Kengard: Creature da oltre i confini

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    A quanto pareva, nessuno dei due fratelli aveva visto un albero di Vlotmir prima d’ora. E’riso si compiacque nel sapere che era stato lui a farglielo conoscere; certo, non c’era un vero e proprio motivo per compiacersi di un fatto del genere, solo il gusto di sentirsi Alberto Angela per qualche momento.
    La sua richiesta di dirigersi verso la costa venne accolta ad unanimità, anche se ciò significava cambiare verso.
    -Sembrano parecchio curiosi, non so se ad affascinarli siano di più le piante o gli animali. Per me le piante. Le creature che vedo non mi sembrano particolarmente festaiole. Sarà la diffidenza del primo sguardo, sarà che qui siamo in piena foresta. Mah!- pensò il giovane mentre galoppava insieme agli altri due. Aveva sempre trovato facile interagire con creature o persone come Lart, per esempio: gli rendevano le cose molto più semplici. Creature o persone che basta un’occhiolino e subito amici.
    “Crib…” le parole gli morirono in gola. Il gruppo si trovò di punto in bianco dinnanzi ad ettari di foresta completamente bruciata. Il centauro si voltò verso il sentiero da cui erano appena passati, poi rivolse nuovamente lo sguardo dinnanzi a sé.
    Felthsar e Kesya cominciarono a fare supposizioni e a fiutare l’aria. Dal canto suo, E’riso non faceva altro che guardare dappertutto.
    “Sì, stiamo attenti.” Rispose tranquillamente. “Io sono per andare avanti se vi va.” Propose con cautela, notando il senso di inquietudine che traspariva dai musi delle due creature. “Avete detto che chiunque abbia fatto questo” ed indicò il terreno bruciato “Non sembra essere più qui. Proseguiamo, magari troveremo altro.” -Nel bene e nel male.- concluse fra sé, per niente intenzionato ad alimentare il senso di malinconia dei suoi nuovi amici.
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    Role pensata con Zell, ma si accetta un altro partecipante se non andiamo troppo avanti.^^
    E’riso arriva dalla role Un segreto è un segreto a Kerus.


    “Che bello il sole d’estate.
    Belle le giornate che t’illuminano
    d’immenso.
    Voglio imparare a volare,
    Sopra un drago voglio viaggiare,
    E con la testa fantasticare.

    Che bella la luna d’estate,
    Belle le notti che passi
    Con me.
    Voglio imparare a nuotare,
    Tra gli abissi voglio viaggiare,
    E con la testa sognare.

    Poi a un certo punto mi accorgo di essere povero,
    Di non avere un soldo
    E d’illudermi troppo.

    Poi una mattina mi sveglio tutto felice,
    In mano una radice,
    Che non mi serve a niente, che non mi serve a niente,
    Ma me l’hai data tu.”

    E’riso stava zampettando e canticchiando ad agio su di un sentiero della Foresta di Ahsnaeris. Era la seconda volta che passava per di lì; la cosa non gli dispiaceva affatto, anzi, sentiva proprio il bisogno di stare un po’ in compagnia degli alberi e delle creature del posto.
    L’ultima avventura a Kerus era stata a dir poco entusiasmante, tuttavia avvertiva l’esigenza di cambiare aria, prima di ritornare a fare casino in una città.
    Si fermò un attimo per ammirare meglio la vegetazione circostante. Subito l’occhio gli cadde su un albero alto all’incirca settanta centimetri, le cui foglie color arancio sembravano lunghe mani con sette dita.
    -Wow, bello! Un po’ inquietante, ma bello.- pensò il centauro. -Ha anche un buon profumo di cedro.-
    Si avvicinò con circospezione all’albero, casomai spuntasse qualcuno pronto a minacciarlo di invadere il territorio altrui e staccò una foglia da un ramo.
    -Forma a parte, sembra commestibile, al massimo passerò mezza giornata dietro un cespuglio.- si disse cacciandosi la foglia in bocca senza tante cerimonie.
    “Mhh. Buona!” Commentò masticando rumorosamente e assaporando il sapore con la lingua. “Dovrebbero servirla nelle locande con la cedrata fresca, così: manciata di foglie di quest’albero.” Aggiunse gesticolando.
    “Penso che banchetterò con un po’ di questa roba prima di proseguire. Devo ritrovare il Vlotmir che l’altra volta non l’ho assaggiato.”

    Edited by Rectina - 21/7/2020, 13:30
  3. .
    La strega osservò il ragazzo dai capelli corvini mentre sradicava i rovi per sgomberare il passaggio, ammesso che ci fosse stato un passaggio.
    L’osservava come si osserva qualcuno che sta semplicemente e diligentemente facendo il proprio dovere.
    A lavoro terminato, il giovane si voltò verso di loro ed indicò il passaggio libero. Parilin si limitò a ringraziarlo alzando leggermente la mano in segno di vittoria, tanto per dimostrare di essergli riconoscente. Dopo di che lo seguì, sempre a bordo del tappeto volante, con l’aria di una che voleva darsi una mossa per chiudere quella faccenda il prima possibile, a meno che non fosse successo qualcosa di interessante. Probabilmente presto il suo tono dell’umore sarebbe cambiato, visto che, a quanto diceva Kestrel, la foresta di Ahsnaeris era piena di cose che non ci si aspetterebbe. E in effetti, nessuno si aspetterebbe che nel bel mezzo della foresta si trovi una locanda simile in tutto e per tutto a quella da cui erano partiti, con l’unica eccezione che questa si trovava in una radura.
    Gimble entrò nella casa senza se e senza ma. Poco male, si sarebbero subito tolti un sassolino dalla scarpa.
    L’ambiente era lo stesso della locanda che avevano conosciuto, solo che lì c’erano delle persone sedute ai tavoli che rendevano il luogo un’isola felice. Inoltre, dietro il bancone non c’era l’oste che conoscevano, ma altre persone.
    Tutto ciò diede molto a cui pensare alla strega. Non poteva trattarsi di un’illusione percettiva; forse la locanda era protetta dai rovi e dalla vegetazione per effetto di un incantesimo o roba del genere. Non sarebbe stata certo una novità: più volte aveva assistito ad episodi del genere e ad altri erano narrati in alcuni libri che aveva letto.
    -Molto strano. Decisamente molto strano.- commentò fra sé, mentre si sedeva ad un tavolo insieme agli altri due. Presto un cameriere avrebbe portato loro del cibo, cibo che lei avrebbe rifiutato facendo scoccare la lingua tra i due denti davanti e chiudendo le labbra quasi come per dare un bacio.
    Chiariamolo, il suo rifiuto non era legato alla diffidenza nei confronti di un mondo estraneo, ma alla convinzione che tanto aveva viveri a sufficienza nella borsa. Alla peggio, avrebbe cacciato. Al contrario, avrebbe approfittato della stanza per la notte, d'altronde, le spese della spedizione erano a carico del biondo, ivi compresa la permanenza in quella locanda. Poco importava se ciò significava un minor pagamento al suo contributo, l'importante era non rimetterci di tasca propria. Inoltre, all'idea di condividere una stanza con due sconosciuti non rabbrividiva, tanto avrebbe potuto sempre dormire sul tetto dell'edificio, adagiata sul proprio tappeto.

