A1: la prima autostrada su Kengard

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    Scusa il ritardo stratosferico. =\

    Nonostante l'attesa (anzi, forse proprio a causa sua) ho comunque buttato giù un post abbastanza frettoloso, ma pace. :asd: Almeno si parte finalmente con l'azione. Non lo faccio mai, ma questa volta ci vuole proprio un bel sottofondo musicale per celebrare l'inizio della battaglia. u_u




    < EH! Bravo Meno Zell! >, esclamò Turak con un ghigno soddisfatto stampato in volto, allargando le braccia come ad accogliere il nuovo membro della banda.
    < Hai fatto la scelta giusta! ME! >

    Will, colto di sorpresa dalla gomitata ricevuta da Meno Zell, dovette aggrapparsi al tronco di un vicino albero per non rovinare a terra. Si asciugò con una mano il rivolo di sangue che gli rigava il volto, scoccando all’ibrido negativo un’occhiata di fuoco.
    < Tu… Tu non hai idea della cazzata che hai appena fatto. >, scandì lentamente, digrignando i denti dalla collera.
    Anche Millia appariva, per una volta, genuinamente sorpresa.
    < Tsk! >, sbottò stizzita. < Evidentemente ti abbiamo sopravvalutato. >
    L’elfa si sfilò uno dopo l’altro i suoi guanti in pelle nera, gettandoli dietro di sé con un gesto sprezzante. La pelle candida delle sue mani iniziò a mutare gradualmente colore, tingendosi di una tinta scura e lucida, dall’aspetto quasi metallico.
    < Che spreco, Meno Zell… >, disse, fissando intensamente l’ibrido negli occhi.
    < … adesso dovremo ammazzare anche te. >

    Con un cenno della mano Millia ordinò ai suoi uomini di attaccare, e Turak fece lo stesso quasi in contemporanea: decine e decine di dardi di balestra saettarono in tutte le direzioni fendendo l’aria con il loro fischio acuto; molti uomini vennero falciati in ambo le fazioni da quella pioggia letale, ma la banda del mezz’orco, meno organizzata e quasi del tutto priva di coperture, fu quella che subì le maggiori perdite. Svariati cavalli, crivellati di colpi, stramazzarono al suolo contorcendosi in agonia. Un paio di quadrelli centrarono Turak in pieno petto, ma rimbalzarono sulla sua pesante corazza da battaglia senza produrre alcun danno. Un dardo saettò anche in direzione di Millia, ma l’elfa, con un movimento straordinariamente rapido, lo afferrò al volo con una mano. Will, nel frattempo, era scomparso: poco prima che iniziasse l’attacco aveva estratto, da uno dei borselli che teneva assicurati alla cintola, un piccolo rettangolo di stoffa bianca ripiegato su se stesso e, con un leggero strattone di polso, lo aveva esteso davanti a sé; il fazzoletto, aprendosi, si era ingrandito inspiegabilmente sino a raggiungere le dimensioni di un lenzuolo, ricoprendo Will dalla testa ai piedi. Diversi dardi di balestra perforarono il tessuto durante la sua lenta discesa verso il suolo, ma quando toccò terra rivelò che, ormai, dietro di esso non vi era più nessuno.

    La battaglia infuriava. Essendo le balestre decisamente troppo lente da ricaricare, i banditi erano passati all’arma bianca: la quiete della foresta fu violata da una baraonda di grida di furore e di rantoli di dolore, dal clangore dell’acciaio che cozzava con altro acciaio, delle ossa che si spezzavano sotto i colpi di magli e bastoni.
    Millia, come se lo scontro non la riguardasse, camminava lentamente verso il fronte nemico.
    < Inizierò da te, Turak. >, scandì con gran calma, gettandosi dietro le spalle il quadrello di balestra che aveva afferrato al volo poco fa.
    Il volto del mezz’orco era una maschera di pura rabbia.
    < TU! Pagherai per quello che hai fatto ai MIEI uomini! > ruggì indicando l’elfa con un dito, sovrastando con il suo vocione il frastuono infernale della battaglia.
    < Tu e il tuo amichetto! TUTTI VOI! >
    Deciso a fare sul serio, rinfoderò i due machete che brandiva ed impugnò il grosso martello da guerra che teneva assicurato alla schiena. Mollandogli l’ennesimo calcio, scaraventò alla sua sinistra il corpo esanime di Leamhan che, col pelo inzaccherato del suo stesso sangue, giaceva agonizzante ai suoi piedi.
    < SHROEDER! Assicurati che questo sacco di merda non scappi! >, ordinò al suo sottoposto.
    < Voglio ucciderlo IO. Dopo. Con molta calma. >
    < Capo… sei sicuro? > domandò lo gnomo senza riuscire a celare la propria apprensione. Si era fatto improvvisamente molto serio, e nelle sue parole non vi era più la minima traccia dell’ironia canzonatoria con cui, generalmente, si rivolgeva al suo capo.
    < Vai Shroeder! Non preoccuparti per ME! Mi raggiungerai dopo! >, lo rassicurò il mezz’orco.
    < Ci penso io a quella stronza arrogante... >, aggiunse in un ringhio basso e profondo, prima di voltare le spalle al suo minuto interlocutore per partire in carica verso l’elfa.

    Shroeder non sembrava particolarmente convinto dalle rassicurazioni di Turak, ma cercò di non darlo troppo a vedere.
    < Uomini! >, gridò ai suoi sottoposti, < Legatelo e buttatelo da una parte! >
    Sotto l’occhio vigile dello gnomo, un paio di sgherri nerboruti muniti di una grossa corda si catapultarono immediatamente su Leamhan che, nel frattempo, era riuscito con enorme sforzo ad alzarsi sulle sue quattro zampe. Uno degli scagnozzi lo afferrò per la criniera ma, prima che potesse fare qualsiasi cosa, il teramin gli sputò addosso un cospicuo fiotto di sangue, imbrattando la sua pettorina in cuoio borchiato.
    < AH! Che schifo! > sbottò disgustato l’uomo, lasciando istintivamente la presa e compiendo un passo indietro.
    < Calamità. > mormorò atono Leamhan.
    < Maledetto figl- > Lo sgherro non riuscì nemmeno a terminare l’improperio che aveva iniziato a pronunciare: il sangue che aveva macchiato la sua armatura in cuoio assunse la forma di uno strano ideogramma, che esplose immediatamente con uno schianto secco; l’uomo venne scaraventato all'indietro compiendo un volo di diversi metri, prima di impattare violentemente con la schiena sul tronco di un grosso albero per poi accasciarsi esanime al suolo.

    < MERDA! >, gridò Shroeder, colto alla sprovvista dall’inattesa ribellione del prigioniero.
    < PRESTO PRENDILO! >
    Obbedendo all’ordine del suo superiore, l’altro scagnozzo sfoderò un coltellaccio e si scagliò prontamente sul quadrupede. Non si rese conto che, con uno scatto fulmineo, l’ombra del teramin era sgusciata sotto i suoi piedi: non appena la calpestò cadde in ginocchio, come se, d’un tratto, le sue gambe non avessero più la forza sufficiente per mantenerlo in piedi.
    < C-cosa…? >, balbettò esterrefatto, impossibilitato a muoversi.
    < CHE DIAMINE STAI FACENDO? PRENDILO! > lo ammonì fuori di sé Shroeder, che non riusciva a spiegarsi come avesse fatto il suo sottoposto ad inciampare senza che a terra vi fosse alcuno ostacolo.

    < Mi trovo dunque forzato ad ingaggiare battaglia. >, disse Leamhan con voce monotona, senza voltarsi in direzione del malcapitato. Sulla maschera ossea che costituiva il suo volto, chiazzata d'un rosso cremisi, al posto del consueto disegno stilizzato di un occhio era impresso un simbolo nero incomprensibile.
    < Non volevo, no. Ma voi agite stoltamente e non mi lasciate alternativa alcuna. >
    Compì un gesto appena percettibile con la testa, ed il bandito immobilizzato dalla sua ombra, che con grande sforzo era quasi riuscito ad alzarsi in piedi, venne proiettato alla sua sinistra da una forza invisibile, piombando proprio nel culmine dello scontro che imperversava ad appena una decina di metri più in là.

    < Devo fare tutto da solo! >, sibilò Shroeder a denti stretti. Con un movimento di polso rapido e al contempo fluido da provetto croupier, estrasse una mezza dozzina di carte da gioco dal suo mazzo. Non appena le ebbe toccate con le dita la loro superficie divenne stranamente lucida, come se, da semplici rettangoli di carta, si fossero tramutate in veri e propri rasoi di metallo. Le scagliò verso Leamhan come coltelli da lancio ma, ancora una volta, la sua ombra fu più rapida: come un serpente ammaestrato, essa si era disposta in modo tale da tracciare un cerchio attorno a lui; una schiera di colonne nere a base esagonale, dell’altezza di circa un metro e mezzo, eruttò per tutta la sua lunghezza, circondando completamente il teramin. Le carte lanciate da Shroeder si conficcarono in profondità nei pilastri d’ombra, ma quando essi iniziarono ad affondare lentamente nel terreno, come risucchiati da invisibili sabbie mobili, rivelarono che Leamhan non era più lì.

    In genere evito di farlo, ma questa volta credo sia necessario un chiarimento. Leamhan ha utilizzato tutte le sue tecniche: Hagalaz e Thurisaz in combinazione per far esplodere il primo bandito, Raidho per immobilizzare il secondo e farlo volare via, Algiz per bloccare le carte di Shroeder e infine Ehwaz per scappare via mentre era nascosto tra le colonne.


    < Oh merda! > inveì lo gnomo, ormai preda del panico.
    < Merda merda merda merda! > continuava a ripetere volgendo la testa a destra e a sinistra, nella speranza d’intercettare con lo sguardo il quadrupede fuggiasco.
    < Dev'essere scappato in una zona poco illuminata. >, pensò continuando a guardarsi febbrilmente attorno, arricciandosi nervosamente con il dito indice della mano destra uno dei suoi lunghi baffi neri. La sua ricerca si protrasse per una manciata di secondi, ed infine poté appurare che la sua congettura era, in effetti, fondata: avvolto nella propria stessa ombra come una mummia nelle sue bende, così da tramutarsi in una sagoma perfettamente nera e quasi del tutto invisibile nella luce crepuscolare della foresta, Leamhan si stava allontanando dalla battaglia facendosi strada tra le frasche in una zona dove la luce solare filtrava a malapena attraverso la volta arborea. Fu tradito solo dal suo passo incerto e claudicante, causato dalle numerose ferite riportate nel corso del pestaggio che aveva subito poco prima, che gli impediva di destreggiarsi nel terreno accidentato del bosco senza urtare accidentalmente i cespugli e i rami più bassi.
    < Eccolo! >, esclamò sollevato Shroeder. Gettò davanti a sé le sue carte da gioco, e queste, invece di cadere disordinatamente a terra, si disposero a mezz’aria in maniera tale da formare una superficie rettangolare della lunghezza di circa mezzo metro. Lo gnomo vi saltò sopra e, cavalcando la piattaforma improvvisata come si farebbe con una tavola da surf, si lanciò a gran velocità verso Leamhan.

    --

    Erano i momenti di maggiore caos: le due fazioni di malviventi si combattevano all’arma bianca al centro della radura; Turak era impegnato con Millia, Shroeder con Leamhan ed il tizio mascherato (quello che Aleph non si è ancora deciso di caratterizzare e che si è pentito amaramente di aver introdotto perché si è reso conto di non essere in grado di gestire così tanti personaggi) stava dando manforte agli uomini del mezz’orco. Fu proprio allora che, sbucando da dietro un albero a poca distanza dall’ibrido negativo, Will fece finalmente la sua ricomparsa.

    < Ciao Meno Zell! >, lo salutò con un cenno della mano ed un ampio sorriso, appoggiandosi, con aria disinvolta, con la schiena sul tronco dell’albero.
    < Ti prego, dimmi che hai in mente qualcosa. Vuoi tradirli? Vuoi venderceli dopo esserteli fatti amici? Sei un fottuto cannibale e vuoi mangiarteli? >

    Uno degli sgherri della banda di Turak, notando il sicario, si gettò in carica verso di lui con lo scudo alzato, brandendo un’accetta nell’altra mano. Con aria indifferente, Will gli lanciò uno dei suoi strani coltelli simili a piccole spade, che il bandito, protetto dal suo scudo, decise di ignorare. Will schioccò le dita mentre il pugnale era ancora a mezz’aria, e questo, in una frazione di secondo, si trasformò in uno spadone a due mani: l’arma perforò lo scudo senza difficoltà impalando il malcapitato, trascinandolo con sé nella sua corsa che ebbe termine sul tronco di un albero poco distante, dove si conficcò. L’uomo, inchiodato all’arbusto dallo spadone come un insetto trafitto da uno spillo per essere esposto nello studio di un entomologo, si contorse in agonia per qualche secondo stringendo con le mani intrise di sangue la lama che gli trapassava il petto, prima di afflosciarsi privo di vita.

    < Mi rifiuto di credere che tu preferisca questi perdenti a noi. >, fu il commento asciutto del sicario. Fissava Meno Zell dritto negli occhi, mentre il sorriso ironicamente amichevole di poco fa aveva ormai lasciato il posto ad un’espressione gelida e tagliente.
    < Smettila con i giochetti e dimmi subito cos’hai in mente. > Will chiuse a pugno la sua mano destra e, quando la riaprì con un gesto fluido ed elegante da prestigiatore, stringeva tra due dita un altro coltello da lancio del tutto simile a quello che aveva appena scagliato.
    < Altrimenti ti ucciderò seduta stante. >


    Bene Zell, il tuo post precedente ha fatto prendere alla situazione una piega ancora più interessante di quanto avessi immaginato. Abbiamo avuto un primo assaggio di quanto in là è disposto a spingersi Meno Zell per ottenere il potere che cerca, e sono sicuro che questo è solo l'inizio. Adesso tocca a Leamhan: di quali gesti è disposto a macchiarsi pur di avere salva la vita? Non è una domanda che mi sono posto nel momento in cui ho creato il pg, per cui la risposta sarà per me particolarmente interessante. u_u


    EDIT:
    Allora, mi sono riletto al volo i post e mi sono reso conto che non si capisce gran ché di quello che è successo. :asd: Dato che non mi va di modificarlo, ti faccio una breve sintesi dei punti più salienti.

    Al centro della radura è iniziato lo scontro tra le due fazioni. Sta morendo un sacco di gente tra gli sgherri di rango più basso di entrambi gli schieramenti, che in ogni caso contano ancora parecchia unità, ma diciamo che per adesso la situazione volge lievemente in favore della spedizione di Millia e Will.

    Turak e Millia stanno per iniziare a combattere.

    Leamhan è scappato in una direzione imprecisata della foresta inseguito da Shroeder, e ormai i due sono relativamente lontani dal teatro dello scontro.

    Will è comparso vicino a Meno Zell ed è intenzionato ad attaccarlo, a meno che l'ibrido non decida di collaborare con lui e voltare le spalle a Turak.


