In cerca di una voce

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    Al limitare della Foresta di Ahsnaeris il sole stava scendendo veloce, illuminando con una luce rossastra il cielo e le chiome degli alberi. Era qualche tempo che le giornate si stavano allungando e il freddo dell'inverno stava lentamente sciogliendo la sua morsa in una timida primavera.
    Il cielo limpido era attraversato solo da una fitta striscia di fumo nero che proveniva dal camino di una struttura in pietra e legno a bordo dell'unica ampia strada ciottolata che si addentrava nel bosco, la legna arsa doveva essere fresca o bagnata. O fresca e bagnata.
    "Il lieto cammino" si poteva leggere inciso a chiari caratteri su una tavola di legno che sormontava la porta. Ironico come nome per una taverna che rappresentava l'unico baluardo di civiltà prima di miglia e miglia di alberi e rocce e acquitrini e bestie e chissà quale altro abominio.
    Gimble non mancò di cogliere quest'ironia e pensare all'avventura che lo attendeva mentre, a passo sicuro, varcava la soglia della locanda. Il fumo nero, prima di uscire dal comignolo aveva invaso parte della sala, sprigionando un odore marcescente: la legna era umida.
    In quella leggera nebbia si potevano comunque scorgere i pochi presenti: due cacciatori che parlottavano a un tavolo bevendo birra, un mercante di liquori che -mostrando evidenti segni della bontà dei suoi prodotti- stava importunando la giovane cameriera, un oste troppo vecchio e annoiato per fermare l'uomo o per dare retta al nuovo avventore.
    Il ragazzo camminò calmo fino a un tavolo lontano dal camino e si tolse lo spolverino in cuoio mostrando una casacca e dei pantaloni verdi, dal taglio comodo, ma di ottima fattura. Poggio la giacca e lo zaino in spessa tela che portava con lui, su una sedia e si sedette su una panca con le spalle rivolte al muro in modo da poter osservare con comodo tutti i presenti nella sala e chiunque sarebbe entrato dalla porta.
    L'oste sembrò svegliarsi dal suo torpore e, probabilmente colpito da un abito troppo pregiato per appartenere ai uno dei soliti derelitti che solevano viaggiare in quelle zone, si avvicinò a passo svelto verso il ragazzo.
    "Benvenuto nella mia umile locanda signore, gradite qualcosa da bere? Un mercante mi ha appena portato del pregiat..."
    Gimble lo zittì con un gesto e indicò una mensola alle spalle del bancone su cui facevano bella mostra di loro dei fiaschi di vino dalle forme eleganti. L'oste abbassò il capo "Certamente..." disse con tono sommesso e in men che non si dica, tornò poggiando un calice di vetro spesso e dalla forma sgraziata davanti al ragazzo. Mentre l'uomo era impegnato ad aprire la bottiglia, Gimble sollevò il calice: era stato pulito frettolosamente e i bordi erano sbeccati. Storse le labbra schifato. Poco dopo potè constatare con amarezza che il bicchiere non era poi così male, se paragonato al suo contenuto.
    L'oste fece per allontanarsi, ma il ragazzo picchiò con il palmo sul tavolo per poi indicargli di lasciare la bottiglia. "Abbiamo un giovane di poche parole, eh?" disse l'uomo appoggiando il fiasco e tornando a occupare il suo posto dietro il bancone. Gimble lo ignorò. Ormai aveva fatto il callo a quelle battute e stava iniziando anche ad annoiarsene.
    Sorseggiando quella bevanda che l'oste si ostinava a vendere per vino, il ragazzo estrasse dalla tasca una lettera di carta pregiata che era evidentemente servita come bozza per alcune missive. Tra macchie e cancellature si leggeva chiaramente
    "Al tramontare del sole nella locanda al limite della Foresta di Ahsnaeris. Metà del pagamento anticipato, metà alla fine del lavoro." e poi un'altra serie di istruzioni dettagliate su come raggiungere "Il lieto cammino" e quale materiale portare: "armi, vettovaglie e necessario per pernottare più giorni nella foresta."
    Sospirò. Rimise il foglio in tasca e, impaziente, iniziò a fissare la porta d'ingresso.


    Miei cari avventurieri, da qui sta a voi. È la mia prima role qui, quindi sentitevi liberi di darmi consigli e giù di lì per come gestirla al meglio.
    Buon divertimento.
     
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    Parilin arriva da Questa role ancora in corso.


