole schegge ancora incandescenti rimbalzarono sulla sua maschera ossea. Egli emise un singolo schiocco con la lingua, come per volersi assicurare attraverso il sonar che tutto fosse davvero finito, dopodiché uscì dal suo rifugio e zampettò di gran carriera verso Meno Zell.

    “Ma come signor Meno Zell! D:<”, esclamò non appena lo ebbe raggiunto. Il disegno dell’occhio che aveva sulla maschera aveva preso le sembianze di un volto arrabbiato grossolanamente stilizzato.
    “Signor Meno Zell! Ma come! Cosa sta facendo?” Parlava ancora più velocemente del solito, e la sua lunga coda sottile saettava furiosamente nell’aria tracciandovi strette curve.
    “Perché ha fatto questo, perché? Ma come! Ciò va a detrimento del nostro progetto di ricerca!”
    Leamhan si agitava sempre di più. Ciò non si rifletteva in modo particolare sulla sua voce, che sebbene ancor più rapida del solito era, nel tono, come sempre alquanto piatta, ma piuttosto sulle movenze del suo corpo: aveva iniziato a saltellare ritmicamente sul posto sollevando le zampe in maniera alternata, preda di una frustrazione e di un nervosismo che non sapeva come esprimere altrimenti.
    “Ma signor Meno Zell! Innumerevoli informazioni perdute! Ma perché ha fatto ciò, perché? Giungiamo sin qui appunto per catalogare le specie vegetali ed animali e lei me le fa saltare in aria!”
    Ormai completamente fuori di sé, Leamhan aveva iniziato a balzare sul posto come un capriolo impazzito. Sulla sua maschera non vi era più alcun disegno, ma soltanto un groviglio di puntini bianchi e neri che, in un’epoca meno arcaica, avrebbe ricordato molto da vicino un televisore a tubo catodico rimasto privo di segnale.
    “Ma perché, ma perché!”, seguitava a ripetere sempre con la stessa intonazione, mentre la sua voce dal timbro basso e ovattato si riduceva sempre più ad un borbottio indistinto. “Ma perché! Ma perché, ma perché ma perché ma perché ma perché…”
    Il suo insolito sfogo di collera proseguì per un’altra manciata di secondi. Poi, estemporaneo come un acquazzone estivo, d’un tratto esso si estinse così com’era iniziato. Ora immobile sul posto, Leamhan volse il muso in direzione di Meno Zell.

    “Sono piuttosto arrabbiato. In misura considerevole.”, disse con semplicità, come se dopo quella sfuriata vi fosse stato davvero il bisogno di specificarlo.
    “Tuttavia mi rendo ora conto di non averlo esplicitato. No. L’obbiettivo del viaggio.” Il tono della sua voce era tornato quello consueto: celere, monocorde, e tuttavia ben scandito.
    “Il fine è quello dell’ampliamento della conoscenza. Si. Catalogazione delle specie animali e vegetali. Inoltre dei minerali.” Prese una breve pausa, come per riflettere su eventuali altri ambiti accademici che valesse la pena di annoverare.
    “Ed altro.”, aggiunse quando si rese conto che, di fatto, non vi era un singolo settore di studio che era disposto a mettere da parte.
    “Nella locanda non vi è stato modo di parlarne. Non lo rammendavo, no. Mi scuso dunque per aver perduto la calma.”

    Leamhan, in attesa di una risposta dell’ibrido negativo, teneva il muso fisso su di lui. Si sarebbe detto che lo stesse guardando negli occhi. Era completamente immobile eccezion fatta per la coda, la quale ondeggiava a destra e a sinistra con le movenze lente ed ipnotiche di un serpente. Poi, improvvisamente, il teramin si voltò verso foresta.
    “Passi.”, disse senza alcuna intonazione particolare, ma nella direzione in cui puntava non c’era nessuno.

    Ci volle un po’ prima che dalla penombra degli alberi in lontananza emergesse effettivamente una figura, la quale si avvicinava a passo sostenuto alla strana coppia di avventurieri. Era ammantata in una larga tunica marrone in tela grezza, che sebbene celasse le fattezze del suo corpo lasciava intravedere una fisionomia umanoide alta e slanciata.
    “Hey voi!”, chiamò con tono supplichevole la figura, la cui voce aveva un timbro marcatamente femminile.
    “Hey! Aiuto, vi prego! Ci serve aiuto!”
    Adesso era abbastanza vicina per poterne intuire i tratti del volto, discorso che per ovvie ragioni non si applicava per il teramin. Si trattava di un’elfa giovane e di bell’aspetto. Vestiva l’abbigliamento umile e vissuto caratteristico di tutti viandanti, eppure la sua figura e le sue movenze emanavano un’inspiegabile aura d’eleganza.
    “Siamo braccati dai banditi!”, continuava a urlare l’elfa che, sebbene fosse ormai a corto di fiato, si sforzava di marciare a passo sempre più svelto.

    Leamhan lanciò un paio di schiocchi di sonar indagatori verso la misteriosa figura in avvicinamento, poi volse il muso verso Meno Zell. Curiosamente, nonostante il suo volto fosse privo di qualsivoglia tratto somatico ed espressivo, il messaggio che intendeva inviare al suo compagno di viaggio era chiarissimo:
    “Stiamo pensando la stessa cosa?”

    Edited by -Aleph- - 23/7/2022, 11:05
     
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    La reazione di Leamhan all'esplosione provocata da Meno Zell non era quella prevista dall'ibrido negativo. Ormai il quadrupede dalle zampe sottili si era completamente ripreso dalla sbornia e doveva essere ormai pienamente consapevole delle proprie azioni. Meno Zell si aspettava che lo aiutasse a battere traccia o che restasse neutrale alle sue azioni. Invece iniziò a saltellare e ad andare in escandescenza come se fosse impazzito di colpo. Si era forse sniffato qualche strana erba nella foresta? Si stava comportando esattamente come la sua controparte positiva che gironzolava nei boschi solo per studiare piante, animali e stupidi sassi. Che ci trovava così tanto da studiare in un sasso nella foresta? L'ibrido negativo si fece un facepalm sul muso con la sua mano guantata mentre Leamhan sbroccava.
    "Pensavo che questo coso su trampoli fosse più dritto...spero di raddrizzarlo io insegnandoli cose utili!" fu il pensiero mentale di Meno Zell mentre scuoteva orizzontalmente il muso, in maniera delusa.
    Non voleva, per ora, rompere l'alleanza. Lui aveva bisogno di alleati e di gente fidata per proseguire nel suo piano di urbanizzare Kengard per renderla un posto più vivibile e, ovviamente, di trovare, torturare e ridicolizzare Zell.
    "Il lavoro di ricerca e catalogazione è suo e non mio. Questi stupidi alberi mi intralciano. Questa dannata isola ha solo sentieri ripidi, tortuosi e fangosi. Io sto portando il progresso costruendo una grande via di comunicazione che colleghi l'isola da un capo all'altro. Il commercio ne trarrà molto vantaggio. E per tracciare questa nuova via di comunicazione devo fare un pò di pulizia. Lei ampli pure la sua conoscenza, io invece amplio le strade!" rispose Meno Zell, con calma.
    "E ovviamente, a guadagnarne sul pedaggio della strada sarò io"
    " E poi la foresta è grande. Lei può catalogare quanti alberi e sassi vuole... ma mi dia retta...non è un lavoro che rende! Guardi il lato positivo del mio lavoro. Quando questa strada sar completata e lastricata, lei potrà camminarci avanti ed indietro senza rischiare di inciampare o di sbattere contro gli alberi""
    Il draghelfo negativo si stiracchiò le dita delle mani, pronto per continuare la sua opera di disboscamento quando dei rumori lo fecero voltare. All'inizio pensava che si trattasse di qualche animale selvatico della foresta, pronto per fare da cena all'ibrido ma subito dopo si accorse che era una figura umanoide. Un'elfa.
    "E questa che cosa vuole? Spero che non faccia parte degli elfi della Natura venuti in cerca di guai.. fu il pensiero seccato di Meno Zell mentre guardava la figura avvicinarsi senza timore.
    Li richiamò, invocando il loro aiuto perchè erano braccati dai banditi. Che razza di stolti! Meno Zell fisso l'elfa con fare estremamente annoiato, poi guardò per un breve attimo il Teramin, per poi tornare a prestare attenzione alla figura antropomorfa.
    "E a me che me ne frega? Potevate stare più attenti! Arrangiatevi da soli! Io devo lavorare!" la frase non tanto gentile di Meno Zell venne fatta seguire da un ruggito di drago.
    Il draghelfo negativo poi tornò a studiare il tracciato della nuova autostrada che dopo poche decine di metri andava a collidere contro un bellissimo albero di quercia che cresceva con tre tronchi.
    "Che si divertano pure i banditi a rapinarli. Poi toccherà a me fare la loro parte...su loro stessi!" ghignò il draghelfo maleodorante mentre, con una rotazione su se stesso, tranciò i tre tronchi con estrema facilità con le lame della coda.
    Uno dopo l'altro, i tronchi caddero al suolo, accompagnati dal rumore di legno che si contorce e si schianta.
     
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    Perdona il ritardo, mi sono beccato un'otite e proprio non ce la facevo a mettermi a scrivere con le orecchie che mi fischiavano. Poi sono capitate di mezzo anche le feste e la frittata è fatta. :asd:


    Non appena ebbe finito il suo discorso, l’ibrido negativo ricominciò imperterrito nella sua opera di disboscamento sistematico dell’antica foresta. L’elfa, che lui aveva appena respinto in maniera brutale, lo fissava con uno sguardo che era in egual modo esterrefatto e costernato. Dal canto suo Leamhan restava in silenzio con la testa leggermente inclinata su di un lato, assorto in qualche suo pensiero.

    “Ma Signor Meno Zell.”, esordì, dopo un po’, rompendo il silenzio. La sua parlantina era leggermente più lenta del solito, come se stesse compiendo uno sforzo per soppesare le parole.
    “Certamente io non mi contrappongo al progresso. No. Un sentiero sarebbe invero assai utile. Si. Ciò lo riconosco.”
    Con fare distratto, servendosi della sua zampa anteriore destra come uno scalpello, Leamhan incideva elaborati segni su di un grosso tronco d’albero che gli giaceva accanto, recentemente abbattuto dal suo compagno d’avventura. Sembravano lettere di un qualche alfabeto esotico, ma a giudicare dalla loro disposizione omogenea non davano l’impressione di raggrupparsi per formare delle parole.
    “Tuttavia lei sta eccedendo nei suoi sforzi. Un percorso di proporzioni minori avrebbe sì la medesima efficacia. In quello potrei eventualmente appoggiarla.”

    Mentre il teramin dal manto nero proseguiva in quello che, almeno nella sua testa, doveva essere un discorso diplomatico, l’elfa appariva sempre più inquieta ed impaziente. Con la mano destra tormentava il braccialetto di ossa e perle lignee che portava al polso sinistro, mentre il suo sguardo saettava alternatamente tra Meno Zell e Leamhan.
    “Ehm…”. Si schiarì rumorosamente la gola nella speranza di attrarre l’attenzione di quest’ultimo, ma egli sembrò non notare il suo gesto.

