Incontroluce

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    Rek viene direttamente da Ghiaccio e metallo ^^

    Ok, Rek si era perso. Decisamente perso.
    Sapeva di dover ringraziare tutte le divinità esistenti se era riuscito nel miracolo di lasciare la Tundra senza finire morto assiderato o ammazzato in qualche crepaccio. Anche se aveva seguito con successo il pendio dei monti fino alla pianura, in quel momento si sentiva comunque più perso che mai. Dove cavolo era finito?
    A circa metà della sua discesa, Rek era stato avvolto da un nebbione così fitto che fu costretto ad atterrare per continuare a scendere. Alla fine della scarpinata, un vento sempre più forte aveva spazzato via la foschia e Rek, pensando che la situazione stesse finalmente girando a suo favore, si era perfino arrischiato di alzarsi in volo. Puntò verso quello che lui riteneva essere il sud, nella speranza di tornare verso Kanwr, ma il suo viaggio ebbe una vita piuttosto breve: il vento portò nuvole, le nuvole portarono pioggia e alla pioggia seguì ben presto una tempesta coi fiocchi. Aveva appena fatto in tempo a formulare il pensiero "Cosa può esserci di peggio della neve nella Tundra?", che il suo naso percepì uno strano odore di zolfo e un fulmine gli mancò la zucca di appena mezzo centimetro.
    Morale della favola: era da quando era partito per la Tundra che Rek non aveva più visto più il sole. O la luna.
    O il cielo, in realtà.
    < UUUUUUUFFFFFFFFFFFFFAAAAAAAAAAA!!!!!!!! > esclamò, a nessuno in particolare (deja vu ^^").
    In quel momento, Rek si trovava in una grotta sulle pendici delle montagne. Era il primo buco che era riuscito a trovare per ripararsi dall'acqua che scendeva a secchiate. Osservava l'esterno con un cipiglio imbronciato: i fulmini cadevano ad intervalli irregolari e bersagliavano la brulla radura sottostante come se non ci fosse un domani. Ogni saetta era accompagnata da un flash che illuminava l'ambiente a giorno e il rombo che produceva era così forte che sentiva quasi le rocce della montagna vibrare. Se non fosse stato così irritato, avrebbe apprezzato sicuramente quello spettacolo pazzesco.
     
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    Non doveva sorvolare quella zona. Per raggiungere più in fretta il Torrente Celeste dalle Isole Fluttuanti, Lenrian aveva tirato il volo in linea retta ma così facendo era andato a sorvolare le Terre Assetate. Quella zona, al contrario di come dice il nome, era caratterizzata da temporali stazionari improvvisi e violenti, che gravitavano sempre là sopra. Il drago arancione era convinto di aver trovato una sorta di corridoio tra due cumuli temporaleschi ma era solo un'illusione. Le grosse nuvole nere si stavano muovendo l'una verso l'altra, con il chiaro intento di fondersi per creare un temporale colossale. La corrente ascensionale che le accompagnava era così forte che Lenrian venne spinto in alto anche se non batteva le ali. E lui voleva scendere.
    Così decise di chiudere le ali a sè e scendere in picchiata prima di essere bersagliato dai fulmini che da li a poco avrebbero iniziato a scoccare.
    La discesa fu tutt'altro che tranquilla. Lui stava volando verso il basso con un vento contrario che lo faceva sobbalzare da ogni parte, come se una zampa gigantesca lo prendesse a schiaffi. Prima di arrivare a terra, Lenrian spalancò le ali e planò fino a portarsi in assetto orizzontale, fuori dalla corrente ascensionale.
    Era finito in una zona montuosa, zeppa di picchi di scabro calcare nel quale si aprivano alcune grotte di origine carsica. Un tuono improvviso fece ricordare a Lenrian che non aveva tempo per esplorare il territorio, così il drago della luce si rifugiò nella caverna più vicina. Per sua fortuna era grande abbastanza da contenere più draghi. Sapendo che stare sulla soglia di una caverna era alquanto pericoloso in caso di temporale, Lenrian si rannicchiò in una sala interna più piccola, quasi del tutto nascosta dall'ingresso.
    Fuori il vento ululava, i tuoni si facevano sempre più frequenti ed iniziò a piovere.
    "Spero che passi in fretta..." pensò tra se e se.
    Dato che era uscito da uno stato meditativo, Lenrian non era nè stanco nè affamato, così decise di esplorare la grotta usando i suoi globi luminosi gialli.
    Un rumore diverso dai tuoni accompagnato da un urlo lo fece desistere (nuovamente) dall'esplorazione. Qualcuno era entrato nella grotta e Lenrian fu colto da un'improvviso stato di timore ed imbarazzo. Impaurito dalla tempesta imminente, non aveva calcolato che quella grotta potesse appartenere a qualcuno, e quel qualcuno era appena rincasato. Come poteva chiedergli scusa dell'intrusione senza poter parlare?
    Prima di palesarsi, sbirciò di nascosto chi era: si trattava di un drago bianco, maschio, non molto grosso. Era di poco inferiore alla stazza di Lenrian. Sembrava non essersi accorto della presenza del drago arancione, perchè gli stava dando le spalle ed osservava la furia del temporale da una posizione potenzialmente bersaglio di fulmini. Lenrian stava per ruggire ma per tre volte di seguito non lo fece. Forse per timidezza, forse per non metterlo in allarme, fatto sta che non sapeva come approcciarsi. Dopo alcuni attimi con lo sguardo da ebete su quel drago apparentemente immobile, Lenrian scelse di attirare la sua attenzione in modo da portarlo via dalla soglia della caverna; coprendo il rumore dei propri passi con il fragore dei tuoni, il drago della luce gli si avvicinò e lo tirò delicatamente per la punta della coda che era protesa proprio verso di lui. Lenrian fece l'espressione di muso più innocente e pacifica che poteva fare.
     