    Erano trascorsi svariati giorni da quando Parilin era fuggita dal’accademia di magia a Kerus. Tale esperienza era stata elettrizzante, fatta eccezione l’essere finita all’interno del corpo dello Yokai. Esperienza che aveva segnato profondamente la strega: infatti, dal momento in cui era uscita dallo stomaco di Furyo aveva cominciato a lavarsi e strofinarsi tutto il corpo per cinque volte al giorno con: olio essenziale alla calendula, olio essenziale alla canapa, olio essenziale alla calendula, olio essenziale alla citronella e almeno un’altra decina di oli.
    Questo rituale da persona con un disturbo ossessivo compulsivo serviva per togliersi definitivamente l’odore degli acidi gastrici e del grasso addominale.
    A parte ciò, una volta scappata via dalla scuola di magia, si era messa in viaggio per la foresta di Ahsnaeris, in cui si trovavano, tra le altre cose, abbondanti distese di Gynura aurantiaca, le cui foglie avevano la consistenza e il colore del velluto e quindi era possibile utilizzarle per tessere un tessuto pregiatissimo.
    Questa nuova attività le consentiva di accumulare un sacco di denaro, oltre a conoscere le personalità più influenti delle varie città. Inoltre, intrecciare foglie di Gynura aurantiaca era un passatempo tranquillo e che non comportava rischi come trovarsi coinvolti nel bel mezzo di una guerra.
    Così, ogni giorno, la mora faceva scorta di foglie, le lavorava per poi vendere i tessuti agli acquirenti.
    Così era stato anche quel dì.
    Il tramonto era alle porte; ombre gigantesche si affacciavano sulla strada acciottolata all’inizio della foresta. La strega la percorse a passo svelto fino ad arrivare alla locanda che era divenuta da qualche notte il rifugio in cui dormiva. Certo, si trattava di una topaia lurida e puzzolente, ma le occorreva soltanto per riposare la notte.
    Entrò nella locanda. Subito l’odore pungente del fumo attraversò le sue narici che si contrassero con vigore.
    Si guardò un po’ intorno: c’erano i soliti ospiti della sera precedente a parte un ragazzo biondo seduto ad un tavolino.
    L’oste la notò immediatamente e fece per andarle in contro, ma lei lo congedò con un cenno del capo. Non le occorreva niente, aveva soltanto bisogno di andare nella camera a lei riservata, perciò si diresse verso la scala a chiocciola che conduceva al piano superiore.
     
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    Capelli neri, occhi chiari, pelle color alabastro e un fisico snello accentuato da un vestito di seta nera aderente. Quella che aveva appena attraversato non poteva essere un'abitante locale, né tantomeno un'avventuriera capitata lì per caso.
    Gimble richiamò con un gesto l'oste che corse verso di lui sperando di piazzare un'altra bottiglia sovrapprezzata "Mi dica...". Il ragazzo fece un gesto del capo per indicare le scale che portavano al piano superiore, dove poco prima era passata Parilin. "Ah..." nella voce dell'oste si percepiva una punta di amarezza "... quella donna, eh? È arrivata qui qualche giorno fa. Di più non posso dire..."
    Un oste che tiene un segreto. Bella questa.
    Gimble prese dalla sacchetta che teneva legata in vita un moneta d'oro e, non curante, la appoggiò sul tavolo. Non fece in tempo a levare la mano che già il vecchio aveva allungato le sue dita rugose e fatto sparire il suo obolo in una tasca della casacca. Si fece quindi più vicino, come se volesse sedersi a fianco del ragazzo e iniziò a sussurrare "Qualcuno dice sia una strega, anche molto potente. E dovete fidarmi di me. Io quella gente la riconosco, non sapete quanti di loro vengono da queste parti a cercare ingredienti per le loro pozioni..."
    Gimble allontanò con una spinta l'uomo che, parlando, era arrivato a un palmo dal suo viso inondandolo con un miasma improponibile e facendo bella mostra dei suoi denti marci.
    L'oste si schiarì la voce e sistemò la casacca con i palmi delle mani "perdonatemi..." il suo tono era tornato normale, come se niente fosse "...se non gradite altro vino, io..." non finì nemmeno la frase che Gimble lo interruppe porgendogli una lettera chiusa da un sigillo in ceralacca siglato "L-Z".
    L'oste se la girò un momento tra le mani non capendo bene cosa farsene. Era molto più stupido di quanto il ragazzo pensasse.
    Con un gesto secco della mano, Gimble indicò le scale e, come colto da un'illuminazione improvvisa, l'oste annuì e corse al piano superiore.
    Dalla sala sottostante si poteva sentire poco. Delle poderose bussate alla porta. Attesa. Altre bussate. Altra attesa. Parlottare indistinto e una risposta dell'oste "C'è una lettera per lei da parte di un ospite..." Attesa. "Sotto la porta dite? Certo. La lascio qui."

    Contenuto della lettera:
    Gentile avventuriero,
    siete stato contattato per prendere parte a una missione eccezionale.
    Il pagamento sarà commisurato al vostro impegno e comunque sufficiente per garantire un futuro sereno.
    Se siete interessato siete atteso al tramontare del sole nella locanda al limite della Foresta di Ahsnaeris.
    Metà del pagamento anticipato, metà alla fine del lavoro.
    Portare armi, vettovaglie e necessario per pernottare più giorni nella foresta.