    Edited by Rectina - 20/5/2020, 12:41
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    Anche con Lart in groppa, E’riso volle scahgliare una terza palla di energia solare, sebbene non fu affatto semplice, visto che in primis doveva pensare ad evitare le frecce che gli stavano piombando addosso. Poi accadde qualcosa di meraviglioso, talmente meraviglioso che il centauro dovette sbattere per diverse volte le palpebre: erano arrivati i rinforzi. E che rinforzi ragazzi!
    Non appena egli scorse la figura di Elsa, il volto del giovane s’illuminò di sorpresa. Ma non c’era tempo per gridare allo stupore; bisognava andare via di lì e l’intervento della dragonessa si rivelò provvidenziale: infatti, caricò lui e Lart sul proprio dorso e si fece largo tra le guardie.
    “Vai cavallino colpisci!” disse il moro, e, in un primo momento, il centauro non capì se si stesse riferendo a lui oppure noi, poi vide Elsa schizzare via. Dal canto suo, il riccioluto si lasciò andare ad un sospiro di sollievo: ce l’avevano fatta e che avventura! Per non parlare del fatto che quella era la seconda volta che si trovava sul dorso dell’incantevole dragonessa. Al solo pensiero, il suo cuore perse un battito, ma si riprese subito dopo.
    Finalmente giunsero nei pressi della foresta; poté capirlo dalla presenza degli alberi. Elsa scese di quota. Quando furono in prossimità della tana della Nebbia, E’riso si precipitò giù con un balzo, trovandosi a rotolare per terra.
    “Ahahahah!” Rise come uno scemo mentre agitava gli zoccoli, quindi si rassettò, prima di andare in contro a Lart.
    “Wow! Bella roba!” Esclamò quando il ragazzo gli mostrò un trombino, una testata e un corpo di flauto grigio recuperati mentre lui faceva amicizia con il signore vestito di seta. Quegli strumenti, a prima vista, non sembravano particolarmente apprezzabili, almeno non dal punto di vista estetico. Certo, lui non era un critico d’arte ed estetica, ma quegli aggeggi potevano essere definiti più terrificanti che altro. In ogni caso, l’argomento era chiuso. Come Lart stesso aveva detto, “lui doveva solo recuperarli”, e lo stesso valeva per E’riso. Al massimo avrebbe chiesto delucidazioni ad Elsa, qualora si fossero trovati nuovamente a tu per tu sul ramo di un albero di Vlotmir.
    “Ah beh… credo che abbiamo le stesse idee in fatto di recuperi e scampagnate.” Rispose E’riso, grattandosi la testa, quando Elsa espresse la propria opinione in merito alla sua collaborazione con il ragazzo.
    “Piuttosto, grazie per essere stata la nostra artiglieria pesante.” Le disse sorridendo: “Senza di te, sarebbe stato tutto molto più complicato.” Concluse, avvicinandosi per darle un leggero bacio da gentiluomo su una guancia.
    Dopo di che si rivolse a Lart: “Grazie amico! Direi che ci si becca in giro per un’altra Cedrata fresca, eh!”
    Detto ciò, gli batté una vigorosa pacca su una spalla: “Adesso come funziona, ti fai vivo tu per altri lavoretti, tipo sistemare porte ed altro? In ogni caso, mi trovi in giro, soprattutto per le foreste.”
    A meno di altre commissioni da sbrigare, il suo lavoro lì era finito, benché non sapesse ancora dove andare di preciso. Sicuramente avrebbe girato alla larga da Kerus per un po’ di tempo, considerato che della gente aveva assistito alla loro battaglia contro le guardie, peraltro applaudendo.

    E’riso esce. Grazie del flauto e… Perino <3
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    -Onestamente, ci avrei messo la mano sul fuoco che mi avresti detto di no. Conosco i miei polli.- pensò fra sé la strega. Poi fece ciò che doveva fare, senza tante cerimonie e con compostezza, augurandosi soltanto che il sistema di scarico dello stomaco dello Yokai fosse efficiente, così da non sentire odori sgradevoli. Al diavolo chi si fosse permesso di contestarle che tali fetori provenivano dal suo corpo; lo avrebbe incenerito con un gessetto di fuoco.
    -Che mania quella di tirarsi una pacca sul ventre. Sembra uno scimpanzé.- pensò scrollando le spalle.
    Pochi istanti dopo, per la gioia di Corontin, il tasso servì loro una cena accettabile.
    “Ti ringrazio per aver infagottato il cibo con la tovaglia. Molto carino da parte tua.” Disse sinceramente la strega, sorpresa da quel gesto.
    aprì la tovaglia sul pavimento della cavità, facendo attenzione a non far uscire fuori il cibo dal fagotto, quindi si servì ed invitò il bambino a fare altrettanto.
    “Dai, mangia anche tu!” Esclamò il ragazzino, beccandosi una gomitata dalla donna.
    “Corontin, secondo te che cosa succederebbe se lui mangiasse un boccone con noi dentro? D’accordo che è in grado di controllare la propria digestione, ma se addentasse qualcosa, questo finirebbe qui.”
    Per tutta risposta, Corontin la bagnò con la bottiglia d’acqua. E meno male che aveva scelto l’acqua, perché se avesse scelto il vino, sarebbe stato un disastro per i suoi vestiti. Parilin sospettava che egli avesse scelto l’acqua perché era la fonte primaria per dissetarsi e, molto probabilmente, a lui non piaceva il vino.
    Quando ebbero finito di cenare, la falce del ventre del tasso si richiuse ed egli si coricò in modo che tutto il peso della colonna vertebrale e dei muscoli si scaricasse su di loro.
    Accadde che in fretta e furia, la strega si avvolse la tovaglia addosso a mo’ di sacco, tanto era grande, riuscendo a coprire anche la borsa.
    “Ehi!” Protestò il bambino.
    “Chi ti ha liberato da quel postaccio?” Gli domandò lei in tono beffardo.
    Nessuno rispose.
    Il risveglio fu tutto fuorché piacevole, per la strega che aveva il sonno leggero. Fortunatamente la tovaglia era rimasta come la sera prima, complice il dormiveglia che le aveva impedito di fare sonni tranquilli e, del resto, come avrebbe potuto essere altrimenti.
    “Buondì!” Rispose, mentre si cavava fuori dal ventre del tasso, respirando a pieni polmoni l’aria salmastra.
    “Lieta di aver fatto la tua conoscenza. È stata un’esperienza completamente nuova.” Disse, indicando il suo ventre: “Io credo che mi farò una doccia nel bagno della camera e poi andrò via con il tappeto, ma grazie comunque per la corda improvvisata.”
    Dal canto suo, il ragazzino non disse niente, giacché era immerso in un sonno profondo.
    “Lo sveglio io dopo. Non preoccuparti. Spero di rivederti presto per un altro spuntino riluttante di mezzanotte.”
    Detto ciò, si avviò verso il bagno per darsi una bella rinfrescata, ma soprattutto per togliersi di dosso l’odore impregnante dello stomaco del tasso. Dopo di che avrebbe lasciato la camera per iniziare le proprie ricerche sulla Gynura Aurantiaca e, qualora esse avessero dato i risultati sperati, si sarebbe recata nella Foresta di Ahsnaeris per procurarsi le foglie di tale pianta.

    Parilin esce. Grazie per questa bella avventura.^^
  6. .
    Il tempo è un gran furbastro: quando sei immerso in un’attività come suonare una melodia, passa lentissimo; poi, però, accelera di colpo. Ecco, questa era la sensazione che aveva avuto E’riso dopo aver riconsegnato il flauto al signore.
    Gli attimi che seguirono, infatti, furono brevi, ma ben scanditi, come se qualcuno là dentro si fosse messo a suonare il gong. Non era così e lui lo sapeva, ma provava comunque quella sensazione.
    La stanza in cui si trovava si svuotò rapidamente, nel mentre, un fermacarte e dei fogli caddero a terra.
    -Cavallino.- lesse il giovane: -Lart!- si avvicinò al mucchio di fogli che era caduto. Raccolse quello che gli interessava e cominciò a leggere, o meglio, a divorare con gli occhi le righe, fermandosi ogni tanto per voltarsi, caso mai stesse arrivando qualcuno.
    Ripiegò la pergamena con cura, quindi prese il flauto nero e alcuni fogli di carta che sentiva tornargli utili in un futuro non molto lontano.
    Si precipitò fuori dalla stanza senza esitare, giacché se l’avesse fatto, qualcuno avrebbe potuto far caso alla sua figura non proprio abituale.
    Nel corridoio c’era un bel trambusto: umani e folletti si muovevano freneticamente. Arrivare alla scala infondo al corridoio non fu difficile, dopo aver dato alle fiamme qualche pezzo di carta ed averlo lasciato cadere sulla veste di qualche passante.
    Salì la scala il più velocemente possibile, incurante del fatto che qualche anima avrebbe potuto sentirlo. Pregò e sperò.
    Giunto in cima alla scala, si fermò e tese l’orecchio. Non sentiva alcuna voce femminile cantare. Sentì, invece, un rumore di passi.
    Si guardò brevemente intorno: si trovava in una specie di pianerottolo che dava su diverse stanze, mentre alle proprie spalle vi era un’ampia vetrata da cui filtrava una luce abbacinante.
    L’eco dei passi si fece più forte e netto. Un folletto, proveniente da una delle stanze, si stava avvicinando con dei libri rilegati tra le mani.
    E’riso non ci pensò due volte; chiuse gli occhi visualizzando mentalmente la scena. Pochi istanti dopo, una banda d’energia solare attraversò il pianerottolo per schiantarsi contro il muro del lato opposto rispetto a dove si trovava la creatura, che cominciò a sgretolarsi.
    In preda al panico, il folletto fece cadere di colpo i libri a terra e si precipitò giù per la scala. Non notò il centauro solo perché questi era entrato nella stanza più vicina e si era nascosto dietro la parete.
    Trascorsero altri istanti; pezzi di pietra continuavano a cadere seccamente a terra. Poi, la udì finalmente: era la voce femminile che cantava.
    Subito tirò fuori il flauto nero, era bellissimo ed emanava un fascino unico! Prima di suonarlo però, volle godersi un attimo la melodia che di seguito accompagnò.
    Ciò che accadde dopo fu semplicemente sbalorditivo: infatti, come per magia, una luce indefinita indicò al centauro quale strada imboccare.
    Continuò a soffiare nello strumento a tempo di musica per darsi la carica e perché in fondo pensava che qualora fosse sbucato qualcuno, la probabilità che costui lo attaccasse era minima. Della serie: “Sto provando un vostro flauto. Vengo in pace!”
    Tale messa in scena sarebbe servita a poco, se fosse spuntato l’elfo incaricato di saggiare lo strumento, ma come prima: pregare e sperare in un colpo di fortuna cosmico.
    Man mano che procedeva, poteva scorgere le due statue bianche di sirena. Le oltrepassò.
    Raggiunse un altra scala, ma si accorse solo dopo di un uomo anziano che stava giusto uscendo da una porta situata chissà dove.
    “Fermo!” disse l’individuo appena lo vide. L’altro smise di suonare: “Sì, buongiorno buon uomo!”
    “Dove stai andando? Questa è un’area riservata al personale e non mi sembra che tu sia del personale.” Aggiunse scrutandolo attentamente da dietro gli occhiali a mezzaluna.
    “Chi sei?” Domandò il tipo, puntandogli un dito contro. Vedendo che il giovane cavallino non si decideva a rispondergli, tirò fuori da sotto il mantello color fuori una cetra che principiò a pizzicare.
    La musica che ne uscì fu assolutamente dolce, molto dolce; così dolce che le palpebre di E’riso si fecero pesanti pesanti. Tuttavia, egli non mollò mai la presa sul flauto che reggeva in mano.
    -Giovane cavallino… la missione… la nebbia…-
    Tutt’ad un tratto, il riccioluto si ridestò. Si avventò contro l’uomo, il corpo incandescente. Gli strappò di mano la cetra, quindi lo stordì definitivamente, tappandogli la bocca con la pergamena.
    l’uomo provò a scappare, ma più per disperazione che per paura, tanto era il bruciore che si sentiva addosso. Fu inutile, il centauro lo strinse a sé, stordendolo del tutto. Quando percepì che l’altro faticava ad opporre resistenza, raccolse la cetra posata sul pavimento e cominciò a pizzicarla come aveva visto fare poco prima.
    L’effetto fu quello sperato: infatti, il signore si accasciò a terra sfinito.
    -Niente morti, ma non so per quanto resterà fuorigioco.-
    Alla fine decise per legare gambe e braccia del tizio dietro la schiena con il laccio del mantello e di utilizzare quest’ultimo per coprirgli ben bene naso e bocca.
    Terminato il lavoro, per evitare di avere dei ripensamenti, si precipitò verso una seconda scala che salì di corsa, fino a trovarsi in quello che doveva essere l’attico menzionato da Lari.
    -Lart… Porcinna! la pergamena è rimasta nella bocca del tizio!- si maledisse a bassa voce, quindi si mise a zampettare su e giù per l’attico per tenere a freno il nervoso.
    -Prego e spero in troppe botte di culo.-
    E’riso utilizza le tecniche 3 e 8.