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    Con la pancia a terra, le zampe anteriori protese in avanti, quelle posteriori gettate scompostamente di lato, la coda verso l'interno e il muso poggiato sulle zampe, Rek era diventato il ritratto perfetto della Noia. All'inizio aveva ipotizzato che una tempesta così violenta non potesse durare per tanto e si era accoccolato all'entrata speranzoso di poter ripartire presto; poi, quando aveva intuito che non fosse faccenda di secondi, aveva tentato di svagarsi contando i fulmini che cadevano in rapida successione; infine, dopo ben cinque minuti di "1.. 3.. 7... no no no, aspetta. 1.. 4...", Rek era crollato nel suo attuale e disperato stato.
    E la tempesta non era ancora terminata.
    In quel momento non poteva fare altro che osservare l'esterno con un'aria così annoiata, che non aveva nemmeno più la forza di scostarsi quando veniva investito dalle rare folate di vento che si insinuavano nella grotta, portando con sé l'umidità della pioggia. L'unico sprizzo di gioia lo ebbe quando un fulmine saettò quasi in orizzontale e si schiantò contro il fianco della montagna, non tanto più in basso rispetto l'apertura della grotta da lui scelta. Rek si rizzò a sedere e si sporse in avanti per controllare con un entusiasmo esagerato quali fossero stati gli effetti del fulmine. Sentì la pioggia ticchettare sul suo cranio, ma non si preoccupò a tornare al coperto: dopo il freddo pungente della Tundra, quell'acqua non la sentiva nemmeno. E quel fulmine era l'unica cosa dannatamente interessante che fosse successa da quando si era intrappolato lì dentro!
    In quella posizione, Rek sentì qualcosa toccargli la coda. Portò il collo all'indietro per capire cosa fosse e... si accorse che alle sue spalle era comparsa una strana sagoma arancione, semi nascosta nell'oscurità!
    Preso alla sprovvista, Rek fece un balzo in avanti per lo spavento, solo per non trovare più il terreno sotto le zampe anteriori. Sbilanciandosi verso l'esterno, Rek rischiò di cadere fuore e, se non successe, fu solo perché intervenne il suo istinto di autoconservazione che gli fece artigliare l'entrata della grotta con ali, zampe, coda e con tutto ciò che poteva usare. Con un po' di sforzo riuscì a tornare all'interno senza grosse difficoltà. Lanciò un sospiro di sollievo e iniziò a scrollarsi l'acqua di dosso, schizzandola da tutte le parti. Solo quando fu finalmente asciutto, alzò di nuovo lo sguardo e notò di nuovo la strana figura in controluce. Un globo luminoso - molto simile a quelli che anche lui sapeva produrre - si intromise tra i due, illuminando un suo simile dalle squame color arancioni. Un altro drago? Oh.
    < Oh cribbio! Chiedo scusa, sono stato sorpreso da questo acquazzone e mi sono fiondato qui senza pensare che potesse essere il territorio di qualcun altro! >
    Si rese conto di aver lavato il suo interlocutore solo dopo aver finito di parlare.
    < Oh! Ehm, ops? Scusa. - abbassò lo sguardo con aria colpevole - E' che non mi aspettavo che ci fosse già qualcuno in questa grotta... ehm, forse avrei dovuto immaginare che fosse abitata. In effetti, dovrei imparare ad esplorare un posto prima di dare per scontato che sia una zona sicura. >
    Tornò a voltarsi verso l'esterno e infilò la testa attraverso la fessura per osservare il pendio: da quella prospettiva non sembravano esserci altre aperture nella roccia grandi a sufficienza per ospitare un drago. Un altro fulmine si scaricò sul fianco della montagna, in un qualche punto imprecisato alla sua sinistra. Rek tornò all'interno della grotta e cominciò a fissare apertamente il drago arancione: non aveva una grande voglia di uscire a cercare un altro riparo e non è che il suo proprietario avesse minacciato di cacciarlo via...
    Gli aveva solo fatto perdere un secolo di vita per lo spavento, ma era più colpa sua che altro.
     