    Gimble de Longbyer-Zaelis
     
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    Una volta rientrata in camera, Parilin posò la borsa sulla scrivania di legno consumato, quindi si spogliò per darsi una rinfrescata.
    Il bagno all’interno della camera era completamente diverso da quello della locanda a Kerus, praticamente l’opposto, ma d’altro canto, quella dove si trovava, era una locanda a buon mercato e senza tante pretese. Tuttavia, era pur sempre accettabile.
    Si sciacquò da capo a piedi, godendo il piacere dell’acqua tiepida.
    Una volta uscita dalla doccia, si asciugò con il proprio accappatoio da viaggio.
    Poco più tardi, qualcuno bussò vigorosamente alla porta.
    “Sì, la ringrazio caldamente, messere. La faccia pure passare sotto l’uscio.” intimò in tono calmo.
    Solo dopo che ebbe finito di vestirsi, si chinò sull’uscio per raccogliere la busta che gli aveva recapitato l’oste. L’aprì, estrasse il foglio contenuto e lo spiegò ben bene. Prima di leggerlo, però, si sedette sul letto ed accese le tre candele adagiate sul comodino.
    Lesse la lettera molto attentamente e con tutta la calma del mondo. La rilesse una seconda volta, indugiando un attimo sul nome del firmatario, quindi la lasciò cadere sul letto.
    -Mi conosco troppo bene. Non rifiuto. Ho tutto ciò che mi occorre, inclusi i viveri presi dalla locanda. In ogni caso. Prenderò la decisione domattina a mente fresca.-
    Detto ciò, afferrò la lettera, la piegò e la rimise con cura nella busta, per poi posarla sul comodino.
    -Tenendo presente che sono trascorsi pochi minuti da quando sono salita in camera al momento in cui mi è stata recapitata la lettera, il mittente potrebbe essere stato chiunque sia passato dalle parti della locanda nell’arco di tutta la giornata.- Rifletté mentre soffiava sulle candele per spegnerle: -D’altro canto, però, potrebbe essere stato quel biondino vestito di tutto punto. Se fosse così, sarebbe un tipo interessante.- concluse, arricciando le labbra in maniera affabile. Rise fra sé divertita; a quanto pareva, si stava profilando un’altra avventura da curriculum.
     
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    La notte era passata senza particolari intoppi, se si vuole tralasciare un letto scomodo e sporco, l'odore di fumo che aveva invaso anche le stanze al piano superiore e le scorribande di qualche ratto sul tetto della locanda.
    Mentre il sole filtrava di traverso dalle finestre, Gimble era tornato a sedersi al tavolo che aveva occupato la sera precedente e stava attendendo la sua colazione.
    L'oste arrivò con un piatto in cui faceva cattiva mostra di se una fetta di torta d'avena sbriciolata. Il ragazzo osservò disgustato il piatto per poi, senza nemmeno incrociare lo sguardo dell'oste, tende il braccio per indicare la mensola dietro al bancone sulla quale erano presenti i vini.
    "Giusto... giusto..." disse a bassa voce il vecchio andando a prendere una bottiglia e un bicchiere all'apparenza pulito "... per mandare giù una torta ci vuole buon sangue!"
    Probabilmente si aspettava una risata, un sorriso o per lo meno uno sguardo di approvazione, ma la sua battuta non suscitò nessuna di queste reazioni. Gimble si limitò ad attendere che il bicchiere venisse riempito osservando il vecchio con sguardo seccato. Versò quindi un'abbondante dose di vino sulla fetta di torta ed iniziò, con fatica, a mangiarla.
    Ad ogni morso si interrogava su quanto ancora sarebbe dovuta durare la sua attesa, aveva fatto distribuire lettere in tutte le città e i villaggi in cerca dei migliori avventurieri e nessuno si era ancora presentato. Che faccia tosta.
    Magari avranno pensato che promettere così tanto oro, per una missione non bene specificata fosse solo un trucco del gestore de "Il lieto cammino" per attirare più gente presso la sua topaia. Oppure lo scherzo di qualche buontempone. Un buontempone ricco e con molti portalettere a quanto pare.
    Tutto quello che si può fare ora è attendere e sperare che questa torta finisca presto.
     
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    La notte trascorse tranquilla, fatta eccezione per l’odore impregnante di fumo che era entrato nella stanza. Parilin detestava il fumo, specialmente quello proveniente dai caminetti.
    Si alzò presto, si diede una rinfrescata veloce e poi si vestì.
    Lambiente era ancora buio; mancava ancora un po’ di tempo prima che il sole sorgesse.
    -Topi. Anche questa notte.- fece la strega, mentre ripuliva l’angolo della stanza in cui aveva posizionato la reappola per topi con del veleno. -Che posto lugubre. Almeno igienizzassero.- continuò, dopo aver gettato trappola e topo nella pattumiera che avrebbe lasciato in corridoio vicino alla porta, in attesa che passasse il personale a svuotarlo. -Se non altro hanno il servizio di svuotamento della spazzatura.-
    Dopo che ebbe finito di sistemare la camera da letto e preso tutti i propri oggetti, uscì. Scese le scale in tutta calma: i gradini di legno scricchiolarono sotto gli stivali.
    Non appena fu nella sala da pranzo, l’oste alzò il capo per intercettare il suo sguardo. Lei gli fece cenno di non disturbarsi a prepararle la colazione e si congedò.
    Un attimo dopo era fuori all’aria aperta. Respirò a pieni polmoni la brezza fresca del mattino. I raggi rossastri del sole spuntavano timidamente dall’orizzonte.
    La giornata passò in fretta, scandita dalle varie attività: infatti, al mattino la strega raccolse le foglie di Gynura aurantiaca per lavorarle; successivamente, si recò a Kerus per la vendita dei tessuti, oltre che per pranzare in posti accoglienti con acquirenti interessanti.
    Ben presto il sole cominciò a tramontare, segno che l’ora dell’appuntamento con il mittente ignoto si stava avvicinando. Si diresse, dunque, verso la locanda. Scelse, però, di rimanere nei pressi dell’edificio, senza dare nell’occhio.
    -Vediamo un po’ se si tratta del biondo.- disse fra sè, mentre si accomodava sul comignolo della locanda con il tappeto.
     