    “Signor Meno Zell.”. Leamhan smise di scribacchiare simboli incomprensibili sul tronco abbattuto. La sua voce, in genere così imperturbabile, era adesso incrinata da una punta d’incertezza.
    “La mia missione… essa è molto importante per me. Si. Davvero molto. Lei con le sue azioni la sta ostacolando. Converrà che ciò non posso permetterlo. Le chiedo dunque di desistere. Cortesemente.”

    Nell’aria aleggiava un silenzio carico di attesa. Un fruscio delicato proveniente dalla foresta, scaturito dalle vaste fronde degli alberi secolari lambite da una brezza pigra, era l’unico suono che poteva udirsi. In completo silenzio, Leamhan fissava Meno Zell con quel suo muso privo d’occhi. Era così perfettamente immobile che lo si sarebbe potuto scambiare per uno strano animale impagliato.
    Lo sguardo della giovane elfa, nel frattempo, continuava a saltare freneticamente tra l’ibrido negativo ed il teramin. Una singola goccia di sudore scorreva lentamente sulla sua fronte.
    “Ehm… Signori.”, esordì cautamente con tono conciliante, “Vi prego di considerare la nostra richiesta d’aiuto.”
    Aveva smesso di giocherellare con il suo braccialetto, e la sua voce si era fatta d’un tratto meno lamentosa, si sarebbe detto quasi risoluta. Si tolse il cappuccio in tela grezza che le copriva il capo, svelando una lunga chioma di capelli rossi e lucenti come il rame. I suoi occhi, d’un verde vivido e profondo, erano due smeraldi.
    “Noi siamo dei mercanti. Siamo… piuttosto ricchi, e se ci salverete vi ripagheremo abbondantemente. Per noi sarebbe sempre meglio che perdere tutto, no? Sempre meglio che essere trucidati dai banditi… no?”
    Rivolse all’ibrido negativo uno sguardo carico d’intesa. Un sorriso seducente e sottile, appena percettibile, incurvava le sue labbra: evidentemente aveva intuito che Leamhan era cieco, per cui non poteva cogliere quel tipo di segnali.
    “E magari, se ci aiutate, potremmo anche darvi una mano a fare, beh…”. Fece un vago cenno con la mano ad indicare la devastazione causata da Meno Zell nella sua furia modernizzatrice.
    “…quello che stavate facendo. Che ne dite?”

    Con un paio di balzi leggiadri da capriolo, Leamhan si portò d’innanzi a lei. La esaminò con qualche rapido schiocco di sonar, poi orientò il muso verso il suo volto come a volerla guardare negli occhi. Dovette reclinare di molto la testa, perché ella era decisamente più alta di lui.
    “Oh. Sono costernato per la vostra situazione. Essa è invero incresciosa. Molto.” Nonostante l‘impegno, non si poteva dire che dalle sue parole trapelasse chissà quale afflizione.
    “In quanti sono.”, domandò asciutto.
    “I banditi? Mmh…” L’elfa, impegnata in un rapido calcolo mentale, fissava un punto indefinito in alto a sinistra davanti a sé.
    “Sei o sette, mi pare.”
    “Ho un’ulteriore questione da porre.”, incalzò Leamhan.
    “Il capo dei suddetti banditi è forse un mezz’orco di nome Turak. Lo si riconosce poiché ha la pelle di colore verde.”
    Ella si limitò ad alzare un sopracciglio. Guardò perplessa il singolare quadrupede per qualche istante, come se non fosse del tutto sicura di aver afferrato la sua domanda.
    “Perdonami, ma so com’è fatto un mezz’orco.”, rispose poi, seccamente, compiendo uno sforzo per celare la sua evidente irritazione.
    “E poi come accidenti faccio a sapere come si chia-… Ah, lasciamo stare.” Lasciò la sua osservazione incompiuta, ritenendo evidentemente che non valesse la pena di perdere tempo a puntualizzare.
    Aprì la bocca come per aggiungere subito qualcosa, ma ci ripensò immediatamente. Rimase in silenzio per un po’, persa in qualche sua riflessione. Senza rendersene conto, continuava ad arrotolare nervosamente una ciocca dei suoi capelli di rame intorno al dito indice della sua mano destra, srotolandola subito dopo per poi ricominciare daccapo.
    “Mi pare fosse un mezz’orco, si.”, disse, infine, ostentando una certa noncuranza, come se ritenesse l’informazione molto poco rilevante.

    Leamhan, compì un piccolo saltello sul posto.
    “Ah!” esclamò.
    Ciò avrei dovuto prevederlo. Si. Avrei dovuto., mormorò a voce bassa, molto rapidamente. Diede le spalle alla sua interlocutrice, allontanandosi da lei a piccoli passetti come se, d’un tratto, si fosse dimenticato della sua presenza. Dal canto suo, quella lo fissava con in viso dipinta un’espressione che, in qualche modo, riusciva a comunicare allo stesso tempo irrequietezza ed esasperazione.
    “Perché hanno mandato me…”, sibilò a denti stretti.
    “Egli è dunque è sulle mie tracce. Ciò è assai seccante. Considerevolmente. Si tratta d'un individuo irragionevole invero.”
    Il teramin appariva completamente assorto nelle sue riflessioni a mezza voce. Marciava sul posto descrivendo un piccolo cerchio, come un mulo che, legato alla ruota di un frantoio invisibile, ne animasse il pigro ma inesorabile movimento. Le sue orecchie cambiavano continuamente d’orientamento con piccoli guizzi repentini, forse alla ricerca di allarmi sonori che solo esse erano in grado di recepire.
    “No. Tale esordio è sì sfavorevole. Che brutta giornata. Molto male.”

    Leamhan continuò a parlarsi addosso ancora per un po’, apparentemente dimentico delle persone e delle cose che aveva attorno. Poi, come se si fosse d’improvviso destato da un sogno ad occhi aperti, drizzò le orecchie verso l’alto e si voltò di scatto verso la giovane elfa.
    “Signorina.”, proferì con voce monotona, “Qual è il tuo nome.”
    “Oh, ehm… I-il mio nome è Millia”, balbettò l’elfa, colta alla sprovvista dalla domanda a bruciapelo.
    “Signorina Millia. Bene. Il mio nome è Leamhan. Ma esso è in verità un soprannome. Salve. =), si presentò il teramin mantenendo la stessa identica intonazione di prima.
    Millia esalò un profondo sospiro.
    “Salve Leamhan…”, salutò svogliatamente, senza fare molto per celare la sfumatura di sarcasmo che coloriva le sue parole.

    Il teramin dal manto nero si voltò verso il suo squamoso compagno d’avventura.
    “Signor Meno Zell. Suggerisco d'allearci temporaneamente con i mercanti. Lei concorda?”, disse con tono neutrale e sbrigativo, come se la sua fosse una banale osservazione sul tempo atmosferico.
    “Ritengo che sarebbe utile predisporre una controffensiva. Si. È meglio essere in gran numero. Giacché presumo che i reali obbiettivi dei banditi non siano loro.”

    Edited by -Aleph- - 23/7/2022, 11:14
     
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    Meno Zell, dopo aver abbattuto con un fulmine violaceo l'ennesimo albero che aveva avuto la sfortuna di crescere proprio nel luogo prescelto per la nuova autostrada, si fermò nella sua opera di disboscamento quando il Teramin lo supplicò con un "cortesemente", quindi si volse a guardare e ad ascoltare il confabulare tra il suo amico quadrupede e l'elfa dai capelli ramati. Di solito, quelli che finivano nella rete dei banditi, come pesci all'amo, erano i stupidi esseri umani, era più difficile fregare degli elfi ma la situazione attuale dimostrava l'esatto contrario.
    L'elfa faceva parte di quella gilda per cui Meno Zell stava lavorando: i mercanti e tale parola fece rizzare verso l'alto le orecchie elfiche dell'ibrido negativo, segno che si stava interessando. Lasciò il teramin e l'elfa parlare tra di loro senza intromettersi e rimanendo fisso sul posto, a scrutarli con i suoi occhi rossi penetranti.
    La creatura bipede, per tentare ancora un approccio con il draghelfo negativo, gli promise una buona ricompensa e un aiuto nella sua opera di disboscamento, il tutto accompagnato da un sorriso seducente che Meno Zell colse subito. L'elfa, comunque, si trovava ancora ad una distanza tale da non percepire l'olezzo del draghelfo.
    I banditi che avevano attaccato i mercanti elfici erano sei o sette e che uno di loro doveva essere un mezzorco che Leamhan doveva capire chi fosse e su tale affermazione, Meno Zell assunse una momentanea espressione pensierosa. L'elfa si presentò con il nome di Millia e il teramin si presentò di rimando. Per il draghelfo fu praticamente inutile presentarsi, visti i numerosi "Signor Meno Zell" esclamati dal Teramin.
    Infine, il draghelfo prese la sua decisione.
    "E va bene! Mi avete convinto! In fondo stiamo lavorando per voi mercanti!"
    Meno Zell si fece avanti, schiacciando sotto i suoi calzini lerci i poveri fiorellini che erano sbocciati al sole, portandosi a poca distanza da Leamhan e Millia, rivolgendosi a quest'ultima.
    "Facci strada!" aggiunse infine, aspettando che l'elfa li conduca nel luogo dove era avvenuto l'attacco dei banditi.
     
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    Mi rendo conto che sto facendo accadere le cose piuttosto rapidamente senza lasciare molta libertà di movimento a Meno Zell, ma vorrei entrare nel vivo dell'azione prima che Zell, Zephiros e company si uniscano alla role.

    Voglio provare a non usare più i colori per i dialoghi. Ho l'impressione che oltre a non aggiungere nulla agiscano anche da elemento di distrazione, e poi questo post sembrava un quadro di Pollock. :asd:



    Millia rivolse all’ibrido negativo un ampio sorriso.
    < Ah… Ero certa che foste persone ragionevoli. >, disse senza mascherare un sospiro di sollievo.
    < Forza, da questa parte! > esclamò esortando i due a seguirla con un cenno del capo, < Il nostro accampamento non è lontano. >
    Senza perdersi in ulteriori indugi, l’elfa volse loro le spalle e si avviò a passo sostenuto verso la fitta penombra della foresta.

    Non ci volle molto prima che l’improbabile terzetto raggiungesse l’accampamento, che si trovava effettivamente a pochi minuti di cammino dalla zona disboscata. Si trattava di una piccola radura, del diametro non superiore ad una quindicina di metri. In un angolo, addossati ad un grosso albero, sostavano due carri coperti da un telo impolverato d’un beige chiaro, che un tempo doveva essere stato bianco. Erano, nell’aspetto, quanto di più tipico ci si potesse aspettare dai mezzi di una carovana mercantile. Al centro della radura campeggiava un falò spento, i cui contorni erano delineati da un piccolo cerchio di pietre.
    Millia salutò i suoi compagni mercanti con un gesto della mano. Vestivano tutti una larga tunica in tela grezza simile alla sua, che per alcuni era marrone chiaro, per altri grigia, per altri ancora d’un verde spento. Si trattava di un gruppo piuttosto numeroso, che contava almeno una ventina di individui. A causa del saio che indossavano era difficile identificare le fattezze dei singoli presenti, ma a giudicare dalla sagoma si sarebbero detti in gran parte umani, al massimo vi era qualche elfo.
    Al centro della radura, seduta su di macigno muschioso a poca distanza dal falò spento, stava una figura ammantata ricurva su se stessa, un po’ gobba, intenta ad intagliare un pezzo di legno servendosi di un grosso coltello. Non appena notò l’arrivo di Millia, la figura si distolse dal proprio lavoro e si voltò verso di lei.
    Era un uomo anziano dalla lunga barba grigia e dalle folte sopracciglia della medesima tonalità, le quali, come due ampi ombrelli da sole, sovrastavano degli occhi color nocciola inaspettatamente vispi e guizzanti per un uomo della sua età. Il capo era coperto da un cappuccio in tela marrone scuro, che lasciava appena intravedere una capigliatura canuta e scarmigliata.