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    Il drago bianco, al tocco della coda, fece un balzo in avanti come un gatto. Mancò poco che non cadesse giù dalla rupe nel bel mezzo della tempesta. Solo i suoi riflessi, il suo equilibrio, i suoi artigli, la sua coda e le sue ali gli permisero di non cadere. A quella vista, Lenrian si preoccupò e cercò di aiutarlo, ma alla vista della sua parte posteriore, con le scaglie bianchissime lo fece distrarre.
    "Però...che bel drago!" pensò tra se e se.
    Il drago bianco, ripresosi dallo spavento, iniziò a credere la stessa cosa che credeva lui stesso. Che l'altro fosse il padrone della grotta. Quindi anche l'altro drago doveva essere di passaggio e aveva trovato quel rifugio di fortuna per ripararsi dalla tempesta, che si era intensificata come attività elettrica. Diversi fulmini stavano bersagliando la parete rocciosa sulla quale si apriva la caverna, la pioggia era diventata così violenta che iniziò a piovere anche dentro la grotta, schizzando il drago arancione della luce. A guardare bene, però, non si trattava della pioggia, ma dell'acqua rilasciata dall'altro drago che si stava scrollando e che solo ad opera compiuta si accorse di aver travasato l'acqua da lui a Lenrian. Il drago bianco si scusò dell'intrusione e della schizzata, che non infastidirono minimamente Lenrian che invece gradiva la presenza del suo simile bianco.
    Quando l'altro drago si sporse nuovamente dalla grotta con l'intento di andarsene, Lenrian gli lanciò un "RAWR!" di avvertimento a non andarsene, subito dopo un altro fulmine cadde pericolosamente vicino e fece desistere il drago da spiccare il volo, che tornò ad osservare Lenrian.
    A questo punto, Lenrian sorrise al suo simile, facendo delle leggere fusa gutturali per fargli capire che era il benvenuto accompagnando il tutto ad un gesto con la zampa di seguirlo. Solo ora Lenrian si girò e si diresse verso la parte più interna della grotta, accompagnato dal suo globo di luce gialla, per invitare il suo simile in una zona più sicura dalla tempesta dove conoscersi meglio.
     