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    Dopo un balzo a Kerus che non vale la pena di linkare, dato che c'è stato solo per un paio di post, Kestrel (detto anche mistolano-manga) si aggiunge all'avventura.


    Casa poteva aspettare, quando era proprio da lì che si era allontanato. Sarebbe potuto tornare a Knawr più tardi. Si era divertito a farsi acchiappare da quei pirati, anche se il grosso tasso e quella tizia l'avevano leggermente destabilizzato. Attraversò qualche viuzza parallela alla costa e si immerse nella foresta, dentro cui in tutta onestà non aveva mai pensato di voler sostare. Doveva solo trovare la strada più semplice per potersi spostare dentro Ahsnaeris senza dover ricorrere a Kurama
    Dovette constatare come la luce del sole attraverso le fronde lo riempisse d'energia, quanto un Brandy di quelli fatti bene, ovvero non quelli di Kerus. Il punto era però un altro, senza lasciar posto a Kurama non poteva dormire all'aperto. Dubitava che nella foresta si potesse trovare qualcosa di simile ad una locanda in stile "Il nido del porco", visto e considerato che...
    ah, eccola lì. Fantastico. Non aveva avuto neanche tempo di immergersi nella fitta boscaglia che una stradina acciottolata già lo aveva portato ad una casupola fumante. Non era certo di voler entrare, non aveva l'aria spartanamente gradevole di Knawr, ma qualcosa gli diceva che per diversi chilometri non avrebbe trovato nient'altro. Tanto valeva chiedere fin dove avrebbe portato quel sentiero e se vi fossero altre taverne più avanti, nonostante immaginasse che anche ad Ahsnaeris esistesse un qualche tipo di concorrenza e difficilmente avrebbe ottenuto informazioni su altre paradisiache bettole fra gli alberi.
    Una volta dentro, gli interni confermarono i primi sospetti. Poco male, voleva più che altro chiedere informazioni.
    <non ti ho detto di allontanarti dalla nave per metterti in un altro guaio>
    Di solito ignorava i commenti a vuoto di Kurama, ma ora non capiva cos'altro ci fosse da lamentare.
    "Quali pensieri problematici hai inventato questa volta?"
    <i volti e le voci di questa gente, ormai dovresti aver imparato a capire quando è meglio lasciar perdere>
    Come sempre la conversazione silenziosa non poteva trascendere il tempo e Kestrel si ritrovava in piedi e zitto come uno scemo a fissare il nulla, mentre si concentrava sulle risposte. C'erano volte in cui rispondeva tanto distrattamente da non apparire strano e altre in cui non rispondeva proprio, ma l'atteggiamento rinnovato del volpo lo incuriosiva.
    "Da quando non siamo noi a crearli i guai? Te l'ho già detto, secondo me sei diventato un cucciolo timoroso"
    Kurama attese un po' prima di rispondere, come non fosse riuscito a trattenere un sospiro.
    <ne abbiamo già alle spalle e tu hai anche qualche responsabilità adesso. Fosse per me...>
    "Le cose sono cambiate, per me puoi allontanarti. Tranquillo e pacifico come sei diventato non vedo dove sia il problema"
    Il silenzio mentale che ne seguì convinse Kestrel che forse aveva sollevato l'argomento sbagliato. La successiva frase di Kurama lo inquietò ancora di più:
    <vuoi separarti?>
    Non gli aveva rinfacciato che senza di lui sarebbe andato poco lontano, che le frasi complesse era lui a formularle, che senza la sua tutela sarebbe stato come un bambino disperso in mezzo alla tormenta burrascosa del mondo.
    Gli aveva per la prima volta chiesto se voleva -separarsi-. La sua espressione sborona si spense, lasciando posto a una strana sensazione. Ormai però era in piedi davanti ad un bancone e stava per chiedere informazioni all'oste. La spada e il nuovissimo fodero rosso fiammante legato alla schiena già gli davano un'aria poco affabile, se si fosse messo a fissare insistentemente un punto indefinito sarebbe potuto incappare in domande inutili.
    Di certo aveva l'aria da avventuriero pronto al cazzeggio più totale, anche se per qualche ragione le sue espressioni mutavano un po' troppo repentinamente da un punto di vista esterno.
    "Anche se non vale, tu sai cosa sto pensando io. Quindi perché me lo chiedi?"
    <non sto ascoltando i tuoi pensieri da giorni. Dato che a volte li trattieni per non coinvolgermi è diventato fastidioso>
    Anche quella era una rivelazione non da poco. In effetti per quanto ci provasse non riusciva a far fluire spontaneamente qualunque cosa, ogni tanto tra le idee si infiltrava la sensazione che qualcuno potesse intercettarle. Per quanto sapesse che nessun tipo di pensiero avrebbe potuto turbare Kurama c'erano argomenti troppo personali anche per condividerli con lui.
    Pensava però che ascoltasse la sua mente ogni secondo, non credeva gli avrebbe dato tregua. Gli rispose quindi l'unica cosa che gli venne in mente.
    "Se vuoi andartene basta dirlo. Me ne farò una ragione"
    Di solito era Kurama a tirar fuori frasi di quel tipo, ma quella volta toccava a lui. Solo allora, prima che il volpo potesse rispondere, si rivolse ai due individui che si trovava di fronte. Era talmente assorto che non si era accorto di essere arrivato fin troppo vicino all'oste e ad un altro figuro losco a cui costui aveva appena versato del vino.
    Indossava vestiti pregiati e dava l'impressione di essere un po' come un pesce fuor d'acqua da quelle parti, contrastava totalmente con tutto ciò che lo attorniava dentro quella bettola fumante e anche con l'oste stesso.
    "Salve. Sapete se ci sono altre locande al centro di Ahsnaeris?" chiese sfacciatamente abbozzando un sorriso.
    Poteva sembrare sciocca come domanda, ma non voleva girarsi tutta la foresta per trovare un luogo in cui riposare quando fosse dovuto rimanere nei paraggi. Come aveva detto Kurama, si era preso una responsabilità non da poco.