    Edited by -Aleph- - 13/4/2020, 20:43
     
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    Meno Zell non badò alle minacce di Will e Milia mentre si schierava dalla parte di Turak e quando la battaglia iniziò ad infuriare con tanto di dardi vaganti, l'ibrido negativo passeggiava tranquillamente come se nulla fosse. Avvolto da una barriera sferica di elettricità viola, i dardi di entrambe le fazioni si bruciavano al contatto della sua barriera elettrica, trasformandosi in polvere. Quando udì i nitriti dei cavalli trafitti dai dardi Meno Zell ne fu appena contento. Carne e sangue da bere per ricaricarsi di energia.
    "I vostri cavalli agonizzanti mi nutriranno per bene!"
    Come aveva fatto nei boschi attorno a Knawr nel combattimento contro David, anche lì draghelfo negativo approfittò di uno dei cavalli agonizzanti per succhiare il suo sangue e la sua energia appena iniziata la battaglia. Svelse il dardo dal fianco del quadrupede e piantò le sue fauci in profondità nelle sue carni per iniziare a succhiargli il sangue e la sua energia. Non ci volle molto tempo per mettere fine all'agonia del cavallo che, dopo gli ultimi nitriti, perse del tutto la vita. Meno Zell strappò via dal cavallo una costola con tanto di carne sanguinolenta fresca che fece sparire in pochissimo tempo. Subito dopo, l'ibrido negativo recuperò a pieno le energie perse precedentemente durante l'opera di disboscamento assieme al suo ex-alleato Leamhan. Lasciò la sua preda morta e sventrata e spiccò il volo, portandosi sopra la fazione nemica di Turak, fulminando chi riteneva più debole e lasciando apposta i pezzi più grossi, come l'elfa. Udì Milia sbraitare contro Turak ma Meno Zell non intervenne a difesa del mezz'orco nè alzò qualche tipo di protezione a favore della sua fazione. Se l'elfa avesse ucciso il mezz'orco, sarebbe andato tutto a favore del draghelfo negativo. Un'improvvisa esplosione fece voltare Meno Zell e vide che in qualche modo il Teramin si era liberato dai suoi aguzzini e che stava scappando lontano dalla battaglia. Il draghelfo lanciò una bestemmia verso le divinità draconiche e cercò di seguire dall'alto il suo ex-alleato ma la fitta copertura arborea lo nascondeva per bene e per reprimere la sua rabbia, Meno Zell fulminò diversi alberi in un punto imprecisato verso dove il Teramin stava scappando. Riuscì anche a distinguere il nano scagnozzo di Turak che si era lanciato al suo inseguimento e Meno Zell preferì non lanciare altri fulmini per non intralciarlo, piuttosto decise di scendere e continuare a piedi, sperando di beccare il Teramin. Preferì atterrare fuori dalla radura, dove ora si stavano menando di santa ragione all'arma bianca ma una volta a terra non riuscì a fare che poche decine di metri che venne bloccato da Will, che nel frattempo si era ripreso dalla gomitata.
    Uno degli scagnozzi di Turak, che in teoria dovrebbe venir difeso dall'ibrido negativo, osò attaccare il sicario della banda di Milia e quella sua prodezza gli costò la vita, venendo impalato sull'albero da uno spadone apparso quasi dal nulla. Meno Zell non provò nè timore nè passione per quello che era successo a pochissimi metri da lui ma si limitò a guardare Will. Ovviamente, il sicario pretendeva delle risposte dal draghelfo negativo che non si scompose nemmeno alla sua minaccia di morte. Tuttavia lo accontentò.
    "Giochetti? Tra i due qui sei tu quello che sta giocando al prestigiatore. Comunque sono contento di soddisfare le tue curiosità, Will..."
    Meno Zell, con il muso ancora sporco del sangue del cavallo, si girò in direzione di Turak. L'ibrido era protetto dagli alberi e il mezz'orco verde era impegnato con Milia e ciò lo distoglieva da cosa stava facendo il suo nuovo improbabile alleato.
    "Sto facendo il doppio gioco alle spalle di Turak e a vostro favore! Ho dovuto inscenare davanti a quel mezz'orco che sarei entrato nella sua banda e ciò è vero in parte..."
    L'ibrido negativo faceva dei leggeri avanti ed indietro, sempre rimanendo nascosto alla vista di Turak.
    "Il mio piano è di entrare nella banda di Turak, spodestarlo, prendere il comando e riallacciare l'alleanza con la vostra fazione e il vostro capo, che sicuramente è un tipo molto diplomatico. Quindi, per ora, devo accontentare il mezz'orco...finchè non lo sconfiggo o lo uccido....ovviamente Turak NON deve sapere di tutto questo!"
    Il quel momento si udì nuovamente l'elfa urlare.
    "A meno che la tua amica elfa non lo uccida ora...ho lasciato apposta Turak senza la mia protezione per esporlo a voi, ma se sto troppo tempo lontano da lui potrebbe insospettirsi! Quindi, facciamola breve. Accetti il mio piano? Ricordati che potrei essere un vostro fedele alleato, pur appartenendo all'altra banda. Lasciatemi agire e farò sparire Turak dalla circolazione!" concluse Meno Zell con voce ferma, diplomatica e convincente.
     
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    Will ascoltava impassibile Meno Zell, facendo roteare tra le dita il suo coltello da lancio.
    < Quindi ci avevo visto giusto. Vuoi farteli amici per poi costringerli a unirsi a noi. >
    Il sicario si appoggiò nuovamente con la schiena al tronco dell’albero, continuando, adesso con aria un po’ più rilassata, a giocherellare con il pugnale.
    < Apprezzo l’iniziativa Meno Zell, ma potevi almeno darmi un segnale, no? Che so… un occhiolino o un altro cenno qualsiasi. A noi dell’Organizzazione piace lavorare in gruppo. Sai, ci chiamiamo “Organizzazione” per un motivo. >
    Will ce la mise davvero tutta per suonare il più diplomatico possibile, ma non riuscì a celare del tutto la sfumatura di dispetto che aleggiava nelle sue parole.
    < Vabbè, fa nulla. Amici come prima. >, disse, dopo un po’, con un ampio sorriso e un’alzata di spalle.
    < Bene Meno Zell, adesso torniamo a parlare di cose serie. Se non ti dispiace, avrei da proporti un piano molto più semplice del tuo. >
    Fece danzare abilmente tra le dita il suo pugnale ancora per un po’, dopodiché ne arrestò di colpo la rotazione e lo ripose in una delle piccole bisacce che portava alla cintola.
    < La vedi quella? >, domandò indicando con un cenno del capo la battaglia che infuriava ad una decina di metri alle sue spalle, al centro della radura.
    < Quella è una massa di avanzi di galera senza né arte né parte. Adesso che sono fomentati dal loro grande capo si divertono a fare i guerrieri senza macchia e senza paura, ma, presi singolarmente, sono solo un mucchio di codardi opportunisti. >
    Will, appoggiato all’albero con le braccia conserte, scoccò al suo interlocutore un’occhiata significativa.
    < Hai capito dove voglio andare a parare, giusto? Quei rammolliti non hanno le palle per tenerti testa: ammazza Turak adesso, davanti a tutti, e diventerai subito il loro capo. Potrebbe farlo anche Millia, ci metterebbe dieci secondi scarsi a ridurlo in uno spezzatino verde, ma non sarebbe la stessa cosa. Dammi retta. Sarà un'esecuzione esemplare, e tu manterrai il controllo con il terrore, proprio come faceva lui. >
    Prese una breve pausa, osservando l’ibrido negativo con aria attenta, così da cogliere anche le più piccole sfumature nella sua espressività.
    < Prima, però, bisogna fare fuori i suoi fedelissimi. Lo gnomo, il suo braccio destro, e lo spilungone mascherato, il suo guerriero più abile. A loro possiamo pensare io e Milly, mentre il pezzo grosso lo lasciamo a te. Fallo sparire e sarai dei nostri. Tu e tutta l’ex banda di Turak. >
    Il giovane sicario fece un passo avanti, discostandosi dall’albero al quale era appoggiato. Tese la mano destra a Meno Zell, sfoggiando, sotto i suoi baffi impomatati, un ampio sorriso d’intesa.
    < Allora… ci stai? >

    --

    Shroeder impiegò pochi secondi a raggiungere Leamhan. Lo sorpassò sfrecciando a cavallo della sua tavola fluttuante fatta di carte da gioco, atterrando davanti a lui ad una decina di metri di distanza così da sbarrargli la strada. Non appena mise piede a terra, le carte da gioco tornarono saettando nelle sue mani come uno stormo di minuscoli uccelli ammaestrati, ricomponendo il mazzo.
    < Non un passo di più, o ti faccio a pezzi. >, gli intimò.
    Il teramin non disse nulla. Aveva svariate costole rotte, tanto che ogni respiro gli procurava una fitta acuta e penetrante al costato, ed il sapore metallico che avvertiva sulla lingua era il segno inequivocabile di un’emorragia interna.
    < Turak ti vuole vivo, ma non mi ha detto che devo consegnarti a lui tutto intero. >, incalzo Shroeder. Estrasse una mezza dozzina di carte dal suo mazzo e le lasciò cadere davanti a sé. Queste si fermarono a qualche centimetro dal suolo, sospese a mezz’aria ad altezze differenti, e lo gnomo vi salì sopra come fossero i gradini di una scala.
    < Ho visto come funziona la tua magia. Puoi imprimere i tuoi simboli esplosivi con la tua ombra e con il tuo sangue. Beh, io posso combattere senza nemmeno toccare terra, per cui la tua ombra è inutile. E, se mi tengo a distanza, sono al sicuro anche dal tuo sangue. >
    Con il dito indice della mano destra, Shroeder si arricciava con aria compiaciuta uno dei suoi lunghi baffi neri. Un sorriso di sfida curvava le sue labbra.
    < Forza, arrenditi. Se invece vuoi combattere, tanto meglio: mi divertirò a strapparti una ad una quelle tue merdose zampette da ragno. >

    Leamhan era un fascio di nervi: le sue lunghe orecchie erano ritte come due fusi, mentre la sua coda ondeggiava febbrile disegnando strette curve. Tremava visibilmente, tanto che pareva costantemente sul punto di perdere l’equilibrio su quelle sue zampe lunghe e sottili come dei trampoli.
    < Signor Shroeder. Io… io non ho attualmente nulla da perdere. > Nonostante la consueta inespressività, dalla sua voce trapelava tutta la disperazione che provava in quel momento.
    < Cessa le ostilità immantinente, altrimenti… Altrimenti mi vedrò costretto a prendere la tua vita. Si. >
    Dapprima lo gnomo si limitò ad alzare un sopracciglio. Poi, improvvisamente, dalla sua bocca proruppe un torrente di risa.
    < Hahahaha, sei serio? >, lo schernì, piegandosi in due per il troppo ridere.
    < Tu non hai la minima spe- MERDA! >
    Le carte di Schroeder, disponendosi davanti a lui in modo da formare una sorta di scudo rettangolare fluttuante, fecero appena in tempo a bloccare il coltello da lancio che Leamhan gli aveva scagliato con un gesto fulmineo della coda. Notò con la coda dell’occhio l’ombra del teramin che, in un lampo, nel frattempo gli era sgusciata sotto i piedi. Si gettò a terra alla sua destra con una capriola, e così evitò per un soffio la schiera di colonne nere che, tracciando una fitta muraglia che si estendeva da lì sino ai piedi di Leamhan, era scaturita con violenza dalla striscia d’oscurità.
    < Viscido figlio di puttana! >, imprecò. Lanciò al suo avversario una carta da gioco, ma questo la evitò trovando riparo dietro la parete nera che aveva appena eretto.
    < Ti credi furbo, eh! > Scagliò un’altra delle sue carte, la quale, invece di conficcarsi nella barriera d’ombra, eluse agilmente l’ostacolo come se fosse stata dotata di vita propria. Centrò il teramin all’altezza della spalla destra, infliggendogli un profondo taglio.

    < AH! >
    Lemahan barcollò vistosamente, ma in qualche modo riuscì a reggersi sulle sue quattro zampe. La sua barriera di colonne nere iniziò a sprofondare rapidamente nel terreno, lasciandolo senza coperture. Come un cavallo ferito, il teramin teneva la zampa lacerata dall’attacco avversario leggermente piegata, così da non caricarvi il peso. L’arto sanguinava profusamente, tanto che la sua bacchetta ossea, da bianca qual era, acquisì una vivida tinta scarlatta. Intrisa di sangue, l’erba sotto di lui era chiazzata dello stesso colore.
    < Et voilà, via una! Ne mancano tre… >, esultò Shroeder con un ghigno, arricciandosi un baffo con un dito. Con un gesto rapido ed elegante da crupier, estrasse tre carte dal suo mazzo.
    < Questa volta, signori, si va per un taglio netto! > Chiuse un occhio per prendere meglio la mira e, con un colpo secco di polso, scagliò le tre carte contemporaneamente. Veloci come dei falchi in picchiata, queste saettarono in tre direzioni leggermente differenti, ciascuna verso una delle zampe ancora sane del teramin.

    Leamhan si rese immediatamente conto che non sarebbe riuscito ad evitare l’attacco. Erigere una nuova muraglia sarebbe stato inutile, le carte l'avrebbero aggirata senza problemi, mentre lui, data la zampa ferita, certamente non aveva la minima speranza di schivare i proiettili con un balzo. Fece, dunque, la prima cosa che gli balenò per la mente: dalla piccola pozza di sangue che si era accumulata sotto di lui presero forma alcuni ideogrammi, dai quali scaturirono immediatamente altrettante colonne nere. Queste, emergendo dal terreno, colpirono Leamhan in pieno petto, scaraventandolo in aria; egli udì chiaramente il rumore secco di qualcosa che si spezza, verosimilmente l’ennesima costola, ma il livello di adrenalina che aveva in corpo era tale che a malapena provò dolore. Udì anche i tre *toc* generati dalle carte che si conficcavano in rapida successione nei pilastri d’ombra.
    < Ma cosa… > Shroeder, esterrefatto, guardava il teramin librarsi nell’aria come un minuscolo pegaso dal manto nero. Estrasse un’altra carta per colpirlo mentre era in volo, ma prima che riuscisse a prendere la mira Leamhan menò una sferzata con la zampa ferita verso di lui. Un cospicuo fiotto di sangue zampillò in direzione di Shroeder, che riuscì ad evitarlo per un pelo con un agile balzo all’indietro. Non accorse però che le gocce di sangue, subito dopo aver toccato terra, si erano raccolte per dare forma ad alcuni sigilli esplosivi. Accelerati dalla deflagrazione, una manciata di sassolini e schegge di legno schizzò verso di lui: ebbe appena il tempo di proteggersi istintivamente con le braccia, e così svariati detriti, come una rosa di proiettili, lo ferirono sulle spalle e sugli avambracci.

    Più che atterrare, Leamhan stramazzò a terra come avrebbe fatto un sacco di patate. Aiutato dall'adrenalina che gli circolava in corpo, la quale annebbiava il dolore causato dalle innumerevoli ferite, riuscì con uno sforzo immane ad alzarsi sulle tre zampe ancora funzionanti. Shroeder, che si trovava ad una mezza dozzina di metri di distanza da lui, fece lo stesso quasi in contemporanea.
    < No. Non è bastato, no. Non è stato sufficiente. > La voce del teramin era un borbottio cupo e sommesso, a malapena comprensibile. Il suo intero corpo comunicava il senso di angoscia e di afflizione che egli provava in quel momento: le orecchie erano rivolte all’indietro, il muso verso il basso; la coda, inerte, distesa a terra come un serpente senza vita.
    Lo gnomo, dal canto suo, era paonazzo in volto dalla collera. Fissava l’avversario con gli occhi sgranati e iniettati di sangue, digrignando i denti. Il suo impeccabile farsetto a righe arancioni era lacerato in più punti, le maniche macchiate di rosso.
    < Maledetto… bastardo… >
    < Signor Shroeder. > lo interruppe Leamhan con un’inespressività che cozzava brutalmente con il suo attuale linguaggio corporeo.
    < Non comprendo il livore che serbi nei miei confronti. Io non ti ho fatto nulla. Personalmente. >
    Shroeder, scuro in volto, impiegò diverso tempo per decidersi a rispondere alla domanda.
    < Mi stai prendendo per il culo? >, sibilò poi a denti stretti.
    < No. >, fu l’asettica risposta del suo interlocutore.
    < Eheh… Ok. Allora, stammi bene a sentire... > lo gnomo non riuscì a trattenere una strana risatina.
    < Tu… tu mi hai tolto tutto, hai capito? >, scandì con gran lentezza. Prese una nuova pausa, durante la quale si sistemò approssimativamente i capelli e si lisciò entrambi i baffi. Inspirò profondamente.
    < TU MI HAI TOLTO TUTTO! >, esplose, poi, come un fulmine a ciel sereno.
    < AH! > Leamhan, colto alla sprovvista dallo scatto di rabbia dello gnomo, compì istintivamente un passetto all’indietro.
    < Quella banda è la mia famiglia! Non ho nessun’altro al mondo! E adesso quei cazzo di mafiosi stanno trucidando tutti, ED È SOLO COLPA TUA! >
    < N-no. Io non ne ho responsabilità alcuna. >, balbettò il teramin, iniziando a picchiettare la sua zampa anteriore destra, ancora grondante di sangue, sulla sinistra.
    < STA ZITTO! Se TU non fossi andato a rompere le palle al Capo in quella fottuta taverna, tutto questo non sarebbe successo! >, incalzò lo gnomo, che il cui volto diveniva progressivamente sempre più rosso per la collera.
    < E invece no, dovevi per forza giocare a fare l’avventuriero del cazzo! Hai voluto i tuoi cinque minuti di gloria, e adesso stanno morendo tutti! ED È COLPA TUA, CAPITO? SOLTANTO TUA! >
    Shreoder ansimava. Era così paonazzo che, ormai, non vi era più molta differenza tra il rosso del suo viso e il rosso del sangue che inzaccherava le maniche del suo farsetto.
    < Beh, e adesso ne pagherai le conseguenze… >, scandì, infine, con una lentezza carica di minaccia. Estrasse alcune carte da gioco dal suo mazzo e le aprì a ventaglio davanti a sé.