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    Rek aspettò una risposta, una rassicurazione, un ammonimento o perfino una sfuriata, ma nulla di tutto ciò lo raggiunse. Il drago arancione non gli rispose. O meglio ringhiò quando lui accennò ad andarsene.
    < Ok, ok... - disse, ridacchiando nervosamente - allora mi trattengo per un altro po'! >
    Continuò a ridacchiare, mostrandosi improvvisamente a disagio. Se l'altro era davvero un drago come lui, allora perché non gli rispondeva e si limitava a quei strani versi? Aprì la bocca per chiederlo, ma poi si trattenne e serrò la mascella. Tanto, non è che avrebbe ottenuto una spiegazione organica sul perché di quel silenzioso mutismo.
    < Ehm, così vivi in questa grotta, eh? - chiese invece, guardandosi attorno - Dev'essere un posto molto... ehm, interessante. Dove vivere intendo! >
    Quando era nervoso, Rek mal sopportava il silenzio. Vero che l'altro non avrebbe potuto rispondere ai suoi sproloqui, ma lo faceva impazzire l'idea di lasciare spazio al ticchettio della pioggia o ai boati dei tuoni. Nemmeno lui capiva il perché si sentisse tanto nervoso - non era la prima volta in cui entrava per sbaglio nella grotta di un'altra creatura o che incontrava qualcuno che non fosse in grado di parlargli - eppure c'era... c'era qualcosa negli occhi di quel drago. Non aveva idea del perché, ma quegli occhietti gialli erano esattamente come quelli che si sarebbe immaginato nelle streghe dei racconti umani, nel momento in cui attiravano i cuccioli d'uomo nella loro casa di dolciumi. Scosse la testa per scacciare tale pensiero: lui non era umano. Non era nemmeno più un cucciolo. E lì dentro non c'era nessun forno per tentare di cucinarlo... almeno, per quanto ne sapeva.
    < Forse è un po' troppo umido per i miei gusti, ma magari è solo per la pioggia. - continuò, lasciando pochissimo spazio tra una frase sconclusionata e l'altra - E' anche un tantino rumorosa, ma probabilmente è solo colpa dei tuoni. Piove spesso da queste parti? Oh giusto, come non detto. >
    Aveva anche qualche dubbio su come interpretare correttamente i pochi segnali che l'altro gli lanciava. Cosa significava quel suono gutturale? E aveva interpretato correttamente il ringhio precedente? Fortunatamente il cenno della zampa era un gesto abbastanza universale e intuì che volesse invitarlo a seguirlo all'interno.
    < Oh, va bene, arrivo. Anche se non voglio imporre troppo la mia presenza. E' già tanto essermi intromesso in questa maniera senza nemmeno portare qualcosa per farmi perdonare... non che mi aspettassi di intrufolarmi nella grotta di qualcun altro, in realtà. >
     
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    Il drago bianco era leggermente nervoso, in quanto lui parlava e Lenrian non gli rispondeva senza capire il perchè, e il drago arancione voleva a tutti i costi farsi capire. Almeno, il gesto delle zampe fu ben inteso dall'altro e lo seguì nella stanza interna della grotta.
    Una volta lì, Lenrian si sedette tra la parete rocciosa e una stalagmite che aveva un pò di fango marrone alla base, sorrise all'altro drago e gli fece segno con le zampe di mettersi comodo, sperando che l'altro capisca.
    Poi intrise un artiglio nel fango ed iniziò a scrivere sulla parete rocciosa quello che doveva dire a parole. Scrisse frasi molto sintetiche, non gli andava di consumarsi gli artigli per scrivere la storia della sua vita o uno dei poemi epici draconici, famosi per la loro lunghezza.
    - Io mi chiamo Lenrian -
    Fu la prima fase scritta dal drago arancione della luce che indicò più volte, indicando poi se stesso.
    - Non vivo qui -
    Seconda frase.
    Ed infine, dopo aver nuovamente intriso l'artiglio nel fango, quella fondamentale, che chiariva finalmente all'altro drago il mistero sul suo mutismo.
    - Non potrò parlare per un mese -
    Quando arrivò all'ultima parola, a Lenrian venne un atroce dubbio. L'altro drago sapeva leggere? Si sapeva che i più analfabeti di Kengard erano gli umani, mentre tra i draghi tale lacuna era poco frequente.
    Rara ma non nulla, in giro c'erano ancora dei draghi selvatici che non sapevano nemmeno nè leggere nè scrivere. Sperò che il drago bianco facesse parte della maggioranza.
    Una volta finito di scrivere, Lenrian indicò le scritte al drago bianco.
     