    < Ah, Millia! >, chiamò, con voce flebile da persona anziana, vedendo arrivare l’elfa, < Vedo che sei riuscita a trovare aiuto. >
    < Si, mastro Willem. >, rispose ella sorridendo baldanzosa, < Questi due coraggiosi viandanti ci hanno, ehm… Spontaneamente offerto i loro servigi. >
    Il vecchio squadrò lungamente l’ibrido e il teramin.
    < Vi siamo debitori, giovani avventurieri. Il vostro coraggio sarà ricompensato. > Alzò al cielo una mano tremante con solennità, come per impartire ai suoi interlocutori una benedizione. Indossava dei logori guanti da lavoro in cuoio, che gli andavano un po’ stretti.
    < Il buon costume vorrebbe che ci dedicassimo alle presentazioni, ma temo che le circostanze attuali ci costringano a rimandare i convenevoli. >
    Nonostante si trattasse di un’accozzaglia di banali frasi di circostanza, Leamhan, con le orecchie tese verso l’alto ed il muso leggermente inclinato sulla sinistra, ascoltava il discorso del vecchio con evidente interesse. C’era qualcosa nella sua voce, nel suo respiro e nel battito del suo cuore, che gli risuonava bizzarro ma al contempo vagamente familiare.

    < Non manca molto prima che i banditi ci trovino. >, proseguiva Mastro Willem, gesticolando con le sue movenze tremolanti ma energiche da sacerdote
    < Se possibile preferirei evitare spargimenti di sangue. Magari potreste intimidirli facendo sfoggio delle vostre abilità. >
    L’anziano mercante fissò brevemente Leamhan soffermandosi poi su Meno Zell, il quale, a differenza del teramin, possedeva un paio d'occhi che potevano ricambiare il suo sguardo.
    < Insomma, mi sembrate dei tipi che sanno il fatto loro. >, aggiunse poi con un tono di lusinga che si sforzò di velare solo parzialmente.
    < Sono certo che non vi tirerete indietro nel caso sfortunato in cui ci sarà da combattere. A tal proposito, giovani viandanti, propongo di organizzare un piano d’azione per cogliere i banditi di sorp- >
    < Signor Mastro Willem. >, lo interruppe Leamhan, che da quando si era addentrato nella foresta scortando Millia non aveva pronunciato una singola parola. < Ciò è sfortunatamente inattuabile. >

    Il vecchio lo guardò con aria perplessa, ma senza sorpresa.
    < Ehm… Mastro è un appellativo, giovanotto. Non c’è bisogno di aggiungerci anche “Signor”. > Un sorriso indulgente s’intravedeva appena attraverso la folta barba del vecchio.
    < Oh. Ritenevo fosse il nome. Chiedo venia. >, si giustificò sbrigativo Leamhan, che aveva il muso rivolto verso una direzione imprecisata nel folto del bosco. Le sue lunghissime orecchie, leggermente protese in avanti, sembravano puntare qualcosa.
    < Non importa. >, lo rassicurò Mastro Willem. < Beh, dicci cavallin- ehm… Cough! >.
    Un sonoro colpo di tosse troncò la frase a metà. L'anziano mercante schiarì rumorosamente la gola, sebbene la sua voce non sembrasse in alcun modo alterata o affaticata.
    < Chiedo scusa. Dicevo, prode avventuriero, per quale ragione non potremmo organizzare una trappola per i banditi? >
    Le orecchie di Leamhan, ancora intente a sondare le oscure profondità della foresta, saettavano febbrili in tutte le direzioni.
    < Poiché odo cavalli in avvicinamento. Si. Sei o sette. > Dalla sua spiegazione, concisa e inespressiva, pareva che la faccenda non lo riguardasse.
    < Come? >, sbottò stupefatta Millia, < No, questo è impossibile! >
    Mastro Willem s’incupì. Rimase in silenzio qualche istante, con la testa reclinata in avanti e le mani congiunte davanti a sé. I suoi occhi, appena visibili all’ombra delle folte sopracciglia, erano persi nel vuoto.
    < Quanto ci resta? >, domandò con una freddezza che dalle sue labbra giungeva alquanto inaspettata.
    < Meno di due minuti. >, fu l’altrettanto atona risposta del teramin. Sebbene dalla sua voce impassibile non trapelasse gran ché, il suo corpo tradiva adesso un principio d’inquietudine: aveva iniziato a sfregare febbrilmente la stecca ossea della zampa destra sulla sinistra, come fosse l’archetto di un violino muto e invisibile.

    L’anziano mercante non disse nulla. I suoi vispi occhi nocciola saettarono su quelli lucenti e smeraldini di Millia. L’elfa ricambiò con un’occhiata tagliente e indecifrabile.
    < Dev’essere stato il rumore degli alberi che hanno abbattuto. > Nonostante tutti i suoi sforzi, la calma che ostentava suonò molto forzata.
    Il vecchio Willem, ricurvo su sé stesso e con lo sguardo perso nel vuoto, tamburellava le dita guantate della sua mano destra sul dorso della sinistra. Rimase immobile in quella posizione per un tempo che parve interminabile, in completo silenzio.
    < Ebbene, Mastro Willem? >, incalzò bruscamente Millia, che ormai aveva completamente abbandonato il proposito di celare la propria impazienza.
    < Ebbene, questo non cambia assolutamente nulla. >, fu la serafica risposta dell’anziano mercante.
    < Adesso ci sono loro, no? >
    Un sorriso fugace curvò appena le labbra di Millia. Lanciò un’ultima occhiata a Meno Zell e a Leamhan, poi diede loro le spalle rivolgendosi alla platea dei suoi compagni mercanti.
    < Bene signori, ai vostri posti! >, urlò con fare militaresco, consapevole del fatto che, allo stato attuale, era ormai inutile tentare di nascondere la propria posizione al nemico.
    < Accoglieremo quella feccia criminale come merita! >
    Un grido di approvazione, diffuso e inarticolato, si sollevò dal gruppo di individui ammantati.

    Mastro Willem alzò la testa, distogliendosi finalmente dalla sua posa riflessiva. Guardò lungamente il teramin e l’ibrido negativo.
    < Ci resta ancora un po’ di tempo, giovani viandanti. > Parlava con lentezza, soppesando con cura le parole.
    < Avete dei suggerimenti? >

    Edited by -Aleph- - 11/1/2020, 10:59
     
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    Meno Zell seguì annoiato Leamhan e Millia verso l'accampamento, che raggiunsero in pochi minuti presso una radura. I mercanti erano davvero numerosi e tutti indossavano degli indumenti da monaci, alquanto poveri per dei mercanti.
    "Spero che siano ricchi abbastanza..."
    I banditi ancora non si vedevano. Meno Zell era convinto di trovarsi già i banditi davanti che puntavano i pugnali alle gole dei poco attenti mercanti, invece il clima nella radura sembrava tranquillo, così tranquillo che c'era un vecchio seduto su di un masso intento ad intagliare. Nessuno sembrava essere in panico e l'ibrido pensò di essere stato tratto in inganno, tanto che iniziò ad agitare nervosamente la coda.
    Meno Zell non disse niente mentre il vecchio parlava ma si limitò a guardarlo con un misto tra disprezzo e schifo perchè non aveva mai sopportato i vecchi umani e i vecchi elfi. Erano troppo malandati per poter lavorare e l'ibrido si augurò che schiattasse nel breve tempo possibile. Il Teramin, al contrario di Meno Zell, si intromise subito con il vecchio, riferendo loro che i banditi erano in avvicinamento, che cavalcavano circa sei o sette cavalli e che sarebbero piombati li in due minuti circa. Bene. Il radar del quadrupede aveva rilevato i banditi come dei caccia e questo fece ghignare Meno Zell. La storia dei banditi era vera.
    Il vecchio non sembrò minimamente scomporsi alle notizie del Teramin mentre l'elfa era visibilmente agitata. Sembrava quasi che il vecchio fosse contento dell'invasione dei banditi, qualcosa in lui non quadrava. Successivamente, diede degli ordini a tutti i mercanti di mettersi ai propri posti, per fronteggiare i banditi.
    Finalmente, quando Willem il vecchio chiese suggerimenti a Leamhan e Meno Zell, quest'ultimo parlò.
    "Voi preparatevi come volete, io faccio a modo mio. A differenza vostra, io posso attaccare dall'alto!"
    Senza dare il tempo al vecchio di rispondere, il draghelfo negativo si piegò sulle zampe posteriori, aprì le ali color verde sporco e spiccò il volo.
    L'ibrido si portò al di sopra degli alberi e cercò di individuare i cavalli dei banditi, cavalli che gli avrebbero fornito un ottimo pasto e un'ottima ricarica di energia, come aveva fatto a Knawr, prima che quella deficiente di Liya lo calciasse via. Non ci impiegò molto ad individuare i cavalli in movimento verso la radura, i banditi si trovavano ancora nel fitto della foresta e non erano transitati nel punto dove erano iniziati i lavori per l'autostrada.
    Meno Zell soffiò un fulmine violaceo che si ramificò, andando a colpire diversi alberi che si trovavano davanti, dietro e ai lati dei banditi. Colpiti da quell'improvvisa folgore, gli alberi caddero al suolo quasi all'unisono, bloccando la via ai banditi, in modo da intrappolarli. Poi iniziò a volare in tondo attorno a loro a velocità sostenuta, pronto ad un nuovo attacco.
     
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    Scusa il ritardo epocale, come ti ho già spiegato in privato in questo periodo sono del tutto assorbito da certi impegni piuttosto urgenti. Spero di non metterci più così tanto a rispondere. :242g6fo:


    < Voi preparatevi come volete, io faccio a modo mio. A differenza vostra, io posso attaccare dall’alto! >, si vantò meno Zell che, senza lasciare al vecchio il tempo di replicare, con un sol balzo si librò in volo e scomparve tra le fronde degli alberi.

    < Hey! No aspetta, prode avventuriero… >, provò a fermarlo Mastro Willem, ma l’ibrido negativo era ormai già troppo lontano per udire la sua voce.
    Il vecchio rimase in silenzio per qualche istante con lo sguardo rivolto verso l’alto, come assorto in una preghiera; forse, dentro di lui, stava effettivamente pregando di veder ricomparire il rettile dalle squame violacee attraverso il soffitto verde delle chiome.
    < Ah, merda… >, imprecò poi a denti stretti. Con un gesto di stizza piuttosto svogliato, gettò a terra il pezzo di legno che stava intagliando, il quale cadde a poca distanza da lui. Willem e Millia si scambiarono uno sguardo fugace ma eloquente. Un vociare sommesso si sollevò dal gruppo di individui ammantati che popolava la radura, che iniziarono a raccogliersi gradualmente attorno ai due e al teramin. Leamhan, dal canto suo, non disse nulla: aveva la sensazione, in verità piuttosto sgradevole, che stare in silenzio limitandosi ad ascoltare era in quel momento la scelta di gran lunga più saggia.