    Leamhan continuava a picchiettare le sue zampe anteriori l’una sull’altra. Le parole dello gnomo avevano prodotto uno strano effetto su di lui.
    < La responsabilità non è mia. No. Io n-non ne ho colpa. Questa volta è differente. >, borbottava a mezza voce, apparentemente senza nemmeno curarsi che l’interlocutore lo stesse ascoltando. Sembrava, anzi, essersi completamente dimenticato della presenza dello gnomo.
    Shroeder prese la mira. Sollevò il braccio, pronto a gambizzare teramin con le sue mortali carte da gioco, ma, proprio in quel momento, una scarica di fulmini violacei si abbatté sulla zona della foresta che era teatro del loro scontro. Con un frastuono assordante, le saette colpirono alcuni giganteschi alberi secolari, abbattendoli sul colpo. Lo schianto aiutò Leamhan a riprendersi dallo strano stato di assorbimento in sé stesso nel quale era piombato. Udì, tra una deflagrazione e l’altra, la voce di Meno Zell che bestemmiava una serie di divinità draconiche, di cui tra l’altro riconobbe quasi tutti i nomi. Era abbastanza sicuro di aver letto un tomo al riguardo, qualche anno fa.
    < Ma cosa… >, sbottò sorpreso lo gnomo, rivolgendo lo sguardo verso l’alto.
    A giudicare dal rombo in rapido avvicinamento, Leamhan intuì che uno degli alberi stava per abbattersi non molto distante da lui. Cogliendo l’occasione al balzo indietreggiò di alcuni passi, in modo tale che il colossale arbusto avrebbe terminato la sua caduta proprio tra lui e l’avversario.
    < Hehe… Cosa credi di fare? >, lo schernì Shroeder con un ghigno.
    < Non hai ancora capito che non puoi scapp- HEY NO, ASPETTA! >
    Quando capì le intenzioni del teramin, ormai era già troppo tardi: fece per lanciare una delle sue carte nella speranza di fermarlo, ma si rese subito conto che, se non voleva rischiare di essere schiacciato dal crollo di quel colosso di legno, non gli restava altra scelta che arretrare. Balzò agilmente all’indietro, e l’albero si schiantò fragorosamente davanti ai suoi occhi, frapponendosi con le sue immense fronde tra lui e l’avversario.
    < Cazzo! >, imprecò. Si lanciò prontamente sull’albero abbattuto, scavalcandone in un lampo il tronco con l’aiuto delle sue carte fluttuanti, che si erano disposte a mezz’aria in modo da formare dei gradini. Quando giunse sulla sommità per guardare dall’altra parte, constatò che era successo esattamente ciò che temeva: Leamhan era scomparso senza lasciare traccia.
    < CAZZO! >, ripeté, mollando un calcio ad un ramo.

    Shroeder chiuse a pugno la mano sinistra, quella che libera dal mazzo di carte, serrandola con tale vigore che le unghie affondarono nel palmo sino a che questo non spillò qualche goccia di sangue. Il suo sguardo saettava freneticamente in tutte le direzioni, nella vana speranza di incrociare il quadrupede in fuga. Fece un paio di profondi respiri, che lo aiutarono a riprendere un po’ di sangue freddo.
    < Allora… Nelle tue condizioni riesci a malapena a reggerti in piedi, figuriamoci se puoi correre. >, disse, grattandosi con aria pensierosa il pizzetto sul mento, a voce abbastanza alta affinché Leamhan potesse sentirlo.
    < E poi il raggio d’azione della tua ombra non supera la decina di metri. Quindi ti sei sicuramente nascosto dietro uno di questi alberi. >
    Gettò in aria il suo mazzo di carte da gioco. Queste, invece di ricadergli sulla testa come una manciata di grossi coriandoli, iniziarono ad orbitare ordinatamente davanti lui formando un perfetto anello.
    < Ti troverò. >, disse, indicando con un dito uno qualsiasi tra i numerosi alberi che gli si paravano d’innanzi: il cerchio di carte schizzò a folle velocità verso di esso e, come una vera e propria sega circolare, ne tranciò di netto il tronco. L’arbusto si schiantò al suolo con un tonfo sordo.
    < Anche a costo di tirare giù l’intera foresta… >


    Se Meno Zell accetta la proposta di Will, il suo prossimo avversario diventerà Turak. In tal caso divertiti pure a muovere liberamente il capo dei banditi, così da descrivere lo scontro come più ti aggrada. Ovviamente sei liberissimo di fare quello che vuoi, il mio è un mero suggerimento. u_u

    Ho deciso di spezzare in due parti il combattimento tra Leamhan e Shroeder perché non credevo sarebbe uscita fuori una roba così lunga. :asd: Nel prossimo post, a meno che non vi siano interruzioni, ci aspetta il secondo round. u_u


    Edited by -Aleph- - 22/7/2022, 19:50
     
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    Will sembrò approvò il piano di Meno Zell, che volle aiutare l'ibrido negativo ammazzando i fedelissimi di Turak e consigliandogli di ammazzare Turak in quel momento. Tutti volevano la sua testa, forse anche il loro capo.
    Il draghelfo annuì deciso ma prima di procedere, fece notare una sua condizione a Will.
    "Perdona la mia gomitata ma non volevo far insospettire Turak....comunque ci sto ma sappi una cosa. Collaborare non è sinonimo di sottomettere. Accetto di negoziare con la vostra fazione e il vostro capo ma esigo anche una certa libertà e una certa indipendenza della mia fazione. Mi assicurerò che non ci saranno fastidi reciproci come sta facendo ora Turak" rispose Meno Zell.
    "Se vuoi occuparti dello gnomo, ti conviene muoverti! Si è diretto da solo in quella direzione inseguendo Leamhan che dev'essere fuggito a Turak. Non mi interessa più di quel Teramin. E' tutto per voi, se lo volete! E' ora di agire!" aggiunse il draghelfo negativo indicando con un braccio la direzione verso la quale si erano diretti lo gnomo e il Teramin, per poi lasciare il sicario e dirigersi verso la battaglia.
    Nessuno osò attaccare l'ibrido negativo, anche gli umani della fazione di Milia & Co erano guardinghi a colpire l'ibrido elettrico alato, tutti sapevano che non bastava un dardo ad ucciderlo ma anzi, lo avrebbero fatto solo infuriare.
    Turak nel frattempo aveva estratto un grosso martello da battaglia contro l'elfa ed aveva riposto i due machete. Il mezz'orco verde e l'elfa stavano per venire alle mani e, sul piano fisico era chiaro che il mezz'orco verde avrebbe ucciso l'elfa in un attimo ma le parole di Will confermavano l'esito contrario. Dietro a Turak si trovava, ancora sul suo cavallo, l'umano spilungone con il becco da medico della peste.
    "Turak!" lo chiamò Meno Zell mentre si avvicinava.
    Milia, da parte sua, si girò per affrontare l'arrivo del suo nuovo nemico ma il mezz'orco la minacciò all'istante.
    "HEY! Il tuo avversario sono io! Non azzardarti a toccare una scaglia di Meno Zell!" urlò il mezz'orco all'elfa che si difese dal suo martello.
    "Scusa se sono sparito, Turak, ma ci sono problemi con il cavallino nero che tu vuoi uccidere!" l'ibrido fece leva su Leamhan per avvicinarsi al mezz'orco che era tutto muscoli ma zero cervello e, come previsto, ci cadde come un sasso.
    "Che succede? Cosa ha fatto quel sacco di merda a Shroeder?" si allarmò Turak.
    Meno Zell, nel frattempo, era arrivato al fianco del mezz'orco e gli fece segno di avvicinare l'orecchio, con il chiaro intento di sussurrargli qualcosa senza che l'elfa sentisse e il mezz'orco si inclinò verso l'ibrido, curioso.
    Il draghelfo negativo, però, non gli sussurrò niente. Con un movimento repentino e velocissimo, estrasse il machete dal fodero e lo piantò nel fianco destro del mezz'orco, cogliendolo di sorpresa. Questo urlò di dolore.
    "Coprimi le spalle, Milia!" si rivolse subito all'elfa, strizzandole l'occhio.
    Il mezz'orco, comunque resistente, ebbe ancora la forza di rialzarsi con il martello.
    "M...Meno Zell....che minchia stai facendo?" mugugnò Turak.
    "La tua banda ha bisogno di un nuovo capo!"
    A differenza dell'ibrido negativo del fulmine, il mezz'orco era goffo e lento e si ritrovò il suo inaspettato avversario dietro la schiena. Meno Zell estrasse la sua frusta metallica elettrica ed iniziò a frustare la schiena del mezz'orco, rifilandogli scariche elettriche ad ogni sferzata di frusta. La battaglia si era improvvisamente fermata e nella foresta ora risuonavano gli schiocchi di frusta accompagnati dai versi di dolore del mezz'orco.
    L'umano spilungone con il becco da medico della peste si rese conto ora che il suo capo verde era in pericolo e decise di intervenire in sua difesa ma venne immediatamente bloccato dall'elfa, che finalmente capì il piano del draghelfo.
    Dalla schiena del mezz'orco stillò del sangue rosso ma Turak ebbe ancora la forza di fare una rotazione su se stesso per colpire Meno Zell con il martello, ma riuscì solo a toccare uno dei sottili fili della frusta. Il filo venne reciso ma la corrente elettrica passò sul grosso maglio che inflisse l'ennesima scarica elettrica a Turak.
    "Che stupido che sei, Turak! Una montagna di muscoli senza cervello!" lo derise l'ibrido negativo mentre riponeva la frusta nel cinturone.
    "Ma...maledetto bastardo!" il mezz'orco, con il machete ancora infisso nel fianco, lasciò cadere il martello e impugnò l'altro machete, caracollando verso l'ibrido.
    Meno Zell scartò Turak di lato, spiccò un balzo e gli atterrò sulla schiena, piantando gli artigli nella pelle verde già martoriata dalle frustate. Turak cercò inutilmente di colpire l'ibrido con il machete e ululò di dolore quando le fauci di Meno Zell si chiusero con forza sul suo collo, iniettandogli gocce verdi fluorescenti di radianza che impressionarono anche Milia.
    Usando con estremo ordine le ali e la lunga coda per tenersi in equilibrio dai movimenti impazziti di Turak, l'ibrido non allentava la pressione delle fauci che invece penetravano ancora di più nel collo del mezz'orco che si dibatteva, peggiorando la situazione. Sangue di mezz'orco si mischiò alle gocce di radianza e colò lungo i fianchi. Non passò molto tempo quando le urla di agonia di Turak iniziarono a farsi più flebili e quando il mezz'orco stramazzò a terra, il draghelfo finalmente aprì le fauci grondanti sangue e radianza.
    Meno Zell salì sopra il corpo ormai senza vita di Turak come se fosse una roccia e squadrò tutti i banditi della sua nuova banda.
    "Turak è morto! Da adesso sono io il vostro nuovo capo ed obbedirete a me e a me soltanto! Se qualcuno di voi osasse contraddirmi, giuro che gli riserverò un destino molto peggiore della morte. CHIARO??!" urlò autoritario.
    Gli scagnozzi non fiatarono e si limitarono ad annuire ed a chinare il capo in segno di sottomissione.
    Meno Zell poi volse il muso a Milia, che nel frattempo era riuscita a sistemare lo spilungone.
    "Milia, la battaglia si conclude qui. Ora sono io il capo di questa fazione e a differenza di Turak, io sono disposto a collaborare con la vostra." si rivolse, infine, all'elfa.

    Bene, Turak è morto X3 vedi te come sistemare lo spilungone con Milia e se mandare Will dallo gnomo e da Leahman....X3 vediamo ora che succede, sono stracurioso X3
     
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    Ok Zell, preparati, perché questo è decisamente il post più lungo che abbia mai scritto. :asd: Probabilmente non esagero se ti dico che non ho mai scritto nessun singolo testo così lungo in vita mia. Insomma, alla maturità scrissi tipo tre colonne, al tema per l'abilitazione professionale, l'anno scorso, tipo una pagina e mezzo. Qui ne ho scritte 12 su word. È troppo anche per i miei standard haha XD

    Ci ho messo così tanto a risponderti proprio perché inizialmente non sapevo bene cosa scrivere, per cui continuavo a procrastinare. Poi, ieri, ho avuto un'idea: dato che siamo arrivati alla parte della role in cui c'è da combattere, perché non impostare il post come se fosse la puntata di uno shonen anime tipo dragonball? Ecco, le seguenti 12 pagine di pure descrizioni di combattimenti sono state il risultato dell'esperimento.
    :dragongrin:

    Lo ammetto, mi sono divertito un sacco a scrivere sta roba, ma credo che non lo farò mai più. Anche perché non so quanto sia piacevole da leggere. :asd:

    Ah, un'ultima cosa. Ci sono andato giù un po' più pesante del solito con il linguaggio scurrile e con la violenza. Il fatto è che sto muovendo una massa di criminali incalliti che hanno deciso di passare la mattinata a massacrarsi a vicenda, per cui mi sembrava quasi dovuto. Però può darsi che mi sia lasciato prendere un po' troppo la mano. Insomma, fammi sapere se ho esagerato, che in caso nel prossimo post abbasso leggermente i toni. u_u



    Will sorrise.
    < Avrai tutta l’autonomia che vuoi Meno Zell, a patto che tu non vada a mettere i bastoni tra le ruote a noi. E a patto che quando il Capo chiama, tu risponda. Il nostro punto di forza è proprio questo: ogni unità operativa affiliata all’Organizzazione è indipendente, ma allo stesso tempo è, uhm… come dire… >
    Prese una breve pausa, in cerca dell’espressione giusta.
    < …indirizzata da un’autorità centrale. Il Capo si limita a coordinare, a dirci qual è il modo migliore di agire senza intralciare le altre unità. Ha la visione d’insieme, capisci che intendo? >, concluse, picchiettandosi una tempia con un dito come per invitare il suo interlocutore a riflettere sulle sue parole.
    < Beh, buon divertimento Meno Zell. Ti augurerei anche buona fortuna, ma credo che non ne avrai particolare bisogno. >

    Will estrasse un fazzoletto bianco dal taschino del suo completo in pelle nera, tenendolo da un lembo con due dita.
    < Io vado a cercare lo gnomo e il cavallino, per fare… il mio lavoro. Ci vediamo alla solita radura. >
    Quando lo aprì davanti a sé con un gesto del polso, il fazzoletto s’ingrandì magicamente sino a ricoprire interamente la sua figura. Questo, cadendo lentamente verso il suolo, rivelò che dietro di esso non vi era più nessuno.

    --

    < Dove ti sei nascosto? >, gridò Shroeder al colmo della frustrazione.
    < Fottuto vigliacco… Esci fuori e affrontami! >
    Scagliò la sua sega circolare di carte da gioco contro l’ennesimo albero, che dopo pochi istanti si abbatté al suolo con un boato.

    L’intuizione dello gnomo era corretta: Leamhan era effettivamente celato dietro uno degli innumerevoli tronchi che, come i pilastri di una smisurata cattedrale, sorreggevano il soffitto verde della foresta. Tremava dal capo sino alla punta della coda. Seduto a terra con la schiena poggiata all’arbusto, sfregava febbrilmente la bacchetta ossea della zampa destra, grondante di sangue, sulla sinistra. Una buona parte della sua attenzione era impiegata sul trattenersi dal picchiettarle l’una sull’altra come faceva abitualmente quand’era stressato, poiché il minimo rumore avrebbe potuto rivelare al nemico la sua posizione.
    < Cosa debbo fare. Cosa. M'è impossibile raggiungerlo con la mia ombra. No. Egli ha maggiore portata. Cosa debbo fare, cosa. >, sussurrava rapidissimo e inespressivo.
    < È necessario mantenere la calma. Si. Essa è invero cruciale. > Lo sfregare delle sue zampe anteriori, ormai entrambe tinte d’un rosso acceso, si faceva sempre più febbrile ed energico.
    < Debbo contarli. I numeri della Spirale. Si. Essi m’infondono pace. Debbo contarli, si. >

    < Dove cazzo sei! VIENI FUORI! >, ruggì Shroeder. Un altro arbusto cadde vittima delle sue carte, abbattendosi al suolo con un rombo sordo. L’albero dietro al quale era nascosto Leamhan si trovava a poca distanza; sarebbe stato, con ogni probabilità, uno dei prossimi bersagli.
    < Zero. Uno e ancora uno. Due. Tre. Cinque. Otto. Tredici. I numeri della Spirale s’estendono indefinitamente. Si. > Lo sfregare delle zampe del teramin iniziava a farsi gradualmente più lento e regolare.

    < Ti faccio a pezzi, hai capito? A PEZZI! > Si udì un suono acuto e penetrante, a cui poco dopo seguì l’ennesimo schianto. Leamhan, impassibile, continuava a contare.
    < Ventuno. Trentaquattro. Cinquantacinque. Ottantanove. Essi non conoscono limite né ostacolo. No. Il loro incedere mai avrà termine, mai. >

    La sega circolare di carte aggredì l’albero accanto a quello dietro al quale il teramin era nascosto. Accompagnata da un fracasso assordante, questa affondò nel legno del tronco senza sforzo apparente, impiegando pochi secondi per tranciarlo. L’arbusto oscillò per un’istante, come un guerriero che, ferito mortalmente, s’aggrappava disperatamente alla vita con le sue ultime forze. La sua caduta terminò proprio davanti a Leamhan, tanto che il tremendo scossone prodotto dallo schianto lo sollevò leggermente da terra. Lui, immerso nel suo curioso stato di meditazione, riuscì in qualche modo ad ignorarlo.