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    Seguì l'altro drago all'interno della grotta e si accoccolò a terra solo quando anche l'altro drago si sedette. Lo osservò con palese nervosismo mentre si sporcava l'artiglio in una macchia di fango e inizialmente non intese cosa fosse intenzionato a fare. Solo quando scostò la zampa notò che i ghirigori di fango che aveva tracciato sulla nuda roccia rappresentavano delle parole. Il drago si chiamava Lenrian?
    < Oh, ciao Lenrian. - gli rispose - Io sono Rek! >
    La frase successiva gli fece capire che neanche lui viveva in quella caverna; la terza invece spiegò il perché non gli avesse rivolto nemmeno una parola.
    Rek annuì con un'espressione seria, quasi solenne. L'altro drago a quanto pareva, non poteva parlare, né a qualcuno né da solo, per un mese intero. Il motivo per cui si era limitato a rispondergli con degli strani gargarismi, gorgoglii, ringhi o ruggiti, era perché lui stesso non voleva parlare? Rispettava la sua decisione solo perché lui non sarebbe mai riuscito a mantenere una promessa del genere e, proprio per questo, non poteva a capire il perché qualcuno si dovesse sottoporre ad una simile tortura.
    Non gli sembrava il caso di impicciarsi negli affari di uno sconosciuto e, seppur la sua curiosità rodesse a morte, preferì invece mostrarsi comprensivo verso la sua situazione: con il palmo della zampa sinistra cancellò le tre scritte dell'altro drago, mentre intingeva un artiglio della destra nella stessa pozza fangosa dell'altro.
    "Va bene, hakuna matata", scrisse con mano ferma ed esperta.
    Alzò lo sguardo verso l'altro drago. Iniziò ad annuire silenziosamente e sorridere come un ebete per fargli intendere che aveva capito quale fosse il problema e che a lui non importava più di tanto. Se quello era il metodo di comunicazione che preferiva, allora lui si sarebbe adeguato.
    ...
    'Spetta un secondo... c'era qualcosa che non andava con la sua frase...
    Rek abbassò lo sguardo e rimase almeno una decina di secondi a fissarla con aria confusa. C'era decisamente qualcosa di sbagliato... era forse perché non era lui non aveva nessun obbligo di tacere, a differenza del suo compagno di caverna?
    Nah! Portò l'artiglio verso terra e graffiò la roccia lasciando un nuovo segno di argilla fresca.
    "Va bene, hakuna matata!"
    Ecco quello che mancava: un nuovo, fiammante punto esclamativo.
     
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    Il drago bianco si chiamava Rek e sapeva leggere.
    "Bel nome...." pensò mentre scrutava con occhio indagatorio il suo simile maschio.
    Ora che erano vicini, Lenrian fece passare il suo sguardo su Rek come se fosse un body-scanner, cogliendo più dettagli possibili del suo corpo, anche se c'erano pochi dettagli eterogenei. Il bianco era l'unico colore dominante sul corpo di quel drago, che con ogni probabilità, era di elemento luce. Tuttavia, Lenrian trovò affascinante la sua corporatura, le scaglie candide come la neve e gli artigli che sporgevano dalle zampe poco distanti dal drago arancione. Lenrian ritornò alla realtà quando anche l'altro drago iniziò a scrivere sulla parete di roccia come aveva fatto lui poco prima. Ma se il drago arancione doveva farlo per forza, perchè Rek lo faceva? Lui poteva parlare, allora perchè comportarsi da muto? Pensò che quello era un modo per venire incontro al povero draghetto senza voce e per farlo sentire più a suo agio. Non capì cosa intendessero dire le parole "hakuna matata" ma non ci pensò troppo sopra. Probabilmente doveva trattarsi di qualche variante dialettale della terra di origine di Rek, il quale voleva mostrarsi orgoglioso delle sue origini. L'aggiunta di un solo punto esclamativo alla frase fece scodinzolare nuovamente Lenrian, trovava quel drago alquanto carino e simpatico.
    I suoi pensieri andarono momentaneamente a Ragnax, il suo vero moroso, e il drago arancione doveva tenere a freno i suoi istinti. Se Ragnax fosse apparso lì in quel momento che avrebbe pensato? E il Maestro del Vuoto, suo padre, lo stava spiando in quel momento?
    Tuttavia, non stava facendo niente di male. Era solo in compagnia di un drago che, come lui, aveva trovato un riparo dal temporale.
    Lenrian intrise nuovamente l'artiglio nel fango e, dopo aver cancellato la frase di Rek, scrisse:
    -Grazie per la compagnia, Rek. Sei simpatico-
    Lenrian indugiò per un attimo sulla scritta, guardò il suo simile con lo stesso muso da ebete di prima e poi fece la stessa cosa che aveva fatto Rek: aggiunse il punto esclamativo. Seguito da un sorrisone ancora più da drago ebete (e da gay).
     