    Edited by Rectina - 27/3/2020, 19:43
  7. .
    CITAZIONE (Fantasia dei colori @ 26/3/2020, 11:47) 
    Spero che nel gdr non sia necessario segnare i punti per i personaggi,la trovo una cosa scomoda comunque grazie del benvenuto

    Questo GDR è prettamente narrativo, l’unica assegnazione di punti che c’è è quella fatta dal founder in base alle righe di un post e ad altri criteri.
    Trovi tutto nella sezione Regolamento della quale non metto il link perché sennò mi accusano di abuso dell’esercizio della professione. :D
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    Benvenuta! ^^
    Questo è un GDR originale, nel senso che l’ambientazione è stata creata dal founder e i personaggi sono creature mitologiche e non che nascono dalla nostra fantasia.
    I topic, sulle varie mitologie e creature non hanno a che fare direttamente con il GDR, a parte il fatto di creare personaggi come draghi, centauri, elfi ecc. ecc. diciamo che sono per dare un tocco di classe in piu’ al forum.^^
    Infine, anche a me piacciono molto i fantasy, specialmente quelli di Ryordan ma non solo.
    Spero di rivederti in giro!^^
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    luna-calante
    Ecate era una dea lunare, una delle trinità originali collegate alle tre fasi lunari che governavano il cielo, la terra e gli inferi.
    Era identificata come l'aspetto oscuro di Artemide. Proprio come Artemide impersonava la luna crescente, Selene la luna piena, Ecate era la faccia della luna nera e di quella calante. A differenza di Artemide, che rappresentava la luce della luna e lo splendore della notte, Ecate rappresentava la sua oscurità e i suoi terrori.
    Era la madre di tutti gli incantesimi e delle maghe; non a caso, lo psichiatra svizzero Carl Gustav Jung la definì come la Madre Terribile che agisce dal profondo della psiche.
    La dea Ecate era uno degli epiteti principali della madre primordiale, l'anziana, l'incantatrice, la strega, l'enigmatica dea paleolitica.
    Ella era comunemente associata alla luna calante e ai colori nero, blu intenso e viola scuro. Mentre, le stagioni a lei corrispondenti dell'anno erano l'autunno e l'inverno. Infine, la festività a lei dedicata era quella dei morti, conosciuta anticamente con il nome di Samhain.
    I culti popolari che la veneravano come una dea madre, la fecero integrare nella mitologia greca. Inoltre, man mano che il culto di Ecate cresceva, la sua figura fu incorporata nel mito dopo la nascita di Zeus come una delle ostetriche che nascondevano il ragazzo, mentre Crono mangiava la roccia finta che gli aveva dato.
    Ecate era spesso raffigurata come una tripla dea dell'incrocio (Hekate triodi tus o trivia) considerato non solo per la sua capacità decisionale nelle vicissitudini del destino, ma anche per gli aspetti di tutta la natura creata: nascita, sviluppo e morte. Le sue tre facce riflettono in modo affascinante la natura ciclica della natura con i tre aspetti della Dea: la Fanciulla-luna crescente-, la Madre-luna piena- e la Vecchia-Luna calante-. Ognuno simboleggia un palcoscenico nella vita della donna.
    In alcune rappresentazioni, Ecate è mostrata come tre persone. Le statue di Trivia e Tricefalo (due dei nomi con cui è nota) sono state poste all'incrocio e sono collegate a questa triplice rappresentazione. Nelle immagini, di solito tiene in mano una torcia, una chiave, un coltello e talvolta un serpente.
    La sua torcia è un simbolo della luce che illumina l'oscurità, poiché i Greci hanno assegnato a Ecate il ruolo di portatrice di saggezza. In vari miti, Ecate mostra agli eroi la via con la sua torcia.
    Ecate acquisì notorietà in Grecia come fonte di stregoneria. Una delle sue peculiarità era quella di saper guidare gli umani nelle loro decisioni. Il rituale per l’indicazione della giusta via da percorrere consisteva nel posizionamento di pali con maschere che guardavano in direzioni diverse.

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    Il nome Ecate deriva dalla dea-ostetrica egiziana Hequit, Heket o Hekat. Heq era il matriarcato tribale dell'Egitto predinastico, presieduto da una donna saggia. Heket era una dea dalla testa di rana collegata allo stato embrionale in cui il fagiolo morto si decomponeva e iniziava a germogliare. Era anche una delle levatrici che frequentavano la mattina del sole. È anche correlato al sangue mestruale che originariamente era considerato sacro e misterioso.
    Le sue origini mitologiche non sono chiare e ci sono discrepanze tra i pochi resoconti che esistono dal suo albero genealogico. Di solito è descritta come un titano che rimase una dea dopo che Zeus e gli Olimpi avevano sconfitto queste divinità arcaiche. Lo scrittore greco Esiodo nella Teogonia, riferì che il suo nome significava "quella con più potere", che suscitò maggiore devozione rispetto alle altre divinità e che era stato oggetto del favore di Zeus, avendo ricevuto potere a terra, mare e cielo.
    Ecate era una dea ktonica pre-olimpica. Era una titanide, figlia di Perse e di Asteria. Nell’antico greco, Asteria significa "quella stellato", mentre Perse significa "il distruttore".
    I primi documenti di Ecate nella letteratura greca compaiono nella Teogonia di Esiodo (VIII secolo a.C.). che la presenta come un potente protettore e guardiano dell'umanità. Fu l'unica titanide che aiutò Zeus nella battaglia tra divinità e titani e per questo non fu esiliata nei regni del mondo inferiore dopo la sconfitta dei titani per mano degli dèi.
    Dopo la guerra: Zeus iniziò a dominare il cielo, Poseidone il mare e Ade gli inferi, ma Ecate mantenne lo stesso il suo regno sui tre mondi.
    Una seconda versione racconta di Ecate come una delle dee meno conosciute, ovvero la figlia più giovane di Zeus, che era stata una dea della Luna. Zeus riconobbe i suoi poteri e i suoi antichi privilegi.
    Esiodo sottolinea che Ecate era l'unica figlia di Asteria, una dea divina, sorella di Leto, a sua volta madre di Artemide e Apollo. La nonna di questi tre cugini era Phoebe, il vecchio titanide che personificava la luna. Ecate era una ricomparsa di Phoebe, e quindi una dea della luna, che si manifestava nel buio della luna. A tal proposito, Esiodo dice:
    ”Asteria concepì e diede alla luce Ecate, che Zeus, figlio di Crono, onorava al di sopra di tutti gli dei, riempiendola delle misericordie più abili. Il suo potere copre la Terra e il mare infertile; ma i suoi privilegi non finiscono qui, ma li ha anche nel Cielo stellato, ed è rispettata da tutte le divinità immortali.
    Zeus le diede la sua parte nella terra, nelle acque e nel cielo stellato. È anche chiamata "il lontano" e "il lupo, è una delle figlie della notte. Sua madre Asteria sarebbe la sorella di Leto, la madre di Apollo e Artemide
    .
    Lo storico greco Erodoto la chiama Atena e ci dice che le sue sacerdotesse, della tribù Pedaso, avevano la barba quando doveva accadere un disastro.
    Nell’Alessandria di Tolomeo, finirà per acquisire le sue connotazioni della dea della stregoneria e il suo ruolo di "Regina dei fantasmi", sotto il triplice aspetto di cui è stata trasmessa alla cultura post-rinascimentale.
    "Queen of Ghosts" è un titolo associato ad Ecate a causa della convinzione che sia in grado di impedire al male di lasciare il mondo degli spiriti, sia di consentire al male di entrare.
    Le cosiddette Tabellae defixionum o Tavole della Maledizione erano delle tavole fatte di piombo che contenevano simboli diversi a seconda dei nomi delle persone a cui era diretto l'incantesimo. Si credeva che queste tavole attirassero gli spiriti, perciò furono collocate in luoghi in cui si era verificato un crimine, un'esecuzione, oppure nei cimiteri stessi in modo che i fantasmi entrassero in esse e, attraverso l'intervento di Ecate, gli incantesimi in esse incisi diventassero realtà.
    Questa era un tipo di magia che credeva nel potere della parola e che cercava il potere di un'anima errante per farla funzionare.