    < No allora, aiutami a capire… >, disse l’elfa con una calma palesemente artefatta, portandosi le mani congiunte davanti alla bocca, < Anche questo faceva parte del tuo piano, giusto? >
    < E vabbè dai, cosa ti aspettavi? >, si giustificò Willem, facendo spallucce, < È stata un’operazione messa su in una serata! >
    Un sorrisetto sornione s’intravedeva appena attraverso la sua folta barba grigia; sembrava quasi divertito dalla situazione.
    < E vabbè dai… >. Il tono accomodante di Millia suonava sempre meno convincente.
    < Si insomma, che sarà mai? È soltanto andata a monte L’INTERA CAZZO DI OPERAZIONE! >
    Come un vulcano che esploda senza alcun preavviso in una splendida giornata di sole, la calma apparente dell’elfa lasciò improvvisamente il posto ad un’ira incontenibile.
    < Ma non avevi messo in conto che quel lucertolone aveva delle DANNATISSIME ALI? >, incalzò, < E che magari, sai com’è, POTEVA DECIDERE DI USARLE! >
    Ritenendo evidentemente le parole un mezzo insufficiente per esprimere la propria ribollente frustrazione, Millia si abbatté con furia cieca contro la scultura di legno abbozzata da Willem, scagliandola lontano con un calcio.

    Willem, di tutta risposta, scoppiò a ridere. Sghignazzava di gusto, sguaiatamente, battendosi ripetutamente una mano su una coscia. Le sue risa non erano affatto quelle di un vecchio, e Leamhan, che fino ad allora aveva ascoltato il battibecco in silenzio, realizzò la ragione per cui la sua voce gli era suonata sin dall’inizio così stranamente familiare. Si, quella risata era inconfondibile: Mastro Willem era il taverniere della locanda di Kerus, quella che il giorno prima era stata teatro della sua rissa con Turak e i suoi scagnozzi.

    < Hahaha… Mi fai morire quando ti arrabbi, Milly! >
    Senza smettere nemmeno per un secondo di sghignazzare, con un colpo netto della mano Willem si strappò di dosso la barba finta che indossava, dopodiché si tolse il cappuccio che gli celava il capo. Sebbene i suoi lineamenti fossero senza dubbio gli stessi del locandiere, sembrava decisamente più giovane di quanto apparisse allora. Se Leamhan fosse stato munito di un paio d’occhi, avrebbe visto un ragazzo sui venticinque anni, occhi e capelli dello stesso caldo color castano, sul cui viso, caratterizzato da una mascella un po’ squadrata da sportivo, facevano sfoggio un paio di baffi impomatati rivolti all’insù.
    < Vaffanculo Will, tu e i tuoi merdosi travestimenti che non funzionano mai! >, ruggì Millia, ma più ella s’infiammava e più il suo collega rideva di gusto.
    < Scusa Millia, ma anche questo fa parte del divertimento, no? >, disse Willem, asciugandosi la lacrima scesagli su una guancia a causa del troppo ridere.
    < Cosa, farmi incazzare? >
    < Haha, si. N-no, cioè… >, si corresse non appena notò lo sguardo con cui lo stava fulminando l’elfa, < Non solo. Io mi riferivo agli imprevisti del genere. Sono ciò che rende speciale quello che facciamo. Altrimenti sarebbe un lavoro come un altro, non credi? >
    < Ma si, un lavoro perfettamente normale. Rapine, omicidi, rapimenti, tutto regolare. >, replicò acida lei.
    < Si si, certo, ma alla fine ci si abitua anche a quello. Ma agli imprevisti… No, agli imprevisti non ci si abitua mai. >
    Willem, o piuttosto Will, ammesso che anche quello non fosse un nome falso, a differenza della collega non pareva affatto in ansia per la riuscita della missione. Parlava con una tranquillità quasi ostentata, come se si trovasse in taverna, davanti ad un boccale di idromele pieno fino all’orlo, a chiacchierare del più e del meno con un amico di vecchia data. < Ti danno quella scarica, capisci? Quel brivido in più che, se ci pensi, è la ragione per cui abbiamo scelto questa vita. E poi no->
    < Stammi a sentire Will. >, lo interruppe bruscamente Millia, scoccandogli un’occhiataccia tanto incandescente che si sarebbe detta capace di infliggere ustioni reali. < Se non alzi subito il culo da quel tronco te la do io la scarica, OK? >

    Will fece per replicare alle sferzanti invettive della collega, ma Leamhan fu più veloce di lui ad intromettersi nel loro discorso.
    < Oh. Dunque voi vi sie- >
    < TI HO FORSE DATO IL PERMESSO DI APRIRE QUELLA FOGNA DI BOCCA? >, esplose come una furia la giovane elfa, voltandosi di scatto verso il teramin.
    < AH! > Lui, disorientato come se quella l’avesse tramortito colpendolo in testa con una mazza di legno, compì istintivamente un passetto barcollante all’indietro.
    < Scusami Will, credo di avere un vuoto di memoria. >, disse Millia ritornando improvvisamente alla calma dissimulata di prima, < Per caso ti risulta che io abbia dato il permesso a quello sgorbio di merda di aprire la sua dannatissima bocca del cazzo per torturarci con il suono indescrivibilmente irritante della sua voce? L’ho fatto per caso, Will? Proprio non ricordo. >
    < Non saprei Millia, ma così su due piedi mi pare di no. >, rispose lui serafico, facendo spallucce.
    Leamhan, con le orecchie abbassate e il muso rivolto a terra, si limitò ad emettere un verso indefinito. Come faceva sempre quando era nervoso, iniziò a picchiettare rapidamente la sua zampa destra sulla sinistra.
    < Stammi bene a sentire sgorbietto. > disse l’elfa con voce vibrante di minaccia, torreggiando su di lui con la sua notevole statura. < Da adesso in poi tu non dirai una singola parola senza che io prima ti abbia dato il permesso per farlo. Sono stata chiara? >
    < Signorina Millia.>, domandò il teramin con tono imprecisato, < Perché tale astio. >
    La palpebra inferiore dell’occhio sinistro di Millia ebbe uno scatto, brevemente animata da un tic nervoso.
    < Ok, forse con te le parole non sono sufficienti… > disse, stringendosi le mani l’una sull’altra per farsi scrocchiare le nocche.

    < Oi Milly, sei troppo cattiva con lui! >. Con un piccolo balzo, Will scese dal tronco sul quale sedeva.
    < Ci parlo io. >
    Leamhan, nel frattempo, voltava la testa a destra e a sinistra schioccando freneticamente il suo sonar, probabilmente alla ricerca di un modo per galopparsene via da lì. Gli scagnozzi di Millia e Will si erano però strettamente raccolti intorno al terzetto, ed egli si rese subito conto che quella della fuga, anche se si fosse servito della propria ombra, era di fatto un’opzione impraticabile.
    < Allora cavallino, ascoltami bene. >, disse il ragazzo, chinandosi sulle ginocchia così da poter discutere faccia a faccia - se di faccia si poteva parlare nel caso di un teramin - con il suo interlocutore.
    < Noi siamo dalla tua parte, ok? Siamo alleati. Chissà, alla fine di tutto questo potremmo anche diventare buoni amici. >
    Il tono delle sue parole era calmo e conciliante, persino rassicurante.
    < Quindi adesso tu ci seguirai e farai tutto quello che ti diciamo. Se ci darai retta senza fare scherzi andrà tutto bene, te lo garantisco. Non ti farai un graffio. Liscio come l’olio. Ok?> Will iniziò a carezzare delicatamente Leamhan sulla folta criniera color pece del suo collo, così come si farebbe con un cane o un cavallo.
    < Ma, mettiamo il caso, mi capitasse di notare la tua ombra che fa un movimento minimamente sospetto o anche solo un tantino strano, oppure ti vedessi scrivere da qualche parte uno dei tuoi simpatici scarabocchi neri, beh, caro cavallino… >
    Leamhan sentiva le carezze del ragazzo divenire gradualmente sempre più energiche, sino a che non si fecero piuttosto fastidiose. Anche nella sua voce, apparentemente rilassata ed affabile, iniziava ad aleggiare un tono di minaccia che emergeva in maniera sempre più evidente ad ogni parola pronunciata.
    < … temo che in tal caso le cose potrebbero complicarsi un tantino, perché ti giuro, lo giuro sulla tomba di mia madre, che possa riposare in pace, > Senza scomporsi minimamente, Will afferrò una cospicua ciocca di pelo della criniera del teramin e la strattonò con violenza. Leamhan emise un breve gemito di dolore.
    < … giuro che ti strapperò quella faccia senza faccia che ti ritrovi con le mie stesse mani e la userò questa sera a cena come scodella per mangiarci il porridge con patate ed erba cipollina. Tutto chiaro? >

    Leahman, ancora dolorante, tremava leggermente. Il ticchettio della sua zampa destra sulla sinistra diventava sempre più intenso e frenetico.
    < Tutto chiaro? > il ragazzo ripeté la domanda con lo stesso identico tono di minacciosa calma, senza alzare la voce.
    < Ho recepito. >, fu l’inespressiva risposta del teramin.
    < Ha recepito. > gli fece il verso Will, mollando la presa sulla sua criniera. < Vedi Milly, con le buone maniere e un po’ di gentilezza si ottiene tutto. >
    Millia non riuscì a trattenere una risatina.
    < Sei un cazzone Willy, io non so come faccio ancora a lavorare con te. FORZA UOMINI, ANDIAMO! >, gridò poi rivolta alla nutrita platea di scagnozzi che aveva attorno, < INIZIA LO SPETTACOLO! >.

    --

    Il piccolo manipolo a cavallo, costituito da Turak e una mezza dozzina tra i suoi fedelissimi, procedeva nel frattempo a passo di marcia nel folto della foresta. La pesante corazza del mezz’orco tintinnava lievemente ad ogni passo mosso dall’animale che lo trasportava, i cui zoccoli si districavano con difficoltà su quel terreno sconnesso.

    < Capo, con tutto il rispetto, >, chiese una voce maschile nasale e piuttosto acuta, < dove accidenti ci stiamo ficcando? >.
    Lo gnomo che aveva parlato procedeva alla destra di Turak, in sella ad un cavallo che, sebbene assolutamente normale, rapportato al suo corpo minuto appariva sproporzionatamente grande.
    < Le MIE fonti dicono che la zona è questa. Il tizio che cerchiamo è qui. >, grugnì Turak, ponendo come al suo solito una gran enfasi su tutti i pronomi possessivi che gli capitava di pronunciare. < IO so scegliere bene le MIE fonti. È chiaro, Shroeder? >

    Con un gesto dignitoso e compunto ma un po' teatrale, lo gnomo Shroeder si sistemò il colletto del suo farsetto a righe arancioni e bianche, scelta di vestiario senz’altro curiosa per qualcuno che andava addentrandosi nella foresta più vasta ed intricata dell’intera isola.
    < Ma certo capo, non lo metto in dubbio. >, rispose, senza impegnarsi troppo per celare una vena di polemica ironia, mentre si lisciava con due dita uno dei suoi baffetti neri lunghi e sottili.
    Alla sinistra di Turak cavalcava in completo silenzio un individuo magro e molto alto, forse anche troppo per un normale essere umano, le cui fattezze erano interamente celate da una lunga tunica nera dai bordi lisi e consunti. Il suo volto era coperto da una maschera bianca munita di un lungo becco, del tutto simile a quelle che, nell’immaginario collettivo, si attribuiscono generalmente ai famigerati dottori della peste.