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    Rek cominciò a muovere nervosamente la coda a destra e a sinistra. Non aveva idea del perché si sentisse tanto agitato in presenza dell'altro drago: ormai aveva svelato il mistero che si celava dietro il suo mutismo, aveva scoperto di non essersi infiltrato nella grotta di qualcun altro e al momento si trovava al riparo dalla tempesta che imperversava all'esterno... eppure c'era qualcosa che lo metteva a disagio, qualcosa che non riusciva a definire.
    Il drago arancione - ehm, Ledriad? Aveva fatto male a non conservare la scritta con cui l'altro si era presentato - riprese a scrivere a terra: lo ringraziò della compagnia e commentò quanto lui fosse simpatico. Poi il suo sguardo si rivolse verso di lui. Gli sorrise.
    Perché gli sorrideva? E cosa aveva fatto per risultare simpatico?
    Rek ci mise qualche attimo a rispondere al suo sguardo, con un cipiglio mal celato e un sorriso così teso che solo un cieco non si sarebbe accorto che bastava toccarlo per farlo vibrare come una corda di violino.
    < Ahm, grazie? Credo. - farfugliò - Ah no, anzi. >
    Rek abbassò lo sguardo e intinse precipitosamente l'artiglio nella fanghiglia per riprendere la conversazione. Scrisse qualche parola prima di cancellarla con l'altra zampa e scrivere poi qualcos'altro. Eliminò anche quella scritta, e rimase qualche secondo con l'artiglio sporco per aria, chiedendosi che cosa scrivere senza offendere l'altro drago.
    < Oh! > esclamò, quando gli venne un'idea.
    Con un'espressione concentratissima riprese a scrivere a terra con l'artiglio, ma lo slancio non durò: prima che potesse togliere la zampa e far vedere il risultato all'altro, Rek ri-cancellò la scritta con il palmo della zampa. No, non andava bene neppure quello.
    Alla fine sospirò sconfortato.
    "Ok", scrisse.
     
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    Il drago bianco si dimostrava sempre più coccoloso e simpatico per Lenrian, con tutti quei suoi gesti di nervosismo. Molto lentamente ma inesorabilmente, il drago arancione della luce si avvicinò al suo simile, per cercare un leggerissimo contatto fisico. La coda del drago bianco non smetteva mai di muoversi a destra e a sinistra, rivelando il suo nervosismo o la sua eccitazione. Anche Lenrian si mise a scodinzolare e, senza guardare le loro rispettive code, voleva giocare a spadaccino, cercando di colpire affettuosamente la coda dell'altro drago e quando ci riusciva cercava l'intreccio. Tuttavia, l'altro drago era ancora restio a farsi intrecciare la coda da Lenrian.
    Dopo quel suo breve ed umanissimo "ok" sulla parete di roccia, che ormai era diventata in tutto e per tutto ad una lavagna delle scuole elementari, il drago arancione cancellò la parola composta da sole due parole ed intrise l'artiglio nella pozza fangosa che orma era diventata un calamaio che si poteva vedere nelle scuole elementari degli anni '30. Stavolta fu Lenrian a pensare su cosa scrivere, senza smettere di giocherellare con la coda. Il suo sguardo passò a Rek che scansionò il suo corpo dalla punta delle corna fino agli artigli delle zampe, senza escludere le ali e la coda. Poi gli venne l'ispirazione e stavolta scrisse in un corsivo elegante, molto simile ai glifi elfici.
    -Rek, le tue scaglie portano lo stesso candore della neve nel cuore gelido dell'inverno, quando le stelle rischiarano la soffice coltre cristallizzandola nella brina che precede l'albeggiar-
    Dopo aver terminato quella frase, il muso del drago arancione virò in un rosso pomodoro, a testimoniare l'affezione che Lenrian stava provando per quel drago bianco.