    ECATE2
    Ecate era descritta come una dea della luna che indossava un copricapo luccicante o un nastro a stella e teneva in mano una torcia accesa. Si diceva che camminava per le strade dell'antica Grecia accompagnata dai suoi cani neri.
    Il cane è l'animale più comunemente associato ad Ecate, che a volte viene chiamato il "cane nero". La sua relazione con il cane era originaria della storia troiana della regina Ecuba, che saltò in mare dopo la caduta di Troia e fu trasformata dalla dea nel suo familiare, un cane nero.
    Per quanto riguarda il polecat, in origine era la strega Gale che Ecate trasformò in una bestia per punirla per aver abusato del suo potere. Altri dicevano che era Galintia, l'infermiera di Alcmena, trasformata da Ilizia arrabbiata, ma ricevuta da Ecate come suo animale.
    A volte Ecate appare con tre teste, come Cerbero e con sei braccia, che ricordano quasi la dea indiana Kali.
    Si è sempre pensato che la sua stella fosse Sirio, la quale è anche associata a cani che abbaiano alla luna. Si credeva che nelle notti senza luna (luna nera o luna nuova invisibile), vagasse per la terra con un branco di cani spettrali e ululanti che precedevano il suo aspetto. C’è chi dice che lei stessa ululasse come i cani che la seguivano.
    Nella Turchia occidentale, in Caria, i suoi adoratori hanno sacrificato i cani in suo onore ed eseguito rituali orgiastici

    Tra gli dei della mitologia, il più vicino a Ecate era Ermes. Ciò era dovuto al fatto che le grotte erano sacre per entrambi ed entrambi mostravano la via per le anime nei loro viaggi interni o esterni.
    Ambedue, inoltre, governavano i passaggi e le trasformazioni e guidavano anche le anime che si perdevano e non sapevano che cosa fare.
    Ermes ed Ecate sono stati fin da sempre legati alla conoscenza nascosta. Infatti, il titolo moderno più comune di Ecate è quello della dea della magia e della stregoneria. È la dea che appare più spesso nei testi magici, come i papiri magici greci, insieme a Ermes. Entrambi sono legati alla graduale rivelazione della conoscenza nascosta all'umanità.
    Ecate era la dea che appariva più frequentemente in testi magici come i papiri magici greci e i Dephix, insieme ad Ermes. Esperta nell'arte della divinazione, garantiva sogni e visioni ai mortali che, se interpretati correttamente, davano loro maggiore chiarezza nella risoluzione dei problemi.
    Un'altra funzione che avevano in comune era quella di mostrare la strada ai viaggiatori. Simile ai busti di Ermes posti ai bordi come guardia contro i pericoli - le palme - le statue di Ecate furono poste alle porte di città e case.
    Ecate era l'unica divinità, oltre ad Ermes, che poteva muoversi tra i tre mondi. Nel terreno metaforico e mitologico era percepita in modo confuso ed era associata al mondo sotterraneo anche se non vi aveva mai risieduto. Il suo momento era il crepuscolo.
    Ifine, Ecate era la guida delle anime, come Ermes. Lo vediamo nel mito di Ade e Persefone.
    Infatti, quando Persefone fu rapita da Ade e portata negli inferi, Demetra cercò ovunque sua figlia, ma non riuscì a trovarla. Fu Ecate a dirle che per localizzarla doveva parlare con il dio del sole Elio. Helio disse a Demetra che sua figlia era stata rapita e portata negli inferi da Hade. Successivamente, secondo l'accordo tra Zeus e Ade, Persefone doveva rimanere negli inferi per sei mesi e sulla terra per altri sei mesi.
    L’immagine simbolica che scaturisce da questo mito è quella nel pellegrinaggio: infatti, Ecate rappresenta la dea del crocevia (o vecchia saggia che con la fanciulla e la madre forma la Triplice dea pre-patriarcale).
    Sembrerebbe, inoltre, che Ecate si sia offerta per accompagnare e guidare la fanciulla durante il tempo trascorso nel regno di Ade, perché Persefone temeva il buio e la paura di perdersi. Per questo motivo, come ricompensa per il suo nobile comportamento e per il suo sostegno incondizionato e l'amicizia della giovane moglie, Ade la ricompensò nominando la sua ospite d'onore nel regno dei morti.
    In riferimento a ciò, sappiamo anche che Ecate aveva una missione preziosa da compiere: quella di aiutare gli anziani a passare dall'altra parte e stare insieme a coloro che ne avevano bisogno fino alla loro prossima vita.
    Nel regno di Ade ella godeva di grande autorità, perché era conosciuta come la regina invincibile che presiedeva alle cerimonie di espiazione e purificazione delle ombre che erano autorizzate a riparare le azioni malvagie della propria vita passata. Fu la sua presenza negli inferi a conferire la speranza di rinascita e trasformazione a chi soggiornava in quel luogo lugubre, al contrario di Ade, che rappresentava l'inevitabilità della morte. La sua figura ampliò il concetto degli inferi, che non erano più un luogo di punizione, ma erano il ventre oscuro della Terra dove le anime malvagie dovevano essere purificate, guarite e preparate alla rinascita.

    ECATE, OFFERTE E SERVIZI
    Ecate, chiamata anche “la Regina delle Streghe” durante il Medioevo, era una divinità degli inferi e della Luna, venerata all'incrocio dove venivano fatti sacrifici durante la luna piena.
    Estese la sua benevolenza a tutti gli uomini che concedevano i favori che le venivano richiesti in tutte le aree (prosperità materiale, dono di eloquenza, vittoria in battaglie e giochi, ecc.)
    Nell'antica Grecia c'erano feste chiamate Ecatesia, in onore di Ecate (protettrice della famiglia e dei bambini). Ad Atene, ogni mese nei pomeriggi del giorno in cui entrava la luna nuova, i ricchi preparavano una cena pubblica o una festa in strada per i poveri. Si credeva che tale festa fosse presieduta dalla divinità stessa, per quella che veniva chiamata la cena di Ecate e durante la quale era usanza mangiare dei serpenti.
    Alla fine di ogni mese, venivano sistemati piatti con cibo per lei, in questo modo il male veniva prevenuto nei punti in cui le strade si incrociavano e questo cibo veniva consumato dai poveri. I sacrifici offerti a Ecate consistevano in cani, miele e agnelle femmine nere.
    Tra le sue numerose sacerdotesse c'erano Medea e Circe.
    Il poeta Safo la chiamò "La regina della notte". C'è un'immagine in cui questa dea porta due torce nelle sue mani, illuminando l'oscurità. Forse, Safo l’ha chiamata così a causa dell'intuizione che consente di vedere la forma delle cose non visibili.
    Egli, in uno dei suoi testi scrive:
    “La dea della luna è diventata solo una fonte di ispirazione per l'azione, non può agire direttamente. Ecate, essendo la dea più anziana, è molto saggia, ma è sbilanciata, perché si esaurisce facilmente, quindi è generalmente una semplice osservatrice degli umani.
    Solo i vecchi veggenti si collegano con lo spirito di Ecate con il tatto e il protocollo richiesti dalla dea. Devi affrontarla con il rispetto che significava essere vecchi: avere la saggezza, la gentilezza e la generosità che solo l'esperienza del passare del tempo dà. La strega conosce più come una donna anziana che una strega, non invano è considerata la Grande Incantatrice.
    Offenderti potrebbe avere conseguenze disastrose. È in grado di far impazzire la persona che causa la sua rabbia in quanto può mandare gli spiriti di coloro che chiedono l'intervento a ululare nell'orecchio degli incauti. È in suo potere inviare il fantasma notturno dell'angoscia o dell'Empusa. Ascoltare voci è la punizione di Ecate. Ed è che a volte la Vecchia si annoia e si diverte a giocare con la stupidità umana.
    "Fai ciò che vuoi, purché non danneggi nessuno" e "tutto ciò che fai, nel bene e nel male, ti ritorna moltiplicato per tre" sono i suoi standard etici.