    < Cento e quarantaquattro. Duecento e trentatré. Trecento e settantasette… >
    Leamhan, d’un tratto, interruppe la sua conta. Annusò l’aria, attratto da qualcosa. Portò la zampa anteriore destra, ancora gocciolante di sangue, davanti al muso. La leccò.
    < Cremisi. Cremisi su di me… AH! > Un fremito lo attraversò dal capo sino alla coda. Folgorato da un’insperata intuizione, si alzò di scatto sulle sue quattro zampe.
    < Esse tornano indietro! >, esclamò con insolito entusiasmo, dimenticandosi, questa volta, di mantenere basso il tono della voce.
    < Si. Tale è la soluzione. E l’unica via, l’unica.>

    < Cos’è stato? >, fece Shroeder udendo del vociare in lontananza.
    < Ah-ah! Sei lì dietro, eh? >, disse voltandosi verso l’albero che fungeva da nascondiglio all'avversario. Un sorriso, beffardo e crudele, incurvò le sue labbra.
    < Beh… non ci resta che scoprirlo. >, aggiunse con un’alzata di spalle.
    Indicò l’albero con un gesto della mano. Le sue carte, come uno stormo di uccelli perfettamente ammaestrati, si disposero a formare un anello e saettarono con velocità impressionante verso il colossale arbusto. Leamhan, oltre al fragore acuto e assordante, poteva chiaramente percepire le vibrazioni che, come gemiti di sofferenza, attraversavano l’intera pianta mentre il suo tronco veniva rapidamente divorato dalla sega circolare.
    < Un sacrificio è ineluttabile. N-non v’è altra soluzione, no... >
    Esitava. Sulla carta il piano era semplice, ma l’esecuzione era tutto un altro paio di maniche. Impiegò qualche istante prima di decidersi ad uscire allo scoperto: lasciò il suo nascondiglio appena in tempo per non finire tranciato a metà dalla lama di carte da gioco, che proprio in quel momento aveva completato la sua operazione di taglio.

    Shroeder e Leamhan, ad una decina di metri di distanza l’uno dall’altro, erano finalmente faccia a faccia. Senza staccare gli occhi di dosso dal suo avversario, lo gnomo sollevò un braccio: le sue carte guizzarono nella sua mano l’una dopo l’altra, ricomponendo il mazzo in un battito di ciglia.
    < Vogliamo finirla con questa pagliacciata? >, domandò gelido. Come per sottolineare la minaccia insita nelle sue parole, esse furono seguite dal gran fragore causato dall’albero che, appena abbattuto, adesso rovinava al suolo.
    Leamhan afferrò con la coda prensile il falcetto che teneva assicurato alla zampa posteriore sinistra con una banda di stoffa purpurea. Emise un paio di schiocchi con il suo sonar.
    < Signor Shroeder. >, disse senza alcuna intonazione in particolare.
    < Le tue carte possono aggirare gli ostacoli. Ma non l’hanno fatto in questo specifico frangente. No. Poiché mi trovavo al di fuori del tuo campo visivo. >
    Lo gnomo non disse nulla, limitandosi ad alzare un sopracciglio.
    < Circondando i tronchi con le carte anziché reciderli, v’era la concreta possibilità d'uccidermi agevolmente anche senza la necessità di mirare. Si. Ma ciò non potevi farlo, no. Giacché il Signor Turak mi desidera vivo. >
    Shroeder, impassibile, si arricciava uno dei suoi lunghi baffi con l’indice della mano destra.
    < E con questo? >, sbottò spazientito.
    Leamhan, con le ampie orecchie nere tese verso l’alto, inclinò leggermente la testa su un lato.
    < Ma Signor Shroeder! >, esclamò un po’ sorpreso, aspettandosi evidentemente che le conclusioni del suo ragionamento sarebbero apparse ovvie anche allo gnomo.
    < Si tratta d'un vantaggio tattico. Sostanziale. Tu intendi catturarmi vivo scongiurando la possibilità ch'io fugga. Per vincere questo scontro m'è dunque sufficiente impedirti d'amputarmi gli arti. Si. >
    Detto ciò si sdraiò pancia a terra ritraendo le zampe verso il corpo, così da nasconderle alla vista. Il suo aspetto era quello di uno strano pony nero ed emaciato, mentre la postura ricordava quella di un felino.
    < Bene. Ho vinto. >, dichiarò soddisfatto.

    Shroeder non poteva credere ai suoi occhi e alla sue orecchie. Fissò il teramin per cinque o sei secondi abbondanti, esterrefatto.
    < Ti concedo l’opzione della resa. >, disse Leamhan con la sua consueta e impenetrabile inespressività.
    < Mi stai… mi stai prendendo per il culo, giusto? >, domandò incredulo lo gnomo.
    < No. >, fu la serafica risposta del suo avversario dal manto nero pece.
    Se qualcuno glielo avesse chiesto, Shroeder stesso non avrebbe saputo dire se, in quel momento, si sentiva più esasperato o più divertito. Dava per scontato che quello dell’avversario fosse un bluff o perlomeno uno stratagemma per distrarlo e attaccarlo a sorpresa, come d’altronde aveva già fatto all’inizio dello scontro. E invece Leamhan continuava a restare immobile nella sua posizione rannicchiata, apparentemente sicuro della propria “strategia”. I suoi unici segnali di attività erano dati dagli schiocchi che sporadicamente emetteva con il sonar.

    < Hehe… > Shroeder si portò una mano sul volto.
    < Hahaha… > Se la passò lentamente per tutta la lunghezza dello scalpo, dalla fronte sino alla nuca, così da pettinare all’indietro i suoi capelli corvini.
    < HAHAHAHAHA! >. Improvviso e prorompente come un temporale estivo, dalla bocca dello gnomo sgorgò un flusso inarrestabile di risa sguaiate.
    < MA CHE CAZZO STAI DICENDO HAHAHAHA >, sbraitò, piegandosi in due dal troppo ridere.
    < No, cioè, avevo capito fossi un po’ tocco, ma… hehehe! Non… non credevo che… WAHAHAHAHA! >
    Leamhan, con la testa leggermente inclinata su un lato e le orecchie tese all’insù, assisteva impassibile alla scena.
    < Hahaha… > Shroeder inspirò profondamente nel tentativo di sopprimere le risa. Si asciugò gli occhi con una mano.
    < Hehe… Dopo tutto quello che ci hai fatto, hai anche la faccia tosta di prenderti gioco di noi… > Un sorriso obliquo e sottile arricciò le sue labbra. Non era più l’espressione di una persona che si sforza di tenere a bada un impulso s’ilarità; una strana luce aleggiava adesso nei suoi occhi, una scintilla d’odio.
    < Allora, ascoltami. >, scandì con gran calma.
    < Sto per farti maledire il giorno in cui quella cavalla schifosa di tua madre ha avuto la malaugurata idea di metterti al mondo. Sei pronto? >

    Aprì le sue carte a ventaglio davanti a sé. Poi, con uno scatto repentino del polso, le lanciò tutte assieme: un anello del diametro di circa un metro e mezzo, composto da cinquantaquattro affilatissime lame rettangolari, saettò radente al suolo verso Leamhan falciando erba, cespugli e qualsiasi altra cosa si parasse lungo il suo cammino.
    Il teramin evocò una schiera di colonne d’ombra sotto di sé, che lo sollevarono da terra per un’altezza sufficiente da metterlo in salvo dall’attacco. La sega circolare di carte tranciò di netto i pilastri neri facendo ruzzolare giù il loro utilizzatore, che cadde col muso a terra.
    < Hehe… Prevedibile. >, commentò Schroeder. Compì un gesto appena percettibile con il dito indice della mano destra, come per invitare le carte a tornare da lui. Queste fecero immediatamente dietrofront rompendo la loro formazione ad anello, scagliandosi disordinatamente su Leamhan come un nugolo d’insetti attratti dal miele. Questi provò a defletterne alcune con il suo falcetto, ma fu tutto inutile: una pioggia di lame rotanti lo aggredì da tutte direzioni contemporaneamente, infliggendogli decine di tagli di diversa profondità; alcune carte gli rimasero conficcate sulla schiena, ma la maggior parte di esse proseguì il suo volo dopo avergli lacerato le carni.
    Leamhan emise un rantolo molto simile al nitrito di un cavallo, ma più acuto e penetrante. Serrò strettamente le fauci, alzandosi a stento sulle sue quattro zampe. Il suo pelo, inzaccherato di sangue, gocciolava profusamente.
    < Non ho ancora finito, stronzo. >, sibilò gelido lo gnomo. Fece un vago gesto con la mano destra. Le sue carte, comprese quelle che erano rimaste infilzate sul teramin, si raggrupparono immediatamente a mezz’aria per formare un nuovo anello. La lama fluttuante saettò verso Leamhan a circa mezzo metro dal suolo, e lui, sentendola fendere l’aria, predispose subito la propria ombra sotto di sé nella speranza di evitare l'attacco con l’ausilio delle sue colonne nere. I suoi sforzi, tuttavia, ancora una volta si rivelarono vani. Quando erano quasi giunte a destinazione, le carte da gioco ruppero improvvisamente la loro formazione circolare disponendosi in modo da comporre una sorta di lunga frusta affilata, che cambiò repentinamente direzione. Il bersaglio dell’attacco non ebbe nemmeno il tempo di realizzare cosa fosse successo esattamente: la frusta di carte lo colpì in pieno sul fianco destro, aprendogli un lungo squarcio.
    Leamhan stramazzò a terra. Emise un nuovo rantolo di agonia, più flebile e prolungato del precedente. Era zuppo di sangue al punto che il suo manto peloso, in certi punti, aderiva alla pelle come un asciugamano bagnato e appiccicaticcio. La sua sciarpa, originariamente purpurea, s’era tinta d’un profondo color cremisi, mentre la maschera del suo volto e le bacchette che costituivano i suoi arti rilucevano di un rosso brillante.
    Compiendo uno sforzo titanico, tentò nuovamente di alzarsi sulle proprie zampe. Non ebbe successo, e ricadde penosamente nella pozza di sangue che si stava formando sotto di lui. Provò ancora; questa volta riuscì, in qualche modo, a trovare un precario equilibrio.

    Shroeder, con le braccia incrociate, assistette indifferente alla scena.
    < Basta con le stronzate. Seguimi. Adesso. >, ordinò asciutto. Sollevò la mano destra e, in un battito di ciglia, tutte le sue carte da gioco gli guizzarono immediatamente tra le dita.
    < Altrimenti ti aspetta un secondo giro… >
    Il respiro di Leamhan era accelerato e irregolare. Tremava come una foglia, tanto che sembrava costantemente sul punto di accasciarsi di nuovo a terra. Sentiva il cuore martellargli all’impazzata nel petto.
    < U-un… un sacrificio era d-d’altronde… atteso. > La sua voce era un borbottio cupo e flebile, a malapena udibile nonostante il silenzio che regnava nella foresta. Il muso era rivolto al suolo, le orecchie abbassate.
    < L-lo mettevo in conto. Si. >
    Lo gnomo si arricciava uno dei suoi lunghi baffi con il dito indice della mano sinistra. Un sorrisetto sprezzante gli incurvava labbra.
    < Sai, secondo me stai facendo troppo affidamento sul fatto che il mio capo ti vuole vivo. >, disse con inaspettata giovialità, come se stesse dando un consiglio ad un amico davanti ad un boccale di birra alla solita taverna di Kerus.
    < Voglio dire, se continui a giocare così con la mia pazienza… >, aprì a ventaglio il suo mazzo di carte, puntandolo al teramin.
    < …potrei anche dire a Turak che ti è capitato uno sfortunato incidente. >
    Leamhan fece un profondo respiro. Si voltò lentamente verso l'avversario, ed infine emise un singolo schiocco con il sonar.
    < Mi spiace, Signor Shroeder. Tuttavia sei stato imprevidente. >, disse.
    Lo gnomo alzò un sopracciglio.
    < Hehehe… Imprevi-ché? Senti idiota, parla come man- > Lasciò la frase in sospeso. In una frazione di secondo, l’espressione del suo volto passò dalla beffarda ironia al puro terrore: quando i suoi occhi caddero sulle carte che stringeva tra le dita notò che queste erano completamente ricoperte di strani simboli rossi, alcuni dei quali erano impressi anche sulla sua mano destra e in svariati punti dell’avambraccio; il sangue dell’avversario si era depositato sulle carte nel momento in cui l’aveva attaccato, e adesso aveva macchiato anche lui.
    < Calamità. > scandì asettico Leamhan.
    < NO ASPETTA! > gridò Shroeder. Gettò disperatamente davanti a sé le carte ma, ormai, era troppo tardi: una devastante deflagrazione lo investì in pieno, scaraventandolo all’indietro con tale violenza che la sua corsa s’interruppe solo quando, dopo un volo di oltre venti metri, impattò di schiena sul tronco di un colossale arbusto.

    Ancora tremante, Leamhan ansimava. Il sangue che percolava dalle sue ferite confluì per dare forma ad una gran quantità di sigilli rossi molto simili, ma non identici, a quelli che aveva usato per mandare al tappeto Shroeder. Comparve un simbolo sopra ognuno dei tagli inflittigli dall’avversario, e questi smisero immediatamente di sanguinare. Grazie al glifo Thurisaz, che gli permetteva di controllare il proprio sangue servendosene anche come inchiostro, Leamhan era in grado di arrestare temporaneamente le emorragie. Non poteva, tuttavia, guarire le ferite.
    < Mi dispiace. M-mi dispiace. >, ripeteva con tono inespressivo.
    < Egli non m'ha lasciato alternativa alcuna. Com’altro potevo agire. Ho dovuto, ho dovuto. >
    Leamhan si sentiva mancare. Il glifo Thurisaz poteva anche tenere sotto controllo l’emorragia, ma di certo non poteva restituirgli il sangue che aveva perso. Nel caso fosse svenuto, esso si sarebbe disattivato automaticamente e lui sarebbe certamente morto dissanguato in pochi minuti. Quanto ancora sarebbe riuscito a resistere?
    < Non ancora… Non ancora. No. Non ancora. >
    Rinfoderò il suo falcetto tra le bande di stoffa che usava per riporre le proprie cose. Barcollando vistosamente, si addentrò nel folto della foresta trascinandosi sulle proprie zampe sottili come quelle di un insetto. La sua ombra si avvolse al suo corpo sino a ricoprirlo interamente, trasformandolo in una sagoma completamente nera, e così egli scomparve nella semi oscurità.

    --

    Will si faceva strada tra le frasche seguendo la direzione indicatagli da Meno Zell. Camminò per un po’ senza trovare alcuna traccia dei suoi obbiettivi, finché non udì un gemito irregolare e prolungato in lontananza. Estrasse un coltello da una delle piccole bisacce che portava alla cintola, e si avvicinò cautamente alla sorgente del lamento. Quando la raggiunse, non riuscì a celare la propria sorpresa.
    < Ah però. Il nostro cavallino è più pericoloso di quanto sembri. >

    Shroeder giaceva ai piedi di un grosso albero, immerso in una pozza di sangue. Del suo braccio destro, strappatogli via chissà come, non restavano che pochi brandelli penzolanti. Svariate carte da gioco erano conficcate un po' ovunque nel suo corpo minuto. Il suo volto era una machera scarlatta: il naso era saltato via, e la guancia destra, probabilmente squarciata da una delle sue stesse carte, lasciava intravedere l’arcata dentale. Respirava a stento, in preda, presumibilmente, ad una sofferenza indicibile.
    Senza voltarsi, lo gnomo puntò lo sguardo su Will. Non disse nulla. Probabilmente, anche volendo, non ne avrebbe avuto le forze. In lontananza si udirono delle urla: era la voce di Turak, che gridò dal dolore per poi maledire Meno Zell. Seguirono altri strepiti e, infine, il silenzio.
    Gli occhi di Shroeder s’inumidirono. Ebbe un breve sussulto, come un colpo di singhiozzo, e due abbondanti rigagnoli bagnarono il suo volto già zuppo di sangue.

    < Vuoi… una mano? >, gli domandò Will. Gli tese il coltello da lancio che stringeva tra le dita, afferrandolo per la lama.
    < S… s-si… > tartagliò lo gnomo. Allungò la mano sinistra verso l’arma, ma vacillava a tal punto tale che impiegò un bel po’ ad afferrarla.
    < Mettitelo dietro il mento. Qui. >, disse il sicario, indicandosi la parete inferiore della mandibola.
    Shroeder obbedì. Strinse i denti e chiuse gli occhi. Non appena Will schioccò le dita il coltello si trasformò istantaneamente in una spada, la cui lama trafisse il cranio dello gnomo da parte a parte. Egli, privo di vita, si accasciò su se stesso.