    Kestrel non ha trovato nessuna lettera, ma si impiccia facilmente nelle cose ^_^
     
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    "Altre locande nel centro di Ahsnaeris?" ripetè con tono ilare l'oste, facendo quello che su una persona normale potrebbe essere definito come un sorriso a trentadue denti, ma su di lui arrivava a stento a una dozzina "... e magari anche con qualche bella donna a poco prezzo!" a questo punto il vecchio esplose in una fragorosa risata che venne interrotta da un pugno di Gimble sul tavolo.
    L'uomo si zittì, come del resto fece tutta la taverna.
    - Vedi se quello che ho davanti non è un maledetto avventuriero. Certo, un po' smilzo e sembra più giovane di me, ma è muscoloso, ha una dannata spada legata alla schiena e si vuole avventurare nel bosco. -
    Pensò il ragazzo, mentre con un ampio gesto della mano invitava il nuovo giunto a sedersi al suo fianco.
    "Posso offrire del vino al vostro ospite?" quell'oste infame non perdeva mai un'occasione per spillare dei soldi, ma questa volta ci aveva preso.
    Gimble annuì, più per l'eccitazione di aver forse trovato un compagno di avventura piuttosto che per la domanda dell'oste che, nel dubbio non esitò per andare a prendere un altro bicchiere.
    Senza neanche dare tempo a Kestrel di sedersi, il ragazzo iniziò a frugare nel suo zaino, ma questa volta non estrasse la solita lettera chiusa da ceralacca, ma un taccuino su cui iniziò a scrivere velocemente con un carboncino.
    Malgrado la rapidità del gesto, il carattere risultava elegante, ben ordinato e chiaramente leggibile, segno di un'abitudine alla scrittura in queste condizioni. Gli bastò poco tempo per riempire circa mezza pagina. Gimble rilesse quindi velocemente e poi porse il quadernetto al suo compagno, osservando con curiosità la sua reazione.

    TESTO DEL QUADERNETTO:
    Noto con piacere che avete l'aria di essere un avventuriero in cerca di una nuova missione.
    Bene, si da il caso che io sono in partenza per un'impresa che ha dell'eroico e necessito di compagni in grado di guidarmi all'interno della Foresta di Ahsnaeris e, naturalmente, al di fuori della stessa.
    Chiaramente potrà aspettarsi un pagamento commisurato al suo impegno e comunque sufficiente per garantire un futuro sereno.
    Se avete il desiderio di entrare nella storia e avete con voi tutto l'occorrente per trascorrere più notti fuori, siete invitato a partire con me domani mattina all'alba.