    Selinunte_-_tempio_C_opt
    Il tempio di Ecate nella regione dello Yagatan, nella città di Mugla, in Turchia, era molto importante nelle antiche civiltà frigie e cariche. È l'unico tempio dedicato a Ecate che si trova ancora al mondo, rendendolo un'attrazione per molti visitatori. Gli scavi di questo luogo sono iniziati nel 1891 e continuano ancora oggi.
    Il loro culto fu dato in particolare nelle città di Lagina e Stratonikeia, che sono insediamenti della Caria risalenti al 300 a.C. C. Il significato del nome Hekatomnos che fu dato ai re di Caria è "Il Servo del Tempio di Ecate". Il sito sacro di Lagina è collegato alla città di Stratonikeia, uno dei centri della civiltà caria. Si trova nell'Anatolia sudoccidentale. Nell'antichità, la regione tra il fiume Menderes (il suo antico nome è Maiandros) e il fiume Dalaman (precedentemente Indos) era chiamata Caria. Si ritiene che questo nome derivi dai Kars, che si stabilirono in questa regione intorno al 1000 a.C. C. Da dove provengono è ancora dibattuto.
    Il tempio principale di Ecate si trovava a Lagina, dove la dea era servita dagli eunuchi, e in Grecia le feste venivano celebrate in suo onore il 13 agosto e il 30 novembre, mentre i romani la consacravano il 29 di ogni mese lunare ( luna nera)
    Feste in onore di Ecate si tenevano ogni anno, ma qquella più importante ogni quattro anni. La festa quadrennale di Hekatesia-Romania venne celebrata a partire dall'81 a. C. Si chiamava Hekatesia o Festa del Guardian (portatrice di chiavi), in cui la chiave del tempio veniva portata da Lagina a Stratonikeia e riportata indietro. Questo simboleggiava il rapporto tra Lagina e Stratonikeia e anche Ecate che deteneva le chiavi degli inferi.
    Durante la festa, le giovani fanciulle, chiamate kleidophoros, portavano la chiave del tempio. Tutte le persone che partecipavano alla festa, entravano nel tempio sacro attraverso i propilei. Coloro che officiarono il servizio scendevano i dieci gradini orientali e andavano all'altare. Coloro che venivano per assistere alla cerimonia andavano nel portico attraverso la porta a sinistra e si sedevano sui gradini, aspettando che la cerimonia avesse inizio.

    Ecate: la divinità delle streghe
    Con il tempo, la figura di Ecate cambiò, assumendo caratteristiche oscure ed inquietanti,fortemente legata al mondo delle ombre, fino a diventare la dea della stregoneria e dell'arcano. Venerata da maghi e streghe, che offrivano in suo sacrificio agnelli e cani neri alla fine di ogni lunazione. Ai veggenti cominciò ad apparire con una torcia in mano o sottoforma di diversi animali come cavalli, cani, lupi ecc.
    Ecate rimase nubile e non ebbe compagni abituali; spesso si dice che si riproducesse per partenogenesi. Tutti i grandi maghi e stregoni mitologici erano considerati i suoi discendenti, in particolare le sorelle Circe e Medea.
    D'altra parte, era la madre di molti mostri, come Scilla, che rappresentava gli aspetti terrificanti della natura che producevano paura e timore reverenziale.
    Già in epoca cristiana, Ecate era vista come un essere minaccioso. La figura di Ecate continuò ad essere associata alla stregoneria per molto tempo dopo la scomparsa della Grecia classica e dell'Impero romano. Il cristianesimo circondava la figura di Ecate con un'aura malvagia e connotazioni negative, associandola spesso a Lilith e al diavolo. A volte apparbe come un vampiro o una lamia.
    Nel libro del Malleus malefica rum, si riporta che Ecate veniva venerata dalle streghe che l’adottarono come dea della stregoneria. Poiché Ecate era già stata molto diffamata nel tardo periodo romano, per i cristiani dell'epoca era facile declassare la sua immagine. In questo modo tutte le sue creature erano anche considerate "creature dell'oscurità"; tuttavia, la storia di animali come corvi, nottambuli, serpenti, scorpioni, asini, pipistrelli, cavalli, orsi e leoni come le sue creature non fu sempre vista in maniera pericolosa e terrificante.
    In questo senso, dobbiamo chiarire che, sebbene dalla Grecia ellenistica Ecate fosse associata all'oscurità, alla stregoneria e alla morte, non possiamo vedere questi attributi da un punto di vista cristiano, poiché tra le culture pagane sia l'oltretomba che la morte, o la stregoneria, erano esenti dalle connotazioni malvagie che ricevettero in seguito, possedendo un personaggio soprannaturale, ma molto più neutrale, lontano dalla concezione cristiana del bene e del male.
    Attribuendole il dominio sui tre regni (celeste, terrestre e oceanico), ci collega direttamente al suo ruolo di creatrice, sostenitrice e distruttrice di tutta l'esistenza; in poche parole, la dea Ecate nell’antivchità rappresentava l'eterno non manifestato, che trascende tutti i concetti e le idee dell'umanità; pertanto il suo nome è solo un epiteto, un mantra o una parola di potere che ci consente di assimilare il suo archetipo e la sua energia per manifestarlo sul piano terrestre o astrale.
    Come tripla dea, a volte era rappresentata con tre teste: cane, cavallo e orso, o cane, serpente e leone. L'arte raffigura anche Ecate spesso con tre corpi o tre teste e con serpenti intrecciati intorno al collo in quanto divinità triforme: lunare, infernale e marina. I marinai la considerarono come loro tutrice e le chiesero di assicurarli di buoni viaggi.
    Ecate è una delle dee "protettrici" di molte streghe, che in alcune tradizioni la identificano con la Dea Tripla, dal momento che Ecate ha tre facce o fasi. Il suo ruolo di dea tripartita, che molti Wiccan contemporanei associano al concetto di "la fanciulla, la madre e la strega", divenne popolare nei tempi moderni da scrittori come Robert Graves ne La dea bianca.
    Secondo la studiosa Miriam Robbin Dexter, Ecate, nelle sue molteplici forme è una continuazione dell'antica dea pre-indo-europea, padrona di vita, morte e rigenerazione. È stata venerata attraverso balli estatici. Rappresenterebbe le varie fasi della vita: la giovane e forte vergine, quella che partorisce e protegge maternamente, così come la temibile e pericolosa vecchia. Questi aspetti sono analoghi alle fasi lunari nelle sue manifestazioni di mezzaluna, piena e calante.
    Nel paganesimo celtico, la funzione di Ecate, la dea classica, è simile a quella della dea Cailleach, ossia è la vecchia che, secondo le varie tradizioni celtiche, forma la triade insieme a Dana e Brigit. I tre insieme hanno un simbolismo che rappresenta la successione delle stagioni, la fertilità della terra e il ciclo della vita e della morte. Il rituale Samhain, celebrato il 31 ottobre, noto anche in inglese come Halloween (contrazione di Tutti i santi, "Ognissanti"), è il rituale più importante del calendario celtico ed è dedicato alla dea Cailleach. La data coincide anche con una delle celebrazioni per Ecate.
    Ma Ecate non solo interpreta il ruolo della tipica strega cattiva, ma rappresenta anche la Dea-Madre, la donatrice di vita e la distruttrice di tale, non tanto perché interpreta il ruolo del male, ma piuttosto perché è più una trasformazione che lei augura. Nella maggior parte delle culture o religioni, la percezione della trinità è abbastanza evidente, un chiaro esempio è la "Santissima Trinità" che accetta la parte cattolica.
    Nel paganesimo di oggi, Ecate rappresenta la dea anziana che preferisce giocare a indovinare e divertirsi con i nostri sogni. Sebbene odia il fatto che la disturbiamo per banalità, a meno che non rispettiamo la gerarchia e il potere esecutivo di sua figlia ed erede: Gaia. L'immagine della Dea della Terra, Gea / Gaia, rappresenta il principio femminile, di origine lunare basato su quello dell'archetipo nelle divinità più antiche che venivano venerate durante la preistoria come Ecate.