    < Avrei preferito fosse finita diversamente, credimi. >, commentò asciutto il sicario.
    < Beh, adesso toccherebbe al cavallino… >, aggiunse, dopo un po’, voltando le spalle al corpo dell’ex braccio destro di Turak. Esaminò con occhio esperto l’ambiente circostante. Notò delle tracce di sangue che, partendo dal cadavere di Shroeder, si estendevano in linea retta davanti a lui. Le seguì, e si ritrovò presto in quella che, in lontananza, prima ancora di raggiungerla, gli era parsa una normalissima radura. Non ci mise molto a realizzare che in essa non v’era in realtà nulla di naturale: numerosi alberi giacevano a terra come soldati caduti, alcuni tagliati alla base, altri parzialmente carbonizzati. Non dovette impegnarsi molto per trovare altre tracce di sangue; non avrebbe mentito, d’altronde, se avesse affermato di essere stato in macellerie più pulite. Le seguì ma, con un certo disappunto, constatò che esse s’interrompevano in maniera tanto brusca quanto inspiegabile. Cercò nei paraggi, ma non trovò nulla.
    < Allora… >, disse riflettendo ad alta voce, grattandosi il mento con il dito indice della mano destra.
    < …a meno che quel pony mutante non sia un piccolo pegaso sotto mentite spoglie, questo ha davvero molto poco senso. >
    Rimase qualche istante nella sua posa pensierosa, dopodiché fece spallucce.
    < Pazienza. In effetti non è un problema nostro. >, commentò con aria indifferente, e si avviò per tornare dai suoi alleati.

    --

    Colpito alle spalle da Meno Zell, Turak lanciò un grido di dolore. Non appena realizzò che il suo capo era in pericolo, il misterioso guerriero mascherato abbandonò l’avversario che stava affrontando e si scagliò a testa bassa verso l’ibrido negativo. Era armato di una lunga e affusolata spada ricurva di fattura orientale.
    < Maledetto traditore! >, ruggì. La sua voce, sebbene fosse caratterizzata da un timbro marcatamente virile, era stranamente ruvida e gracchiante. Aveva quasi raggiunto l'obbiettivo, quando Millia gli si parò d’innanzi. L’uomo mascherato le menò subito un gran fendente, che lei evitò senza particolare sforzo.
    < Togliti! >, le ordinò.
    < Nah, non credo proprio. >, replicò secca l’elfa.
    < Adesso sono io la tua avversaria, spilungone. >
    L’uomo emise un verso di stizza. Rimosse la maschera che celava le sue fattezze, e si strappò di dosso la sua mantella nera. Il volto di Millia s’illuminò.
    < Ah! Questo sì che rende le cose un po’ più interessanti! >, esclamò con improvviso entusiasmo.
    L’individuo mascherato si era rivelato finalmente per quello che era: il suo corpo era ricoperto da un manto di piume nere e lucide, mentre il suo volto era quello di un uccello, un corvo per la precisione; si trattava di un garuda, creatura mitica assai rara nell’isola di Kengard.

    L’uomo corvo impugnò con entrambe le mani la sua spada ricurva, mettendosi in posizione di guardia.
    < Non ci vorrà molto. >
    Un sorriso di sfida incurvò le labbra di Millia. Fece scrocchiare le nocche stringendosi le mani l’una sull’altra.
    < Su questo mi trovi perfettamente d’accordo. >
    Quando il garuda si proiettò rapidissimo sull’elfa, questa riuscì a schivare l'assalto per così poco che la lama della spada le tagliò via una piccola ciocca di capelli. Senza darle il tempo per reagire, l’uomo corvo menò subito una serie di fendenti fulminei, decisamente troppo rapidi per essere evitati: Millia li bloccò tutti a mani nude, uno dopo l’altro, uscendo illesa dall’attacco. Le sue mani e i suoi avambracci avevano assunto una tinta nera e lucida, come se si fossero ricoperti di uno strato d’acciaio.
    < Tsk! Tutto qui? >, sbottò stizzito il garuda. < Puoi solo indurire la pelle? >
    < Meno chiacchiere e più botte. >, tagliò corto l’elfa.
    Sebbene i tratti somatici dei volatili non fossero rinomati per la loro espressività, l’irritazione che si dipinse sul volto dell’uomo corvo era piuttosto evidente.
    < Molto bene… >, scandì con lentezza. Con un gesto rapido e fluido da esperto spadaccino, ripose la spada nel fodero.
    < Prova a bloccare questo. > Strinse con vigore il manico dell’arma. Il suo prossimo movimento fu così rapido che, se qualcuno dei presenti avesse potuto assistere allo scontro come spettatore, si sarebbe convinto che il garuda fosse semplicemente apparso davanti a Millia con la spada già sguainata, senza che vi fosse stato alcun reale spostamento nel mezzo. Ma l’elfa, dal canto suo, era stata altrettanto veloce: bloccò il colpo col dorso del braccio destro, il quale aveva assunto la solita tonalità scura. L’uomo corvo, che fissava l'avversaria dritto negli occhi, non riuscì a celare la propria incredulità. A sorprenderlo non fu però la rapidità della sua reazione, d’altronde aveva già avuto modo di saggiare la velocità dell’elfa, quanto piuttosto il fatto che il colpo che le aveva vibrato era stato assorbito senza produrre su di lei il minimo sussulto o contraccolpo. Si sarebbe aspettato di sbilanciarla o, perlomeno, di generare all’impatto una cascata di scintille. La spada, invece, si era semplicemente fermata.
    Approfittando del momento di confusione del nemico, Millia guizzò in avanti sfilando accanto alla sua lama. Si limitò a toccargli con due dita della mano sinistra, all’altezza del bicipite, il braccio che impugnava l’arma: non appena l’ebbe sfiorato, l’arto venne troncato di netto da una forza invisibile, cadendo inerte a terra.

    Il garuda impiegò qualche istante per realizzare cosa fosse appena successo, tanto che inizialmente non si fece sfuggire nemmeno un lamento. Dopodiché gettò un urlo ruvido e acuto, stringendosi istintivamente il moncherino con il braccio sano. Barcollò vistosamente, ma riuscì a mantenersi in piedi.
    < Wow. >, commentò annoiata Millia. < Eri serio quando hai detto che non ci sarebbe voluto molto. >
    < MALEDETTA! >, esplose l’uomo corvo, la cui collera era tale che i suoi occhi parevano sul punto di rotolargli giù dalle orbite. Le sue piume, zuppe di sangue, rilucevano di riflessi vermigli.
    < CREDI CHE QUESTO… UGH! BASTI A FERMARMI? >
    Gettò un urlo prolungato e gracchiante, non troppo dissimile dall’effettivo verso di un corvo, e puntò all’avversaria il moncherino del suo braccio destro. Le piume che circondavano la carne viva della ferita si rizzarono come gli aculei di un istrice, assumendo riflessi metallici. Millia percepì un movimento ai suoi piedi. Non ebbe il tempo di ragionare sulla prossima mossa e, rispondendo ad una sensazione atavica di pericolo, agì istintivamente compiendo un balzo all’indietro. Riuscì così ad evadere per un soffio un fendente di spada vibrato dall’arto del garuda, proprio quello che aveva troncato qualche istante prima. La punta della lama la ferì di striscio sulla spalla sinistra, procurandole un taglio piccolo ma relativamente profondo. Il braccio, subito dopo l’attacco, saettò verso il suo proprietario come attratto da una forza magnetica, ricongiungendosi con il moncherino; le piume che contornavano la ferita, a quel punto, si piegarono e si deformarono sino ad assumere le sembianze di lunghi fili lucenti, i quali penetrarono le carni del garuda suturando in pochi secondi lo squarcio.
    L’uomo corvo guardava il braccio appena guarito facendo roteare la sua spada con dei movimenti fluidi del polso, come per assicurarsi che funzionasse tutto a dovere.
    < TSK! Pensavi che un maestro spadaccino come me non avesse mai perso un arto in battaglia? >, domandò sprezzante.
    < Sciocca! Il mio elemento è il metallo, e di tale materiale sono le mie piume! Non so cosa tu mi abbia fatto, mai i tuoi patetici trucchi non possono nulla contro di me! >

    Millia, con gli occhi sgranati, fissava incredula l'avversario. Poi, d’un tratto, un sorriso raggiante illuminò i suoi tratti eleganti di giovane elfa. Facendo leva con la punta di un piede sul tallone dell’altro, si sfilò uno dopo l’altro entrambi i sandali.
    < HAHAHA SI! FAMMI DIVERTIRE, PASSEROTTO! >, gridò poi in preda ad una folle eccitazione, mentre entrambe le sue braccia si tinsero sino alle spalle d’un nero lucente. La sua lunga chioma color rame danzava mossa dal vento come la fiamma di una torcia.
    Il garuda non si fece pregare. Con uno scatto fulmineo si portò davanti all'avversaria, vibrandole un rapidissimo fendente. Lei lo deflesse con la mano destra, mentre con la sinistra sfiorò il polso dell’uomo. La sua mano venne mozzata di netto ma, invece di cadere inerte a terra assieme alla spada che brandiva, iniziò a roteare a mezz’aria su se stessa a gran velocità, tramutandosi in una sorta di lama circolare. Il filo della spada lambì la gola dell’elfa, ma ella riuscì ad evitare l’attacco uscendone illesa.
    < Hehe… Non cado mica due volte nello stesso trucco. >, lo schernì.
    La mano mozzata tornò subito dal proprietario, riallacciandosi al polso reciso grazie all’operazione di sutura messa in atto dalle piume metalliche.
    < Tu puoi… rivolgermi contro i miei stessi attacchi, dico bene? >, osservò il garuda con la sua voce profonda e al contempo gracchiante.
    < Chissà... > rispose canzonatoria l’elfa, compiendo un vago gesto con la mano.
    < TSK! In ogni caso la tua abilità è inutile contro di me! >
    Millia alzò la guardia allo stesso modo di un pugile, e i suoi avambracci si tinsero di nero.
    < Questo lo vedremo. >

    Senza perdere altro tempo in chiacchiere, il garuda strinse saldamente l’impugnatura della sua arma con entrambe le mani, in posizione di guardia. Poi, in maniera del tutto simile a come aveva fatto poco prima, scattò verso l’elfa menando una velocissima serie di fendenti. Millia ne evitò alcuni e ne bloccò altri, ma venne ferita di striscio sulla coscia della gamba destra. Evitando l’ultimo colpo di spada riuscì però a sfiorare il ventre dell’uomo corvo con un dito, ed un lungo taglio verticale si aprì immediatamente in quel punto preciso. Il garuda barcollò, ma non si scompose. Ansimava un poco.
    < Già stanco, passerotto? Vedi… >. Con fare noncurante, Millia si passò una mano sul taglio appena subito, macchiandosela di rosso. La lasciò gocciare davanti a sé.
    < …sarai anche in grado di guarire le tue ferite, ma il sangue che hai perso… resta perso. >
    L’uomo corvo emise un verso di stizza. Lo squarcio inflittogli dall’elfa, rammendato dalle sue piume metalliche, si richiuse immediatamente.
    < Inezie! Questo non è nulla per me. La finiremo adesso… >
    Rinfoderò la sua arma, senza però mollare l’impugnatura. Millia alzò le braccia in posizione di guardia, pronta ad accogliere l’attacco.
    Veloce come una saetta, il garuda guizzò in avanti con la lama sguainata; mirava al collo dell’elfa con l’intento apparente di decapitarla, ma all’ultimo istante cambiò direzione puntando alle sue ginocchia. Millia intercettò il colpo con la sua gamba destra, ricevendolo sulla tibia; la spada, anziché fendere l’arto come un panetto di burro, s’arrestò.
    < C-cosa… >, balbettò esterrefatto l’uomo corvo. Abbassando lo sguardo notò che il piede scalzo di Millia aveva assunto una tonalità scura e lucida. Avrebbe voluto balzare all’indietro, ma l’elfa non gli diede il tempo di reagire: lo centrò in pieno petto con un calcio rotante, scaraventandolo all’indietro; l’istante immediatamente successivo un’enorme squarcio obliquo, lungo dalla spalla all’inguine, dilaniò suo corpo. Il garuda cadde in ginocchio. La spada gli scivolò dalle dita. Un fiume di sangue iniziò a sgorgare inarrestabile dalla ferita.

    In piedi d’innanzi al nemico sconfitto, Millia torreggiava su di lui coprendolo interamente con la propria ombra.
    < Non avevi alcuna speranza, corvo, eppure ti sei battuto con dignità. >, scandì con lentezza. Si piegò sulle ginocchia, raccogliendo la sua spada.
    < Ti sei guadagnato il mio rispetto. >
    Il garuda oscillò paurosamente. Era sul punto di cadere riverso a terra, ma all’ultimo riuscì a puntellarsi con le braccia afferrandosi le ginocchia con gli artigli. Lanciò un grido rauco e gracchiante, come per darsi forza.
    Millia, in piedi accanto a lui, sollevò la spada sopra la sua testa.
    < FALLO! >, ordinò l’uomo corvo.
    La lunga lama ricurva discese sul collo del garuda, decapitandolo con un colpo secco e pulito; egli cadde riverso a terra, privo di vita.
    Millia raccolse il fodero della spada, riponendovi l’arma.
    < Che tipo teatrale. >, commentò con un’alzata di spalle, avviandosi verso Meno Zell.

    --

    L’ibrido negativo, nel frattempo, aveva ucciso Turak senza incontrare alcuna difficoltà. In piedi sul suo massiccio cadavere, proclamava la propria vittoria imponendo con il terrore la propria dominanza ai suoi nuovi sottoposti. Millia lo raggiunse arrampicandosi anche lei sul corpo inerte del mezz’orco.
    < Beh, sono tutti tuoi. Divertiti. >, gli disse, dandogli una vigorosa pacca sulla spalla. Il suo sguardo cadde sul corpo di Turak o, piuttosto, su quello che ne restava.
    < Hai fatto un gran bel lavoro con quel coglione. Sono… piuttosto impressionata. Davvero. > Squadrò l’ibrido negativo in silenzio per qualche istante, sovrappensiero.
    < Uno come te ci tornerà molto utile. >, aggiunse sibillina.

    < Hey, che si dice? >, salutò Will con disinvoltura, sbucando inspiegabilmente da dietro il tronco di un albero.
    < Dove cazzo eri, Will? Qui ormai abbiamo finito. >, proruppe acida Millia, scendendo con un balzo dalla schiena di Turak.
    < Stavo lavorando Milly. >, replicò il sicario con un ampio sorriso canzonatorio sotto i baffi.
    < E tu invece che facevi di bello? Uhm… > Il suo sguardo si soffermò sul corpo decapitato del garuda. < Il pollo allo spiedo per cena? >
    < Hehe… > L’elfa non riuscì a trattenere una risatina. < Lo sai che io non cucino mai. Detesto gli stereotipi. >, motteggiò ironica. Infilò le dita in un taschino del suo completo in pelle nera, estraendo una scatoletta metallica; con pochi gesti rapidi e sapienti si preparò una nuova sigaretta. L’accese con una scintilla prodotta dal suo piccolo congegno argentato a pietra focaia.
    < Senti Will, hai sistemato il nanetto e il pony ritardato? >, chiese, emettendo un cospicuo getto di fumo dalle narici. Will distolse lo sguardo per un’istante. Una sfumatura d’imbarazzo colorì brevemente la sua espressione.
    < Beh, allora… Shroeder è andato. Il cavallino dal nome complicato invece è sparito. >, disse facendo spallucce.
    < Ma che cazzo Will! >, esplose l’elfa, mollando un calcio al tronco che aveva accanto. < Ce la fai a portare un lavoro fino alla fine? Non si lasciano testimoni, è la prima fottutissima regola! >
    < Senti, quel tizio non è un problema nostro, ok? >, si difese asciutto Will, un po’ seccato.
    < Meno Zell vuole la sua autonomia, giusto? Bene: se il cavallino dovesse farsi vivo per cercare vendetta, sarà un problema suo. Noi al massimo daremo una mano, se proprio serve. >
    Millia fece un abbondante tiro di sigaretta. Non sembrava del tutto convinta.
    < Mh… ok. >, fu il suo unico commento. Esalò una nube di fumo dalla bocca.