    Gimble de Longbyer-Zaelis
     
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    Parilin ingannò l’attesa leggendo un libro di botanica e gettando di tanto in tanto un’occhiata sotto di sé. Intorno a lei si poteva udire soltanto il rumore degli uccelli e il fruscio delle foglie. Poi però, le sue orecchie captarono un rumore diverso dai precedenti, un rumore che non aveva niente a che vedere con la natura. Erano dei passi d’uomo.
    Sbirciò da sopra il libro: si trattava di un giovane ragazzo dalla folta capigliatura.
    -Non credo sia lui il mittente.- osservò facendo una smorfia: -Ciò non toglie che possa avere ricevuto la lettera anche lui, ma non in sembra il tipo che si mette a scrivere lettere per reclutare gente. Sembra uno che la gente se la sceglie guardandola in faccia.-
    Tornò a leggere, sempre fermandosi di tanto in tanto per vedere se qualcun’altra fosse in procinto di avvicinarsi alla locanda.
    A una certa, chiuse di scatto il libro, sbuffando sonoramente.
    -Va bene. Ho aspettato abbastanza e l’ora dell’appuntamento è questa, quindi ne deduco che il mittente si trovi all’interno della locanda. Non ho la certezza matematica che possa essere il biondo, ma lo scoprirò subito.-
    Mise il volume nella borsa e si preparò ad alzarsi dal tappeto una volta atterrata sulla strada acciottolata.
    -Bella cortesia però, neanche la decenza di affacciarsi alla porta questo qui. Certo, però se lo faccio notare, passo per la solita parresiaca. No, ma sono io in torto, perché lorsignori hanno sempre ragione e rigirano la frittata a modo loro sempre e comunque. Parteciperò a questa sedicente spedizione unicamente per trarne vantaggi su vantaggi.- pensò mentre varcava la soglia dell’edificio.
    -Eccoli! Come immaginavo.- fece schioccare la lingua, quindi esibì il sorriso più accogliente del suo repertorio.
    Il ragazzo biondo vestito di tutto punto e il moro erano l’uno di fianco all’altro.
    “Buonasera!” Salutò cordialmente i due giovani e l’oste: “Credo che uno di voi due sia il mittente di questa lettera.” Aggiunse, tirandola fuori dalla borsa per posarla sul bancone. Dopo di che incrociò lo sguardo del biondo e gli fece l’occhiolino, quasi a volergli dire: Lo so che sei stato tu.
     
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    Kestrel sorrise. Aveva trovato così facilmente un modo di sviare il suo ritorno che neanche gli pareva possibile. Fu strano in effetti che quel tipo gli avesse spiegato tutto per iscritto, soprattutto perché la signorina che arrivò poco dopo si riferì a loro come i mittenti di una qualche lettera senza alcuna circospezione. Aveva creduto che il giovane non volesse divulgare informazioni scomode, ma a quanto pareva non era quello il caso. In quel momento non aveva Kurama che ragionava al posto suo, quindi si accontentò di teorizzare un paio di eventualità che non facevano poi molta differenza al risultato.
    Parlò mentalmente con la volpe un'ultima volta prima di lasciarlo in pace, anche se aveva il timore di aver avviato una situazione pericolosa che sarebbe potuta finire con un triste saluto.
    "Potresti lasciar perdere per il momento? Vediamo cos'ha da offrirci questo tizio"
    Come previsto, nessuna risposta. Però non ebbe alcuna sgradevole sensazione negativa, ciò poteva anche essere un cenno d'assenso nella sua lingua scorbutica. Ovviamente per -qualcosa da offrire- non si aspettava certo denari o fama, voleva divertirsi e ritardare il rientro quanto possibile. Era così strano che di nuovo qualcosa l'avesse coinvolto prima che potesse anche solo rendersene conto.
    Non aveva fogli su cui scrivere, quindi individuò un carboncino posto sul bancone in una piccola tazza di ceramica e lo prese senza chiedere perdono o permesso. Aggiunse solo una riga in calligrafia grezza sotto al testo scritto sul quadernetto dal ragazzo e glielo restituì:
    -Non mi aspetto nessun compenso, accetto e basta. Sembra divertente, questo è l'importante no?
    Kestrel-
    Neanche lui sapeva spiegarsi perché gli avesse risposto sul quadernetto e non a voce, ma l'importante era capirsi. Prese il vino dall'oste e lo tracannò senza alcun ripensamento; il suo naso gli aveva anticipato in mezzo secondo che non si trattava di niente di eccezionale.
    Poggiò il bicchiere e il carboncino sul bancone, senza ovviamente tirar fuori un soldo dato che era -offerto-. Anche perché non ne aveva al momento. Non che fosse mai stato un problema, però cominciava a sentir bisogno di soddisfare i suoi appetiti con qualcosa di nuovo e altri danari gli avrebbero potuto far comodo.
    "Ti aspetto qui fuori" disse all'elegante avventuriero, scompigliandosi il capello in maniera convinta e uscendo da quella fumante bettola logora.
    Non gli aveva dato risposte esaustive sul come avrebbe dormito fuori e sul resto, ma questo stava a significare che sapeva come arrangiarsi. Non aveva alcun bisogno di architetture complicate per trovare la giusta posizione e sonnecchiare, semplicemente dormire all'aperto di notte nella foresta non era il top per nessuno. In ogni caso, avrebbe avuto modo di pensarci dopo.
     
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    Finalmente le cose stavano iniziando a girare. Certo, Gimble si aspettava un gruppo più nutrito così da non dover fare assolutamente nulla, ma già con quel Kestrel si sentiva più tranquillo e ora era il turno della strega.