    L’avanzata del piccolo gruppo di banditi fu bruscamente interrotta da una serie di esplosioni a cui seguirono gli schianti fragorosi di diversi alberi, che immediatamente sollevarono le grida del malviventi e il nitrito dei loro cavalli, terrorizzati dal boato.
    < Erano fulmini! > gridò Turak, mentre strattonava con vigore le redini del suo cavallo spaventato nel tentativo di riprenderne il controllo. < Fermi tutti! L’abbiamo trovato! Abbiamo trovato Meno Zell!>
    Placata l’agitazione del suo animale, il mezz’orco puntò lo sguardo verso il cielo.
    < Meno Zell! >, strillò a pieni polmoni, posizionando le mani davanti ai lati della bocca per amplificare il suono della sua voce, < Fermo! Non attaccarci! Siamo qui per parlare d’affari! >
    Un sorriso superbo incurvò le labbra di Turak.
    < So che sei lassù, Meno Zell! Scendi, parliamo tra uomini! IO ho una proposta da farti! >, aggiunse allargando le braccia con fare conciliante, come per sottolineare il fatto di essere disarmato e dunque privo d’intenzioni ostili. Aveva abbassato un po’ il tono di voce: una volta ottenuta l’attenzione del suo interlocutore, d’altronde, sgolarsi non era più necessario.
    < Portami il mostriciattolo nero. Vivo. Sai di chi parlo. Portamelo, ed IO avrò un debito con te. >
    Turak rimase in silenzio alcuni istanti; forse era perso in qualche pensiero, oppure, più probabilmente, il suo intento era semplicemente quello di aggiungere pepe al discorso con una pausa drammatica ben piazzata.
    < Un grosso debito. Ed IO pago sempre i MIEI debiti, Meno Zell. >

    Piccolo spoiler chiarificatore, perché mi rendo conto che per sbrigarmi ho scritto un post un tantino incasinato.

    Il gruppo di Millia, Will e Leamhan ha lasciato la radura e si è addentrato silenziosamente nella foresta. È difficile che Meno Zell se ne sia accorto, a causa dello schianto degli alberi, delle urla di Turak e anche perché stava troppo in alto. La loro chiacchierata è inoltre avvenuta appena prima che Meno Zell attaccasse i banditi, mentre era ancora in volo alla loro ricerca.

    Nel caso in cui Meno Zell decida di attaccare Turak & Friends senza nemmeno provare a parlarci, tieni conto che non sono i classici banditi random con cui si può autoconcludere, per cui l’eventuale scontro potrebbe rivelarsi piuttosto impegnativo anche per lui. u_u


    Edited by -Aleph- - 22/7/2022, 19:45
     
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    Il fulmine lanciato da Meno Zell che distrusse gli innocenti alberi, fermò il manipolo di banditi che stavano correndo a cavallo nella foresta. Urla di umani e altre creature, unite ai nitriti di spavento dei loro cavalli testimoniarono il loro spavento causato dall'improvviso attacco da parte dell'ibrido negativo.
    Ciò che sorprese Meno Zell era che qualcuno lo stava chiamando per nome, qualcuno che già lo conosceva. Il draghelfo si fermò a mezz'aria per udire meglio la voce. Non gli ci volle molto a riconoscerla: si trattava di uno degli avventori della taverna di Kerus, dove lui aveva conosciuto il Teramin. Chiedeva a Meno Zell di consegnargli Leamhan, vivo, dandogli in cambio una sorta di debito.
    Il draghelfo negativo scese di quota, planando con le sue ali sporche, fino a posarsi su un ramo del grosso albero che aveva appena abbattuto, ormai privo di vita. Meno Zell odiava appollaiarsi sugli alberi come era solito fare il suo corrispettivo positivo ma farlo sugli alberi appena uccisi gli faceva provare un immenso senso di piacere, come il vincitore sopra l'avversario sconfitto ed ucciso.
    Il draghelfo elettrico-radiante squadrò dall'alto verso il basso il gruppo e prese in mano la frusta elettrica per precauzione. C'erano diversi avventori della taverna e non c'era da fidarsi della gentaglia di borgo. Tuttavia, prima di passare alle brutte, Meno Zell voleva passare per la via diplomatica.
    "Voi siete gli avventori della taverna di Kerus e volete che io vi porti Leamhan. Che cosa volete fargli? Chi mi da la garanzia che questa non sia una vostra trappola e che volete attaccarci o ricattarci? Mi viene da pensare che tutto questa messa in scena sia frutto di un vostro elaborato piano. L'elfa e il vecchio nella radura, assieme a tutti gli altri sono vostri complici!" rispose Meno Zell, indicando con uno dei suoi pollici guantati la direzione dalla quale era venuto, per poi puntare un indice guantato verso il capo banda, il mezz'orco Turak.
    "Di che debito stai parlando? Sii più chiaro. Non mi fido di voi! Se vengo a scoprire che state tramando qualcosa dietro di me e di Leamhan, ve la farò pentire! Allora? Quali sono le vostre intenzioni? " aggiunse poi.
    La voce di Meno Zell era minacciosa ed autoritaria, per far capire a quel manipolo di banditi a cavallo che Meno Zell non intendeva farsi mangiare la coda.


    Meno Zell non attacca, per ora, ma non si fida per niente X3
     
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    L’occhiata che Turak scoccò a Meno Zell era di genuina sorpresa.
    < Chi c’è nella radura? >
    < Capo, mandiamo qualcuno in avanscoperta? >, suggerì prudentemente Shroeder.
    Il mezz’orco rimase in silenzio qualche istante, sovrappensiero.
    < No, sarebbe inutile! >, sentenziò poi con tono fermo.
    < Con tutto questo casino, chiunque ci sia in quella radura ormai si sarà accorto di noi. Se sono qui per farci scherzi, beh… >
    Turak diede una piccola pacca ad uno dei grossi machete che portava legati alla cintola. Un sorriso obliquo si dipinse sulle sue carnose labbra verde scuro.
    < … gli daremo l’accoglienza che si meritano. >
    Shroeder fece spallucce con aria noncurante. < Non fa una grinza, capo. >
    < Eh! Lo so Shroeder. >, esclamò Turak con orgoglio, < La MIA logica è, uhm… Ferrosa? >
    < Ferrea. Si dice ferrea. >
    < È quello che stavo per dire IO Shroeder, non interrompermi! >, sbottò piccato il mezz’orco.
    < Non lo metto in dubbio, capo. >, rispose lo gnomo con un tono servizievole palesemente sarcastico, mentre un sorrisetto ironico gli incurvava leggermente le labbra sotto i lunghi baffi neri arricciati all’insù.

    Turak lanciò una rapida occhiataccia al suo sottoposto, ma poi, ritenendo evidentemente di dare priorità alla trattativa, decise di soprassedere alla sua insolenza e si voltò verso l’ibrido negativo.
    < Tornando a noi Meno Zell. Sarò sincero con te. IO non capisco se stai parlando seriamente. > Il suo tono di voce era calmo e risoluto, sicuro di sé, eppure nelle sue parole iniziava a serpeggiare una vena d’impazienza.
    < Devo davvero spiegarti perché IO voglio il mostriciattolo? C’eri anche tu nella locanda, no? Guarda! >, disse, sollevando con un gesto brusco il suo braccio destro.
    < Sono dovuto andare da un guaritore a farmelo sistemare! >
    Digrignando i denti, Turak chiuse a pugno entrambe le sue grosse mani, serrandole con tale forza che i guanti d'armi che le proteggevano iniziarono a scricchiolare.
    < Quel mostriciattolo mi ha umiliato! A ME, capisci? A ME! Davanti ai miei uomini! DAVANTI A TUTTI! >
    La rabbia a malapena repressa del mezz’orco straripò con la forza di un fiume in piena.
    < HO PERSO LA FACCIA DI FRONTE ALL’INTERA CITTA’! >, ruggì.
    < OVVIAMENTE voglio ammazzarlo Meno Zell, ma che domande mi fai! OVVIAMENTE voglio scuoiarlo vivo e fare uno zerbino con la sua pelle, che metterò all’ingresso di quella bettola come avvertimento per chiunque pensi che si possa rompere il cazzo a Turak il Trituraossa e arrivare vivi al giorno dopo! C’ERA BISOGNO DI SPECIFICARLO? >
    Al colmo dell’esasperazione, Turak afferrò uno dei diversi machete che portava legati alla cintola e lo scagliò contro un albero, dove si conficcò in profondità. Dopodiché dovette concedersi qualche istante per riprendersi, poiché dopo quella sfuriata era rimasto con il fiato corto.
    < È così che funzionano le cose da queste parti, Meno Zell. Se perdi il rispetto, perdi TUTTO! >, aggiunse, ancora un po’ affannato, non appena riuscì a ricomporsi.
    < E io mi riprenderò il MIO con la vendetta! >

    Turak rimase in silenzio qualche istante, un po’ per finire di riprendere fiato, un po’ per valutare l’effetto delle sue parole sull’ibrido negativo.
    < Se MI consegni Levahn... No, Lemann. Ehm… >
    < Leamhan. Si chiama Leamhan. >, lo corresse Shroeder, che si stava pulendo le unghie strofinandole con aria indifferente sulla stoffa del suo farsetto.
    < Ma chi cazzo se ne frega di come si chiama quel coso! >, sbottò stizzito il mezz’orco.
    < Portamelo, e IO ti faccio entrare subito nella MIA banda. Con una posizione di comando. Mi sono informato sul tuo conto, Meno Zell. Sei un tipo tosto. Uno che non si pone limiti. Sei quello che IO cercavo da tempo. Se ti unisci a ME, non ci fermerà più NESSUNO! >
    Turak fece un gesto ampio allargando entrambe le braccia, come ad indicare l’intera isola. Un’espressione di gioia estatica illuminava il suo volto.
    < Contrabbando di pozioni proibite e artefatti. Mercato nero. Traffico di armi. Tutta Kerus sarà nelle MIE mani. Nelle TUE mani. Nelle NOSTRE MANI! >
    La crescente eccitazione del mezz’orco era testimoniata dal gesticolare che accompagnava il suo discorso, che ad ogni nuova frase pronunciata diveniva più enfatico e teatrale rispetto alla precedente.
    < Porta a ME il mostriciattolo col nome complicato. Portamelo, e ti sarai fatto un amico potente. ME, ovviamente! >, disse, infine, battendosi con vigore una mano sul petto, che impattando con le piastre d’acciaio della sua corazza produsse un clangore metallico.

    Turak, continuando a guardare l’ibrido negativo dritto negli occhi con aria tronfia e risoluta, si concesse una breve pausa dal suo lungo monologo. Un sorrisetto beffardo, appena accennato, fece poi capolino sulle sue labbra.
    < Insomma, non ti ci sei mica affezionato. Vero? >, domandò senza far nulla per celare la propria ironia.
    < Tu! Il famigerato Meno Zell! >


    Ah, sono davvero molto curioso di vedere cosa deciderà di fare Meno Zell.