    Piccoli approfondimenti:
    LO STROFALO DI ECATE
    Nei cosiddetti Oracoli caldei, Ecate era anche associata a un labirinto serpentino, costruito attorno a una spirale, noto come "ruota di Ecate" o "Strophalos di Ecate".
    Il simbolismo allude al potere del serpente di rinascita, al labirinto della conoscenza attraverso il quale Ecate avrebbe guidato l'umanità e alla fiamma della vita stessa. Lo Strophalos potrebbe essere stato un labirinto serpentino attorno a una spirale o ruota centrale ed è rappresentante del potere della conoscenza e della divinità femminile.

    EMPUSA
    Le empusa sono creature fantastiche del folklore greco antico, a volte identificate con i Lamia.
    Empusa era una figlia della dea Ecate, che prese forma umana per sedurre i giovani ignari per poi divorarli.
  10. .
    Salve!
    Questa è una fan fiction mitologica, un po’ come quella che scrissi un anno e mezzo fa sul mito di Icaro.
    Vi chiedo solo una cortesia: prendete il contenuto così com’è; ho scritto di getto e per sfogo creativo.
    Vi lascio il linn del mito originale ripreso direttamente dal forum.
    Spero apprezziate. Buona lettura!


    "Vuoi tu, Ceice, re di Eraclea Trachinia, prendere Alcione accogliendola come tua sposa. Promettendo di esserle fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarla ed onorarla tutti i giorni della tua vita?"
    "Sì!"
    "E vuoi tu Alcione, figlia di Eolo, prendere Ceice accogliendolo come tuo sposo. Promettendo di essergli fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarlo ed onorarlo tutti i giorni della tua vita?"
    "Lo voglio!"
    "Con il potere conferitomi: vi dichiaro marito e moglie. Lo sposo può baciare la sposa."
    "Oh Cecino mio!"
    La bella Alcione si gettò letteralmente tra le braccia del suo amato, sussurrandogli parole d'amore con voce stridula, mentre dai suoi occhi scendevano lacrime di pura felicità.
    Dal canto suo, il re l'accolse e la strinse forte forte, sorridendo placidamente. Finalmente sua madre non l'avrebbe più tempestato di domande come, ad esempio: "Quando ti sposi? Guarda che se non trovi subito una moglie, poi mi cacciano come a Penelope e mi tocca andare in giro vestita di stracci." oppure: "Ma quando mi dai un nipotino, così posso vantarmi con le mie amiche al chiosco? Però non te lo guardo eh! Che a me non mi ha aiutata nessuno a crescerti."
    La cerimonia si svolse esattamente come avevano calcolato Alcione ed Enzo Miccio, che per esigenze di trama facciamo esistere già; tanto abbiamo inserito il rito del matrimonio cattolico nell'antica Grecia, quindi va bene così.
    Per l’occasione, la fanciulla aveva scelto d'indossare un suntuoso abito di pizzo sangallo, interamente coperto di paillettes e corredato da uno strascico che sembrava non finire mai, come...
    Crediamo che la citazione sia abbastanza evidente. Non la completiamo per non banalizzare un evento così tanto importante.
    Ceice, invece, indossava un elegante smoking nero con sotto una camicia bianca.
    I festeggiamenti si protrassero per tutto il giorno, con la partecipazione di tutti i sudditi, che fecero ritorno nelle loro case solo a tarda notte.
    "Come sono contenta, Cecino mio!" esclamò la signora quando furono a letto.
    "Anche io, cara! Mi spiace solo di dover partire tra due giorni. Sai, essere un re comporta l'assoluzione di incarichi abbastanza delicati." rispose l'uomo grattandosi il mento.
    "Mhh... Sì..." Nell'udire quelle parole, ad Alcione venne quasi spontaneo mettere il broncio; per lei essere sovrano significava semplicemente essere al di sopra di tutti e vivere in maniera agiata. Insomma, essere una principessa con la possibilità di cazzeggiare tutto il giorno per tutti i giorni.
    "Dai, non fare quella faccia. Siamo stati fidanzati per tanti anni e d'ora in poi saremo marito e moglie per tanti altri anni." Cercò di rincuorarla lui in tono dolce, cingendole le spalle e baciandola sulle labbra carnose.
    "Sì! Nessuno può essere più felice di noi, neppure Zeus ed Era."
    Detto ciò, i due si addormentarono l'uno tra le braccia dell'altra.
    Il mattino seguente, la nuova regina di Eraclea Trachinia si alzò all'alba per andare a fare una passeggiata in riva al mare, come soleva sempre fare da quando vivevano insieme.
    Qualche ora più tardi, si vide arrivare il suo amore con in mano un vassoio contenente due paste giganti al cioccolato e due tazzine di caffè.
    "Oh Zeus!" lo chiamò affettuosamente, correndogli incontro.
    Lui le sorrise cordiale.
    "Era!" fece di rimando, mentre posava il vassoio su un tavolino di cristallo situato nella veranda che dava vista sul mare. Era da quando avevano iniziato a fare all'amore che usavano ogni mattina fare colazione in spiaggia e avrebbero continuato a farlo per chissà quanto tempo ancora.
    La giornata trascorse in maniera tranquilla, con Ceice che riceveva i suoi ospiti per discutere di politica ed economia ed Alcione che si dedicava allo shopping nelle più rinomate e costose botteghe del paese.
    La sera calò, e siccome fuori vi era un magnifico tramonto infuocato, con tanto di sole arancione che s'immergeva nel mare, i due amanti decisero di cenare in veranda.
    "Zeus, la cena è pronta!"
    "Arrivo, Era cara! Un attimo che finisco di firmare le petizioni su Change.org. Bisogn sempre sposare le nobili cause in quanto sovrani."
    "Sì, certo, basta che la gente non inizi ad urlare in piazza che io devo fare shopping."
    "Parli proprio come mia madre. Ah ah ah!"
    "Sì sì come no. Se io parlassi come Rea, non potrei dire di essere più felice di Era."
    Intanto, mentre i due coniugi consumavano la loro cena a base di caviale e champagne, una porta si spalancò all'improvviso a migliaia di passi di distanza.
    "Oh Ermes! Un c'è miha bisogno di fare tutto sto baccano. E su via!"
    "Sono desolato, padre, ma è una questione di vitale importanza che si è protratta per fin troppo tempo. Alcione e Ceice hanno infranto la regola numero 394 del Codice Divino, secondo la quale nessuno, per nessunissima ragione, può vantarsi di essere migliore di una divinità, tantomeno di voi, padre. Sappiamo tutti qual è la pena in questi casi."
    "Eh... Bah, io un me la ricordo miha sai."
    "Con tutto il dovuto rispetto padre, ma se voi non vi appuntate mai le cose e quando vi chiamo non rispondete, è comprensibile che non vi ricordiate niente. Vi rammento che dovete ancora trasformare Aracne in un ragno ed esprimere il vostro voto per la vittoria di Achille o Ettore."
    "Un le po' fa Atena tutte ste cose che io c’ho da fa altro. E un posso fa miha sempre tutto io eh! Su via!"
    "Come desiderate, padre. Ad ogni modo, come intendete procedere contro quella coppia di mortali?"
    "E tu mi fai una bella domanda. Aspetta che parlo co Mihel."
    "Mihel, l'arcangelo?"
    "Sì, il mi amiho Mihel."
    "D'accordo, padre. Mi congedo. Buona notte e ricordatevi anche che dovete ancora rispondere al vostro oracolo maggiore."
    Il dì successivo, Ceice partì non appena cominciò ad albeggiare. Purtroppo, malgrado le condizioni climatiche non fossero proprio favorevoli, fu costretto a montare sul suo bastimento più lussuoso, giacche' non c'era ltro modo di raggiugere l'isola di Itaca.
    "Zeus!" lo chiamò sua moglie dalla spiaggia, mandandogli tanti baci con le mani che erano sporche di nutella: "Fai buon viaggio e portami un pensierino se puoi."
    "Certo Era cara!"
    Stando a quanto aveva previsto il re, la traversata sarebbe dovuta durare mezza giornata, sebbene il mare ed il vento non fossero dalla sua parte. Sicuramente sarebbe tornato verso sera e questo la sua consorte lo sapeva bene, visto che aveva pianificato di fargli trovare pronta una cena con i fiocchi, in quanto, a suo dire, caviale e champagne erano tristemente ordinari.
    Quando il cielo iniziò ad oscurarsi, la regina diede ordine di accendere il fuoco per arrostire la carne di elefante proveniente dall'africa.
    Ben presto divenne buio pesto, ma dell'imbarcazione con a bordo il re e i suoi funzionari nemmeno l'ombra.
    "Forse la riunione sarà durata di più e lui rimarrà a dormire là. Lo dico sempre io che queste cose durano sempre troppo e sono di una noia mortale!" pensò la giovane mentre si coricava. .Quella sera il letto matrimoniale le sembrava freddo come il marmo; quasi sicuramente ciò dipendeva dall'assenza di suo marito che l'abbracciava per riscaldarla da capo a piedi.
    La notte passò assai lentamente, con il vento che ululava fuori dalle finestre del palazzo reale. Il cielo era ingombro di nuvole che non promettevano niente di buono.
    Alcione non riuscì a prendere sonno. Si sentiva la schiena dolorante e la testa pesante. Non c'era proprio abituata a dormire senza il suo amato.
    Si alzò alle prime luci dell'alba per andare a passeggiare in riva al mare. L'acqua, quel dì, era stranamente più fredda del solito.
    "Era!"
    Una voce la chiamò. Era una voce lontana, come un eco.
    "Era!"
    Alcione levò il capo: dinnanzi a sé vi era un'ombra spaventosa. L'uombra di suo marito Ceice.
    "Zeus..." mugolò singhiozzando. Una malsana idea si stava facendo prepotentemente largo nel suo cervello.
    L'uombra non disse niente, ma scappò via.
    "Aspetta!" gridò la regina, prendendo a correre: "Aspetta!"
    Silenzio.
    "Era!"
    Di nuovo quella voce roca.
    "Zeus..." biascicò la donna ansimando per lo sforzo: "Cos'è successo?"
    "Sono morto."
    "Ah. E me lo dici così?” borbottò lei indignata, prima di salire su uno scoglio.
    Silenzio. L'uombra si allontanò. Sotto di lei, la giovane poté scorgere i resti di una nave affondata.
    Non ci pensò due volte: si gettò giù, ignorando completamente le calde lacrime che le solcavano le guance. Voleva rivedere Ceice, il suo amato Ceice, che per lei era la personificazione concreta di Zeus.
    La ragazza non toccò mai con il proprio corpo il pelo dell'acqua, perché il caso vuole che il padre degli dèi ebbe pietà di lei e la trasformò in un grazioso uccello. Contemporaneamente, dalla profondità del relitto emerse un altro esemplare del tutto simile a lei.
    Era Ceice. I due si riconobbero subito e si scambiarono un’occhiata d’intesa, quindi si strinsero l’uno nell’altra, prima di spiccare il volo nel cielo che era diventato nuovamente azzurro.
  11. .
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    La dea Nike, o dea alata, era la dea della velocità, della forza, ma soprattutto della vittoria nell'antica Grecia. Il suo equivalente nell'antica Roma era la dea Victoria.
    Nike era la personificazione della vittoria. Rappresentava il massimo successo e il trionfo. Vincente come nessun altro, la dea Nike era la protettrice dei numeri uno.
    Figlia del Titano Pallante e della ninfa Stige/Oceanina e sorella di Kratos, Bia e Zelus.
    Secondo fonti minori, invece, Nike è stata descritta come la figlia di Ares, il dio della guerra; tuttavia, la maggior parte degli storici non ritiene verosimile questa teoria.
    Purtroppo non si sa molto di suo padre, in quanto ha un ruolo secondario nella mitologia greca. Mentre sua madre era la figlia del titano Oceano, il quale era il dio dell'oceano prima di Poseidone. Oceano e Teti, ovvero i nonni di Nike, scelsero di non prendere parte alla guerra fra Dèi e Titani.
    E’ noto che Stige aiutò Zeus nella sua battaglia contro i Titani. Ciò le valse la nomina di protettrice dei giuramenti. In seguito, tutte le divinità avrebbero prestato giuramento vincolante sul fiume Stige. Tale corso d’acqua era uno dei fiumi che separava il pianeta Terra dalle porte del regno degli Inferi.
    Nell’antica Grecia si credeva che l'acqua dello Stige, conosciuto anche come Fiume dell’odio, avesse poteri magici: infatti, chiunque vi si bagnasse sarebbe diventato invulnerabile.
    Tornando alla guerra fra Dèi e Titani, anche Nike stessa fu coinvolta e, per l’occasione, si schierò con Zeus e i nuovi sovrani divini, che ovviamente vinsero la battaglia. :asd: Da quel momento, Victoria divenne una buona compagna del padre degli déi, il quale le offrì la sua protezione, ma soprattutto divenne una fedele amica di Atena.