    Se Void entra con Ragnax.....X'D XDXD :10ckfhk: :10ckfhk:
     
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    La cosa che sorprendeva di più Rek, era che l'altro drago non sembrava tanto nervoso quanto lui si sentiva. Anzi, a dirla tutta, non sembrava nervoso. Punto. Rek lo osservò mentre cancellava le due lettere del suo ultimo messaggio, mentre intingeva l'artiglio nella fanghiglia e mentre bloccava il suo artiglio per aria, come se dovesse riflettere su come continuare la loro conversazione epistolare. Anche se si ritrovava nella sua stessa situazione, non appariva per nulla indeciso o imbarazzato, ma conservava tutta la dignità e fermezza che un drago come lui (o Rek) avrebbero dovuto dimostrare.
    Il drago si voltò verso di lui e Rek, improvvisamente scoperto a fissarlo senza alcun ritegno, fece scattare lo sguardo verso la parte opposta della grotta. Non aveva nessun bisogno di lanciargli delle occhiate veloci per controllare se l'altro continuasse ad osservarlo: Rek sentiva il suo sguardo sulle squame... era come se ogni millimetro esposto scottasse, mentre il drago arancione lo squadrava dalle corna alla punta degli artigli. Rek cercò di dissimulare il suo nervosismo il meglio che poteva (cioè malissimo) e iniziò a fissare con estrema attenzione una stalagmite accanto alla parete laterale, con un'intensità tale che avrebbe potuto conficcarci un chiodo se solo ce ne fosse stato uno.
    Fu solo quando il drago portò finalmente l'artiglio verso la superficie su cui avevano scritto fino a quel momento, che Rek interruppe il contatto visivo con quell'interessantissima struttura rocciosa. Abbassò lo sguardo per leggere quanto l'altro stava scrivendo e... se fosse stato possibile arrossire per un rettile dal sangue freddo come lui, sicuramente lo avrebbe fatto.
    Oh, un attimo... ma per lui era possibile arrossire!
    Rivolse al drago arancione un sorrisone tutto zanne e gli fece cenno con una zampa, come per dirgli "Ehi, amico, guarda cosa ti caccio!". Chiuse per un istante gli occhi e cominciò a concentrarsi: il colore delle sue squame cominciò a mutare. Dapprima diventò dello stesso colore delle rocce attorno a loro, diventando pressoché indistinguibile dallo sfondo; poi variò rapidamente alternando tutti i colori dell'arcobaleno. Quando ritornò al suo normale colore bianco, rivolse all'altro un sorrisetto entusiasta.

    Edited by Tirannosaurorex - 9/3/2020, 12:45
     
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    Lenrian non capiva bene le intenzioni del drago bianco. Mentre veniva scrutato, Rek si mise a scrutare a sua volta la stalagmite che si trovava li vicino. Se avesse avuto un potere con gli occhi, l'avrebbe sicuramente tagliata in due. Il drago arancione non sapeva se l'altro drago era uno studioso di geologia o se cercava di nascondere qualcosa per lui. Quando scrisse quella sorta di poesia sulla parete-lavagna dellla grotta, il drago bianco reagì in modo tale da far rallegrare ancora di più Lenrian. Il gesto di scacciarlo con la zampa fu interpretato come un "guarda...ti piace la mia zampa? E' bellissima e candida!" mentre il sorriso tutto-zanne venne recepito come "sono al dodicesimo cielo di felicità". Alla vista della bianca zampa munita di eleganti artigli, Lenrian allungò il muso con l'intento di annusarla, e forse anche di baciarla, ma non ci riuscì perchè il gesto di Rek fu così fulmineo che la sua zampa si riportò in breve tempo lontana dalla portata delle labbra di Lenrian (che secondo le antiche scritture, tali labbra hanno visto più labbra e zampe di draghi maschi che molecole di ossigeno). Ciò che fece impazzire il paladino della luce fu vedere il drago bianco mutare in tutta una serie di colori, facendolo sembrare un drago arlecchino in Technicolor e durante quell'esibizione, Lenrian fece un'espressione di pura adorazione con gli occhi al limite delle orbite, la bocca spalancata e con la lingua penzoloni.
    Il sorrisetto che concluse la sua esibizione fece scodinzolare tutto Lenrian, con la coda che si mise a spazzare il suolo roccioso della grotta, con dei versetti di pura felicità. Il drago arancione poi levò il muso verso l'alto e soffiò un fascio di luce arancione che ricadde su se stesso. Lenrian ora divenne tutto luminoso, come se nella grotta fosse stata portata la luce elettrica, facendola risplendere di luce arancione. A quel punto si mise a saltellare tutto contento, continuando a fissare l'altro con un'espressione di draghetto ebete contento.
    Era ricorso ad una sua tecnica che usava di solito in battaglia per aumentare la propria stima e la propria lucidità, ma perchè non utilizzarla anche per addescare?