    Lo scopriremo nella prossima puntata, suppongo. :paninozzo:

    PS: mi sono dimenticato di dirti una cosa. Se Meno Zell accetta l'offerta di Turak, ammesso che la sua intera banda non finisca per qualche ragione trucidata nel corso della role (non si può mai sapere u_u), nelle prossime role in cui partecipi con Meno Zell sentiti pure libero di utilizzare uno dei membri della banda o anche un suo affiliato di tua invenzione.


    Edited by -Aleph- - 24/2/2020, 11:48
     
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    Meno Zell lasciò che il mezz'orco si sfogasse, sbraitando e lanciando armi a caso contro alberi a caso. L'ibrido negativo sapeva benissimo cosa voleva fare con il Teramin ma era curioso di vedere la sua reazione. Trovò quasi divertente vedere quel grezzo bipede verde, come se stesse assistendo ad uno spettacolo teatrale; di tanto in tanto l'ibrido negativo sorrideva leggermente. Non si scompose minimamente nemmeno quando Turak scagliò con forza il suo machete contro l'albero. Il mezz'orco quindi voleva trasformare il Teramin in uno zerbino.
    Alla fine del suo sfogo vulcanico, il mezz'orco iniziò a parlare di affari e Meno Zell, dalla posa divertita passò ad un'espressione di ascolto.
    La proposta che il mezz'orco gli stava mettendo sul piatto era molto allettante ed attrattiva, molto maggiore rispetto a quella proposta da Leamhan, del quale Meno Zell iniziava a nutrire seri dubbi riguardo la veridicità. Poco prima che intervenissero gli scagnozzi di Turak, il Teramin aveva iniziato a inveire contro Meno Zell, solo perchè stava abbattendo gli alberi per far posto alla nuova via di comunicazione su Kengard.
    Le offerte propostegli da Turak erano quelle che si aspettava fin dall'inizio; farsi alleati a Kerus e mettere mano sulla città, per poi espandere la malavita sul resto dell'isola come un cancro dilagante (o come il Coronavirus).
    Passarono alcuni secondi, dopo che il mezz'orco smise di parlare, durante i quali Meno Zell meditò sul da farsi, spostando il peso da un piede all'altro e tamburellando con le dita guantate sulle braccia. Poi guardò il mezz'orco negli occhi.
    "E va bene d'accordo! Ti porterò il Teramin!" sentenziò l'ibrido negativo muovendo alcuni passi in direzione dell'orco.
    "Ma prima vorrei mettere in chiaro un paio di cosette. Primo: la vendetta che hai con lui è tua personale, io non mi immischio, nemmeno se dovesse farti la pelle una seconda volta. Prenditi le tue responsabilità. Secondo, ma non meno importante....se dovessi scoprire che mi state prendendo in giro, l'umiliazione che subirai sarà dannatamente superiore a quella che hai subìto nella locanda. Sarai tu ad invocare la morte. Ricordati, e ricordatevi tutti! La morte è una liberazione, non una punizione!"
    Mentre parlava, l'ibrido negativo camminava avanti ed indietro lungo un percorso rettilineo e perpendicolare alla direzione dalla quale era arrivato Turak con i suoi scagnozzi.
    "Detto questo...vado a recuperare il Teramin. Tenetevi pronti e non fiatate, se non volete mettere subito in allarme Leahman a vostre spese!"
    Meno Zell si allontanò dal gruppo di Turak & Co, ripercorrendo a piedi il percorso che aveva fatto in volo all'andata, ovviamente buttando giù qualsiasi albero intralciasse il suo percorso.
    Dopo aver vagato qualche minuto nella foresta, Meno Zell scorse Leamhan guidato a forza dall'elfa e da quello che era il locandiere. Meno Zell si avvicinò al gruppo, rimanendo alquanto sorpreso di vedere il locandiere.
    "Ehi! Ma io ti conosco! Sei il locandiere!" esordì con voce sorpresa.
    L'ibrido negativo bloccò la strada al taverniere e all'elfa, per poi guardare Leamhan, in una posizione di evidente passività. Non sapeva quali fossero le loro intenzioni, non sapeva se erano in combutta o se erano avversari del gruppo di Turak. Anche loro volevano uccidere il Teramin? Lo stavano portando nel bel mezzo della foresta per sgozzarlo? Oppure volevano portarlo da Turak, privando Meno Zell del diritto di comando nella sua banda. Qualsiasi fosse il loro motivo, doveva riprendersi il suo ex-compagno di avventure.
    "Leamhan viene con me. I banditi sono vicinissimi e noi due sappiamo combattere bene assieme e da soli. State fermi qui o tornate indietro." fu l'ordine dell'ibrido negativo all'indirizzo del'elfa e del locandiere. Cercò di usare ancora la scusa dei banditi e allo stesso tempo doveva nascondere la verità a Leamhan, cioè che doveva essere conegnato al mezz'orco e ai suoi scagnozzi. Sperò di concludere il tutto velocemente e con le buone.

    Edited by ZellDragon6 - 26/2/2020, 10:56
     
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    Hey hey aspetta un secondo. ^^" Temo che tu abbia autoconcluso un tantino troppo, ma devo ammettere che ci sono parecchi punti che non ho chiarito abbastanza.

    In primo luogo il gruppo di Millia & Co. ha lasciato la radura ed è difficilmente reperibile, perché sta procedendo nella foresta muovendosi di soppiatto appunto per non essere individuato da Turak & Friends. Non sarà così facile trovarli. Non è impossibile, assolutamente, ma la ricerca richiederà un po' di tempo (in ogni caso si trovano ormai vicinissimi al gruppo di Turak, tanto che nel prossimo post avrebbero fatto la loro comparsa).

    In secondo luogo mica ho detto che loro collaborano con il mezz'orco. u_u Tutt'altro, come vedrai a breve.
    Per scoprire le loro vere intenzioni Meno Zell dovrà parlarci direttamente. Se invece decidesse di attaccarli direttamente, tieni a mente che si applica la stessa regola che vale per Turak e i suoi: Millia e Will sono avversari che sanno il fatto loro, per cui lo scontro non sarebbe affatto facile.

    Ti chiederei di modificare la seconda parte del tuo post, quella in cui Meno Zell trova Leamhan e lo convince a seguirlo. Se vuoi mantenerne l'impostazione puoi fare semplicemente che lui trova Millia e gli altri e cerca di convincerli di consegnargli il Teramin.
    Perdonami se ti chiedo di rimettere mano sul tuo post, è che per cercare di non rendere troppo ovvie le cose molti dettagli tendo a lasciarli ambigui, il che può portare ad un po' di confusione. E poi sto palesemente andando a braccio. :asd: Comunque tu nel dubbio non autoconcludere con gli npc che trovi in giro in questa role (incluso lo stesso Leamhan), perché è possibile che nascondano qualcosa. u_u

    Per qualsiasi cosa rispondimi pure in privato, così poi sovrascrivo questo spoiler con il mio prossimo post in modo tale che non rimanga traccia dell'intoppo.


    Edited by -Aleph- - 25/2/2020, 20:05
     
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    Ok, modificato X3 :1zxb9rs: :dewvip:
     
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    Finalmente sono riuscito a scrivere sto post, scusa il ritardo. Perdonami poi se ho fatto succedere un sacco di cose senza dare troppo spazio a Meno Zell per inserirsi, il fatto è che volevo saltare i convenevoli per giungere subito al sodo in un singolo post. E' uscita fuori una roba prolissa anche per i miei standard. :asd:


    Quando Meno Zell fece la sua apparizione, al nutrito manipolo di loschi figuri capitanati da Will e Millia non mancava ormai molto per raggiungere Turak e i suoi. Ora che si erano disfatti dei loro travestimenti da mercanti girovaghi, apparivano finalmente per ciò che erano realmente: un ammasso di avanzi di galera nerboruti, minacciosi e armati fino ai denti. Millia e Will vestivano invece un completo in pelle nera opaca, leggero e piuttosto attillato, l’equipaggiamento ideale per due sicari professionisti. Leamhan, con le orecchie abbassate e la lunghissima coda arrotolata tra le zampe, trotterellava con aria afflitta poco dietro di loro. Un omone barbuto, dalle braccia muscolose completamente ricoperte di tatuaggi, lo stringeva a sé servendosi della sua lunga sciarpa viola come di un guinzaglio, così da trattenerlo qualora avesse provato a dileguarsi tuffandosi nella propria stessa ombra.

    Non appena l’odore disgraziatamente inconfondibile dell’ibrido negativo giunse alle narici del teramin, le sue lunghe orecchie si rizzarono di scatto verso l’alto.
    < OH! Signor Meno Zell! >, esclamò con insolito entusiasmo, compiendo un piccolo saltello sul posto.
    < Lei giunge dunque in mio soccorso. Bene. =) >
    L’omone che lo teneva al guinzaglio diede uno strattone alla sciarpa, tanto vigoroso che quasi lo fece rovinare a terra.
    < Piantala! Turak non deve sentirci, coglione!>, ringhiò a mezza voce.

    < Leamhan viene con me. >, ordinò perentorio l’ibrido negativo.
    < I banditi sono vicinissimi e noi due sappiamo combattere bene assieme e da soli. State fermi qui o tornate indietro. >

    Will e Milla si scambiarono un’occhiata divertita.
    < Heylà, Meno Zell. >, lo salutò il finto locandiere con un cenno della mano e un gran sorriso.
    < È un piacere rivederti, dico davvero, ma temo proprio che il cavallino non andrà da nessuna parte. >.
    Millia incrociò le braccia, puntando gli occhi al cielo.
    < Fammi indovinare >, sbuffò con il tono di annoiata esasperazione di chi si ritrova ad ascoltare la stessa storia per l’ennesima volta, < Turak ti ha offerto di entrare nella sua banda, vero? Un classico. >
    Leamhan si voltò verso l’elfa.
    < ? > Non disse nulla, limitandosi ad inclinare leggermente la testa su un lato mentre, sulla tavolozza bianca della sua maschera, si delineava un simbolo nero che somigliava molto, ma non del tutto, ad un punto interrogativo.
    < Eh già. Il tuo amichetto ti ha venduto. >, disse Millia con aria indifferente, senza neppure degnarlo di uno sguardo.