    Al ragazzo tornarono alle mente quelle vendite di schiavi a cui suo padre ogni tanto lo portava. Non quelle che si fanno per le strade in cui si selezionano braccianti e uomini di forza, su quelli si guadagna troppo poco, suo padre preferiva trattative per schiavi ben più costosi: cortigiane, guardie personali, servitù di palazzo.
    Cambiavano le città, le razze di quei poveri disperati e i loro prezzi, ma una cosa era sempre uguale: la selezione. Si andava in un ricco salotto - che in questo caso era sostituito dalla fumosa sala de "il lieto cammino" - e sorseggiando delle bevande pregiate - non era questo il caso - si vedevano sfilare uno per volta gli schiavi - gli avventurieri - ed era lì la bravura dell'acquirente - Gimble -. Si avevano solo pochi minuti per capire se si trattava di un investimento interessante o di una fregatura. Bisognava stare attenti. Guardare le movenze, i comportamenti ed ogni piccolo segno che potesse indicare l'insorgenza di una malattia o, ancora peggio, la propensione a ribellarsi.
    Una volta un amico del padre aveva comprato dei grossi schiavi da far combattere nelle sfide clandestine. Un prezzo d'occasione, praticamente due al costo di uno. L'affare si era rivelato un sola appena usciti dalla città, infatti i due schiavi usarono le stesse catene con cui erano legati per uccidere il loro padrone e fuggire nei boschi.
    Ma questa è tutta un'altra storia. Ora Gimble doveva scegliere degli avventurieri che avrebbe pure pagato, niente a che vedere con gli schiavi, se non il metodo di selezione.

    Attese che Kestrel uscisse per dedicarsi alla donna. Invitò anche lei a sedersi, l'oste si avvicinò per versarle del vino, ma Gimble lo fece allontanare con un gesto deciso della mano. Quella strega lo aveva fatto attendere fin troppo per meritarsi una qualsiasi gentilezza.
    Avendo letto la lettera, la donna era già in parte al corrente di ciò che la attendeva, quindi il ragazzo si limitò ad estrarre una mappa della Foresta di Ahsnaeris che sembrava strappata da un vecchio tomo ingiallito dal tempo. La stese con cura sul tavolo per poi indicare un punto al limitare della foresta: si trattava della locanda in cui si trovavano in quel momento.
    Una volta sicuro che la donna avesse compreso, tracciò con il dito una linea attraversando una grande porzione della foresta per poi fermarsi su quella che sembrava una radura con un lago, una grotta o chissà cosa avesse voluto intendere chi aveva disegnato quella carta. Il ragazzo batté due volte con il dito in quel punto e poi avvicinò la carta alla strega perché potesse leggere una nota al bordo della pagina:

    "Nella zona più remota e impenetrabile della foresta, protetta da feroci fiere e antichi incantesimi, si trova l'Elisir di Xghinger. Una pozione creata da stregoni antichi per..." e qui le parole erano state rozzamente cancellate con un carboncino in modo da rendere illeggibile la successiva riga di testo. Una censura fatta alla bell'e meglio cosicché nessuno, se non chi aveva fatto quel gesto, sapesse l'effetto di quella pozione.

    Gimble lasciò alla strega il tempo per osservare per bene carta e nota, poi la fissò con sguardo interrogativo, in attesa di un responso.
     
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    A Parilin saltò subito all’occhio un fatto, ossia che sul bancone erano presenti dei pezzetti di carta su cui erano incise delle scritte. Sulle prime si limitò ad appuntarsi mentalmente la cosa, senza attribuirvi una qualche rilevanza significativa; poteva trattarsi semplicemente di foglietti di carta lasciati lì da qualcuno che se n’era servito in precedenza.
    Il ragazzo moro tracannò un bicchiere di vino, quindi si alzò ed uscì senza badare a lei. Intendiamoci, non che si aspettasse una qualche forma di considerazione. Diciamo che in quel momento si sentiva come se fosse stata in fila in banca: davanti a lei un’altra persona che doveva riscuotere del denaro o eseguire altre operazioni. Situazione di comprovato anonimato.
    Una volta che il giovane se ne fu andato, si appoggiò allo sgabello, senza sedercisi. Provava un certo ribrezzo a stare in quel posto sudicio. Per non parlare del vino che l’oste tentò di rifilarle e che lei rifiutò prontamente lanciandogli un’occhiata eloquente, intercettata anche dal ragazzo che le diede corda.
    -Tu non mi rifili quello sciroppo alla ciliegia di mezzo millennio fa.- fece tra sé disgustata.
    Fortunatamente, la questione poté dirsi chiusa lì. Il giovane tirò fuori quella che sembrava essere una mappa e la stese con cura sul ripiano. La strega la osservò attentamente; le fu subito chiaro che si trattava della mappa della Foresta di Ahsnaeris, anche perché lui indicò con un dito il punto corrispondente alla locanda in cui si trovavano, riconoscibile grazie alla strada acciottolata su cui si affacciava e grazie al fatto che la foresta vera e propria iniziava più avanti.
    Di seguito, egli tracciò una linea che attraversò un’ampia porzione della mappa per poi fermarsi in una specie di radura con un lago o una grotta, quindi batté il dito su una scritta, invitandola a leggere.
    A quel punto, quello che fino a pochi istanti prima era solo un labile sospetto, si concretizzò chiaramente nella mente della strega: la persona che le stava accanto non aveva l’uso della parola, dunque ecco spiegata la presenza dei carboncini e delle frasi.
    -"Nella zona più remota e impenetrabile della foresta, protetta da feroci fiere e antichi incantesimi, si trova l'Elisir di Xghinger. Una pozione creata da stregoni antichi per…”- lesse fra sé.
    “Mi è tutto chiaro adesso.” Disse tranquillamente, rivolgendogli un sorriso a trentadue denti che voleva essere rassicurante: “Sono ben disposta ad addentrarmi con lei nella foresta per trovare questa pozione.”
    Scelse di concludere lì il discorso. Non aveva senso parlare del pagamento, giacché lui doveva ancora esprimersi sulla sua partecipazione alla missione. Avrebbe affrontato in seguito tale argomento. Per lei anche un dialogo con uno sconosciuto era come una partita di carte, anzi, una conversazione poteva essere assimilata a una partita a carte assai complessa.
     