    Lenrian usa la tecnica "Arancione". Ehm...Rek sta facendo letteralmente impazzire ed invogliare Lenrian....è come Sdentato che corteggia la Furia Chiara con tutte quelle mosse sceme ma tenere XDXD
     
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    Aveva funzionato? Non aveva funzionato?
    In realtà Rek non aveva idea di cosa il suo gioco di colori e luci avrebbe dovuto servire. Si era sentito di volerlo fare e così lo aveva fatto, non c'era nessun'altra motivazione. Se il suo obiettivo era stato quello di rilassarsi un po' e non sentirsi tanto a disagio, in parte c'era riuscito e lo dimostrava il sorrisone a trentadue zanne che ne era conseguito. Aveva tentato di intrattenere un po' il suo compagno di disavventura? Forse. Anzi, sicuramente. Non che Rek avesse potuto prendersene il merito come se avesse calcolato ogni minimo dettaglio, ma in ogni caso non avrebbe mai pensato che potesse essere una mossa tanto efficace. In fondo, come poteva immaginare che l'altro drago avrebbe risposto spruzzando a sua volta un raggio arancione verso il soffitto, solo per esserne investito?
    Rek lo osservò perplesso, mentre l'altro saltellava a destra e manca in quello spazio non così ristretto per essere una grotta, ma nemmeno gigantesco. Percepiva il terreno vibrare ad ogni balzo, i piccoli sassetti attorno a lui si alzavano di mezzo centimetro ogni volta che atterrava.
    Rek lo lasciò zampettare per un po' senza dire nulla, ma trovò sempre più difficile mantenere la ritrovata allegria e il suo sorriso sbiadì a poco a poco. Cercò di riportare lo sguardo verso il drago arancione.
    < Ehm, così sei diventato... più arancione? > gli chiese, non sapendo cos'altro aspettarsi.
    Ah cappero. Si supponeva che non parlasse!
     
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    La danza del corteggiamento di Lenrian che faceva sobbalzare i sassolini da tempo incollati a terra dalla forza di gravità portò perplessità nel drago bianco e gli fece sparire il sorriso bianco che aveva fino a poco prima.
    Non gli era piaciuta la danza? Temeva che con quel soffio lanciatosi addosso Lenrian si fosse ferito?
    Forse dimenticandosi che il paladino dell'arcobaleno era momentaneamente privo di voce, Rek gli chiese perchè fosse diventato più arancione dell'arancione che era prima. Forse esisteva un termine draconico per indicare un colore più arancione dell'arancione?
    Per nulla spazientito, Lenrian smise di saltellare e tornò alla parete rocciosa che era la lavagna, tuffò di nuovo l'artiglio nella pozza fangosa e riprese a scrivere.
    -Sono un paladino della luce. Il mio elemento è la luce. Possiedo un soffio per ogni colore dell'arcobaleno. Quello che hai visto si chiama Arancione; aiuta a rinvigorire il mio spirito in battaglia ed ad essere più luce. Inoltre lo uso anche in situazioni come queste quando mi trovo in ottima compagnia, Rek.-
    Lenrian si fermò per voltarsi verso il drago bianco e sorridergli.
    -Ora sto per imparare il soffio Arcobaleno. Il più spettacolare di tutti- aggiunse un pò imbarazzato (non sapendo che anche su Kengard l'arcobaleno è il simbolo dei gay come lui).
    -Qual'è il tuo elemento, Rek il Candido?- aggiunse infine, ricalcando più volte le ultime parole.
     
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