    < AH! > il teramin barcollò visibilmente e quasi cadde su di un fianco, come se la pugnalata sulla schiena ricevuta dal suo ex compagno d’avventure non fosse stata figurata, ma letterale. Millia, nel frattempo, prese da una tasca del suo completo nero una scatoletta metallica. Da questa estrasse un piccolo rettangolo di carta bianca e un mucchietto di foglie di tabacco macinate, e con fare il metodico e impassibile di un’esperta fumatrice iniziò ad arrotolarsi una sigaretta.
    < Signor Meno Zell. Lei dunque mi tradisce. Mi vende ai banditi. =( > Le ampie orecchie nere di Leamhan si abbassarono nuovamente. Sulla sua maschera prese forma il disegno rozzamente stilizzato di un volto triste, i cui occhi erano costituiti da due brevi linee verticali e la bocca da una semplice curva rivolta verso il basso. Era ormai chiaro anche a lui che nessuno era dalla sua parte in quella situazione, e che con buona probabilità non ne sarebbe uscito vivo.
    < Si. Ciò è difatti evidente. I nostri obbiettivi divergevano. Tale è da parte sua la scelta più logica. > La sua zampa anteriore destra cominciò a picchiettare febbrilmente sulla sinistra. Una sensazione indescrivibile di terrore misto a sconforto s’impossessò di lui; era come se qualcuno lo avesse gettato in una pozza d’acqua gelida, tanto fredda da togliergli il fiato e impedirgli di mantenersi a galla. Aveva passato una vita intera immerso nelle sue ricerche fini a sé stesse, disinteressandosi completamente di ogni forma di contatto con gli altri, eppure non ricordava di essersi mai sentito tanto solo come in quel momento.
    < Tuttavia non comprendo, no. Lo mettevo in conto eppure fa male. Perché. > Leamhan si parlava addosso a voce bassa, senza nemmeno curarsi che qualcuno lo stesse ascoltando.
    L’uomo nerboruto che lo teneva al guinzaglio si limitò a rivolgergli un’occhiata distratta.
    < Smettila! >, ruggì, facendo attenzione a non alzare troppo la voce. Diede un secondo strattone al teramin, che tuttavia lo ignorò, continuando imperterrito ad esternare i propri pensieri con la sua parlata rapida, monocorde e inespressiva.
    < Che delusione. Che delusione, signor Meno Zell. >, ripeteva, con le orecchie abbassate all’indietro e il muso rivolto a terra, senza smettere di picchiettare nervosamente le sue zampe anteriori l’una sull’altra.
    < La credevo mio amico. Che delusione. >

    Millia, che nel frattempo aveva finito di preparare la sua sigaretta, l’accese con un paio di scintille prodotte con l’ausilio del suo acciarino d’argento azionato a pietra focaia. Scoccò una occhiata, rapida e tagliente, al suo sottoposto che tratteneva Leamhan per il collo.
    < Hey Jackson, vedi di non ammazzarlo. >, lo ammonì freddamente. Fece un profondo tiro di sigaretta, consumandone circa un quarto in un colpo solo, dopodiché esalò un cospicuo fiotto di fumo grigio dalle narici.
    < Lo sai perché ti ha fatto quella proposta, Meno Zell? >, domandò all’ibrido con un’indifferenza quasi ostentata. < Vuoi dirglielo tu Will? >
    Il finto locandiere, che aveva assistito alla scena con le mani infilate nelle tasche dei pantaloni, appoggiato di schiena al tronco di un immenso albero secolare, si portò accanto alla sua collega.
    < È semplice. La sua banda sta con le pezze al culo, Meno Zell. >, disse con un’alzata di spalle. < Gli servono urgentemente uomini, perché la concorrenza li sta divorando. >
    < NOI siamo la concorrenza! >, s’intromise Millia, indicando sé stessa con un vigoroso, e un po’ plateale, gesto della mano.
    < Quella di Turak è una banda vecchio stile. >, proseguì, sforzandosi palesemente per mantenere un tono calmo e distaccato. < Una di quelle che di giorno assaltano i carri mercantili tra le montagne, e poi la sera tutti in taverna a ubriacarsi. Banditi, in una parola. Niente di più che banditi. > Prese una lunga pausa, durante la quale fece un’abbondante tiro di sigaretta per poi soffiare dalla bocca una nuova nube di fumo.
    < Noi siamo diversi, Meno Zell. Siamo dei professionisti. Siamo un’Organizzazione. > Dalle parole dell’elfa, mascherato da un atteggiamento acido e noncurante, trapelava un certo orgoglio.

    < Permetti Milly? Credo che il nostro amico meriti una rapida spiegazione. >, s’inserì Will, poggiando una mano sulla spalla della collega.
    < Devi sapere che Turak sta trafficando nel territorio del nostro Capo. Per inciso, tutta Kerus è il territorio del nostro Capo. >, disse, compiendo un cenno circolare con il dito indice come ad indicare tutto quello che c’era intorno a lui.
    < Noi riteniamo che questo sia un comportamento poco rispettoso. Concordi? Gli abbiamo proposto in diverse occasioni di unirsi a noi, ma lui non ne ha mai voluto sapere. In genere una situazione simile comporterebbe, come dire… la misteriosa scomparsa del concorrente in questione. Ci siamo intesi, no? > Sorridendo sotto i suoi folti baffi impomatati, Will scoccò a Meno Zell un’occhiata d’intesa, come se stesse parlando d’affari con un collega di vecchia data.
    < Beh, per gran fortuna di Turak, il Capo vedeva delle potenzialità in lui e nei suoi uomini. Quindi mi ha incaricato di tenerlo d’occhio, aspettando l’occasione giusta per fargli un’offerta che non avrebbe potuto rifiutare. Mi sono finto un locandiere per settimane. Una noia mortale, se non fosse stato per le continue risse. >
    Millia, nel frattempo, fumava impassibile la sua sigaretta. Leamhan sembrava essersi completamente estraniato da tutto ciò che lo circondava.
    < Ma io non voglio morire. No. >, continuava a mormorare tra sé e sé, con le orecchie rivolte all’indietro e la coda tra le gambe. Il ticchettio delle sue zampe diveniva sempre più rapido.
    < Vi è molto che debbo fare, molto. Si. Ho appena iniziato. >
    Will lo guardò con la coda degli occhi, senza voltarsi verso di lui.
    < Poi è arrivato il cavallino, che ieri sera ha umiliato Turak davanti a tutti. Eccola, finalmente. L’occasione perfetta. >, proseguì, indicandolo con un cenno del capo.
    < Vedi, praticamente lo ha costretto a cercare vendetta per avere salva la faccia davanti alla città. È così che funzionano le cose dalle nostre parti, e Turak lo sa benissimo. E ora eccoci qua. >
    Millia inspirò un ultimo tiro di sigaretta, ne gettò a terra i resti ancora incandescenti ed infine espulse dalle narici l’ennesimo getto di fumo.
    < E' stato Will, travestito da locandiere, a dirgli che tu e il tuo amichetto peloso sareste passati per la foresta. >, spiegò l'elfa.
    < Lo sgorbietto nero era l'esca per attirarlo qui. La nostra merce di scambio. >
    Leamhan, sentendosi nuovamente chiamato in causa, trasalì appena.
    < A prescindere che Turak accetti o meno di entrare nei nostri ranghi, la proposta che ti ha fatto diventa la nostra. Quindi, se vuoi, benvenuto nell’Organizzazione, Meno Zell. Sei libero di scegliere. Se invece lui rifiuta… >
    Millia calpestò con un piede il mozzicone ancora fumante.
    < Questo non è il genere di offerta che può permettersi di rifiutare. >

    Un silenzio grave avvolse il manipolo di malviventi capitanato dai due sicari. Oltre al fruscio di fogliame scaturito dalle chiome degli alberi, gli unici suoni che potevano udirsi erano il picchiettare ossessivo delle zampe di Leamhan e il suo borbottio sommesso.
    < Non voglio morire. Dove ho sbagliato, dove. Io non voglio perire qui. No. >
    L’uomo nerboruto che lo teneva al guinzaglio emise un grugnito indefinito.
    < Ti ho detto di pian- ACK! >
    Con uno scatto fulmineo, la coda del teramin si avvinghiò attorno al collo del malvivente, serrandolo con la forza di un boa che strangoli la sua preda prima di inghiottirla. Paonazzo in viso e con gli occhi iniettati di sangue, l’uomo provò ad allentare la morsa della coda infilando le dita tra di essa e il suo collo, nel tentativo disperato di tornare a respirare. I suoi sforzi furono inutili, perché Leamhan, emettendo un verso tanto acuto da far accapponare la pelle, con uno strattone della coda fece cozzare la sua testa contro il tronco dell’albero più vicino. Il malcapitato rovinò a terra stordito dall’urto, portandosi entrambe le mani sul volto sanguinante.
    < JACKSON! >, esclamò Will, voltandosi di scatto verso il suo sottoposto. Si gettò prontamente sul teramin, ma il suo tentativo di afferrarlo andò a vuoto; con sorprendente rapidità, Leamhan sprofondò nella propria stessa ombra riemergendo immediatamente qualche metro più in là, come se delle braccia invisibili l’avessero afferrato per le zampe e trascinato vigorosamente sul fondo di una pozza d’inchiostro, per poi espellerlo un’istante dopo con uguale vigore.
    Era pronto a ripetere il trucco per aumentare le distanze tra lui e i due sicari, ma con sua grande sorpresa dovette constatare che Millia era stata ancora più veloce della sua ombra. Quando se la trovò davanti non fece neppure in tempo ad estrarre il suo falcetto: l’elfa gli sferrò un tremendo calcio sul costato, tanto potente che lo sollevò leggermente da terra; l’urto fu accompagnato da uno schiocco secco, come di un ramo che si spezza. Senza neppure un gemito, il teramin si accasciò al suolo. Non riusciva a respirare, poiché l’impatto lo aveva lasciato senz’aria nei polmoni. Quando spalancò le fauci nel tentativo di riprendere fiato, il suo unico risultato fu quello di tossire un fiotto di sangue.
    < Bel tentativo. >, fu il commento Millia. Afferrò Leamhan per le orecchie con una sola mano, sollevandolo abbastanza da potergli parlare faccia a faccia senza doversi abbassare. Il groviglio di puntini bianchi e neri che scorreva disordinatamente sulla sua maschera ossea avrebbe ricordato, ad un individuo proveniente dall’epoca contemporanea, la schermata statica di un televisore a tubo catodico privato del segnale.
    < Prova di nuovo ad alzare un dito su uno dei miei uomini, e giuro che ti farò pentire di essere venuto al mondo. >, sibilò a denti stretti. Lo tenne qualche secondo sospeso per le orecchie, riservandogli uno sguardo carico di disprezzo. Poi, con un gesto stizzoso, lo scaraventò a terra davanti a sé come un sacco di spazzatura.
    < Ora capisco perché a Turak stai tanto sul cazzo. Attaccare così a tradimento… Sei un fottuto vigliacco. >

    Sulla distanza iniziava ora a udirsi un vociare diffuso e un rumore di zoccoli in avvicinamento.
    < Ci hanno sentiti. >, constatò seccamente Will. Con un paio di passi raggiunse Leamhan, che ancora agonizzante giaceva acciambellato ai piedi della sua collega.
    < Come ti dicevo > disse, asciutto, piegandosi sulle ginocchia davanti a lui, < noi siamo la tua migliore speranza di uscire vivo da qui. A differenza di Turak, non abbiamo nulla di personale contro di te. >
    In maniera quasi amichevole, Will pose una mano sul collo del teramin.
    < Quindi vedi di non dare anche a noi una buona ragione per volerti morto, che ne dici? >