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    Quando i due uscirono, Kestrel se ne stava in piedi immobile a fissare i contorni delle ombre in mezzo agli alberi. Non pareva neanche concentrato a dire il vero, sembrava del tutto preso da qualcosa nella sua testa. Ovviamente, nella sua testa c'era il volpone.
    Avevano parlato quanto bastava per comprendere, seppur non senza remore, quel che sarebbe stato il loro domani. Per il momento c'era però da pensare al presente,. A Kestrel la meta non era mai interessata, preferiva il come raggiungerla.
    Con un'occhiata meno superficiale alla signorina lì presente, si rese conto non fosse la prima volta che se la trovava di fronte. O così almeno gli parve, nonostante avesse seri dubbi sulla linearità dei suoi ricordi.
    "Non ci siamo già incontrati?" chiese con il suo solito tono pacato.
    Kurama sembrava negare quell'ipotesi, eppure qualche fugace immagine confusa si stava dispiegando fra i suoi pensieri sepolti.
    "Comunque io sono pronto. Non mi interessano pagamenti, è il viaggio che conta"
    Era sempre stato così. Mai si era preoccupato di dove sarebbe arrivato, ciò che contava era come l'avrebbe fatto.

    Edited by Aesingr - 29/4/2020, 21:31
     
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    Il mattino seguente il cielo era coperto da un sottile strato di nuvole grigie. Una foschia che non permetteva di vedere chiaramente il sorgere del sole. Un'altro gesto di ironia del destino che non permise ai tre avventurieri di godersi gli ultimi raggi di sole prima di entrare nella fitta foresta e vedere per giorni e giorni solo le cime degli alberi.
    Un'insolita puntualità aveva consentito ai tre di incontrarsi davanti al bancone, consumale una colazione frugale e partire subito per il loro viaggio.
    Eccoli quindi sulla via ciottolata che si addentrava nella foresta. Gimble, in testa al gruppo, era concentrato nei suoi pensieri. Camminava con passo spedito, come se volesse coprire tutta la distanza che avrebbero dovuto percorrere nei tre giorni successivi in poche ore. Man mano che proseguivano, la foresta si faceva più fitta e gli alberi più imponenti. Le loro fronde, sviluppatesi in secoli di storia coprivano ogni vista del cielo, gettando su tutta la zona una luce crepuscolare per tutta la durata della giornata.
    Di tanto in tanto Gimble si voltava velocemente a guardare i suoi compagni, più interessato alla loro effettiva presenza piuttosto che alla loro stanchezza.

    Ad un tratto, bruscamente, la strada segnata si interruppe. Diramandosi in una serie di sentieri più o meno battuti. Gimble esitò un momento, ma non ebbe bisogno di estrarre la mappa. Aveva osservato talmente tanto quel foglio che ricordava ogni singolo tratto, segno o indicazione. I tre proseguirono quindi per uno stratto sentiero che si imboschiva ad ogni passo.
    Prima muschio, poi arbusti sempre più alti e, in fine, un vero e proprio muro di rovi rallentò il loro cammino fino ad arrestarli completamente.
    Ora si trovavano davanti ad un fitto groviglio di rovi dalle spine aguzze che, crescendo tra gli alberi avevano creato una spessa cupola che si apriva solo dal lato da cui erano arrivati.
    Tornare indietro era impossibile. Se quella dove si trovavano era la via battuta, figurarsi cosa sarebbe significato cercare un altra strada per aggirare il problema. Avrebbero perso tempo e, molto probabilmente, anche la direzione.
    L'unica cosa che si poteva fare era proseguire.
    Gimble osservò i attentamente i rovi, per poi voltarsi verso i due compagni. Era la prima volta che li guardava per più di cinque secondi consecutivi.
    Il ragazzo fece spallucce e poi indicò i rovi ripetutamente. Attese un momento, indico prima Kestrel poi la sua spada e si fece da parte con un gesto teatrale come a invitarlo ad aprire la strada.
     
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    Scusate, Kestrel non ha visto la mappa. Ho corretto.
     
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