An Unwilling Midnight Snack

Era la classica nottata buia e tempestosa da racconto dell'orrore: le tenebre della sera già ammantavano i vicoli di Kerus, lievemente rischiarati dalle flebili luci dei pochi lucernai ancora accesi; la pioggia cadeva incessante sulla solida roccia che componeva le strade, mentre qualche lampo e fulmine occasionale spezzava la monotonia dello scrosciare dell'acquazzone con violento fragore, o illuminando il cielo d'una tetra luce che al suo veloce dileguarsi riportava tutto come in precedenza.
In tal clima, per le strade ormai prive di vita, qualcuno correva: un marmocchio, alto poco più di mezzo metro, il quale, più veloce che poteva, sfrecciava per i vicoli, con il terrore stampato nelle celesti iridi dei suoi occhi; i suoi abiti, stracci, ed i suoi corti capelli castani, fradici a causa del temporale, sprizzavano gocce d'acqua in ogni dove, mentre il piccolo correva, guardandosi ogni tanto indietro, nella speranza di non scorgere colui che lo inseguiva.
Finì in un vicolo cieco.
Si ritrovò letteralmente spalle al muro, il bimbo, senza la minima via d'uscita da quel vicolo generato nello spazio tra due palazzi, ed il piccolo non poté che accovacciarsi e tremare, nell'udire un rumore di passi pesanti sin troppo familiari, e che in quella nottata non avevano fatto altro che perseguitarlo. Un ghigno crudele mi si stampò in volto quando raggiunsi l'ingresso di quel vicoletto, notando ormai la mia preda rassegnatasi al suo destino.
Avevo adocchiato quel marmocchio, quando lui ed altri cinque microbi suoi pari stavano scavalcando il recinto di un orfanotrofio, probabilmente evadendo dalla struttura, ed una volta che si furono da essa allontanati, li seguì senza farmi notare, Figli di nessuno, non si sentirà la loro mancanza, pensai nel seguirli, sino ad un loro nascondiglio: un piccolo locale nascosto tra le viuzze della città, mal separato dal resto di Kerus per mezzo d'una vecchia porta di legno ormai ammuffito...come un vero e proprio invito ad entrare per una scorpacciata di carne fresca. Sfondai la porta, ed uno ad uno, li catturai, ingoiandoli vivi uno dopo l'altro, prendendoli tutti...o quasi: mentre finivo di divorare l'unica ragazzina del gruppo, la mia ultima preda mi morse il braccio con cui lo tenevo bloccato, e fuggì, costringendomi così ad un inseguimento serale, non appena io finì di riunire la mocciosa ai suoi amici nel mio ventre.
E fu così, dopo tutto quel diamine di inseguimento, che giunsi al fatidico incontro nel vicolo. I mocciosi che avevo nello stomaco gridavano e combattevano per uscirne, ma tutti i loro sforzi risultarono unicamente in suoni ovattati dal grasso della mia pancia, ed in piccoli rigonfiamenti appena percettibili, che più che dar fastidio, erano come un dolce massaggio dall'interno; Mmmh, i tuoi amici sembrano sentirsi un po' soli qui dentro, mi carezzai il ventre, mentre mi leccavo le labbra preparandomi all'aggiunta del sesto e ultimo marmocchio a quello spuntino serale, Ti aiuterò io a farvi rincontrare, ragazzino, gli dissi quindi, raggiungendolo.
Lo sollevai uno di peso, come fosse una bambola, e non mi tratteni dal pronunciare il consueto ringraziamento per il pasto che era solito dirsi a Shuken No Kuni: Itadakimasu, dissi, prima di spalancar le fauci, pronte a ricevere il corpo del ragazzino che di li a poco vi sarebbe entrato: ignorando completamente ogni suo vano tentativo di resistenza, me lo ficcai in bocca sino alle spalle, ricoprendo a mano a mano il suo corpo con la saliva, così che scendesse più velocemente e senza intoppi di sorta; passai un buon paio di minuti così, gustandomi tutto il sapore della sua tenera carne d'infante, prima di ingoiare: sorsi forti e veloci, che a mano a mano, facevano sparire il marmocchio oltre le mie labbra, gonfiando il mio collo ed il mio petto con la forma umana che li stava attraversando, sprofondando verso il mio enorme ventre.
Se qualcuno fosse giunto in quel frangente, avrebbe potuto vedermi con la testa alzata verso l'alto, mentre un paio di gambe iniziavano lentamente a scivolare nella mia bocca, il tutto quando la testa e le spalle del mio spuntino serale, iniziavano a entrare nel mio stomaco, ove di li a poco l'orfano si sarebbe ricongiunto al resto dei suoi amici, per trovar così la sua fine.

Quella tizia decisamente ci sapeva fare con le parole, dovevo dargliene atto: diceva di aver visto la scena, e che personalmente l'aveva trovata...divertente, ed oltretutto non gliene poteva fregar di meno di quei marmocchi e della fine che stavano per fare, considerando il fatto che li avessi divorati, come una giusta punizione per loro. Sorrisi in tal senso, trovando piacere nell'incontrare una persona del genere...nonostante fosse una lurida umana; quella mi propose quindi una serata di divertimento con lei, una serata in cui mostrare tutta la mia crudeltà, Non potrei chieder di meglio, replicai quindi io, con il medesimo ghigno crudele in viso, mentre quella rideva malignamente, accompagnata, quasi coreograficamente da un fulmine che come tanti altri prima di lui, squarciò il buio di quella nottata illuminando il viso della tizia sul tappeto volante.
Dimmi, cos'è che hai in mente di fare esattamente? Le domandai quindi, incrociando le braccia al petto, ed osservandola, curioso di ciò che voleva fare. Effettivamente, far qualche bel danno o esibirmi in una simpatica serie di omicidi era ciò che mi ci voleva per sfogarmi dopo che quel figlio di puttana di Wazamono mi aveva trattato a sterco in faccia, e se l'idea dell'umana rientrava in quei canoni, chi ero io per dirle di no e rifiutare? E per cominciar bene l'eventuale strage che ci sarebbe stata, decisi di liberarmi d'un peso: quello dei marmocchi che mi stavano sullo stomaco; prima che avessero anche sol modo di reagire, gli acidi del mio ventre lo occuparono completamente, iniziando a sciogliere le carni di quei mocciosi. Vi fu un po' d movimento, con loro che in preda al panico lottarono, causando grossi rigonfiamenti su tutta la superficie della mia pancia, e che, a mano a mano, affievolendosi finirono unicamente per sparire, lasciando al loro posto unicamente la superficie sferica del mio ventre, ed il loro sapore, così dannatamente buono, che mi tornò sulle labbra con un lieve rutto, dopo il quale sospirai si piacere, Ahhh, così va decisamente meglio, dissi io tirandomi una pacca sul ventre e ridacchiando con la malizia negli occhi, Vogliamo andare, pupa? Le domandai quindi, curioso dei suoi piani di scompiglio della città per quella serata.