    < Ascolta, Meno Zell. >, disse voltandosi verso l’ibrido.
    < Noi togliamo il disturbo. Ogni minuto che passa aumenta la probabilità che qualcuno si faccia vivo e veda… questo. >, spiegò, indicando con un cenno della testa i resti della carneficina che si era appena consumata nella radura.
    < Prima che ce ne andiamo, c’è qualcosa di cui vorresti discutere? Un progetto che vuoi realizzare? >
    Esaurì quello che restava della sigaretta con un singolo, lunghissimo, tiro, dopodiché ne gettò i resti a terra e li calpestò. Due abbondanti getti di denso fumo grigio sgorgarono dalle sue narici.
    < Se è compatibile con i nostri obbiettivi, avrai tutti i mezzi che ti servono. >

    Allora, giusto per fare il punto della situazione in questo delirio di post:

    -Leamhan, ridotto in fin di vita, sta scappando dalla foresta. Se nessuno lo ferma lo faccio uscire al prossimo post. Tuttavia se Zell, Zephiros e compagnia bella decidessero di unirsi alla role, allora potrei fargli incontrare loro.

    -Millia, Will e company uscirebbero nel prossimo post, dopo aver parlato d'affari con Meno Zell. Non so cosa intendete fare tu ed Elker con la role al torrente, ma se volete farla confluire in questa io preferirei comunque far uscire di scena i sicari prima dell'arrivo di Zell, Zephiros e gli altri. Il fatto è che non ce la faccio a gestire tutti questi personaggi, ho fatto già una gran fatica adesso avendo zero esperienza come master, se si unissero anche loro e dovessi muovere anche Millia e Will per me sarebbe un problema. XD


    Edited by -Aleph- - 22/7/2022, 20:01
     
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    Meno Zell, sopra il corpo del nemico mezz'orco appena ucciso, si godeva il combattimento tra lo spilungone trasformato in garuda e l'elfa come se stesse guardando un film (per i dettagli sul combattimento, prego leggere il poema di Aleph X3 ) finchè la sua alleata non ebbe la meglio sull'ex compagno di Turak, decapitandolo senza nemmeno pensarci su. L'ibrido negativo annuì soddisfatto nel vedere l'elfa trionfare sul garuda. Lasciò che Milia gli si avvicinasse e lo toccasse, ricambiando il suo gesto con un ghigno di complicità.
    "E' stato anche troppo facile. Questo Turak, che si faceva chiamare Tritaossa era solo una montagna di muscoli. Non aveva nemmeno un briciolo di intelligenza. Si è conquistato il suo posto con la forza e con la forza l'ha perso" rispose l'ibrido negativo.
    Subito dopo tornò anche il sicario, con il quale l'elfa si rivolse con il suo linguaggio decisamente poco consono alla sua razza. Will affermò che aveva ucciso l'ultimo braccio destro di Turak ma che Leamhan era riuscito a svignarsela per l'ennesima volta; anche Meno Zell fu un pò seccato di questo. Avendo conosciuto il Teramin, sapeva che era una creatura da non sottovalutare e che era meglio toglierlo di mezzo il prima possibile, oppure privarlo dei suoi poteri. Senza tutti i suoi trucchetti, Leamhan non era più pericoloso di un pony cieco.
    Milia, nel frattempo, aveva ripreso a fumare l'ennesima sigaretta prima di decidere di levare le tende. Non prima di capire le intenzioni del draghelfo negativo.
    "I miei obiettivi? Infiltrarmi nella criminalità di Kerus, discutere con il vostro capo e trarne profitto senza disturbarci l'un con l'altro, come invece faceva questo stupido mezz'orco"
    Meno Zell poi fece un gesto ad arco con la mano sinistra guantata, ad indicare sia la carneficina della battaglia ma più precisamente gli alberi che aveva abbattuto.
    "E poi perchè limitarsi solo a Kerus quando posso anche espandermi nelle altre città di quest'isola. Buttare giù questa stupida foresta per costruire delle ampie strade per collegare le principali città di Kengard e fondarne delle altre lungo il tragitto, per guadagnarci sopra ed espandere le nostre reti criminali. Ma avrò bisogno di schiavi per fare ciò. Non costano nulla e lavorano tanto. Lentamente, ma insesorabilmente, tutta Kengard sarà come Kerus."
    Gli uomini che erano di Turak si guardarono tra di loro e tremarono solo al pensiero di diventare schiavi dell'ibrido negativo. Loro erano ladri, non schiavi.
    "Prima di tutto, avrò bisogno di una base sicura e sorvegliata. Loro mi faranno vedere dove dimorava Turak ma se la sua casa è un tugurio da mezz'orco, la demolirò per far spazio ad un'altra che mi soddisfa. Nel frattempo, loro vi sapranno dire dove trovarmi. E comunque non rimango fermo a Kerus come faceva quello stolto di Turak. Me ne andrò in giro a cercare obiettivi da conquistare o gente da reclutare" furono le parole di Meno Zell all'elfa e al sicario, sperando di soddisfarli.
    Il draghelfo negativo poi si chinò sul cadavere di Turak, estrasse i due machete e li lanciò verso i suoi uomini, con l'obiettivo di farglieli usare.
    "Tagliate i brani migliori di carne fresca dei cavalli morti, riponeteli nei sacchi che avete e portatemeli alla taverna di Kerus. Questa sera ci sarà una festa in onore del vostro nuovo capo!"
    fu il primo ordine impartito da Meno Zell alla sua nuova banda.
    "Se dovesse apparire il Teramin, non tentate di ucciderlo. Non è più affar nostro. Ci penserò io stesso a sistemarlo, se dovesse incrociare la mia strada!" fu il secondo ordine.
    Infine, tornò di nuovo a rivolgersi a Milia e Will.
    "Che ne pensate?" chiese Meno Zell, muovendo distrattamente la mano.

    Allora, al prossimo post uscirà anche il puzzone, per ora i due draghelfi non si incontreranno X'D
    Però ho intenzione di trovare Leamhan da Zell & co quando arriveranno, così il Teramin passerà dalla parte dei buoni e fornirà al draghelfo positivo ottime informazioni sulla sua controparte X3
    Altra cosa, ora che Meno Zell è complice di Milia e Will, posso usarli anch'io come png in compagnia del puzzone? ^^


    Edited by ZellDragon6 - 20/6/2020, 14:40
     
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    Leamhan si trascinava zoppicante nel fitto della foresta, sperando di aver imboccato la direzione corretta per uscirne. Grazie al potere dei suoi ideogrammi aveva arrestato l’emorragia, ma aveva perso così tanto sangue che si sentiva costantemente sull’orlo di un mancamento. Afferrò il suo falcetto con la coda prensile e con la punta s'incise un taglio all’altezza della spalla sinistra. Emise un gemito strozzato. Dalla ferita spillò qualche goccia di sangue, ma un sigillo cremisi comparve presto sopra di essa interrompendo immediatamente il versamento.
    < È tassativo preservare la coscienza. Il dolore m’è amico. >, disse, come per giustificare a se stesso il gesto che aveva appena compiuto.

    S’incamminò ancora per qualche minuto, dopodiché, esausto, si fermò per riprendere fiato. Per non accasciarsi a terra dovette accostarsi con un fianco ad un albero, chiazzando di rosso la sua corteccia muschiosa.
    < Debbo servirmene? Ma non voglio farlo, no. >, mormorò, ansimando un poco. La bacchetta della sua zampa anteriore destra iniziò a picchiettare ritmicamente sulla sinistra.
    < Inoltre è illogico. Qualora non bastasse egli mi cercherà. Si. Loro tutti mi cercheranno. Mi perseguiteranno e vorranno uccidermi. >
    Leamhan esitava, indeciso sul da farsi. Rimase immerso nelle sue riflessioni per un po’, in completo silenzio. Il ticchettio febbrile delle zampe del teramin, assieme al suo flebile respiro affannato, erano gli unici suoni che perturbavano la quiete perfetta della foresta.
    < No. >, sentenziò infine. Non senza un certo sforzo si discostò dall’albero al quale si reggeva, e riprese il suo cammino.

    --

    Con le braccia conserte e la schiena poggiata ad un albero, Will ascoltava in silenzio la proposta dell’ibrido negativo. Millia, dal canto suo, faceva roteare distrattamente tra mani la spada ricurva che aveva sottratto al garuda.
    < Nuove strade, eh? >, disse un po’ sovrappensiero. < Mi piace la gente ambiziosa Meno Zell, dico davvero, ma quello che ci stai proponendo non è un affare da poco. >
    Un ghigno sornione arricciò le labbra di Will.
    < Che succede Milly, ti dispiace gli alberi? >, domandò all’elfa. L’espressione di Millia mutò improvvisamente: le sue labbra si serrarono, mentre gli occhi si ridussero a due sottili fessure sprizzanti astio.
    < Fottiti Will! >, sibilò a denti stretti.
    < Ti ho già detto di non tirare più fuori quella storia, sono stata chiara? >
    Il sicario alzò le braccia come in segno di resa.
    < Ok scusa, era una battuta, quanto te la prendi… >, disse, senza sforzarsi troppo per mascherare l’ironia che permeava le sue parole. Millia non disse nulla, limitandosi a scoccare al collega un’altra occhiata di fuoco. Will, dal canto suo, si rivolse a Meno Zell.

    < Tornando a noi, l’affare è complicato ma non impossibile. >, disse, passando rapidamente ad un tono serio e professionale.
    < Certo, non è un lavoro che puoi portare a termine andando di notte nella foresta armato di sega. Per un’operazione del genere serve un appoggio economico e soprattutto politico da parte delle persone che contano. Per nostra fortuna, a Kerus il Capo ha… una certa influenza. >
    Millia si lasciò sfuggire una risatina sommessa. < Una certa influenza... >, parafrasò, ripetendo le parole di Will con un’enfasi volutamente esagerata. Quest’ultimo sorrise appena sotto i baffi rivolgendo alla collega uno sguardo d’intesa, ma proseguì il discorso senza commentare il suo intervento.
    < Bene, Meno Zell. L’idea è interessante, vale la pena tentare. > Diede una pacca sulla spalla scagliosa del suo interlocutore. Il tono delle sue parole, da austero qual era, s’era fatto gioviale e amichevole.
    < Per la base operativa organizzati come pure come preferisci. Noi intanto organizziamo un, ehm… > Will ebbe un momento d’incertezza, come se, improvvisamente, si trovasse indeciso su quali parole utilizzare.
    < … incontro con il Capo. >, disse, infine, mettendo una curiosa enfasi sulla parola “incontro”. Fece per aggiungere altro, ma Milla lo interruppe.
    < Fermo, basta così. Non rovinargli la sorpresa. >, disse l’elfa, che guardava Meno Zell con aria divertita.
    < Hehe… Ok, ok! >, acconsentì Will, facendo spallucce.
    < Beh, allora direi che non c’è bisogno di aggiungere altro. > Il sicario infilò due dita in un taschino del suo completo in pelle nera, estraendovi un foglietto di carta ed un carboncino. Vi scrisse sopra qualcosa.
    < Fatti trovare qui domani al tramonto. Agghindati per le grandi occasioni, se puoi. >, disse, porgendo il bigliettino improvvisato a Meno Zell. Su di esso vi erano segnate le indicazioni per una locanda situata nei quartieri alti di Kerus, nella zona più facoltosa della città.

    < Bene, rimandiamo le chiacchiere a domani. >, tagliò corto Millia. < Noi sgombriamo. Avrai modo di dimostrarci se dietro le tue parole ci sono anche dei fatti. >
    Senza troppe cerimonie l’elfa voltò le spalle all’ibrido. S’incamminò per raggiungere i suoi uomini, ma dopo pochi passi cambiò idea e si voltò nuovamente verso di Meno Zell.
    < Ah, quasi dimenticavo. Questa può servirti? >, disse, tendendo all’ibrido la lunga spada ricurva del garuda.
    < A me sarebbe solo d’intralcio. >


    Ok, Millia e Will escono. Leamhan sta procedendo nella foresta, immagino che nel prossimo post incontrerà Zell & co. Decidi pure tu se ciò accadrà all’interno o al di fuori della foresta.
    Se Meno Zell accetta l’invito di Millia e Will, se vuoi possiamo aprire una breve role a Kerus dove lui si incontrerà di nuovo con i sicari e il loro capo e potrà definire i dettagli del suo piano, discutere della base operativa, di eventuali missioni, ecc. Il luogo dell’incontro è un’elegante locanda frequentata da ricchi mercanti e, talvolta, persino da nobili signori. Una sorta di prototipo di un moderno ristorante.
    Ah, e se Meno Zell la accetta, adesso ha una katana nell’inventario (la spada del garuda). XD Non ha niente di speciale, è una normale spada da samurai. Se non gli serve la lascio tenere a Millia, che probabilmente la appenderà come trofeo a casa sua, dato che combatte a mani nude.

    Rispetto a Millia e Will sei liberissimo di usarli. Magari non farmeli morire, così posso eventualmente posso utilizzarli di nuovo senza creare ogni volta altri npc. XD Tanto avrai capito che tipi sono, sia caratterialmente che per quanto riguarda il lavoro che fanno e il loro modus operandi. Insomma, sono entrambi assassini esperti che lavorano per la criminalità organizzata, che portano a termine la loro missione nella maniera più rapida ed efficiente possibile (anche se a giudicare dal casino successo in questa role non si direbbe. ^^").


    In ogni caso, se vuoi usarli devo prima spiegarti brevemente come funzionano le loro abilità.

    Will sembra avere chissà quali capacità da prestigiatore, ma il suo potere in realtà è una roba banalissima. Tutto quello che può fare è rimpicciolire gli oggetti inanimati che tocca (entro una certa grandezza, diciamo che la taglia massima è quella di un comune albero) per un tempo indefinito, riducendo in proporzione anche il loro peso. Al suo comando, in genere con uno schiocco di dita, questi tornano alla loro grandezza originale in maniera tanto rapida da risultare distruttiva. Se vengono lanciati essi conservano il loro moto anche dopo essere tornati alle loro dimensioni originali (anche se questo è sbagliato dal punto di vista delle leggi fisiche, ma vabbè), per cui un sassolino lanciato a 20km orari che torna ad essere un macigno viaggerà alla medesima velocità. I suoi coltelli da lancio sono in realtà normali spade che ha precedentemente rimpicciolito, mentre nelle piccole bisacce che porta alla cintura conserva svariati oggetti rimpiccioliti da usare in combattimento. Può rimpicciolire anche se stesso diventando alto circa 5 centimetri, ma l’effetto dura per soli 5 secondi o poco più. Quando scompariva dietro il suo fazzoletto bianco in realtà si rimpiccioliva e si dileguava nascondendosi da qualche parte, dando l’illusione di essersi teletrasportato. Nella sua forma minuscola conserva la sua normale forza muscolare (ma non il peso, per cui se provasse a tirare un pugno a qualcuno non gli farebbe nulla e finirebbe scaraventato all’indietro, e per la stessa ragione non potrebbe brandire alcuna arma), per cui è in grado di compiere lunghi e rapidi balzi. Non può rimpicciolire altri esseri viventi e non può ingrandire gli oggetti oltre la loro taglia originale.


    L’abilità di Millia è un po’ più articolata, ma non è niente di così assurdo. Praticamente può assorbire istantaneamente l’energia cinetica di qualsiasi cosa tocchi per poi rilasciarla a piacimento, sempre a contatto. Quando viene rilasciata, l’energia cinetica si esprime nella forma in cui si trovava quando è stata assorbita. Se, ad esempio, Millia assorbe un fendente di spada, quando toccherà il bersaglio che vuole attaccare esso sarà danneggiato come se fosse stato colpito da quello specifico fendente. Se assorbe un impatto contundente, il bersaglio toccato subirà un impatto identico a quello che gli avrebbe inflitto quello specifico colpo contundente. Idem con i colpi perforanti, abrasivi e tutto il resto. Se tocca un oggetto che è in volo mentre il suo potere è attivo, questo si fermerà istantaneamente piombando a terra come un sasso. Per questa ragione la spada del garuda non le faceva niente: in realtà lei non bloccava affatto la lama con una parata, perché questa si fermava istantaneamente senza produrre alcun contraccolpo non appena lambiva la sua pelle.
    Millia può inoltre trasferire ad un oggetto inanimato l’energia cinetica precedentemente assorbita senza rilasciarla immediatamente. Se, ad esempio, assorbe l’energia cinetica del solito fendente di spada e la trasferisce su di una moneta, quando deciderà di rilasciare il suo effetto chiunque o qualsiasi cosa toccherà quella moneta sarà istantaneamente danneggiato come se fosse stato centrato direttamente dalla lama.
    Il potere di Millia si manifesta nella forma di una colorazione nera e metallica che ricopre la sua pelle. Volendo può avvolgere in essa il suo intero corpo, divenendo praticamente immune ai colpi di natura fisica, ma maggiore è la superficie coperta e più alto è il dispendio energetico. Ricoprire solo le braccia o le gambe non comporta grande fatica, farlo con l’intero corpo può invece lasciarla rapidamente senza forze. Quando trasferisce ad un oggetto l’energia cinetica assorbita, questo assume la solita tonalità nera e metallica.
    C’è ovviamente un limite massimo alla quantità di energia cinetica che Millia può assorbire, che è comunque abbastanza alto. Colpi di spada e di mazza può arrestarli senza problemi; con grossi macigni farà fatica e accuserà un certo contraccolpo, perché parte dell’energia cinetica riuscirà a passare; se gli crolla addosso una casa… crepa. XD Può anche assorbire l’energia cinetica di diversi attacchi e rilasciarla tutta in un colpo solo, ma deve stare attenta a non superare la soglia massima.
    Inoltre è in grado di assorbire solo ed esclusivamente l’energia cinetica, per cui altre forme di energia potranno colpirla ignorando completamente la sua abilità: calore, gelo, elettricità, acido, effetti magici, ecc.