    Turak e i suoi uomini emersero dalle frasche pochi istanti dopo, tanto che trovarono Will ancora chinato d’innanzi a Leamhan.
    Alzandosi prontamente in piedi, il finto locandiere accolse il mezz’orco in maniera del tutto simile a come aveva fatto con Meno Zell, ossia con un gran sorriso e un cenno amichevole della mano.
    < Salve Turak, come te la passi? Abbiamo un regalo per te. >, disse, dando un colpetto con un piede al teramin che giaceva accanto a lui.
    Il mezz’orco, visibilmente stupito, non poté fare a meno di fissarlo con gli occhi sgranati.
    < Hector? Il locandiere? >, domandò interdetto, senza riuscire minimamente a celare la propria sorpresa.
    < Si, lì mi facevo chiamare così. >, replico Will con fare disinvolto, arricciandosi uno dei suoi baffi con il dito indice della mano destra.
    < Sai chi siamo, vero? I termini non sono cambiati, Turak. >
    In completo silenzio, il mezz’orco si limitava a fissare in cagnesco il suo interlocutore. Leamhan, nel frattempo, tentava penosamente di rialzarsi sulle sue zampe lunghe e sottili; pareva un equilibrista ubriaco che si sforzava inutilmente di mantenersi in piedi su dei trampoli.
    < Questa è l’ultima offerta del Capo >, incalzò Will. < Prendi il cosetto nero. Ristabilisci il tuo onore a Kerus. Unisciti a noi. >
    Lo sguardo di Turak dardeggiò fugacemente alla ricerca di quello dei suoi due sottoposti più fidati, Shroeder lo gnomo alla sua destra e il misterioso figuro mascherato sulla sinistra, il quale sino ad ora non ha mai parlato non perché sia un individuo particolarmente enigmatico, ma solo ed esclusivamente perché ad Aleph pesava di caratterizzarlo.
    < Ho un idea migliore. >, grugnì il mezz’orco, mostrando la chiostra irregolare dei suoi denti in un’espressione furibonda. < Voi MI date il mostriciattolo e poi vi levate dalle palle, altrimenti innaffieremo le piante col vostro sangue. >

    Will e Millia si scambiarono, nuovamente, un’occhiata divertita.
    < Hehe… Credo che ti stia sfuggendo un dettaglio, Turak. >, ridacchiò Will. Alzò la mano destra, limitandosi a compiere un piccolo cenno con due dita. Ciascuno dei suoi sottoposti, chi dalla cintola e chi da dietro la schiena, estrasse prontamente una balestra e la puntò in direzione del mezz’orco e dei suoi uomini. Seguì una serie di click metallici, prodotto da decine di dardi che venivano incoccati nelle loro rispettive armi.
    < Questa volta non te lo stiamo chiedendo. >, aggiunse freddamente.
    Gli sgherri di Turak estrassero a loro volta le proprie armi, puntandole verso Will, Millia e i loro scagnozzi.
    In sella al suo cavallo, il mezz’orco continuava impassibile a fissare i due sicari. Una singola goccia di sudore si faceva lentamente strada sulla pelle verde della sua fronte. Lo sguardo di Shroeder, intanto, saettava alternatamente tra il suo capo e la fazione avversaria. Da una piccola bisaccia che portava alla vita estrasse quello che, almeno apparentemente, sembrava un comunissimo mazzo di carte da gioco.
    < Meno Zell! >, gridò Turak. < Aiutami ad ammazzare questi figli di puttana. Aiutami, e ti faccio subito MIO vice. >

    Più che sorpreso, Will pareva solo leggermente contrariato dalla risposta del mezz’orco.
    < Turak, tu non hai idea dell’occasione che il Capo ti sta offrendo. Non fare cazzate. Unisciti a noi e ti assicuro che non te ne pentirai. > Il tono delle sue parole era ancora calmo e conciliante come quello di un provetto diplomatico, ma nella sua voce cominciava a trapelare una vena d’irritazione.
    Di tutta risposta il mezz’orco smontò da cavallo con un balzo, ed una volta a terra estrasse, uno dopo l’altro, due tra i numerosi macheti che teneva assicurati alla cintola.
    < Lavorare per il tuo capo? PUAH! >, sbottò, sputando a terra in un gesto di sdegno. < Quel verme non ha nemmeno avuto le palle di venirmi a parlare di persona! >
    L’espressione seria e compassata di Will fu scossa da un fugace tremito simile ad un tic nervoso, come se, per un solo brevissimo istante, il giovane sicario fosse stato sul punto di esplodere in uno scatto di rabbia incontrollata.
    < Peccato. Hai fatto la tua scelta. >, commentò, gelido, ricomponendosi immediatamente. Da un una piccola bisaccia posta sulla cintura del suo completo in pelle nera estrasse alcuni piccoli coltelli da lancio; avevano un aspetto un po’ inusuale, sembravano più delle spade in miniatura che dei pugnali.
    < Mah… Che delusione. >, sbuffò Millia, irritata ed annoiata in egual misura. < Il Capo voleva darti una possibilità e tu la butti via così. Chissà cos’ha visto di speciale in te. >
    L’elfa si fece scrocchiare le nocche stringendosi le mani l’una sull’altra, pronta al combattimento.
    < Hey, Meno Zell! >, esclamò, voltandosi verso l’ibrido negativo. < A quanto pare devi fare una scelta. Mi raccomando, non dimenticarti della nostra chiacchierata di prima. >


    Riassumendo

    Dal momento che le due fazioni di criminali stanno per scannarsi a vicenda, Meno Zell ha davanti due possibilità: se decide di attaccare Turak e i suoi, qualora fosse interessato potrà unirsi all'Organizzazione a cui Millia e Will sono affiliati, che rappresenta di fatto la mafia di Kerus; Se invece attacca questi ultimi aiutando Turak, se vuole potrà unirsi alla sua banda.

    L'Organizzazione è una fazione molto più grande e potente della banda del mezz'orco, e decidendo di unirsi ad essa Meno Zell avrebbe a disposizione molti più mezzi e risorse (leggasi: se vorrai usare NPC di tua invenzione in qualche role con Meno Zell potrai sbizzarrirti di più e usarne in numero maggiore). Di contro, egli dovrà adeguarsi alle regole dell'Organizzazione, per cui non assumerebbe un ruolo di comando.

    La banda di Turak è una fazione piuttosto piccola dove tutti conoscono tutti, che dispone di mezzi molto minori rispetto all'Organizzazione. Tuttavia Meno Zell entrerebbe immediatamente con il grado di vice capo, ed inoltre per lui non sarebbe poi così difficile, in futuro, fare le scarpe a Turak e prendere il controllo della banda, cosa che non potrebbe fare così facilmente all'interno dell'Organizzazione.

    Ovviamente Meno Zell può provare a fare qualsiasi cosa gli passi per la testa: può volarsene via, attaccare entrambe le fazioni, attaccare Leamhan, provare ad impedire lo scontro, starsene li a guardare, ecc. Fai come ti pare, insomma. u_u


    Edited by -Aleph- - 22/7/2022, 19:46
     
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    L'elfa capì subito i piani di Meno Zell: non gli lasciò Leamhan ma rivelò apertamente le sue intenzioni, cioè quelle di vendere il suo ormai ex-amico al mezz'orco per vendicarsi.
    "Come lo sai?" sibilò a denti stretti Meno Zell.
    Il Teramin, una volta comprese le vere intenzioni del draghelfo negativo, si lasciò andare ai prevedibili sfoghi di tristezza e di sorpresa, sorpresa di essere stato tradito. Dal canto suo, il draghelfo negativo non lo degnò di alcun ascolto. Quelle parole disperate gli entravano da un orecchio ed uscivano dall'altro. Era più interessato a Milia che, a parità di Turak, voleva negoziare con l'ibrido negativo. Diversamente da come pensava, Milia e Turak non erano alleati ma facevano parte di due fazioni opposti che volevano prendere il dominio su Kerus. La parte del mezz'orco era un manipolo di banditi; un nutrito e consistente manipolo di banditi ma nulla più, con Turak a fare da capobanda. La parte di cui faceva parte l'elfa e l'ex locandiere era l'Organizzazione principale, che considerava la banda di Turak come una spina nel fianco. Una spina con la quale il loro capo, non presente li ora, voleva allearsi ma che evidentemente il mezz''orco rifiutava. Da capobanda, non avrebbe mai voluto inchinarsi ad un altro boss. Meno Zell ora era davanti alla scelta se unirsi con una o con l'altra fazione.
    "Lasciatemi pensare un momento" rispose a Will e Milia.
    Il draghelfo si discostò dall'elfa fumatrice ed inizio a fare i suoi calcoli mentali ma non passò molto tempo che il Teramin riuscì a liberarsi dalla stretta dell''omone barbuto e lo attaccò, stritolandolo con la coda e facendogli cozzare la testa contro un tronco, con un urlo che fu fastidioso anche per Meno Zell.
    L'ex locandiere tentò di acchiappare Leamhan ma la creatura quadrupede sprofondò nella sua pozza d'ombra, usandola come porta, sfuggendo alle sue grinfie. Non fu altrettanto fortunato con l'elfa che rifilò al teramin un calcio così forte che lo fece alzare da terra e stramazzare al suolo. L'ibrido negativo udì chiaramente il rumore secco di qualcosa che si era spezzato nel corpo del teramin ma Meno Zell non provò alcuna compassione nè rimorso ad udirlo. Tutt'altro. Dopo che Milia lo sollevò di peso per dargli del vigliacco e poi scaraventarlo a terra e dopo le "promesse" di Will di lasciarlo vivo, il draghelfo negativo intervenne immediatamente. Schiacciò il muso e il collo di Leamhan a terra, mettendo appositamente i sei artigli neri sporgenti dai calzini in piena faccia, poi estrasse la sua frusta di cuoio e diede un sonoro colpo al ventre, per poi avvolgerla alla base del collo.
    "State tranquilli. Non lo uccido. Mi limito a tenerlo fermo." tranquillizzò i suoi potenziali alleati.
    In quel momento, un rumore di zoccoli sul terreno, accompagnato da un vivace vociare, annunciò l'arrivo della banda di Turak. Il mezz'orco non tardò a fare la sua comparsa dalle frasche, accompagnato dai suoi uomini e lo scontro tra le due fazioni non fu, ovviamente, amichevole. Dopo i rispettivi dialoghi, spuntarono le armi. Il mezz'orco voleva trucidare il quadrupede che si trovava ancora accasciato ai piedi dell'ibrido negativo, che di tanto in tanto strattonava la frusta, usata momentaneamente come cappio al collo. L'elfa offrì per l'ultima volta la possibilità a Turak di allearsi al loro capo ma questo rifiutò categoricamente.
    Entrambe le fazioni volevano una cosa in comune: Meno Zell.
    L'ibrido, per alcuni momenti si sentì incollarsi addosso tutti gli sguardi e le orecchie dei presenti, ad attendere la sua decisione, o una sua mossa.
    Infine, agì.
    Per prima cosa, sferrò un calcio a Leamhan, comparabile a quello tiratogli dall'elfa poco prima, poi diede una gomitata violenta alla tempia di Will, distratto dal mezz'orco verde, e prese di peso il teramin sulle spalle, dopo aver riposto la frusta di cuoio. Prima che l'elfa o l'ex locandiere potessero fare qualcosa, Meno Zell si diresse velocemente da Turak, ora sceso da cavallo, e gettò ai suoi piedi il corpo ferito ma vivo del quadrupede.
    "Sono con te, Turak! Ti ho portato il mostriciattolo. Ora ti aiuterò nella battaglia. Poi ricordati le tue promesse!" e così l'ibrido negtivo scelse di schierarsi al fianco del mezz'orco verde.

    Allora...ci ho pensato un pò su come muovere il puzzone: per istinto Meno Zell avrebbe evitato lo scontro scegliendo la via diplomatica tra le due fazioni ma Turak è un osso duro e non avrebbe collaborato. A questo punto sceglie di allearsi con la banda di Turak, per poi spodestarlo, prendere il comando della banda ed a quel punto ritentare la diplomazia con l'Organizzazione mafiosa di Kerus.
    Sorry se ho autoconcluso un pò, ma dovevo rendere reale la situazione il più possibile X3
     
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