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    Le due, infatti, furono raffigurate frequentemente l’una di fianco all’altra: in diverse rappresentazioni, Atena veniva mostrata con la dea Nike in mano. Il messaggio era chiaro: l’astuzia e la sapienza che tenevano in pugno la vittoria!
    Un esempio è la statua di Atena situata di fronte al Parlamento austriaco, dove Atena è vestita in armatura con un elmo dorato, la sua mano destra sorregge la dea Nike.
    Inoltre, sembrerebbe che una scultura della vittoria si trovasse nella mano tesa della dea della sapienza nella statua di quest’ultima situata nel Partenone.
    Gli antichi Greci adoravano la Nike perché credevano che non potesse mai farli morire ed era in grado di garantire agli umani la forza e la velocità necessarie per essere vittoriosi in qualsiasi compito intrapreso, specialmente se si trattava di vincere scontri o gare sportive. Non a caso, sulle medaglie olimpiche vi era incisa un’immagine della dea.
    Quando Nike appariva da sola, aveva sempre le ali e sfoggiava un ramo di palma nella mano destra. Se veniva vista con un altro dio, ella era sempre senza ali. Secondo molti resoconti, la Nike è ritratta senza ali ad Atene in modo che non potesse mai volare via dalla loro città.
    La maggior parte delle sculture che la ritraevano furono realizzate dal nucleo di un pezzo di legno racchiuso in avorio e oro. Una di queste è stimata per 29 piedi di altezza.
    L'abbigliamento tipico di Nike nei dipinti e nelle sculture era un abito fluente di oro e ali che simboleggiava il suo diritto di concedere la vittoria o di rimuoverlo in seguito se il vincitore non dovesse rimanerne degno. Veniva dipinta come una giovane ragazza che portava sempre un ramo di palma nella mano destra come simbolo di pace.
    Un'altra cosa molto importante che ella portava con sè era una ghirlanda, in modo da apparire sempre pronta a incoronare un vincitore in battaglia o in giochi di sfida.
    Alle volte, però, era raffigurata con lo Staff di Hermes, poiché uno dei suoi ruoli era quello di servire come messaggera degli dei quando si trattava di annunciare una vittoria.
    La Nike raffigurata mentre tiene in mano una corona ci ricorda che, essendo la Dea della Vittoria, era sempre pronta a racchiudere il collo e le spalle di un vincitore in una ghirlanda di vittoria. Inoltre veniva spesso vista con una tazza o una brocca e una ciotola da cui veniva consumato un brindisi alla vittoria.
    Era vista altresì con uno scudo, sul quale si diceva che avesse scritto il nome di il vincitore di una battaglia.

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    Ai giorni nostri, molte persone scelgono di avere una statua di Nike a casa loro. Una statua della dea della vittoria serve come incitamento per non mollare mai, quasi a voler dire: “Avrai il tuo giorno di gloria e enorme successo!”
    Queste statue sembrano essere più popolari tra gli atleti, anche se persone di ogni estrazione sociale hanno iniziato a rendersi conto del potente simbolismo di essere imbattibili, essendo i migliori nel loro campo prescelto.
    Alcuni scelgono di avere un amuleto o una moneta con la sua immagine di un talismano fortunato nella loro ricerca per raggiungere la cima della loro arena.
    Dal 1928, la medaglia delle Olimpiadi ha sfoggiato la Nike sul lato opposto con la sua corona di vittoria e lo scudo su cui è inciso il nome del vincitore.
    Inoltre, una parte dell'ornamento del cofano su tutti i veicoli Rolls-Royce include una rappresentazione di Nike.
    Infine, Nike è il simbolo utilizzato dal 1945 dal sistema missilistico anti-aereo americano. Le sue statue includono spesso una lira o un kithara usato per celebrare una vittoria con canti e balli.

    Da notare anche che la dea greca viene inserita all’interno del quinto libro della saga Eroi dell’Olimpo dello scrittore statunitense Rick Riordan. Di seguito è riportato un breve passo estratto da tale libro.
    …la biga e i due cavalli bianchi. Non aveva problemi con la scintillante veste senza maniche della dea (un modello che a Calipso stava molto meglio, ma pazienza), né con la sua alta acconciatura di trecce scure, cinta da una corona d’alloro dorata.
    Nike aveva gli occhi sgranati e un’espressione un po’ folle, come se fosse appena scesa dalle montagne russe dopo essersi scolata venti caffè, ma Leo poteva farsi andare bene pure quello. Anche la lancia dorata che la dea gli puntava al petto alla fin fine era accettabile.
    Ma quelle ali… erano d’oro lucido, fino all’ultima piuma. Anche se ne apprezzava la fattura elaborata, erano davvero eccessive: troppo appariscenti, troppo sfavillanti. Se fossero state dei pannelli solari, Nike avrebbe prodotto energia sufficiente a illuminare tutta Miami.