    Edited by -Aleph- - 20/6/2020, 15:26
     
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    Su ordine di Meno Zell, gli uomini che ora erano i suoi sottoposti, iniziarono a tagliare e a riporre nei sacchi la quantità di carne che il loro nuovo capo aveva richiesto. Era incredibile la velocità con cui svolsero il loro lavoro evidentemente temevano una reazione del draghelfo negativo a vederli oziare. Nel frattempo Meno Zell concluse il dialogo con Will e Milia e riuscì ad ottenere il luogo e l'ora dell'incontro con il loro capo in maniera chiara e rapida. Il draghelfo lesse il contenuto del bigliettino consegnatogli dal sicario ed annuì deciso.
    "Non so che cosa intendiate voi per -agghindarsi- ma io non uso altro vestiario a parte quello che ho addosso ora." fu l'obiezione sollevata da Meno Zell, che faceva presagire che un bagno o un eventuale cambio di calzini non erano previsti da parte sua.
    Accettò anche la katana gentilmente regalatagli da Milia, che avrebbe affiancato il suo equipaggiamento e, dopo aver ringraziato e salutato i suoi alleati, Meno Zell tornò dalla sua banda, che nel frattempo aveva eseguito l'ordine di Meno Zell.
    "Vi aspetto alla taverna di Kerus!" disse ai suoi uomini a cavallo.
    L'ibrido negativo spalancò le ali e si alzò in volo in direzione d Kerus. Una volta giunto alla taverna, avrebbe sparso lui stesso la voce che Turak non c'era più e che in città c'era un altro capobanda.

    Meno Zell esce....appena posso apro io la role a Kerus...sono curiosissimo di sapere chi è questo capo X3
     
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    Aes, non chiudere questa role....perchè abbiamo deciso di continuare qui con i pg che verranno presto X3
     
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    Zell e Zenon arrivano da qui:
    https://kengard.forumfree.it/?t=77122446
    Role tra me, Elker ed Aleph ^^


    Zell decollò dal Torrente Celeste un'ora dopo l'alba, seguito dai due draghi-roc Zephiros e Lesothos, con Zenon adagiato sulla schiena di quest'ultimo in modo da non rimanere appiedato e rallentare il gruppo. Il volo per il felino del Metallo fu regolare e tranquillo e non soffrì nè di vertigini nè di mal d'aria grazie a Lesothos.
    Era metà mattinata ed avevano già sorvolato gran parte della Foresta senza trovare indizi che facessero indicare la presenza dell'ibrido opposto di Zell; la foresta era intatta e perfetta come una grande coperta verde scuro.
    "Forse forse...essendosi sfogato al Torrente Celeste, quel lurido puzzone ha lasciato stare la Foresta..." fu il pensiero di Zell mentre rallentava e si abbassava di quota, sperando che il suo opposto non sia passato di li.
    Il sollievo del draghelfo positivo però non durò a lungo perchè, dritto davanti a lui, vide qualcosa di strano e man mano che si avvicinava, quel strano iniziò a farsi chiaro: un lembo di foresta era stato devastato e, tra gli alberi devastati, c'erano altri caduti che non erano fatti di legno e foglie. Tutto faceva pensare ad una battaglia conclusa. In aria, diversi corvi gracchiavano e si buttavano in picchiata per banchettare con i cadaveri.
    Zell fece segno ai due draghi-roc di scendere a terra per andare a controllare cosa fosse successo. Probabilmente era una battaglia tra alcune fazioni che magari non c'entravano nulla con Meno Zell.
    L'ibrido positivo sfoderò la sua spada blu appena i suoi piedi artigliati toccarono terra e si guardò in giro. Tanti cadaveri, principalmente umani, erano sparsi per quel campo di battaglia che fino a poco prima era foresta vergine. Gli alberi caduti giacevano come sconfitti alla battaglia accanto ai cadaveri umani, sui quali i corvi banchettavano, stridendo infastiditi alla vista del draghelfo. Nell'aria aleggiava l'olezzo del sangue e della morte e l'erba era macchiata di rosso in vari punti. Un cadavere diverso dagli altri catturò l'attenzione di Zell; era il più mastodontico di tutti, di colore verde e dalla stazza molto grossa, schiena in alto. Da lontano poteva essere perfettamente scambiato da un masso ricoperto da muschio ed erba e a differenza di tutti gli altri caduti, questo non era stato aggredito dai corvi.
    Zell gli si avvicinò con cautela, tenendo la spada in posizione di guardia, come se temesse che quella grossa creatura verde si potesse risvegliare ed attaccare, ma per fortuna non successe. Si trattava di un grosso mezz'orco di colore verde, che aveva un altrettanto machete conficcato nel fianco, un altro identico riverso accanto, un grosso martello dall'altra parte del corpo e delle frustate sulla schiena, molto visibili. Zell ebbe un un tuffo al cuore: Meno Zell usava le fruste come armi e a Kengard c'erano ben pochi ad usarle a parte a lui. Le frustate, comunque, non bastarono per uccidere un bestione tutto muscoli come quello. La ferita mortale era sul collo, così profonda che la testa era quasi del tutto mozzata dal resto del corpo, provocata da delle fauci molto acuminate, come il morso di un drago, ma troppo piccole per poter essere di un drago ferale. Le dimensioni delle fauci erano identiche a quelle di Zell e dai fori lasciati dai denti colava una sostanza verdastra, mescolata al sangue color viola del mezz'orco. Radianza. Ora, oltre all'odore dolciastro del sangue e dei cadaveri, Zell percepì chiaramente l'olezzo della sua controparte negativa. Ormai non c'erano dubbi: Meno Zell è stato li, ha partecipato a quella battaglia e ha sicuramente ucciso il mezz'orco.
    In quel momento, Zenon accorse accanto al draghelfo positivo, tenendo la coda alzata in posizione di guardia ed annusando tutto attorno. Subito dietro al Creimvell, i due draghi-roc scrutavano il campo di battaglia ed annusavano l'aria.
    "Meno Zell è stato qui. Ha ingaggiato battaglia e ha ucciso questo grosso mezz'orco." disse il draghelfo positivo indicando il cadavere del mezz'orco con la spada.
    "Come vi ho già detto, quel puzzone uccide raramente, solo se necessario. Quindi mi viene da pensare che questo bestione avesse tentato di ucciderlo o che poteva essere una sorta di pericolo per Meno Zell. Lo ha frustato e poi lo ha ucciso mordendogli il collo ed iniettandogli la radianza." spiegò Zell.
    "I segni della battaglia sono molto freschi. Si dev'essere conclusa da poco tempo. Forse da un'ora! Il nostro nemico potrebbe essere ancora nei paraggi. Stiamo all'erta! Sento chiaramente la sua puzza!" osservò Zenon con un tono di voce che marcava l'odio verso l'ibrido negativo.
    Zell, da parte sua, era visibilmente scosso al pensiero di essere così vicino alla sua controparte negativa ma la presenza di Zenon, Lesothos e Zephiros lo faceva sentire più tranquillo. E se la battaglia si era conclusa da pochissimo tempo, ora sembrava che non ci fosse più nessuno di vivo nelle vicinanze, a parte loro e i corvi che continuavano a gracchiare e a svolazzare.
    Stando attento a non toccare la radianza sul collo del mezz'orco, Zell gli girò il capo con la punta della spada per vedere la sua faccia, che era una smorfia di puro terrore ad occhi aperti, ormai cristallizzata nella morte.
    "Avete idea di chi sia questo qui?" chiese Zell agli altri.
    Ricostruire i contatti dell'ibrido negativo, anche se morti, magari potevano aiutarli a stanarlo.
    Zenon si limitò a scuotere il muso, per dare risposta negativa.
     
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    Mi sento come Amazo in Justice League:sparisco per non tornare più. Maledizione:credevo di aver già risposto...

    I due mezzi draghi stavano analizzando già da qualche minuto,quel campo di battaglia intriso del fetore dell'opposto negativo di Zell,osservando con discrezione ogni singolo corpo di ogni singolo caduto che si ritrovassero di fronte:diversi alberi,non propriamente convenzionali sembravano caduti. Molti umani erano morti. Fra i due rettili alati Zephiros controllò nello specifico,a tatto ogni singolo corpo,mentre Lesothos fece uso di un approccio ben più cauto,di quello del suo omologo nero:usò...una sorta di alone azzurro,con cui avvolse ogni corpo,in una sorta di analisi tecnica(ma senza i termini tecnici di un analizzatore di DNA o la sua meccanicità. Ed era inoltre molto più rapido. Ma era comunque abbastanza speculare a quel genere di analisi).
    Hhhmm...pensi anche tu quello che penso io,spettro sfuggente?... domandò il mezzo drago nero all'altro,guardandolo serio negli occhi.
    Temo proprio di sì,eroe errante:questi individui non hanno avuto il tempo specifico di ingaggiare una vera e propria battaglia. Le loro vite...
    Si sono concluse molto prima...
    E ciò che è più gravoso...è che,se ben morti rapidamente abbiamo comunque conosciuto un indicibile sofferenza,prima di ciò...
    Poi,poco dopo i due vennero richiamati all'attenzione dai loro due piccoli compagni,che denotarono un orco quasi del tutto...decapitato,con un evidente espressione di sofferenza,sul suo sguardo e...il chiarissimo odore dell'elemento della radianza(con cui il mezzo roc non aveva avuto,prima d'ora che un paio d'incontri...tutti quanti quasi conclusisi con la sua sconfitta:fu solo grazie alla sua forza di volontà e velocità nell'agire,che evitò sempre conseguenze gravi per gli altri e per se stesso. Quindi aveva una certa esperienza negativa,con tale elemento...). E,dopo alcune conclusioni,nonché l'evidente fatto che era tutto avvenuto da poco(e che perciò l'essere maligno poteva ancora essere tranquillamente nei dintorni) ai due venne chiesto se sapessero riconoscere chi fosse il mezz'orco morto. Fu qui,che il mezzo grifone entrò nuovamente in scena,usando quella scia azzurra...anche sull'ormai deceduto malcapitato,a distanza di sicurezza...
    Vi prego di stare cortesemente indietro, così che il processo possa proseguire correttamente e senza la minima possibilità di errori:vi prometto che non richiederà parecchio tempo. disse lui,mentre si concentrò sul cadavere,guardandolo attentamente con i suoi occhi color giallo zaffiro,mentre la scia azzurra lo avvolgeva completamente...dissolvendosi solo dopo una ventina di secondi,dopo i quali il giustiziere bianco osservò uno ad uno gli altri tre,con serietà,prima di rispondere adeguatamente.
    Ho modo di riferirvi solamente quello che ha percepito e decantato la sua anima. Ossia che il suo nome...era Odwilk. Odwilk trincia...non è un nome consono. Ma è in riferimento agli organi addetti alla riproduzione. Costui faceva parte,assieme agli umani di un battaglione di guardie a difesa di una non troppo lontana cittadina,andato in esplorazione per assicurarsi che i confini fossero abbastanza sicuri. E dopo un accesso diverbio...non ebbe purtroppo luogo una vera battaglia...
    Ma una strage. Una pura,semplice,orribile strage. Dobbiamo immediatamente metterci in guardia,nasconderci e metterci nel mentre anche a rintracciarlo,pensando ad un metodo per sottometterlo rapidamente,visto anche che potrebbe aver lasciato qualcuno indietro a controllare. O essere per l'appunto qui vicino o addirittura di ritorno. Forse,anche se non è molto opportuno...un agguato improvviso potrebbe essere la migliore delle soluzioni. Altrimenti...sarà un enorme problema. E vorrei non dover ricorrere,ai miei poteri,per risolvere la cosa:sono più dispendiosi di quello che potrebbero sembrare... disse il drago dalle ali da corvo,sospirando pesantemente,mentre cominciò di già ad aguzzare lo sguardo intorno a se,tendendo i muscoli,muovendo rapidamente la coda e restando aperto ad ogni,singolo suono o movimento attorno a loro.
    Devo concordare con lui,tristemente:non possiamo permetterci di abbassare la guardia. E dovremmo evitare ogni utilizzo eccessivo delle nostre energie,in favore di una migliore tattica di vittoria. disse il mezzo grifone,che chiuse gli occhi,concentrandosi su ogni singolo rumore o presenza nell'ambiente circostante.
     
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    Lo specifico giusto perché Elker è appena arrivato: sto usando Leamhan.


    Allertate da qualcosa, le orecchie di Leamhan si rizzarono improvvisamente come mosse da un meccanismo a molla.
    < Un suono. Dalla radura. >, sussurrò flebile e inespressivo il teramin, che, ormai, aveva a malapena le forze sufficienti per parlare. Gli ideogrammi che aveva posto sopra le sue ferite, i quali servivano ad arginare l'emorragia, stavano iniziando l'uno dopo l'altro a svanire; inizialmente molto rada ma via via sempre più definita, una scia di tracce cremisi segnalava adesso il suo passaggio.

    < Sono... sono tornati per prendermi. > L'intero corpo della creatura equina venne scosso da un fremito. Il suo respiro si fece corto e frenetico, il cuore iniziò a battergli in petto all'impazzata. Tremava da capo a piedi. Il suo passo, reso già malfermo dalle ferite che aveva riportato nello scontro con lo gnomo Shroeder, divenne ancora più incerto.

    < D-debbo fuggire. S-si. Debbo andarmene. > Provò ad accelerare il passo, ma inciampò quasi subito su una radice sporgente. Rovinando a terra investì alcuni rami secchi; lo schiocco che produssero riecheggiò nel silenzio tombale della foresta come un colpo di frusta.

    Leamhan tentò disperatamente di rialzarsi, ma tremava al punto tale che non vi riuscì. Fu quello il momento esatto in cui se ne rese conto: lui sarebbe morto lì. Meno Zell e i suoi scagnozzi erano sulle sue tracce, e lui ormai non aveva più le forze per fuggire. A breve lo avrebbero raggiunto ed ucciso. Se fino a poco fa la situazione era disperata, adesso la morte era una certezza.

    Un'indescrivibile sensazione di gelo pervase all'istante ogni singola fibra del suo essere; fu come se qualcuno gli avesse gettato addosso una secchiata d'acqua ghiacciata. Digrignando i denti per lo sforzo e per il dolore, Leamhan riuscì miracolosamente a sollevarsi sulle sue quattro zampe. Emise un verso indefinito. Avrebbe voluto muovere un passo in avanti, ma il suo corpo si rifiutava semplicemente di rispondergli.


    Leamhan si è allontanato abbastanza dalla radura in cui si è svolto il massacro, ma dato il silenzio assoluto che regna nella foresta è comunque possibile che abbiate sentito il rumore che ha causato nel suo tentativo di fuga. Seguendo la direzione del suono ad un certo punto potete iniziare a notare delle tracce di sangue che, all'inizio piuttosto rade, andando avanti si fanno sempre più frequenti.
     