    — Dobbiamo stabilire la vittoria! — strepitò Nike. — La gara deve avere un esito! Siete venuti qui a determinare il vincitore, vero?
    Frank si schiarì la voce. — Lei è Nike o Vittoria?
    — Aaargh! — La dea si strinse le tempie fra le mani. I suoi cavalli si impennarono, e Arion li imitò.
    Nike fu scossa da un brivido e si spezzò in due immagini distinte. A Leo venne in mente – per una ridicola associazione – quando da piccolo si stendeva sul pavimento e giocava con la molla del fermaporta fissata al battiscopa. La tirava al massimo e poi la lasciava andare – boing! – e la molla vibrava avanti e indietro così velocemente che sembrava sdoppiarsi in due riccioli separati.
    Ecco a cosa somigliava Nike: a un fermaporta divino diviso in due.
    A sinistra c’era la prima versione: veste senza maniche scintillante, trecce scure cinte d’alloro, ali dorate ripiegate sulle spalle. A destra c’era una versione differente, con il pettorale e gli schinieri di un’armatura romana, pronta per la guerra. Corti capelli castani spuntavano dal bordo di un alto elmo. Le ali erano bianchissime, la veste color porpora, mentre sull’asta della lancia campeggiava l’insegna romana, la scritta SPQR cinta d’alloro.
    — Io sono Nike! — gridò l’immagine a sinistra.
    — Io sono Vittoria! — gridò quella a destra.
    Quando si dice “avere una doppia personalità”. La dea incarnava l’espressione alla lettera, pensò Leo, più di tutti gli altri dei. I suoi due aspetti parlavano in contemporanea, e la sua figura continuava a tremare e a dividersi. Leo aveva le vertigini. Fu tentato di tirare fuori gli attrezzi per regolare al minimo il suo carburatore divino, perché tutto quel vibrare rischiava di farle saltare il motore.
    — Sono io a stabilire la vittoria! — gridò Nike. — Un tempo mi ergevo qui, all’angolo del tempio di Zeus, venerata da tutti! Vegliavo sui giochi olimpici. Le offerte di tutte le città-stato si accumulavano ai miei piedi!
    — I giochi sono irrilevanti! — strillò Vittoria. — Io sono la dea del successo in battaglia! I generali romani mi adoravano! Augusto stesso mi eresse un altare nel Senato!
    — Aaaah! — urlarono le voci all’unisono. — Dobbiamo decidere! Dobbiamo stabilire la vittoria!
    Arion sgroppò così violentemente che Hazel dovette smontare per non cadere. E prima che riuscisse a calmarlo, il cavallo scomparve, lasciando una scia di vapore sulle rovine.
    — Divina Nike — disse Hazel, avvicinandosi piano — lei è confusa, come tutti gli dei. Greci e Romani sono sull’orlo della guerra. Per questo i suoi due aspetti sono in conflitto.
    — Lo so! — La dea scosse la lancia, e la punta vibrò come un elastico, sdoppiandosi. — E io non posso tollerare un conflitto irrisolto! Chi è il più forte? Chi è il vincitore?
    — Signora, non ci sarà nessun vincitore — rispose Leo. — Se scoppia la guerra, perderanno tutti.
    — Nessun vincitore? — Nike lo guardò con un’espressione così scioccata che Leo per un attimo fu certo di avere davvero il naso in fiamme. — C’è sempre un vincitore! Un unico vincitore. Tutti gli altri perdono! Altrimenti la vittoria non ha senso. Che volete da me, che mi metta a distribuire certificati a ogni contendente? Piccoli trofei di plastica ai singoli atleti o soldati per la partecipazione? Ci mettiamo in fila e ci stringiamo la mano dicendo: “Bella partita”? No! La vittoria deve essere reale. Va meritata. E questo significa che deve essere straordinaria e difficile, ottenuta a dispetto di molte avversità, e che la sconfitta deve essere l’unica alternativa possibile.
    I due cavalli della dea fecero per darsi un morso a vicenda, come per entrare nello spirito del suo discorso.
  12. .
    Sento la mancanza di Tifone che lancia la Sicilia, mannaggia a lui che non si è classificato per gli ottavi di finale! XD
    Bando alle ciance.

    Chimera VS Chiyou:
    In estrema sintesi, secondo me vincerebbe Chiyou, perché: Chimera avrà anche un corpo invulnerabile, ma avrà anche un tallone d’Achille/un malus. Immagino che il suo avversario potrebbe evocare una fitta nebbia per metterla in difficoltà e a finirla poi con le sue armi. Oppure Chiyou potrebbe anche servirsi dei venti per alimentare il fuoco della creatura per poi utilizzarlo a suo vantaggio.

    Kali VS Jormungand:
    Siccome sono in parte femminista e mi piacciono troppo le dee potentissime, voto Kali. Praticamente, da come viene descritta, Kali è il tutto, l’Io di Fichte, l’Uno di Plotino…

    Chiyou VS Kali:
    Temo che Chiyou possa fare ben poco contro Kali, però sarebbe un degno avversario, sebbene Kali sia al di sopra della sua portata, quindi voto Kali come vincitore dello scontro.
  13. .
    CITAZIONE (Aesingr @ 24/8/2019, 01:31) 
    Drago=Grado, bellina bellina facile facile

    Supercalifragilispichestiral... emh ok :sclero: si può fare con poche parole, troppo poche.

    Orto

    Aes, sembri uno di quei bambini monelli che spuntano all’improvviso dietro a un loro coetaneo che sta lanciando uno ad uno Dei petardi giocattolo per toglierglieli di mano e lanciarli tutti in una volta. :asd:

    Orto = Toro.
    Stiva.
  14. .
    Il gioco che vorrei proporVi consiste nel trovare almeno una parola di senso compiuto che sia l’anagramma della parola scritta dall’utente precedente. Se poi ne trovate più di una, scrivetele pure.^^
    Una volta scritti gli anagrammi, sceglierete voi una parola.


    Esempio:
    U1: Caro.

    U2: Caro = arco, ocra, orca, roca.
    Porta.

    U3: Porta = parto, prato.
    Etc. Etc.

    Let’s start!

    Radio.
  15. .
    Risposte molto interessanti. Tutte creature energiche e divinità casiniste. XD
    Dunque, dopo un’attenta riflessione, sono giunta alle seguenti conclusioni:
    - Quale creatura ti rispecchia?
    Fenice, in quanto sono una persona da temperamento forte, ma anche sensibile; con una certa gradualità nel cambiamento di umore (questo per riprendere il colore del piumaggio della creatura). Inoltre, vedo il risorgimento dalle ceneri sotto diversi aspetti: prima di tutto, il fatto di essere una persona che si mette quasi sempre in discussione; in secondo luogo, io mi alzo dal letto ogni mattina, anche quando mi sento devastata nell’anima o infuriata nera.
    - Quale vorresti essere?
    Shinigami. Sì, mi piacerebbe troppo andare dalle persone, mentre stanno facendo le attività più disparate e dire loro: “Alò, dobbiamo andare, dai!” E sfidare a suon di dialoghi sofistici quelli che si rifiutano o inseguirli mentre scappano in stile film fantascientifico dove i malvagi trapassano pareti o compaiono dal pavimento o in forma di esseri viscidi e altro.
    M’immagino troppo, per non parlare dei commenti che farei a fine giornata rilevando che sono morti più ladri o architetti del giorno precedente, dilungandomi in statistiche senza senso.

    - Quale divinità ti rispecchia di più?
    Atena. Premesso che lei mi è indifferente, devo riconoscere che abbiamo alcune caratteristiche che ci accomunano come la predilezione dell’astuzia, la sete di sapienza, l’amore per le varie arti come la tessitura e altre cose. Fra l’altro, Atena ha un carattere forte, ma sa anche essere sensibile e non è una che si vanta come Afrodite o Era. Certo, anche Artemide è abbastanza tranquilla, ma Atena mi da l’idea di una che s’incavola spesso però infondo è buona, mentre Artemide si arrabbia più raramente ma quando lo fa sono cavoli amari.

    - Quale vorresti essere?
    Amaterasu. Premesso che in parte mi ci vedo, poiché anche io avrei reagito come ha fatto lei dopo il litigio con il fratello e premesso che ho un rapporto burrascoso con mio fratello oramai per questioni serie (sì perché prima potevo anche concordare con le professoresse di strada che affermano che il rapporto tra fratelli e sorelle è difficile).
    Ad ogni modo, io vorrei essere quel raggio di sole, quella persona tranquilla e pacata che trasmette sicurezza ma che non ingombra la scena. In parte so di esserlo, perché il più delle volte che entro in contatto con persone che vanno oltre l’apparenza, poi mi viene sinceramente detto di essere una persona educata, perseverante, dotata di una certa proprietà di linguaggio e disponibile. Sì, vorrei essere Amaterasu, per tanti motivi.
85 replies since 13/4/2018
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