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    Incubo infernale

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    Zell e Zenon si fecero da parte per consentire al candido drago-roc di fare una sorta di analisi del mezz'orco caduto, per capire chi possa essere e i suoi eventuali legami con il draghelfo negativo, rimanendo in rispettoso silenzio finchè Lesothos non concluse la sua analisi.
    "La cittadina di cui parli è sicuramente Kerus. Meno Zell dev'essere finito in una sorta di scontro tra le bande della malavita della città e probabilmente questo bestione era un capo. Probabilmente l'ha ucciso per prendere il suo posto!" fu il commento del draghelfo positivo, mentre continuava ad indicare il cadavere del mezz'orco con la spada.
    "Abbassa la voce, Zell. Lesothos e Zephiros hanno ragione a sospettare che Meno Zell e i suoi scagnozzi possano essere ancora da queste parti" il Cremivell ammonì il draghelfo riguardo il volume della sua voce.
    "Io propongo di andare sotto gli alberi e...." la frase di Zenon venne interrotta da un rumore secco ed improvviso che tagliò l'apparente calma della radura. Le orecchie del felino scattarono rapide verso la direzione dalla quale provenne quel rumore di rami secchi spezzati di netto, come se qualcuno li avesse spezzati con uno stivale camminandoci sopra.
    "Avete sentito?" chiese sempre sottovoce.
    "Sì, certo che ho sentito. Veniva da quella parte...Andiamo a vedere ma facciamo attenzione." confermò Zell a voce bassa, indicando la provenienza del rumore con la spada.
    Il Cremivell e il draghelfo positivo si mossero con circospezione verso la direzione indicata, seguiti dai due grossi draghi-roc che facevano da scudo contro eventuali attacchi.
    Man mano che procedettero, comparvero delle macchie di sangue fresco, all'inizio rade ma poi sempre più presenti. Zenon, seppur un pò schifato da quel sangue, lo annusò.
    "Non è sangue di quel puzzone, non è sangue di drago, non è sangue di umano. Non saprei chi l'ha lasciato"
    Il fatto che c'era sangue ma non c'era nessun cadavere nei paraggi, preoccupò e confortò allo stesso tempo: se non si vedevano cadaveri, voleva dire che chiunque avesse lasciato quelle tracce ematiche doveva essere ancora vivo ma nessuno sapeva se era di un amico o di un nemico.
    Le chiazze di sangue li condussero in una zona di arbusti ed alberi scheletrici, una via di mezzo tra un vecchio bosco e un bosco che stava tendando di ricrescere dopo un incendio e quando aggirarono i cespugli, Zell e Zenon si trovarono davanti ad una creatura che nessuno dei due aveva visto prima d'ora.
    L'ibrido del fulmine cacciò un urlo spaventato mentre il felino lanciò un soffio di avvertimento.
    "Che cos'è quello?"
    "Non ho mai visto niente del genere...ma è ancora vivo!"
    Sia Zell che Zenon si tennero a distanza da quella creatura misteriosa e nonostante sembrasse molto sofferente, la spada dell'ibrido era puntata contro mentre il pelo del Cremivell si era trasformato in aculei, in posizione di combattimento.
    Allertati dalle urla del draghelfo positivo, i due draghi-roc li raggiunsero in brevissimo tempo.
    "Avete idea di cosa sia questa creatura? E' pericolosa? Cosa dobbiamo fare?" chiese Zell rivolto ad entrambi i draghi-roc, ma più in particolare a Lesothos, senza abbassare la guardia e tenendo la spada puntata contro Leamhan.
     
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    Elker Errani

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    Meno male che mi ha avvisato...dopo quasi un mese,del messaggio. Grazie,ForumFree. Grazie davvero!

    Zephiro era già pronto a dare le sue considerazioni,sugli esatti metodi in cui si sarebbero dovuti nascondere e trovare con tutta calma e con la dovuta pazienza il loro obbiettivo maligno,neutralizzando lui e tutti i suoi scagnozzi,che avrebbe coinvolto la cooperazione di tutti,specialmente quella dello spettro sfuggente che al momento stava riflettendo chissà come ad occhi chiusi. Non potevano perdersi troppo un chiacchiere,alla fin fine. Ed entrambi i draghi ibridi ne erano ben consapevoli. Ma qualcosa...qualcosa,di completamente inaspettato interruppe la corrente di pensieri e buona parte dell'attenzione per l'ambiente circostante di entrambi,riportandoli in buona parte alla realtà:una serie di rumori secchi ed immediati,provenienti dalle loro immediate vicinanze. Quasi come...come dei rametti d'albero che venivano spezzati nel giro di una serie di secondi. E non c'era dubbio su almeno una cosa:qualcuno era nei paraggi e bisognava andare a controllare.
    Aah...non importa:riferirò loro il mio piano in un altro momento più consono...
    Fu così,perciò che,in breve si diressero nella direzione del suono. E mentre lo facevano...trovarono delle tracce di sangue. Cosa che scatenò,in Lesothos uno strano genere di reazione:il suo sguardo divenne ben più concentrato,mentre le osservava,perfino più attentamente degli altri. Come se fossero una sorta di fonte dell'eterna giovinezza:qualcosa,in esse ed anche nella descrizione di Zenon lo stava prendendo particolarmente...finché poi,qualche minuto dopo,a terra,apparentemente incapace di alzarsi...eccola lì:un strana,piccola creatura,esile e nera,con delle zampe osse do colore bianco e il muso del tutto privo di alcun genere di espressioni...ma che,in qualche modo era evidente fosse immersa in un immensa sofferenza(anche se,in fondo non ci sarebbe di certo voluto un genio,a capirlo...).
    Hhhmm... esclamò semplicemente Lesothos,che aguzzò ancora di più lo sguardo e guardò per un secondo il mezzo drago scuro affianco a lui,in un modo che non lasciava spiraglio a fraintendimenti:voleva che facesse spostare tutti,da davanti la povera,piccola creatura. Perché? Perché l'essere bianco...sapeva bene,che genere di creature fosse. E di che genere di attenzioni avesse bisogno...
    Sì...noi sappiamo,che cos'è. Ed è per questo che vi chiediamo di farvi momentaneamente indietro. Da qui ci penserà lui,a gestire la faccenda. disse il mezzo roc,guardandoli tutti serio,uno alla volta coi suoi occhi di un giallo zaffiro. E nel mentre...il mezzo grifone,silenziosamente,senza che si potesse allarmare...cercò semplicemente di entrare in conttato mentale con la creatura. Ma non in modo aggressivo,no:il primo accenno,di contatto che cercò di stabilire fu semplicemente...quello di creare una serie di immagini e sensazioni calme e rilassanti,all'interno della mente della creatura,per calmarla,nemmeno cercando di usare i propri,di ricordi:cercò semplicemente d fare in modo che fosse la sua stessa mente,ad accettare quel suo contatto,creando immagini che solo lui nello specifico,potesse trovare abbastanza rilassanti. Poi,solo tempo dopo essersi assicurato che si fosse calmato abbastanza...comincuò lentamente e dolcemente a parlargli,con tutta la calma e la tranquillità del mondo.
    I miei più sinceri omaggi,o splendido e maestoso teramin. Chiedo gentilmente il diritto di presentare la mia persona,se per te è un ipotesi contemplabile:sono una creatura ibrida,che si prodiga come possibile,ad eliminare le ingiustizie di queste terre e a sostenere chiunque abbia bisogno di sostegno. E,onestamente...io e i miei alleati sentiamo che ne avresti bisogno. Se ce lo permetterai,perciò...saremmo disposti a rassenerare il tuo animo,da qualunque cosa lo turbi. E,possibilmente...ad allontanarti da questo perimetro:devi di fatto sapere che siamo alla ricerca di un essere spregevole,che si fa chiamare Meno Zell. E sarebbe indicato istituire un opportuna evacuazione di ogni creatura innocente,che potrebbe rimanere coinvolta nello spiacevole conflitto che potrebbe seguire,per fermarlo. disse telepaticamente l'ibrido chiaro al teramin,che in realtà aveva subdolamente letto la sua mente,senza che potesse accorgersene e sapeva così,in realtà cosa fosse a spaventarlo...ma gli parlò in quel modo per fargli capire che non erano nemici. E anche,possibilmente per spronarlo a fargli dire qualcosa in più di quel poco che ha visto,limitato ai suoi timori.
     
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    Allertato da un bisbiglio improvviso, Leamhan si voltò di scatto alle proprie spalle. Un paio di schiocchi di sonar gli bastarono per distinguere la presenza di quattro individui; i primi due erano creature ferali alate di grosse dimensioni, forse dei draghi, mentre il terzo, anch’esso un quadrupede, era caratterizzato da una taglia decisamente minore e da una fisionomia felina; il quarto individuo, infine, aveva le sembianze di un rettile bipede alato: era Meno Zell. Il teramin dal manto nero trasalì. Emise uno strano verso strozzato, come se avesse voluto gridare ma la voce gli fosse morta in gola.

    Una delle due creature alate iniziò cautamente ad approcciarlo. Adesso che era un po’ più vicino, Leamhan poté constatare con un’ulteriore schiocco di sonar che il quadrupede era ricoperto da un manto piumato. Che si trattasse di un grifone? La sua fisionomia, tuttavia, ricordava maggiormente quella di un drago. Per chiarire il dubbio avrebbe dovuto esaminarlo più approfonditamente con il sonar, ma, per ovvie ragioni, le circostanze del momento non glielo consentivano. Fu proprio allora che nella sua mente irruppero una serie di suoni, sensazioni e ricordi che, pur rilassanti nel contenuto, avevano un’origine chiaramente esterna; ipotizzò che doveva trattarsi di un messaggio telepatico proveniente dal presunto grifone. Al termine della silenziosa comunicazione questi si presentò come una creatura ibrida, fatto che spiegava sia le piume che la fisionomia draconica, sostenendo di essere sulle tracce di Meno Zell con l’intento di catturarlo.

    Leamhan tremava da capo a piedi. Con il muso rivolto a terra e le lunghe orecchie orientate all’indietro come un cavallo spaventato, rimaneva immobile sul posto senza dire nulla. Il silenzio che regnava nella foresta era tombale: non un'alito di vento animava le foglie degli alberi, non un fruscio o il verso di qualche animale turbava quella quiete; l’unico suono che poteva udirsi era il gocciolio del sangue del teramin, che, regolare come un metronomo, scandiva il tempo cadendo goccia a goccia dal suo pelo sino alla pozza cremisi che si era formata nel terreno sottostante.

    Era ormai passato abbastanza tempo da lasciar supporre che Leamhan non avesse capito una sola parola di quello che gli aveva detto la creatura piumata, quando il silenzio venne spezzato dalla sua voce cupa e monotona.
    < Ma cosa dici. Che cosa stai dicendo. >, scandì con tono svuotato di qualsivoglia emozione ed espressività.
    < Tu ti fai beffe di me. Si. Tu miri a raggirarmi con le tue parole mendaci e tenti d’ammaliarmi telepaticamente. >
    Con una rapidità inaspettata, Leamhan estrasse il suo falcetto afferrandolo con le appendici prensili della sua lunga coda. Lo puntò verso il rettile bipede alato che aveva identificato come Meno Zell.
    < Meno Zell si trova d’innanzi a me. È li! Lo percepisco! Tu forse ritieni ch’io non lo distingua a causa della mia cecità e della distanza, ma io lo avverto con chiarezza. >
    Senza smettere di puntare il falcetto verso il rettile antropomorfo, Leamhan mosse un passetto stentato all’indietro.
    < V-voi tutti siete al suo soldo… Si. Come gli altri! Voi tutti cospirate ai miei danni giacché intendete consegnarmi a lui, affinché egli possa torturarmi nuovamente ed infine togliermi la vita. >
    Il respiro del teramin si fece corto e convulso, e con esso anche il suo eloquio accelerava sempre più. La bacchetta ossea della sua zampa anteriore destra iniziò a picchiettare freneticamente sulla sinistra.
    < Volete indurmi a credere ch’egli sia il Più Zell di cui lui mi narrava in taverna. Ma no. Costui non esiste. No. Egli è Meno Zell ed io non mi lascerò fuorviare. > Leamhan parlava sempre più rapidamente e a voce sempre più bassa; anziché un tentativo di dialogo, il suo sembrava piuttosto una sorta di ragionamento ad alta voce.
    < Voi intendete catturarmi ed uccidermi. Si. Ma io ciò non lo permetterò. No. Non lo permetterò, non lo permetterò. >

    Mentre Leamhan era ancora assorto in quella sorta di strana conversazione con sé stesso, la creatura ibrida mosse leggermente una delle sue zampe anteriori, spostando appena l’erba circostante; il fruscio sollevato fu praticamente impercettibile, ma le orecchie del teramin si rizzarono di scatto come tirate da un filo invisibile.
    < NON MUOVERE UN PASSO! >, gridò. Leamhan era fuori di sé: la sua voce, in genere piatta e monocorde, si era fatta improvvisamente aspra e penetrante come il gracchiare di un corvo.
    < NON OSARE! CHE NESSUNO MUOVA UN PASSO O MORRETE! MI FARO’ SALTARE E VOI TUTTI MORRETE CON ME! >
    Rapidissimo, il sangue che inzaccherava il pelo del teramin fluì per formare un gran numero di strani ideogrammi rossi, che tappezzarono il suo corpo dal muso sino alla punta della coda; tutte le macchie di sangue che aveva lasciato lungo la sua fuga stentata fecero lo stesso, delineando in tal modo un sentiero di sigilli cremisi che partiva da lui sino a raggiungere il presunto Meno Zell e il suo gruppo, che stavano appunto seguendo quelle tracce. Simili ideogrammi comparvero inoltre alla base degli alberi che si trovavano loro accanto: lungo il suo cammino Leamhan si era curato di macchiare di sangue gli arbusti circostanti, con l’intento di tendere una trappola all’ibrido negativo qualora egli fosse riuscito a raggiungerlo.

    < Meno Zell. Desumevo che avresti seguito le mie tracce ematiche. Si. Tu ben conosci i miei ideogrammi esplosivi. Qualora uno di voi m’aggredisse, gli arbusti che ho contrassegnato s’abbatteranno su di te ed i tuoi subordinati. >
    La voce di Leamhan era tornata cupa e inespressiva come sempre, ma il suo respiro restava frenetico e irregolare; il cuore gli batteva così forte nel petto che il suo martellare poteva udirsi chiaramente anche ad una certa distanza.
    < Dimostrami dunque che tu sei Più Zell anziché Meno Zell. Si. Ammesso ch’egli esista. Necessito d’una prova certa ed incontrovertibile. Altrimenti periremo assieme. >



    Leamhan sta dando di matto ed è convinto che Zell sia Meno Zell, anche perché i due sono praticamente identici all’esame del suo sonar ed inoltre l’ibrido negativo si trovava nella foresta fino nemmeno mezzora fa. In realtà avrebbe tutti gli elementi per giungere alla conclusione che quello che ha davanti non può essere Meno Zell, ma non ho resistito alla tentazione di generare un altro po’ di sano caos. u_u E poi è rimasto traumatizzato da quello che è successo, per cui in effetti non è nemmeno così assurdo che si stia facendo prendere dal panico e non si fidi più di nessuno.

    Comunque, per chiarire la scena, le tecniche che Leamhan ha usato in combinazione sono due: la tecnica 5, che gli permette di usare il suo sangue per scrivere ideogrammi; la tecnica 2, che gli permette di tracciare ideogrammi esplosivi.

    Inoltre:

    -I vostri pg non hanno mai visto gli ideogrammi esplosivi di Leamhan, ma possono facilmente collegare la sua minaccia di farsi saltare con la loro improvvisa comparsa. Inoltre, se seguendo le sue tracce sono passati per il luogo dello scontro che è avvenuto tra lui e Shroeder, il braccio destro dell’orco Turak, potrebbero essersi imbattuti in dei piccoli crateri nel terreno e, magari, nel corpo dilaniato di Shroeder. Ciò potrebbe avergli dato qualche indizio per capire a cosa si riferisce Leamhan con la sua minaccia di far saltare tutto in aria.

    -Leamhan ha usato il sangue che inzacchera il suo pelo per ricoprirsi di sigilli esplosivi, che essendo molto numerosi a causa della grave emorragia genererebbero un’esplosione di potenza non indifferente. I vostri pg si trovano a distanza di sicurezza, per cui a meno che non si avvicinino molto non rischiano la vita (Leamhan, ovviamente, finirebbe invece ridotto in coriandoli essendo lui l’epicentro della detonazione);

    -Dato che i vostri pg stavano seguendo la traccia di sangue di Leamhan, adesso si trovano accanto ad una scia di simboli esplosivi. Date le loro dimensioni Zephiros e Lesothos probabilmente non subirebbero grandi danni qualora i sigilli esplodessero, mentre Zell e Zenon rischierebbero di farsi abbastanza male;

    -Se qualcuno ha toccato una delle macchie di sangue e poi non si è pulito la zampa, noterà che anche su di essa sono comparsi dei sigilli rossi. Non mi pare sia successo, lo dico giusto per chiarimento;

    -Guardandosi attorno tutti i pg possono notare che alla base di vari alberi che si trovano vicino a loro sono adesso impressi dei simboli identici a quelli comparsi a terra e sul corpo di Leamhan. Se egli li farà detonare, gli alberi si abbatteranno su tutti i presenti, lui compreso. Quelli che rischiano di più in questo caso sono Zephiros e Lesothos, che date le loro dimensioni maggiori potrebbero incontrare molte difficoltà a schivare gli enormi tronchi in caduta.

    Nulla di tutto ciò, chiaramente, accadrà se riuscite a convincere Leamhan che la persona che ha davanti non è Meno Zell ma piuttosto il suo gemello buono Zell. Oppure se riuscite a metterlo KO prima che faccia saltare in aria la zona. Insomma, buona fortuna. u_u


    Edited by -Aleph- - 15/12/2020, 20:40
     
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